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Economia

Imprese italiane, quali sono le difficoltà nel ridurre i costi aziendali

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Sempre più frequentemente, le aziende vanno incontro alla necessità di riduzione dei costi, sia fissi che variabili. Si tratta di una criticità che può riguardare indistintamente tutti i tipi di impresa, dalle piccole alle grandi. Le più colpite, tuttavia, sono le PMI. L’argomento è delicato e molto diffuso: basti pensare che parliamo di circa 211mila aziende che contribuiscono al 41% dell’intero fatturato dell’Italia, oltre che del 33% dell’insieme degli occupati nel privato.

In ogni impresa, sia grande, media o piccola, i costi incidono in maniera diretta sul profitto: quest’ultimo deriva dalla sottrazione tra fatturato (guadagno) e costi sostenuti dalle aziende. In questo senso, dunque, la necessità di ridurre le spese può emergere per diversi motivi: può essere una risposta immediata a un momento di forte crisi aziendale, ma anche una strategia per aumentare i profitti.

Bisogna tenere presente, però, che ridurre i costi non è necessariamente sinonimo di “taglio”. Ogni costo è destinato a una potenziale risorsa, quindi “tagliare” una spesa equivale a una rinuncia ad alcune risorse, che possono essere di diverso tipo. Per questo motivo, in casi del genere è opportuno agire con la massima cautela e accortezza, in modo da tutelare la propria impresa, i propri dipendenti e la propria reputazione aziendale.

Non è affatto raro, come vedremo, andare incontro a pesanti difficoltà nel decidere quali sono i costi da ridurre. Innanzitutto, occorre sottolineare che esistono diverse aree che possono essere soggette alla riduzione dei costi e – di conseguenza – svariate risorse e processi aziendali possono andare incontro a un decremento di azione, a un depotenziamento o addirittura a un azzeramento.

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Tipiche modalità per ridurre i costi: dai dipendenti al marketing

Una delle modalità tipicamente attuate è quella di agire direttamente sui dipendenti, visto che le spese per il costo del personale in Italia sono ingenti. Le azioni intraprese possono corrispondere a un licenziamento oppure alla cassa integrazione. Il ritorno immediato in termini puramente finanziari a breve termine è possibile (anche se c’è da sostenere la spesa del Tfr, che può essere anche molto elevata), ma bisogna sottolineare gli svantaggi che possono determinarsi a medio e lungo termine.

Sacrificare un dipendente che normalmente apporta un contributo ma deve rispondere direttamente della crisi aziendale non è esattamente un comportamento lodevole dal punto di vista etico e professionale, ma soprattutto non corrisponde a un’adeguata strategia manageriale, in quanto l’azienda può perdere in termini di efficacia e reputazione, aumentando malcontento e timore fra gli altri dipendenti, creando dunque ambiente e condizioni di lavoro per niente ottimali.

Altre aree nelle quali si può agire dipendono direttamente dal tipo di impresa in questione. Se l’azienda produce beni tangibili e materiali, si può pensare di utilizzare materie prime più economiche, ma questo comporta un downgrade dal punto di vista della qualità del prodotto.

Un’ulteriore soluzione spesso individuata è quella di tagliare il budget per attività come marketing e comunicazione. Questo tipo di comportamento trova spiegazione nel fatto che gli imprenditori sono consapevoli dell’importanza di queste strategie in termini di visibilità (e si tratta di investimenti inizialmente avallati, d’altronde), ma non è sotto i loro occhi il ritorno immediato in fatto economico di tali attività. Tuttavia, bisogna specificare che un’impresa ben organizzata è in grado di calcolare o stimare i profitti generati grazie alle attività di comunicazione, che – se organizzate e attuate in maniera efficace – ricoprono un ruolo chiave per il profitto aziendale.

Dopo aver elencato alcune soluzioni tipicamente adottate dagli imprenditori per ridurre i costi aziendali, presentandone anche gli svantaggi, si può adesso passare al modo in cui questi problemi possono essere superati e tramite quali modalità, presentando un altro approccio e fornendo alcuni esempi in merito.

