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Cronaca

“Il mondo post globale” in uno studio Centro Einaudi-Intesa Sanpaolo

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MILANO (ITALPRESS) – La sorprendente, contemporanea comparsa di svariate crisi globali, diversissime tra loro, ha reso cruciali i tempi che stiamo vivendo. Quella più immediatamente percepita dai normali cittadini è certamente la pandemia da COVID-19, che ha fatto molto di più che provocare milioni di morti: si è anche rivelata, purtroppo, un efficacissimo catalizzatore dell’inceppamento di un’economia globale già insicura, ulteriore elemento di divario tra (pochi) ricchi e un numero di poveri o quasi poveri in forte aumento, tra giovani senza lavoro a tempo indeterminato e privi di un «piano di vita» e anziani con pensioni basse anche se relativamente sicure. E’ quanto emerge da “Il Mondo Post Globale”, una ricerca a cura di Mario Deaglio con i contributi di Giovanni B. Andornino, Giorgio Arfaras, Angela De Martiis, Giuseppina De Santis, Gabriele Guggiola, Paolo
Migliavacca, Giuseppe Russo, Giorgio Vernoni. Un lavoro frutto della collaborazione fra il Centro di Ricerca e Documentazione “Luigi Einaudi” e Intesa Sanpaolo.
La pandemia è comparsa all’improvviso; da tempo, però, siamo alle prese con una crisi ambientale di ben più lunga durata, nell’ultimo anno acuita da una estrema siccità e che ha a che fare, tra l’altro, con l’uso delle risorse energetiche. Basti considerare che, se il «sistema Internet» fosse una nazione, sarebbe all’incirca al quarto posto nel mondo per consumo di elettricità (dopo Cina, Stati Uniti, India e prima del Giappone) – anche grazie alla comparsa delle criptomonete – con il 7 per cento del consumo mondiale di energia elettrica secondo le ricerche di Greenpeace: il data mining, ovvero l’«estrazione» di risultati da enormi banche dati, si avvia a consumare, entro pochi anni, tanta energia quanta l’estrazione di minerali e metalli.
Come se queste due profonde trasformazioni non bastassero, di altre due dobbiamo assolutamente tener conto.
Crisi pandemica e crisi energetica hanno accelerato la terza trasformazione di cui si tratta in questo studio – rapida con gli occhi della storia, ma sufficientemente lenta se considerata con quelli della politica – che riguarda il modo di lavorare. La pandemia ha accelerato la tendenza, già in atto, al lavoro «da remoto», provocando, tra l’altro, la caduta della domanda di superfici per uffici e l’aumento della domanda di abitazioni più vaste, in grado, appunto, di includere spazi per il lavoro a distanza. Ma anche la riduzione della distinzione tra lavoro e tempo «libero», tra lavoro e «vacanza». Congiunto al mutamento economico-sociale, sta delineandosi un cambiamento finanziario di vastissima portata: si modificano i modi di raccogliere il risparmio e le risorse finanziarie in genere, gli obiettivi di risparmiatori sempre più anziani e anche, sotto la spinta di Internet, le modalità delle transazioni.
La quarta trasformazione riguarda l’ordine geopolitico del pianeta, alla luce della guerra d’Ucraina, ma non solo. Questa guerra, infatti, non rappresenta altro che l’aspetto più drammatico e più acuto del venir meno delle basi dell’ordine mondiale emerso con la fine della Seconda Guerra Mondiale e con la Grande Recessione del 2008-2009. Più tensioni e conflitti quindi, e meno commerci, quasi certamente minore sviluppo, con le relazioni economiche che da globali paiono restringersi in ambiti più angusti, regionali nei migliori dei casi e con crescenti tentazioni autarchiche. Sarà davvero così? Un fattore decisivo è legato al rapporto sino-russo.
Nel 1990, alla fine della Guerra Fredda, Mosca e Pechino generavano rispettivamente il 3,4 e il 2 per cento del PIL mondiale; nel 2021 la loro quota sfiorava il 20 per cento, di cui il 18 per cento cinese. Se, per scelta ragionata o per costrizione prodotta dalle sanzioni politico-economiche occidentali, la Russia approfondisse il «partenariato strategico» con la Cina, finirebbe per diventare il «socio di minoranza» dell’alleanza. Ma il blocco dei Paesi occidentali rischierebbe per contro di scendere sotto il 50 per cento del PIL mondiale.
Tutte e quattro le crisi influenzano un’economia mondiale che sta perdendo rapidamente i suoi caratteri di globalità e riducendo altrettanto rapidamente le proprie capacità di crescita, tanto da indurci a intitolare questa ricerca Il mondo postglobale.
Le criticità politiche ed economico-industriali che stanno emergendo dal conflitto ucraino, accanto alla ricomparsa di dinamiche inflattive, che le economie mature non sperimentavano da decenni, non possono non influire – tra l’altro – sugli obiettivi fissati dalla Recovery and Resilience Facility delineata dalla Commissione europea e di cui l’Italia è la principale beneficiaria.
Anche perchè la nuova inflazione – un mix di problemi tecnici legati al sempre peggiore funzionamento di molte catene globali del valore, da quelle alimentari fino ai microchip – è profondamente diversa dai fenomeni inflazionistici del secolo scorso. Contro di essa le “cure tradizionali”, di carattere fiscale e monetario, si sono rivelate poco efficaci.
L’Unione Europa, con la BCE, sta promuovendo contro la spinta inflattiva risposte di tipo nuovo, piuttosto diverse rispetto a quelle della Fed americana. I “meccanismi” economici di Bruxelles sono considerati normalmente lenti e complicati, tuttavia da un punto di vista storico l’Europa mostra una crescita istituzionale assai rapida se paragonata a quella degli Stati Uniti. Lo conferma il caso della BCE, la Banca Centrale Europea istituita nel 1998, cioè quarant’anni dopo l’entrata in vigore del Trattato di Roma: la Fed, sua equivalente, vide la luce a Washington alla fine del 1913, ossia ben 137 anni dopo la Dichiarazione di Indipendenza del 1776 e senza contare che, nel caso europeo, non c’è stata alcuna guerra civile di mezzo.
Gli avvenimenti recenti, però, hanno purtroppo messo a nudo la vulnerabilità energetica del Vecchio Continente e, di concerto, la difficoltà a realizzare gli «obiettivi verdi», pur culturalmente molto appetibili. E poichè il mondo non aspetta, l’Europa dovrà in tempi brevi occuparsi a fianco di queste tematiche anche di coordinamento sanitario, di supporto alla disoccupazione e ai giovani, di forze armate. E della revisione dei Trattati.
In tale quadro si inserisce un’analisi dettagliata dell’Italia; una economia che esprime ambiti d’eccellenza ma resta gravata – ad esempio – dalla presenza di troppe micro-imprese, perchè i meccanismi regolatori le hanno incentivate a rimanere piccole: il 92 per cento dei dipendenti privati è occupato in aziende con meno di 50 milioni di fatturato. E si avanzano diverse proposte: una riforma fiscale che renda conveniente lavorare e investire, una revisione della disciplina fiscale sulle fusioni che incoraggi le piccole imprese a crescere, l’introduzione del quoziente famigliare nella tassazione diretta e l’introduzione sperimentale della settimana lavorativa di quattro giorni, integrata da attività di formazione a distanza. L’export resta, per l’Italia, un driver essenziale, ma il triangolo industriale ha incominciato a segnare il passo. Se la dinamica delle esportazioni del Nord-Ovest industriale fosse stata la stessa della media di Nord-Est e Italia centrale, l’impulso al PIL italiano sarebbe stato di 6 punti aggiuntivi per ogni decennio; per conseguenza, la distanza media fra la dinamica del PIL europeo e quella del PIL italiano sarebbe stata pari a meno della metà di quella che si è avuta nei fatti.
Per l’Italia e per il resto del mondo, è legittimo domandarsi se ci troviamo di fronte a un cambiamento senza precedenti oppure se qualcosa del genere possa essere già successo nella storia. E per sbirciare il futuro studiando il passato, occorrono pensieri nuovi, nuove analisi e sguardo lungo.

