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Economia

Deloitte “Per Agenda Draghi in Italia servono 80-100 miliardi annui”

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ROMA (ITALPRESS) – Con un debito pubblico previsto a 3 mila miliardi di euro nel 2025 di euro e 86 miliardi di euro spesa per interessi nel 2024, l’Italia necessita di investire 80-100 miliardi di euro annui per 5-10 anni per raggiungere gli obiettivi di crescita, competitività e sostenibilità indicati da Mario Draghi nel report The future of European competitiveness. Un contributo significativo potrebbe arrivare però dalla rigenerazione degli immobili pubblici, in linea con la Direttiva Case Green, con circa 200 miliardi di euro di plusvalenza netta derivanti dalla rivalutazione complessiva del patrimonio immobiliare pubblico. E’ quanto emerge dal report di Deloitte “Ridurre il debito pubblico in Italia valorizzando i suoi asset reali. Padroni del nostro Destino”, lo studio che a partire dall’analisi del debito pubblico italiano indaga le possibili soluzioni che permettano al Paese di riprendere in mano il proprio destino attraverso l’autofinanziamento.
La privatizzazione di asset finanziari liquidi, come le partecipazioni dello Stato in aziende quotate e non, potrebbe contribuire all’ottimizzazione della finanza pubblica, ma un impatto più strutturale può derivare dall’investimento nelle molte attività reali e risorse naturali del Paese, quali il patrimonio immobiliare pubblico e le infrastrutture, attraverso una piena trasformazione e valorizzazione di questi asset.
Il patrimonio immobiliare di Stato, stimato pari a circa 300 miliardi di euro, comprende immobili di proprietà dello Stato centrale, ma anche quelli delle amministrazioni locali. Tali immobili potrebbero essere ceduti nel breve periodo ma con prevedibili forti sconti, data la necessità di importanti interventi di rigenerazione e conversione. Attraverso invece un rilevante intervento di rigenerazione sugli immobili pubblici, comprensivo dei costi di ristrutturazione e di conversione energetica con target di emissione di CO2 in linea con la Green House Legislation, per una stima totale di investimenti complessivi nell’ordine dei 500 miliardi di euro si otterrebbe una rivalutazione complessiva del patrimonio immobiliare pubblico pari a circa 1.100 miliardi di euro, con una possibile plusvalenza netta di circa 200 miliardi di euro e un ritorno medio del capitale proprio investito pari a 1,8 volte.
“Il finanziamento degli interventi di rigenerazione e sviluppo per la piena valorizzazione degli immobili di Stato afferma Claudio Scardovi, Senior Partner e Private Equity & Real Asset Leader di Deloitte e autore del report – può avvenire su basi di mercato, anche attraverso strumenti di Partenariato Pubblico Privato (PPP) e coinvolgendo il risparmio privato degli italiani, tramite investitori istituzionali come Casse di Previdenza, Fondi Pensione, Fondazioni ed anche Assicurazioni ed altri operatori del risparmio gestito.
Ipotizzando l’estensione di garanzie finanziarie aggiuntive da parte dello stato l’opportunità d’investimento potrebbe essere anche estesa per investimento diretto al retail tramite famiglie e individui italiani”.
“Il debito pubblico italiano – aggiunge Scardovi – rappresenta oggi un vincolo alla crescita e allo sviluppo del Paese e la sfida per rilanciare la competitività, richiamata da Draghi su scala europea, richiede di investire importanti capitali pubblici e privati. Per investire nel futuro del Paese occorre mettere a posto i conti sospesi del passato, senza tuttavia cedere alla facile tentazione di cedere i pochi gioielli rimasti per rimandare il problema di pochi mesi”.
“La riduzione del debito pubblico – commenta Francesco Paolo Bello, Deputy Managing Partner di Deloitte Legal- passa attraverso la rigenerazione, riconversione e valorizzazione degli asset reali del Paese che rappresentano elemento di solidità e potenzialità uniche di cui ci dimentichiamo spesso e che dovremmo piuttosto perseguire ed evidenziare, a partire dal bilancio di stato. La valorizzazione di asset reali di stato risulta un’opzione strategica fondamentale da considerare per il ribilanciamento patrimoniale ed economico del bilancio dell’Italia e un’importante fonte di finanziamento degli elevati investimenti che si rendono necessari per investire in un futuro di competitività sostenibile”.
“Questa operazione – concludono Scardovi e Bello – permetterebbe non solo di realizzare al meglio il valore patrimoniale degli immobili pubblici, cogliendo effetti moltiplicativi a livello economico per via dell’impatto diretto e indiretto finale sul PIL, ma anche di cogliere altri obiettivi sociali e ambientali di pubblica utilità. Infatti un immobile di stato situato in centro città, scarsamente utilizzato e con costi di gestione insufficienti a preservarne il valore patrimoniale, potrebbe andare incontro a una riconversione per una destinazione d’uso ottimale. Questa richiederebbe certamente un investimento da capitalizzare e ulteriori oneri ricorrenti di gestione, ma potrebbe incrementarne la produttività e utilità d’uso, riflessa nel canone d’affitto o nella valorizzazione patrimoniale dello stesso”.

