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Economia

Risparmio, 3.200 mld degli italiani non hanno redditività

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di Francesca Morandi MILANO (ITALPRESS) – Ammontano a 1700 miliardi di euro i risparmi degli italiani ‘parcheggiati’ nei conti correnti bancari, senza che questa massa di capitali entri nel ciclo produttivo a vantaggio di famiglie e imprese e del Paese. Fondamentale per riattivare questo patrimonio nazionale è l’educazione finanziaria, capace di portare i risparmiatori italiani a fare un salto culturale che li porti a superare timori e diffidenze verso possibili investimenti sui mercati, visti spesso erroneamente come “troppo rischiosi” piuttosto che moltiplicatori di risorse. In questo processo la tecnologia aiuta ad avvicinarsi al cliente, ma resta centrale il ruolo del consulente finanziario, figura competente in grado di consigliare al meglio su ciò che i cittadini hanno di più importante, oltre alla salute: i propri risparmi. Se ne è discusso presso la Borsa Italiana a Piazza Affari a Milano, in occasione del convegno “Il valore della consulenza”, organizzato da Wall Street Italia, in collaborazione con BlackRock, Invesco, Pimco e Schroders. Presenti all’evento amministratori delegati e top manager bancari, operatori del settore e associazioni del mondo dell’advisory italiana.

“Non è solo la massa di soldi dei conti correnti che non entra nel ciclo produttivo – spiega Leopoldo Gasbarro direttore del magazine Wall Street Italia -, ci sono altri 1500 miliardi che sono ‘parcheggiati’ su titoli a redditività praticamente nulla. Questo significa che gli italiani hanno 3.200 miliardi che non hanno nessun tipo di redditività, anzi, perdono potere d’acquisto, anche rispetto all’inflazione, e continuano ad avere ‘minusvalenze su minusvalenze’, tant’è vero che negli ultimi 9 mesi sono andati persi 409 miliardi. Questo non è accettabile”. “Chi fa il consulente finanziario nel nostro Paese rappresenta un valore indiscusso per il futuro delle famiglie, delle imprese e per l’Italia stessa”, aggiunge. Da parte sua, Gian Maria Mossa, Ceo di Banca Generali, sottolinea come oggi ci sia “un gap generazionale enorme: l’età media dei clienti è superiore a quella dei nostri ‘bankers’, questo perché oggi non c’è creazione di ricchezza tra i giovani e mancano le competenze”. Per questo i consulenti finanziari hanno anche “un ruolo sociale”, ancor più in una prospettiva futura, in quanto “nei prossimi 10 anni la ricchezza delle famiglie private ‘passerà di mano’, ai più giovani”. Quindi, per smuovere quel tesoro nazionale oggi abbandonato nei conti correnti, osserva Mossa, “già da oggi dobbiamo avvicinare i giovani e dar loro strumenti e conoscenze, se necessario con incentivi mirati del governo”.

Il problema culturale è toccato anche da Luigi Conte, presidente di Anasf: “Evidenziamo un gap di mancate conoscenza da parte dell’investitore medio italiano, che non ha la capacità di razionalizzare le situazioni che pesano sulla sua scelta finanziaria, quindi tende a ‘proteggersi’ lasciando i soldi sui conti corrente”. Per Conte “le istituzioni dovrebbero dare attuazione a politiche fiscali che possano rappresentare le forze trainanti per un cambio culturale”. Come Anasf, aggiunge, “intendiamo coinvolgere sempre di più il ministero dell’Istruzione per favorire l’educazione finanziaria dei giovani, i futuri risparmiatori”. A incidere sui timori dei risparmiatori italiani sono perlopiù le crisi finanziarie, ma c’è anche un altro fattore: l’eccesso di regole. Ne parla Giovanni Sabatini, direttore generale di Abi (Associazione Bancaria Italiana): “In 40 anni di crisi ne abbiamo viste tante e oggi hanno sempre più una natura esogena ai mercati finanziari”. Ma oggi il problema è anche quello di una “regolamentazione che è una ‘colata continua’, usando una metafora presa in prestito dalle acciaierie. Abbiamo una complessità di norme, regolamenti, standard tecnici delle autorità europee e tante forme di giurisprudenza che non sempre sono coordinate e coerenti. Sul fronte opposto, il cliente vorrebbe risposte semplici”.

