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LA VOCE PAVESE – SALUTE E OSPEDALI, LACUNE DA SANARE ANCHE IN LOMBARDIA

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LA VOCE PAVESE – SALUTE E OSPEDALI, LACUNE DA SANARE ANCHE IN LOMBARDIA
Per il 2023 la manovra finanziaria stanzia per la Sanità 2 miliardi aggiuntivi, portando la spesa sanitaria dai 126 miliardi previsti dal governo Draghi a 128 miliardi. Risorse che in parte serviranno per arginare il caro energia e in parte per tentare di recuperare gli strascichi del post Covid, in termini di ritardi nelle prestazioni. Dalle statistiche emerge però che il problema principale, che coinvolge anche Pavia città della salute e gli ospedali della provincia, è la penuria di medici infermieri. Uno studio realizzato dall’Osservatorio sui conti pubblici confronta la situazione tra i diversi Paesi europei. Nel 2019, stando ai dati, nei Paesi UE in media gli addetti del settore erano pari a 49 ogni 1000 abitanti, con Danimarca, Paesi Bassi, Finlandia e Svezia che registrano i valori più elevati (rispettivamente 90, 86, 80 e 78). Francia e Regno Unito si collocano sopra la media di 10 unità. Valori più bassi si osservano invece nei Paesi mediterranei e dell’Est. La Grecia ha il più basso numero di unità di personale socio-sanitario (24 professionisti ogni 1000 abitanti), seguita da Polonia, Slovacchia, Lettonia (26). Più vicini alla media europea sono invece Portogallo, Spagna e Italia (rispettivamente 39, 33 e 33). A risultati analoghi si arriva se si considera il personale sociosanitario sul totale degli occupati. La classifica è invertita se si guarda al numero di medici, con la Grecia che registra il valore più alto (618 ogni 100 mila abitanti) seguita da Portogallo (550) e Austria (533). L’Italia, invece, si colloca poco al di sopra della media europea (404). Un’altra distinzione da fare è quella tra medici specialisti e generalisti. In tutti i paesi dell’Ue, ad eccezione dell’Irlanda, ci sono molti più specialisti (68%) che medici di base (26%), seguiti dalla categoria residuale "altri medici" (6%). In Italia gli specialisti rappresentano quasi l’80% dei professionisti, mentre l’Irlanda ha una quota maggiore di generalisti rispetto al totale (55%), seguita da Paesi Bassi (46%), Francia (44%) e Belgio (37%). Il nostro Paese si colloca fra le ultime posizioni (22%), un segnale, spiegano i ricercatori dell’Ocp, che conferma “la debolezza della sanità territoriale e la necessità di rivedere il percorso formativo dei medici di base, equiparandolo alle altre specializzazioni per renderlo più attrattivo”.

In Italia lo stipendio medio lordo annuo di un infermiere impiegato negli ospedali è di 38.379 dollari mentre quello di un medico specialista di 110.348 dollari (rapporto di 1 a 3). Il divario tra le due categorie è più contenuto in Europa (1 a 2,5) per merito delle maggiori retribuzioni degli infermieri (in media 43.163 dollari) e delle minori paghe degli specialisti (107.384 dollari). Il maggiore gap salariale si registra però in in Irlanda, Regno Unito, Germania e Finlandia (dove il rapporto supera l’1:3) mentre si riduce (di poco inferiore a 1:2) in Grecia e Lettonia. In 9 Paesi su 16 gli stipendi degli infermieri in rapporto al prodotto interno lordo (Pil) pro-capite sono in media più alti che in Italia. Quello di un infermiere italiano (38.379 dollari) supera il Pil pro capite (35.815 dollari) solo del 7,2%. Negli altri paesi invece lo stipendio medio (43.163 dollari) supera il Pil pro-capite (38.559 dollari) dell’11,9%. Per raggiungere i livelli europei, lo stipendio medio dovrebbe superare i 40mila dollari, un aumento di 1.700 dollari.

La situazione è completamente diversa se si guarda agli stipendi dei medici specialisti: in Italia le retribuzioni di questa categoria superano il Pil pro capite del 208%, rispetto al 178% negli altri paesi. Riportando gli stipendi dei medici in linea con la media Ue si avrebbe un risparmio di 2 miliardi di euro l’anno. “Questi numeri” si legge nello studio dell’Ocp, “sembrano sottolineare che le retribuzioni dei professionisti sanitari in Italia, se valutate rispetto ad una proxy del reddito medio dei paesi quale il Pil pro-capite, non sono necessariamente inferiori a quelle registrate in altri paesi”.

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