– Foto IPA Agency –

(ITALPRESS).

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Stellantis, Filosa “L’Italia è al centro del progetto strategico”

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ROMA (ITALPRESS) – L’impegno di Stellantis con l’Italia non è in discussione, per noi di Stellantis l’Italia è al centro del progetto strategico che abbiamo del nostro futuro e lo stiamo dimostrando con fatti concreti. Dopodomani lanceremo la Jeep Compass a Melfi in Basilicata, fra un mese lanceremo la Fiat 500 ibrida a Mirafiori a Torino”. Così il Ceo di Stellantis, Antonio Filosa, ospite a “Cinque minuti” su Rai1. “È anche vero che abbiamo annunciato un investimento di 13 miliardi di dollari in quattro anni negli Stati Uniti, un mercato che esprime 16 milioni di vetture vendute all’anno. Il nostro impegno con l’Italia – ha aggiunto – è investire il primo anno 2 miliardi di euro, acquistare nel primo anno del Piano Italia 6 miliardi di euro in componenti e servizi dai nostri fornitori per un mercato che esprime da 1,5 a 2 milioni di vetture vendute l’anno. Come si vede dai numeri, sono due piani straordinari e ugualmente competitivi”.

“C’è una differenza tra l’Europa e gli Stati Uniti. Gli Stati Uniti con la nuova amministrazione hanno trasformato le regole con un pragmatismo unico e rapidissimo, e quindi hanno restituito agli americani la scelta di comprare la vettura che vogliono. In Europa le regole sono ancora restrittive e devono essere in modo urgente modificate. Abbiamo bisogno che queste regole riflettano la realtà del mercato e restituiscano ai clienti europei la libertà di scegliere la macchina che vogliono, come negli Stati Uniti – ha detto Filosa – Noi stiamo chiedendo quattro cose. La prima è aprire al concetto di neutralità tecnologica, che vuol dire esattamente questo. La seconda è aprire al concetto di rinnovamento del parco circolante, in Europa oggi ci sono 256 milioni di vetture, 150 milioni hanno più di 12 anni e quindi inquinano di più di quelle moderne. Terza cosa, vogliamo un focus specifico sulle vetture piccole per le quali l’Italia è leader mondiale. Quarta cosa, abbiamo bisogno che i target sui veicoli commerciali siano modificati con urgenza, perché sono irraggiungibili”, ha aggiunto.

“La competitività nel nostro settore è fatta da una somma di fattori interni ed esterni, e su alcuni fattori interni l’Italia è assolutamente imbattibile. Il design italiano, a Torino abbiamo molti designer e uno dei centri di design automobilistico più grande del mondo che progetta per l’Italia e per il mondo, abbiamo 3.500 giovani ingegneri a Torino che progettano per l’Italia e per il mondo. Esistono fattori esterni che non dipendono da noi, come il costo dell’energia. In Spagna nel 2024 un megawattora ci costa dai 70 agli 80 euro, in Italia nello stesso anno la stessa quantità di energia ci costa più del doppio, 182 euro. Stiamo parlando con il Governo italiano, sono ricettivi, stiamo intrattenendo con loro un dialogo costruttivo e speriamo di arrivare a conclusioni favorevoli”, ha proseguito Filosa.

“I costruttori cinesi, per quanto agguerriti nella loro concorrenza, non sono il vero problema. Il problema sono regolamentazioni che partono da Bruxelles che non sono realistiche e stanno indebolendo quello che di meglio abbiamo, ovvero l’industria automobilistica europea e italiana. Se cambiano queste regolamentazioni, noi abbiamo di tutto per tornare a quello che eravamo prima: design, innovazione, tecnologia e progettualità”, ha concluso Filosa.