Infine, chiude il dg dell’Abi, “in assenza di un’adeguata cultura finanziaria , è fondamentale l’assistenza di un consulente finanziario, capace di spiegare, tra l’altro, come la stessa inflazione può rappresentare una sorta di tassa occulta a danno del proprio capitale ‘parcheggiato’”. In questo quadro, spiega Massimo Doris, amministratore delegato di Banca Mediolanum, quella del consulente finanziario “è una professione che ha un grandissimo futuro, perché, al di là dell’applicazione dell’Intelligenza Artificiale (AI) e nuove tecnologie di automazione, a mio parere, l’elemento umano non verrà mai a mancare. Tanti clienti si affidano alla piattaforma, ma la gran parte di essi avrà bisogno di professionisti preparati con cui parlare. Perché nelle scelte finanziarie è indiscutibile il valore di avere una persona a fianco che ‘spenga la pancia e faccia andare il cervello’”. A intervenire nel dibattito è anche l’amministratore delegato e Direttore Generale di FinecoBank , Alessandro Foti, secondo il quale “oggi siamo a un bivio: il nostro è un Paese che ha accumulato una grande ricchezza. Tuttavia, gli italiani sono bravi risparmiatori ma pessimi investitori. Chi in 20 anni non ha investito ma lasciato i soldi sul conto corrente, ha perso il 40 per cento del valore del suo capitale, mentre se avesse investito avrebbe guadagnato certamente sui mercati. E non dimentichiamo – enfatizza Foti – che l’Italia non ha ancora cultura sugli ‘equity’ come i Paesi anglosassoni”. Un tema rilevante, ragiona Tommaso Corcos, amministratore delegato di Fideuram – Intesa Sanpaolo Private Banking, “è anche quello della sicurezza, della cybersecurity. Oggi il cliente si deve sentire assolutamente protetto, deve avere la sicurezza che i suoi conti correnti siano protetti, per questo, come Banca Intesa Sanpaolo abbiamo investito in livelli sofisticati di protezione informatica”.

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– foto xb5/Italpress –

(ITALPRESS).

Economia

DFP, Giorgetti “Per i mercati l’Italia si distingue sulla gestione della finanza”

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ROMA (ITALPRESS) – Il Documento di finanza pubblica 2025 “giunge in un frangente internazionale caratterizzato da cambiamenti sempre più repentini che rendono particolarmente complesso elaborare stime, non solo nel lungo termine, ma anche nel breve. In tale contesto non devono stupire revisioni al ribasso, che sono solo un segnale della serietà del Governo rispetto a elementi esogeni”. Lo ha detto il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, in audizione nelle commissioni Bilancio di Camera e Senato sul Documento di finanza pubblica 2025. “Non devono stupire le revisioni al ribasso che sono un segnale della serietà del governo rispetto a elementi di natura esogena. Infatti le decisioni adottate negli ultimi periodi dai più importanti partner economici sono destinate a ridisegnare il commercio internazionale e le catene del valore globale”, ha aggiunto.

“La mutevolezza e la complessità del quadro economico internazionale, hanno reso opportuno condurre valutazioni d’impatto sulle implicazioni di scenari di rischio alternativi rispetto al quadro macroeconomico di riferimento, condotte con ipotesi meno favorevoli circa il profilo del commercio mondiale, dei tassi di cambio, dei prezzi dei beni energetici e delle condizioni dei mercati finanziari. Tutte le simulazioni sono basate su ipotesi più sfavorevoli e, pertanto, forniscono indicazioni in senso negativo sulla crescita e finanza pubblica”, ha aggiunto. “Ciononostante, ricorderei che sembra prospettarsi uno scenario meno avverso di quello messo in conto nelle previsioni ufficiali, più favorevole in termini sia di possibile esito finale della struttura dei dazi a livello internazionale, sia di variabili esogene, quali i prezzi dell’energia e i tassi di interesse che condizionano la crescita. Il quadro macroeconomico è pertanto anche soggetto a rischi positivi”.

“Il notevole miglioramento della finanza pubblica nel 2024, descritto nel Documento che ho presentato oggi, rappresenta una solida base a fronte dell’incertezza delle prospettive economiche. Abbiamo davanti a noi sfide sempre più complesse che richiedono prudenza, decisioni ponderate e strategiche condivise a livello europeo: l’Italia continuerà ad operare in maniera credibile e saprà affrontare al meglio il difficile contesto, continuando a difendere la solidità dei suoi conti e a fornire il necessario sostegno al sistema economico e sociale”, ha precisato.

