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Cronaca

Ernie, in Italia 200 mila interventi chirurgici all’anno

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MILANO (ITALPRESS) – Può essere inguinale, femorale, ombelicale, iatale e di altri tipi ancora, ma la definizione dell’ernia è valida per tutte: una fuoriuscita di viscere dalla parete del muscolo o del tessuto che lo contiene. Nella maggior parte dei casi le ernie interessano la cavità addominale, tra il petto e le anche. La più diffusa è sicuramente l’ernia inguinale, a tal punto che la sua riparazione è considerata l’intervento chirurgico più frequentemente eseguito nelle sale operatorie di tutto il mondo. L’incidenza globale dell’ernia inguinale nella popolazione si aggira intorno al 4-5% con valori che raddoppiano se si prende in considerazione il solo sesso maschile e con una frequenza che aumenta con il passare degli anni. Il rapporto maschio-femmina è di otto a uno. Un senso di peso e bruciore, accompagnati alla presenza di una protuberanza inguinale sono i sintomi comuni dell’ernia. Solitamente si suggerisce di operare presto, seppur nella maggioranza dei casi senza urgenza. L’ernia è uno dei temi affrontati da Giampiero Campanelli, direttore Hernia Center Ospedale Galeazzi Sant’Ambrogio di Milano, intervistato da Marco Klinger, per Medicina Top, il nuovo format tv dell’agenzia di stampa Italpress.
“L’origine dell’ernia è un problema metabolico”, ha spiegato Campanelli. “I tessuti connettivi – ha continuato – sono poveri di una determinata sostanza, quindi le reazioni che formano i nuovi tessuti connettivi sono meno efficaci”. Per il direttore dell’Hernia Center bisogna “sfatare il discorso degli sforzi”. “Non è detto – ha evidenziato – che gli sforzi producano l’ernia, certamente gli sforzi su una base biochimica la fanno comparire”.
Come accorgersi della comparsa di un’ernia? “Uno degli errori più frequenti – ha sottolineato – è diagnosticare un’ernia quando non c’è. Il semplice dolore inguinale, per esempio, che può comparire durante uno sforzo fisico, se non è accompagnato da una tumefazione visibile, molte volte non è un’ernia. Tipicamente con la comparsa di un’ernia c’è la comparsa di una tumefazione. Poi può accompagnarsi o meno a sensazioni di bruciore, prurito, dolore o pesantezza”.
Secondo la credenza popolare, con l’ernia si deve quasi sempre andare verso un intervento chirurgico. “Una delle cose – ha spiegato Campanelli – che penso possa contraddistinguere una super-specializzazione su questo argomento è la possibilità di dividere i casi in cui si deve andare dal chirurgo da quelli in cui si può non andare dal chirurgo. La semplice comparsa di una debolezza della parete posteriore del canale inguinale, che si associa a un dolore, non è detto che debba essere trattata primitivamente chirurgicamente”. Per Campanelli alcune “situazioni a volte vanno risolte all’inizio con la fisiochinesiterapia”.
Talvolta si sente dire che qualcuno è stato operato di ernia ma il dolore è rimasto. “Questo è il quadro peggiore che possa presentarsi”, ha affermato. “E’ il dolore cronico post-operatorio – ha aggiunto – e ha due origini. Una prima origine è l’intervento sbagliato in quel momento”. Occorre, quindi, grande attenzione per “l’indicazione chirurgica”.
“Il secondo motivo – ha proseguito – è un intervento fatto male. La chirurgia dell’ernia è passata da una situazione di ‘lavoro casalingò a una super-specializzazione. Non tutti, però, sono superspecialisti. Anche un semplice intervento di ernia inguinale primitiva, se viene operato male o nel momento in cui non doveva essere operato, può dare esito a un vero e proprio incubo. Noi a volte siamo costretti a correre ai ripari con interventi particolari per il trattamento della nevralgia cronica”.
Per Campanelli si tratta di “un argomento epidemiologicamente enorme perchè si fanno 2 milioni di interventi all’anno negli Stati Uniti e 200 mila in Italia”.
“Oggi – ha poi aggiunto – la super-specializzazione impone una chirurgia su misura. Alcuni pazienti possono essere operati con un semplice taglietto di pochi centimetri, in anestesia locale e in regime ambulatoriale. Altri non possono essere operati in questo modo. E arriviamo fino alla riparazione delle grosse problematiche parietali in cui gli interventi sono più complessi. Oggi abbiamo una grande opportunità, quella di operare con la chirurgia robotica. Ci sono alcune indicazioni che privilegiano l’utilizzo di questo presidio. Ci sono risultati eccellenti ma non ci deve essere un abuso perchè il robot va utilizzato solo nelle situazioni in cui c’è un reale vantaggio, sia per la comunità sia per il paziente”.
Si parla spesso della colla di fibrina. “Questo – ha detto Campanelli – è stato alla base di un grandissimo lavoro scientifico. Abbiamo dimostrato che possiamo utilizzare la colla al posto dei punti di sutura. E’ stato un vantaggio enorme perchè non c’è il senso di tensione e il rischio di inglobare particelle nervose è molto ridotto. Utilizzandola in maniera appropriata – ha concluso -, la colla di fibrina arriva agli stessi risultati degli interventi con sutura, però abbattendo moltissimo la percentuale di dolore”.

