Economia
Lavoro, l’80% degli italiani vuole la settimana corta
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10 mesi fa-
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Redazione
MILANO (ITALPRESS) – Il mondo del lavoro è in costante evoluzione, e la possibile introduzione della settimana corta dopo l’affermazione ormai consolidata dello smart working, possono essere strumenti di salvaguardia del benessere dei lavoratori così come dell’ambiente. Una nuova indagine realizzata per Pulsee Luce & Gas, brand digitale di Axpo Italia, dalla società NielsenIQ, ha portato in luce i punti di vista su questo importante aspetto di un campione rappresentativo della popolazione italiana.
Dal rapporto emerge che 1 intervistato su 3 lavora in modalità full remote o ibrida. Lo smart working è mediamente concesso per il 37% delle ore totali di lavoro (uno o due giorni, su cinque). Complessivamente, il 49% del campione preferisce il lavoro agile, mentre il 42% l’ufficio. Tra i lati positivi del lavoro da casa figurano principalmente la riduzione dei tempi di spostamento per raggiungere il luogo di lavoro (77%), che in media ammonta a 41 minuti, e dei costi (72%), che ammonta a circa 124 euro al mese tra viaggi e pranzi di lavoro) insieme a una migliore gestione del work-life balance (64%). I maggiori rischi percepiti, invece, sono l’isolamento sociale (59%) (specie al Nord Ovest), la sedentarietà (58%) e la difficoltà a separare lavoro e vita privata (44%).
L’espansione dello smart working risulta particolarmente compatibile con professioni che non necessitano di troppi strumenti e materiali. Infatti, più di 7 intervistati su 10 ritengono di avere tutti i dispositivi necessari per svolgere il proprio lavoro da casa. Tuttavia, solo il 26% dichiara di avere una seduta ergonomica, il valore scende al 14% nel caso del piano di lavoro ad altezza regolabile e all’11% per i poggiapiedi.
Lavorare da remoto può voler dire ottimizzare il tempo per dedicarsi ad attività domestiche: l’89% del campione afferma infatti di approfittare delle pause per svolgere attività collaterali. Tra le più diffuse vi sono cucinare (66%), occuparsi delle faccende domestiche (45%), della lavatrice (44%) e guardare la televisione (29%).
La comodità di lavorare da casa ha anche un possibile risvolto della medaglia che riguarda proprio i consumi energetici: il 49% degli intervistati ritiene che con questa nuova modalità lavorativa i suoi consumi siano aumentati con conseguenze sulle bollette. Gli italiani si sono però subito attivati per porre rimedio a questo possibile costo maggiore e le principali contromisure dichiarate sono l’illuminazione, con l’utilizzo di lampadine a basso consumo (59%), il maggiore ricorso alla luce naturale (per il 58%), cui si uniscono alcune accortezze di risparmio energetico. Dallo spegnimento del pc con distacco dall’alimentatore quando non è impiegato (44%), all’ottimizzazione nell’uso di climatizzatori e di riscaldamento (42%).
L’indagine offre spunti di riflessione anche sull’impatto sociale della settimana corta (quattro giorni di lavoro a settimana) voluta dall’80% degli intervistati. Circa la metà del campione (48%) dichiara di avere figli. Nella maggior parte dei casi (66%) sono gestiti in autonomia o con l’aiuto dei nonni (24%), solo l’11% si affida a figure esterne come baby-sitter o altre figure professionali, con una spesa media mensile di 115 euro. Tre intervistati su quattro ritengono che la settimana corta possa generare benefici, dando la possibilità di gestire con maggiore autonomia i propri figli. Tra le iniziative di welfare aziendale evidenziate dai lavoratori, le più comuni sono benefit di tipo economico, come l’assegno familiare (40% del campione), o di tempo retribuito, sotto forma di giorni di paternità e di permessi (34%).
Per quanto riguarda invece la cura di familiari anziani o con disabilità, il 35% degli italiani afferma di occuparsene da solo, contro il 65% che ricorre a un aiuto esterno. In particolare, chi riceve supporto conta su altri familiari (42%), mentre il 34% si rivolge a badanti, case di riposo o altre forme di sostegno, con una spesa di circa 540 euro al mese. Per l’85% degli intervistati ‘caregiver’ la settimana corta offre l’opportunità di curare i propri familiari con maggiore autonomia. Il bonus più offerto dalle aziende in questo ambito è la flessibilità (37%), seguita da ore di permesso (22%) e supporto psicologico (14%).