– foto Intesa Sanpaolo –

(ITALPRESS).

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Mille giorni Governo, Meloni”Un milione nuovi occupati e aumento salari”

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ROMA (ITALPRESS) – “Non si valuta un Governo solo dalla durata ma la stabilità è importante. Sono molto fiera di quello che abbiamo fatto in questi mille giorni. Ogni giorno mediamente sono stati creati oltre mille posti di lavoro a tempo indeterminato, per un totale di oltre un milione di nuovi occupati in più. Penso che sia un bel risultato”.

Lo ha detto la premier Giorgia Meloni facendo un bilancio dei 1000 giorni di Governo al Tg1. “Sui salari è vero che l’Italia ha accumulato, soprattutto quando governava la sinistra, un ritardo sul potere d’acquisto dei lavoratori. E’ un ritardo difficile da recuperare ma sicuramente la tendenza è cambiata: dal 2023 i salari tornano a crescere più dell’inflazione. Significa che il problema è risolto? No. Significa che la strada che abbiamo intrapreso è quella giusta”.

– Foto IPA Agency –

(ITALPRESS).

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Conte “Per Meloni finito tempo bufale, ha svenduto Italia”

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ROMA (ITALPRESS) – “Per Meloni è finito il tempo delle bufale. Dopo mille giorni di governo dovrebbe assumersi le proprie responsabilità. La verità è che crolla il potere d’acquisto degli italiani, il lavoro è sottopagato, aumentano le tasse e gli italiani hanno difficoltà a pagare le bollette, a fare la spesa, e ad andare in vacanza. Tolgono i soldi dalla sanità e li mettono sulle armi, gli unici a festeggiare sono banche e industrie delle armi”. Lo ha detto il presidente del M5s Giuseppe Conte al Tg1 che aggiunge “E’ Meloni che si è offerta come protagonista di questa trattativa tra gli Stati Uniti e l’Europa, addirittura offrendo la soluzione degli zero Dazi che ha già fallito. In realtà, ha concesso già tutto agli Stati Uniti, ha promesso l’acquisto di gas, armi americane, zero tassazione ai miliardi del web e, quindi, ha svenduto l’Italia”.

– Foto: Ipa Agency –

(ITALPRESS).

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PRONTO METEO – PREVISIONI PER IL 18 LUGLIO 2025

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Pronto Meteo è il servizio di meteorologia di Pavia Uno Tv e Lombardia Live 24 in onda ogni giorno alle 19,30. Fornisce interessanti bollettini meteo per il fine settimana su Pavia e provincia e le province confinanti, visionabili anche sui nostri siti paviaunotv.it, lombardialive24 e sui nostri canali social. Ogni giorno, poi, ci sono aggiornamenti nelle Breaking News della sera e un sito dedicato alle previsioni, prontometeo.it, edito sempre da Agenzia CreativaMente.

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