– foto Italpress –
(ITALPRESS).

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Urso “L’industria 5.0 è un incentivo per le imprese”

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CERNOBBIO (ITALPRESS) – “La misura Industria 5,0 è importantissima in un momento così decisivo per fare un incentivo forte all’innovazione delle nostre imprese, a rendere più competitive sia per quanto riguarda l’utilizzo della tecnologia digitale sia per quanto riguarda la tecnologia green e l’efficientamento energetico e altrettanto per la formazione di personale”.
Lo ha detto il ministro delle imprese e del made in Italy Adolfo Urso a margine dei lavori del Forum TEHA in corso a Villa d’Este a Cernobbio.
“Industria 5.0 è la misura più importante e più innovativa che in questi mesi hanno messo in campo i Paesi europei e lo ha fatto l’Italia, perchè l’unica misura che mette insieme l’innovazione digitale con l’industria 4.0 e l’innovazione e l’efficientamento economico green, attraverso le risorse del Pnrr – ha aggiunto – Essendo parte delle risorse derivanti dal Pnrr, attraverso il Repower Eu, vanno assolutamente integrate entro il 2025, per essere rendicontate entro giugno 2026. Per questo un’eventuale proroga di questa misura va contrattata in sede europea, così come qualunque modifica alla misura come è stata realizzata va comunque comunicata alla commissione europea”.

– Foto: Agenzia Fotogramma –

(ITALPRESS).

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Imprese e tecnologia, uno studio “Necessario new deal delle competenze”