“L’Italia si contraddistingue per una gestione della finanza pubblica che permette di confermare, in questo documento, gli obiettivi di spesa netta e di riduzione del deficit e del debito. È uno stato di cose chiaramente riconosciuto dai mercati finanziari: lo spread Btp-Bund, al netto della volatilità delle ultime settimane, evidenza da tempo una marcata tendenza al ribasso e anche le agenzie di rating che, già a partire dalla fine del 2023 hanno rivisto al rialzo l’outlook del Paese, stanno migliorando il giudizio, come testimoniato dal recente upgrade effettuato da Standard & Poor’s, particolarmente rassicurante poiché si verifica in un contesto di rallentamento dell’economia globale”, ha concluso il ministro in quota Lega.

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– foto IPA Agency –

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Economia

Per il Made in Italy agroalimentare il mercato Usa è fondamentale

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MILANO (ITALPRESS) – Il settore agroalimentare costituisce un’eccellenza per le nostre esportazioni e il mercato statunitense rappresenta uno sbocco per i prodotti nazionali estremamente importante. Il clima attuale di dazi innescato dalle decisioni dell’amministrazione Trump sta creando non poche preoccupazioni agli operatori del settore. Da qui la necessità di agire con lucidità e pragmatismo, evitando fughe in avanti che comprometterebbero il futuro di molte imprese.

Di questo si è discusso a Milano in occasione dell’evento “Food for Thoughts. A transatlantic perspective on the Food Industry” organizzato da AmCham Italy, la Camera di Commercio Italo-americana, e che ha visto la condivisione dei punti di vista di esponenti del mondo imprenditoriale, con la moderazione dell’editorialista dell’agenzia Italpress Claudio Brachino.

Tra i partecipanti Simone Crolla, consigliere delegato di AmCham Italy; Nicola Bertinelli, Presidente Consorzio Formaggio Parmigiano Reggiano; Massimiliano Catozzi, Responsabile Direzione Agribusiness Intesa Sanpaolo; Giorgia Favaro, Amministratore Delegato McDonald’s Italia; Guglielmo Maisto, Founder e Partner Maisto e Associati; Sandro Sartor, Amministratore Delegato Ruffino; Luigi Scordamaglia, Amministratore Delegato Filiera Italia.

“Le esportazioni italiane [verso gli Stati Uniti, ndr] hanno toccato il record nel 2024 che continua ad essere confermato nei primi mesi del 2025. Nonostante l’incertezza c’è sempre più voglia di Made in Italy negli Stati Uniti: il prodotto italiano è peculiare, si colloca nella fascia premium dei prodotti e quindi anche un dazio del 10%, per quanto antipatico e da rimuovere, viene scontato dall’esportatore o dall’importatore. Quindi al consumatore finale questo aggravio non arriva o comunque il prodotto non avrebbe una penalizzazione”, ha dichiarato Crolla aprendo i lavori.

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Sullo sfondo degli interventi, la missione a Washington della presidente del Consiglio Giorgia Meloni in programma domani, sia per salvaguardare le nostre filiere produttive sia per agevolare la trattativa commerciale tra la Casa Bianca e l’Unione Europea. Proprio su questa visita negli Stati Uniti, Crolla ritiene che Meloni abbia “un vantaggio competitivo in più rispetto agli altri leader europei: un accesso incondizionato alla Casa Bianca e una considerazione importante. Per questo potrà far valere le ragioni del Made in Italy in maniera più assertiva. Trump non sarà sordo a legittime rivendicazioni dei nostri prodotti dell’agribusiness perché alcuni prodotti italiani sono assolutamente non replicabili e come tali andrebbero esentati da qualsiasi tipo di dazio”.

Secondo Maisto, non bisogna dimenticare il fatto “siamo di fronte ad una partita molto più ampia tra Stati Uniti ed Europa che non riguarda solo i dazi. Le misure adottate dal presidente Trump fanno seguito non solo ai dazi applicati dall’Europa su prodotti di derivazione americana, ma anche a pratiche ritenute discriminatorie: ad esempio l’imposta sui servizi digitali, tema prettamente italiano e di pochi altri paesi dell’Unione Europea, e l’imposta globale minima. Questi tre fattori insieme vedono l’Italia in una posizione più difficile considerando il forte export strategico nei confronti degli Stati Uniti e dell’importo sui servizi digitali che mette l’Italia nel mirino più di altri paesi”. Una possibile soluzione, sull’esempio di quanto fatto da paesi quali l’India e il Regno Unito, potrebbe essere trovare “un equilibrio tra una sospensione o eliminazione di questo tributo e un accordo sull’imposta minima globale che possano creare una riduzione di questi elementi tariffari decisi e poi sospesi dall’amministrazione Trump”.