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Il piano di gestione dei costi

Il primo passo da compiere consiste in un cambio di prospettiva ad ampio raggio: l’opzione ideale, infatti, non corrisponde al taglio indiscriminato e “cieco” dei costi (cost cutting), ma ad attente riflessioni sugli ambiti nei quali le spese vengono dirottate, con l’individuazione di punti di forza e punti deboli (cost management). In questo senso, è indispensabile non agire in maniera impulsiva, bensì adottare un piano di gestione e riduzione dei costi aziendali, sviscerando e analizzando con attenzione tutte le branche e le specificità della propria impresa, insieme alle spese che vengono abitualmente sostenute.

Il lavoro di pianificazione è complesso, ma – rispetto all’approccio precedente – le prospettive saranno più vantaggiose a lungo termine. Innanzitutto, serve un preciso calcolo di tutte le spese sostenute con le varie tipologie: fissi, variabili, di gestione. Già dopo questo passo, sarà possibile individuare le aree in cui si spende più del necessario, oppure inutilmente. Ovviamente, però, non si tratta di un’azione semplice e a questo proposito esistono dei professionisti che affiancano le aziende e i datori di lavoro proprio in questo tipo di operazioni, con studi finalizzati a verificare i margini di miglioramento e a far sì che tutti i processi aziendali mantengano la loro efficienza. Fra queste, Profitalia è esperta nelle strategie che consentono di gestire al meglio i costi, tramite un servizio di affiancamento costante alle aziende volto a garantirne tanto il successo quanto la crescita sostenibile.

Il potenziale delle PMI italiane, d’altronde, esiste ma è per larga parte inespresso. Secondo il report “A microscope on small business” (maggio 2024) realizzato da un pool di esperti del McKinsey Global Institute, è emerso che se si portasse la produttività delle Pmi italiane allo stesso livello di quelle dei “campioni” di produttività degli altri Paesi, si otterrebbe un incremento del Pil del +6,4%. Si tratta, dunque, di trovare la strategia giusta per ottimizzare le proprie risorse.

Conclusioni

Spesso si identifica in maniera affrettata la necessità di riduzione dei costi aziendali con i tagli drastici al personale o ad alcuni processi chiave, perdendo così in termini di risorse e di efficacia. Questo può avere un ritorno economico nell’immediato, ma a medio e lungo termine – se non c’è uno studio approfondito alla base – le conseguenze negative possono essere devastanti in termini di efficienza aziendale e condizioni di lavoro.

La strada migliore è quella di ottimizzare i costi, con un piano di gestione efficace degli stessi, in modo da avere prospettive più vantaggiose a lungo termine. Così facendo, sarà possibile individuare alcune aree in cui si verificano palesi sprechi in termini economici, riducendo i costi in quel settore oppure decidendo di reindirizzare il budget verso aspetti aziendali ritenuti più strategici, implementando un piano per attuare processi migliorativi tanto per l’azienda, quanto per i dipendenti.

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Economia

Unicredit, Orcel “In Generali guardiamo al valore”

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MILANO (ITALPRESS) – “La quota in Generali? E’ un investimento finanziario, siamo un azionista che guarda al valore”. Così Andrea Orcel, Ceo di Unicredit in una intervista concessa al direttore di Milano Finanza, Roberto Sommella, sul nutrito pacchetto azionario della compagnia assicurativa. Quindi sulla scalata a Commerzbank, aggiunge: “Bisogna capire se vogliamo un’Europa del cambiamento o un’Europa che vuole a tutti i costi mantenere e proteggere lo status quo”. Infine sull’ops di Unicredit su Banco Bpm, si limita a dire: “Su questo ci siamo già espressi, la nostra posizione è molto chiara al riguardo”.

foto: IPA Agency

(ITALPRESS).