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CERNOBBIO (COMO) (ITALPRESS) – Nel mondo è in corso una vera e propria rivoluzione industriale data dall’integrazione pervasiva delle tecnologie digitali in azienda, che oggi accelera ulteriormente grazie all’intelligenza artificiale. Questa centralità di tecnologia e innovazione rende necessario sviluppare un nuovo paradigma nella relazione tra uomo e tecnologia: la società 5.0, dove la tecnologia non è più un qualcosa che sostituisce, ma diventa un abilitatore di nuovi modelli di cittadinanza e lavoro che vedano l’individuo al centro.
In questo contesto, la chiave per la competitività è l’innovazione, che è a sua volta alimentata dalle competenze. E’ questo il principio che ha guidato la realizzazione dello Studio “Italia 5.0: le competenze del futuro per lo sviluppo dell’innovazione nell’epoca dell’intelligenza artificiale in Italia e in Ue”, elaborato da TEHA Group in collaborazione con Philip Morris Italia, presentato oggi nell’ambito della 50esima edizione del Forum di The European House – Ambrosetti, in una conferenza stampa cui hanno preso parte Massimo Andolina (Presidente Regione Europea, Philip Morris International), Marco Hannappel (Presidente e Amministratore Delegato, Philip Morris Italia – VP South West Europe Cluster) e l’Advisor scientifico e portavoce dell’iniziativa Giorgio Metta (Direttore Scientifico, Istituto Italiano di Tecnologia).
La ricerca si è posta l’obiettivo di definire gli elementi per un New Deal delle competenze per trasformare il nostro Paese in un’Italia 5.0 – in grado di cogliere da protagonista tutti i benefici derivanti da innovazione, digitalizzazione e nuove tecnologie – che rappresenti anche un modello da esportare a livello europeo. Lo studio ha fatto leva su un’ampia attività di stakeholder engagement, che ha visto la partecipazione di oltre 10 vertici di imprese, delle istituzioni e delle associazioni di categoria in interviste riservate, nonchè il coinvolgimento di oltre 450 imprese da 4 Paesi UE (Italia, Germania, Francia, Spagna) in una survey, somministrata in collaborazione con Coldiretti, per misurare digitalizzazione e competenze nei settori agricolo e manifatturiero.
Secondo Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di TEHA Group e The European House – Ambrosetti, “per cogliere appieno le opportunità offerte dalle nuove tecnologie e dall’intelligenza artificiale, è chiave per l’Italia muoversi verso un nuovo paradigma di dispiegamento tecnologico: quello della Società 5.0. Per costruire un’Italia 5.0 è strategico il ruolo delle aziende capofiliera: l’Italia è infatti un Paese di PMI, che generano il 48% del valore aggiunto del Paese e impiegano il 57% degli occupati, ma sono più in difficoltà rispetto a digitalizzazione e competenze, per cui è necessario il ruolo di stimolo della grande impresa. Inoltre, le competenze sono chiave, soprattutto per cogliere i benefici dell’intelligenza artificiale: il Paese è in ritardo, serve un Piano Marshall delle competenze”.
“La ricerca conferma – anche con le testimonianze dirette provenienti dal mondo delle aziende – che il capitale umano è oggi l’elemento chiave della competitività delle imprese e della crescita dell’economia, elemento ulteriormente valorizzato dalla rivoluzione dell’intelligenza artificiale”, ha sottolineato l’Advisor scientifico dell’iniziativa Giorgio Metta, Direttore Scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia. “l’Italia è un Paese di eccellenze anche nella ricerca e nell’istruzione. Tuttavia, l’Italia ha un problema di scala sulle competenze: nonostante le eccellenze, l’Italia sconta un ritardo sistemico sulle competenze digitali, sia di base che avanzate: mancano infatti 15 milioni di cittadini da alfabetizzare al digitale, aumentare gli iscritti a corsi di laurea ICT e agli ITS e puntare sulla formazione continua”.
Per Massimo Andolina, Presidente Regione Europea di Philip Morris International, “L’ambizione dell’Italia può e deve essere quella di abbracciare un nuovo paradigma di sviluppo per posizionarsi come modello da esportare in Europa. Per colmare il gap di competenze digitali occorre partire dalle esperienze più virtuose e da una collaborazione pubblico-privato di tipo strutturato. In questo momento storico è fondamentale, da una parte, tenere il passo dell’innovazione, guidandola, per mantenere alta la competitività;
dall’altra parte garantire il più ampio accesso possibile a percorsi di formazione all’avanguardia, che accompagnino i professionisti lungo il loro intero percorso in azienda”.
Secondo Marco Hannappel, Presidente e AD di Philip Morris Italia, “L’esperienza di Philip Morris Italia è emblematica: grazie alle competenze all’avanguardia della nostra filiera integrata – che oggi coinvolge oltre 41.000 persone e più di 8000 imprese – abbiamo costruito negli anni un modello di business invidiato in tutto il mondo, il cui principale driver è sempre stato la capacità di innovare. I dati oggi mostrano i frutti di questo percorso virtuoso e quanto il ruolo di capofiliera sia essenziale, in particolare nel mondo agricolo: grazie agli accordi di programma sottoscritti negli anni da Philip Morris con il Ministero dell’Agricoltura e con Coldiretti, gli agricoltori aderenti all’iniziativa mostrano dati sull’innovazione sensibilmente migliori rispetto alla media Italiana ed Europea: l’89% di tali aziende dichiara di aver realizzato o di avere in corso progetti agritech rispetto al 46% della media italiana e al 77% della media UE.” Sulla base delle prospettive emerse dallo studio, sono state elaborate 5 proposte chiave per lanciare il New Deal delle competenze per un’Italia 5.0: Formazione in ingresso; Formazione permanente; Digitalizzazione delle Piccole e Medie Imprese; per dimensione economica, impatto occupazione e propensione all’innovazione, la presenza di un’impresa capofiliera è determinante per la digitalizzazione di tutte le altre aziende coinvolte nella filiera; Collaborazione pubblico-privato.

Foto: ufficio stampa Philip Morris Italia

(ITALPRESS).

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Martin vince la sprint di Misano davanti a Bagnaia

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MISANO ADRIATICO (ITALPRESS) – Jorge Martin, in sella alla Ducati Prima Pramac, ha vinto la sprint race del Gran Premio di San Marino, disputata sul circuito di Misano. Partito dalla quarta casella, lo spagnolo è riuscito a “sverniciare” Pecco Bagnaia e Franco Morbidelli, prendendo la leadership della corsa sin dalla prima curva. Bagnaia chiude al secondo posto: il distacco del ducatista da Martin in campionato sale così a 26 punti. A completare il podio Morbidelli, terzo con l’altra Desmosedici del team Pramac. Enea Bastianini (Ducati Lenovo) si deve accontentare, invece, della quarta piazza, quinto in rimonta Marc Marquez (Ducati Gresini). Nell’ordine, completano la top ten Pedro Acosta, Brad Binder, Jack Miller, Fabio Quartararo ed Alex Marquez. Sono caduti Di Giannantonio e Bezzecchi.
– foto Ipa Agency –
(ITALPRESS).

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