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-Foto IPA Agency-
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Meloni “Dalle banche 5 miliardi su 44 di profitti. Chieste risorse a chi ha avuto grandi benefici”

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ROMA (ITALPRESS) – “Non vogliamo tassare la ricchezza prodotta dalle aziende, perchè daremmo un segnale sbagliato. Vogliamo un contributo sulla rendita accumulata per condizioni di mercato che la politica del governo ha fortemente contribuito a creare”. Così la premier Giorgia Meloni a Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, nel nuovo libro di Bruno Vespa “Finimondo”, in uscita giovedì 30 ottobre per Mondadori-Rai Libri. “Ho spiegato – continua Meloni – che per mantenere i conti in ordine, occorrono delle risorse e le abbiamo chieste a chi, grazie a questa politica, ha avuto dei grandi benefici”.

“Se cresce lo spread, se sale il rating dell’Italia, se le banche hanno potuto approfittare dei 200 miliardi messi a disposizione dal governo Conte per rinegoziare con la garanzia dello Stato prestiti che avevano già erogato, o dei crediti del superbonus, sempre grazie a Giuseppe Conte, è giusto che quelle stesse banche ci diano una mano a continuare in una politica così profittevole. Se su 44 miliardi di profitti nel 2025 ce ne mettono a disposizione circa cinque per aiutare le fasce più deboli della società, credo che possiamo essere soddisfatti noi e che in fin dei conti possano esserlo anche loro”, aggiunge Meloni.

– foto IPA Agency –

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Mastrapasqua “Collegare le pensioni al numero dei figli. La crisi demografica impone scelte forti”

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ROMA (ITALPRESS) – L’idea di collegare la pensione al numero di figli che si fanno “è tutt’altro che un azzardo”. Lo dice in un’intervista all’Italpress l’ex presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua. “La crisi demografica impone scelte forti – afferma -. Peraltro l’idea di collegare una migliore prestazione previdenziale in funzione del numero dei figli era contenuta anche nella legge Dini del 1995. Ma era rimasta tra le pieghe della riforma previdenziale e soprattutto all’epoca non c’era la crisi demografica con cui oggi dobbiamo confrontarci. L’Istat pochi giorni fa ci ha ricordato che nel 2024 le nascite sono state 369.944, in calo del 2,6% sull’anno precedente e del 42,2% rispetto al 1995, quando venne predisposta la riforma Dini di cui abbiamo parlato“. La crisi demografica mette in crisi tutto il sistema del welfare? “Certo, a cominciare dalle pensioni. Il sistema previdenziale a ripartizione, che vige in Italia, è un’ottima forma di patto generazionale, a condizione che ci siano nuove generazioni – evidenzia -. Con il sistema a ripartizione la mia pensione sarà pagata dai contributi di mio figlio, così come io ho pagato quella di mio padre. E senza nuovi nati non ci saranno nuovi lavoratori, meno lavoratori vuol dire un Pil più basso, meno contributi previdenziali e pensioni più magre. Bisogna invertire questo trend, in maniera radicale”.

Non bastano i bonus per favorire le famiglie che fanno più figli? “I bonus sono necessari, ma non sufficienti – replica Mastrapasqua -. Serve uno shock. E quindi bisogna immaginare una convenienza forte, una scommessa sul futuro proprio, della propria famiglia, del proprio Paese. Ma soprattutto una occasione per migliorare la propria condizione”. Mastrapasqua propone un aumento di 800-1000 euro al mese per la pensione di chi fa più di due figli. “Questo serve. Si tratta di avere il coraggio di progettare una proposta “disruptive” che coniughi esplicitamente l’”investimento” di fare figli con un premio a lunga scadenza: nell’orizzonte di un risparmio finanziario potremmo paragonare a un Btp trentennale, non incassabile fino a scadenza. Comunque – spiega – si deve poter contare su una grande convenienza; non un semplice ritocco al coefficiente di trasformazione come prevede la Dini del ’95, quando la crisi demografica era solo all’orizzonte. Ci vuole un intervento radicale, che assicuri un incremento di almeno il 50% della prestazione previdenziale raggiunta a scadenza, di vecchiaia o anzianità per i genitori che mettono al mondo almeno due figli. Un patto generazionale con una obbligazione dello Stato”.

Solo per le madri? “La Dini prevedeva il beneficio, assai modesto, solo per le madri. Credo che oggi sia il tempo di ragionare su entrambi i genitori, che devono poter contare su un grande incremento della futura prestazione previdenziale”, conclude Mastrapasqua.

– foto IPA Agency –

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