Per la cura domestica, solo il 13% del campione afferma di doversi rivolgere a professionisti, spendendo, in media, 107 euro al mese. Anche in questo caso la settimana corta viene percepita come un valido supporto, come dichiara l’80% degli intervistati. Avere un giorno libero in più, inoltre, permetterebbe di dedicare maggiore tempo al benessere personale, soprattutto per svolgere l’attività fisica (62%), ma anche fare gite e viaggi (54%).
Il desiderio di adottare la settimana corta coinvolge 4 intervistati su 5, con il 50% che si definisce “molto interessato”. Per ottenere questo beneficio, i compromessi che i lavoratori sono più propensi ad accettare sono una maggiore flessibilità sull’orario di lavoro durante la settimana lavorativa (52%), un aumento della produttività durante i giorni lavorativi (47%) e un minor numero di pause (45%). Soltanto il 10% sarebbe disposto ad una leggera riduzione dello stipendio. La settimana corta viene vista positivamente come modalità per accrescere l’equilibrio tra lavoro e vita privata (72% del campione), la soddisfazione personale (63%) e il tempo di qualità da dedicare alla famiglia e agli amici. Tra gli aspetti critici sono invece elencati l’aumento del carico di attività durante i giorni lavorativi (51%), la maggior pressione e stress associato al raggiungimento degli obiettivi (37%) e i problemi di coordinamento (27%).
Smart working e settimana lavorativa corta sono percepiti quindi come strumenti utili per migliorare la qualità della vita dei lavoratori italiani, con benefici per la gestione della famiglia, la cura degli anziani e la salute.
– foto ufficio stampa Axpo Italia –
(ITALPRESS).
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Riarmo, Giorgetti “Premature valutazioni su impatto finanziario”
Pubblicato
1 ora fa-
7 Maggio 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – “Diverse proposte contenute nel libro bianco della difesa europea sono volte a supportare su base volontaria gli Stati membri nell’eventuale incremento delle spese per la capacità di difesa fino a un massimo di 800 miliardi di euro, di cui 150 tramite la creazione dello strumento Safe, per finanziare attraverso prestiti il potenziamento delle capacità militari degli Stati membri, e i restanti 650 tramite l’attivazione coordinata della clausola di salvaguardia nazionale nell’ambito delle nuove regole di bilancio”. Così il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti durante il Question Time nell’Aula della Camera.
“La proposta di regolamento che istituisce lo strumento Safe per la sicurezza europea è volta a creare un nuovo strumento finanziario comune, che verrà finanziato sul mercato attraverso l’emissione di titoli di debito Ue garantiti dal bilancio europeo – continua Giorgetti -. Tale strumento consentirà all’Unione europea di fornire prestiti a lungo termine a tassi vantaggiosi agli Stati che ne faranno richiesta: visto che il negoziato sul regolamento Safe è ancora in corso di valutazione si arriverà solo successivamente alla definizione”.
“Con riferimento alla proposta della Commissione europea di attivare in modo coordinato la clausola di salvaguardia nazionale del patto di stabilità e crescita per le spese legate alla difesa, si tratterebbe di un ulteriore indebitamento nazionale che, pur non avendo conseguenze in termini di bilancio, andrebbe a peggiorare la situazione fiscale del paese – prosegue il ministro -: una valutazione del mio ministero sull’impatto finanziario del piano di riarmo appare prematura, perchè ogni ipotesi di utilizzo di risorse nazionali supplementari o di richieste di attivazione della clausola nazionale sono al momento in attesa delle decisioni da assumere al vertice Nato di giugno. Il governo finora ha esclusivamente confermato la volontà di rispettare l’obiettivo di arrivare al 2% del Pil di spesa per la difesa, concordato a livello Nato”.
– Foto IPA Agency –
(ITALPRESS).
Economia
Papanicolaou “Intesa Sanpaolo un ponte fra Italia ed Europa centrorientale”
Pubblicato
5 ore fa-
7 Maggio 2025di
Redazione
ZAGABRIA (CROAZIA) (ITALPRESS) – “Privredna Banka Zagreb, parte della International Banks Division di Intesa Sanpaolo, nel 2025 mette a disposizione un plafond da un miliardo di euro per sostenere l’internazionalizzazione e l’innovazione delle imprese. L’Italia è il secondo mercato di destinazione delle esportazioni e il secondo fornitore della Croazia. Nel 2024, l’Italia ha esportato beni per un valore di circa 5,6 miliardi di euro. Allo stesso tempo, il nostro Paese è stato una delle prime tre destinazioni per le esportazioni croate, con un valore di circa 2,8 miliardi di euro. L’Italia si colloca inoltre tra i primi investitori in Croazia, con uno stock di Investimenti Esteri pari a 3,8 miliardi di euro”.