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Economia

Il Btp Più fa il pieno di sottoscrizioni, raccolti 15 miliardi

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Il Btp Più, il nuovo titolo di Stato retail pensato per il pubblico diffuso dei risparmiatori, ha chiuso il collocamento con risultati straordinari, sfiorando il traguardo dei 15 miliardi. Lanciato lunedì scorso, il nuovo Btp ha suscitato un interesse eccezionale, attirando l’attenzione di migliaia di investitori che hanno risposto con entusiasmo alla proposta di un investimento minimo di soli 1.000 euro. Già il primo giorno del collocamento, avvenuto lunedì 17 febbraio, il Btp Più ha registrato una raccolta di 5,6 miliardi, cifra che ha superato le aspettative. Nei giorni successivi, il trend è rimasto positivo, con 3,7 miliardi raccolti il secondo giorno, 2,8 miliardi il terzo e, infine, 1,7 miliardi il quarto. A chiusura del collocamento, avvenuto questa mattina, l’importo totale raccolto ha raggiunto i 14,9 miliardi, con oltre 39.700 contratti sottoscritti e un ticket medio di circa 27.500 euro, segno dell’alta partecipazione di risparmiatori di diverse categorie.
Una delle principali ragioni del successo del Btp Più è stata la competitività dei suoi tassi di interesse, che sono stati poi adeguati alle condizioni di mercato. Il Mef ha annunciato, infatti, l’aumento delle cedole: dal 2,8% al 2,85% per i primi quattro anni, e dal 3,6% al 3,7% per gli anni successivi. Questa decisione, presa in risposta all’andamento del mercato, ha contribuito a rafforzare ulteriormente l’appetibilità del titolo, offrendo un rendimento crescente e vantaggioso per chi ha deciso di investirvi. Non è stato solo il rendimento a convincere i risparmiatori. Il Btp Più ha colpito per la sua durata di otto anni, la sicurezza del capitale e la protezione offerta agli investitori. Una delle principali innovazioni del titolo è l’opzione di rimborso anticipato alla pari, disponibile a partire dal quarto anno, che garantisce maggiore flessibilità e sicurezza a chi sceglie di aderire all’emissione. Il Btp Più ha risposto alle esigenze di sicurezza e rendimento degli investitori italiani, con un particolare focus su un pubblico retail che cerca soluzioni stabili per il proprio risparmio. A differenza dei titoli precedenti, il Btp Più non prevede un premio fedeltà, ma introduce l’innovativa opzione di rimborso anticipato alla pari, che rappresenta un valore aggiunto per chi sceglie di investire nel medio-lungo periodo. Inoltre, a favorire l’adesione al Btp Più è stata anche la tassazione agevolata peraltro comune a tutti i titoli del debito pubblico: con un’imposta sui redditi da capitale fissata al 12,5%, l’esenzione dalle imposte di successione e, come previsto dalla Legge di Bilancio 2024, l’esclusione dal calcolo dell’Isee fino a 50mila euro. Una combinazione di vantaggi fiscali e di un rendimento in crescita ha reso il prodotto ancor più interessante. Il successo di questa emissione si inserisce nel contesto di un più ampio rialzo dei rendimenti dei Btp benchmark. In particolare, il tasso per il titolo a otto anni è salito dal 3,26% al 3,33%, mentre per il titolo quadriennale si è registrato un aumento dal 2,64% al 2,69%. Questi incrementi testimoniano l’evoluzione positiva del mercato obbligazionario italiano e l’apprezzamento crescente per i titoli di Stato.
L’operazione Btp Più si inserisce in una strategia di comunicazione efficace, che ha saputo coinvolgere il pubblico in modo mirato. Già nel 2024, le campagne di comunicazione per altre emissioni di Btp avevano ottenuto risultati notevoli, e quest’anno non è stato da meno. L’efficacia delle azioni di comunicazione istituzionale è stata sottolineata dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio, che ha riconosciuto la rilevanza del messaggio veicolato. In sintesi, il collocamento del Btp Più rappresenta un vero e proprio trionfo per il risparmio degli italiani, con una risposta massiccia da parte degli investitori, una solida performance in termini di raccolta e una politica di tassi di interesse che si è adattata perfettamente al contesto economico. Con questi numeri, il Btp Più si afferma come una delle soluzioni più promettenti per il risparmio e l’investimento del futuro prossimo.
(ITALPRESS).
-Foto: ministero delle Finanze-

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Btp Più, con la prima emissione raccolti 15 miliardi

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ROMA (ITALPRESS) – Il Ministero dell’economia e delle finanze rende noto che si è concluso il collocamento del BTP Più avviato il 17 febbraio, con 14.905,67 milioni di euro raccolti e 451.831 contratti registrati.
I tassi cedolari definitivi del BTP Più, in considerazione delle condizioni di mercato, sono rivisti al rialzo rispetto ai livelli annunciati lo scorso 14 febbraio: 2,85% per il 1°, 2°, 3° e 4° anno (invece di 2,80%); 3,70% per il 5°, 6°, 7° e 8° anno (invece di 3,60%)

– Foto IPA Agency –

(ITALPRESS).

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