Lo ha detto Paola Papanicolaou, Chief della Divisione International Banks di Intesa Sanpaolo, al Business forum Croazia-Italia tenutosi a Zagabria, alla presenza di Gordan Grlic Radman, Ministro croato degli Affari Esteri ed Europei, e di Antonio Tajani, Ministro italiano degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
All’evento hanno partecipato rappresentanti di governi, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali, nonché aziende e PMI attive nella regione. “Intesa Sanpaolo è il ponte naturale tra l’Italia e i Paesi dell’Europa centrale e orientale, dove siamo impegnati come uno dei principali player europei – ha aggiunto -. In Croazia, attraverso la International Banks Division, deteniamo una posizione di leadership nel settore bancario grazie a Privredna Banka Zagreb, la seconda banca del Paese, con una quota di mercato in termini di attivi superiore al 20%. Siamo quindi un partner di fiducia per il settore pubblico, le imprese e le famiglie, con una base di clienti di circa 1,5 milioni”.
“PBZ sostiene sia le imprese che le piccole e medie imprese croate, favorendo la loro espansione commerciale, sia a livello nazionale che internazionale. Alla fine del 2024 il totale dei prestiti alla clientela ammontava a 12,8 miliardi di euro, con una crescita media annua di oltre il 6% negli ultimi 4 anni. I prestiti al settore corporate hanno registrato una crescita del 20% nel quadriennio – ha sottolineato Papanicolaou -. Privredna Banka Zagreb è un operatore fondamentale nel consentire al Paese di affrontare le principali sfide economiche e sociali, come la transizione energetica in corso, la trasformazione delle imprese e l’innovazione, in collaborazione con le principali istituzioni finanziarie locali e internazionali come BEI e BERS. Quest’anno, la BEI ha approvato un prestito di 100 milioni di euro a Privredna Banka Zagreb per ampliare i finanziamenti a PMI e Mid-Cap, al fine di rafforzare la competitività delle imprese e gli investimenti verdi nel Paese”.
– ha concluso -. Questo è il nostro approccio all’attività bancaria: la Divisione Banche Internazionali è l’apripista di Intesa Sanpaolo nel realizzare una crescita sostenibile e nel guadagnarsi la fiducia per diventare partner di consulenza premium per famiglie, imprese e istituzioni in tutti i suoi Paesi”.
– Foto red/Italpress –
(ITALPRESS)
Economia
Istat, a marzo vendite al dettaglio in calo
Pubblicato
10 ore fa-
7 Maggio 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – A marzo l’Istat stima per le vendite al dettaglio una variazione congiunturale negativa in valore e in volume (-0,5% per entrambi). Sono in calo sia le vendite dei beni alimentari (-0,5% in valore e -0,9% in volume) sia quelle dei beni non alimentari (rispettivamente -0,3% e -0,4%). Nel primo trimestre, in termini congiunturali, le vendite al dettaglio diminuiscono dello 0,2% in valore e dello 0,5% in volume. La flessione riguarda sia i beni alimentari (-0,1% in valore e -0,5% in volume) sia i prodotti non alimentari (rispettivamente -0,4% e -0,6%). Su base tendenziale, a marzo le vendite al dettaglio registrano una variazione negativa del 2,8% in valore e del 4,2% in volume. Il calo è più marcato per i beni alimentari (-4,2% in valore e -6,7% in volume), meno accentuato per i beni non alimentari (-1,4% in valore e -2,1% in volume).
Per quanto riguarda i beni non alimentari, si registrano variazioni tendenziali positive solo per i prodotti di profumeria, cura della persona (+1,8%) e i prodotti farmaceutici (+0,6%). Il calo più consistente, invece, riguarda cartoleria, libri, giornali e riviste (-4,5%) e calzature, articoli in cuoio e da viaggio (-4,2%). Rispetto a marzo 2024, il valore delle vendite al dettaglio è in flessione per tutte le forme distributive: la grande distribuzione (-2,6%), le vendite delle imprese operanti su piccole superfici (-3,1%), le vendite al di fuori dei negozi (-4,7%) e il commercio elettronico (-1,3%).
– foto screenshot dati Istat –
(ITALPRESS).


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