L’incertezza proveniente dagli Stati Uniti ha spinto molte aziende, non solo dell’agribusiness, a cercare nuovi sbocchi per i propri prodotti. Tuttavia Scordamaglia mette in guardia soprattutto la filiera agroalimentare perché “il mercato americano è insostituibile” rispetto ad altri. “In Cina esportiamo appena un decimo delle esportazioni agroalimentari italiane che facciamo negli Stati Uniti. Il Mercosur [area di libero scambio tra Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay, ndr], se si chiudesse l’accordo, avremmo un valore aggiunto per tutte le filiere produttive italiane di beni e servizi di appena 5 miliardi di euro, mentre il mercato americano solo alimentare vale per le nostre esportazione 7,8 miliardi – ha spiegato – Anche l’India, che molti guardano come il possibile sostituto, non è adeguata e a regime faremo sì e no 3 miliardi di obiettivo di tutte le nostre esportazioni”. Di conseguenza, “il mercato americano va a tutti i costi recuperato e in questo senso ci aspettiamo che la missione della nostra Presidente del Consiglio possa favorire il rilancio delle relazioni transatlantiche e magari anche di un nuovo accordo UE-Stati Uniti”. Nel contesto attuale si potrebbe pensare che la domanda di prodotti italiani negli Stati Uniti negli ultimi mesi sia calata sensibilmente. Non in tutti i casi a quanto sembra. Prendiamo ad esempio un prodotto d’eccellenza del Made in Italy come il Parmigiano Reggiano.

“Negli ultimi mesi del 2024 c’è stata una forte impennata di Parmigiano Reggiano negli Stati Uniti perché gli operatori, già vaccinati dalla prima amministrazione Trump che mise dazi al 40% sul Parmigiano Reggiano, sentendo aria di dazi hanno incentivato le importazioni. Tra gennaio e marzo le importazioni negli Stati Uniti sono state nella norma – ha sottolineato Bertinelli – Teniamo presente che negli Stati Uniti il Parmigiano Reggiano è solo il 7% del mercato totale dei formaggi a pasta dura (laggiù noti come parmesan) e viene venduto a circa il doppio del prezzo di un parmesan e chi compra Parmigiano Reggiano lo fa scientemente. In caso di ritorno dopo questa pausa di 90 giorni ad una politica ritorsiva di dazi, noi non prevediamo un crollo della domanda”. Questo non significa ignorare del tutto le possibilità offerte da altri mercati. Sempre Bertinelli ricorda che “sebbene oggi gli Stati Uniti rappresentano il 12% del mercato del Parmigiano Reggiano e non si sostituisce un mercato nel breve periodo, da tempo però il Consorzio sta investendo su nuovi mercati emergenti che stanno rispondendo molto bene: Norvegia, Svezia, Finlandia, Danimarca, Spagna, Australia e Canada.In quest’ultimo abbiamo registrato un +80-85% forse anche come ritorsione verso gli Stati Uniti”.

Certo per le imprese, in particolare quelle medio-piccole che rappresentano la spina dorsale dell’economia italiana, quello attuale è un momento di grande incertezza dal quale molte faticano ad uscire da sole. “Oggi in questo momento di grande discontinuità sul mercato, le aziende ci stanno ponendo due quesiti: come accompagnarle in questo momento in un mercato importante come quello degli Stati Uniti e come aiutarle a diversificare”, ha affermato Cattozzi.

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Da parte di Intesa Sanpaolo, ci sono tre aiuti concreti che vengono forniti. “Il primo dall’Italia con un servizio di internazionalizzazione che aiuta le aziende qui su dove e come andare all’estero per essere efficaci senza disperdere risorse. Il secondo è aiutarle localmente negli Stati Uniti e negli altri 40 paesi in cui siamo presenti, affiancandole con professionisti italiani e stranieri che conoscono le piazze di mercato e le aiutano con le controparti migliori – ha spiegato – Infine, le aiutiamo con la finanza. Abbiamo visto che uno dei grandi ostacoli nell’accesso ai mercati internazionali, soprattutto per le piccole e medie imprese, è l’accesso al credito nelle piazze internazionali dove le aziende non hanno credit score. Abbiamo quindi formule molto efficaci con cui finanziamo le aziende in Italia per supportare i loro investimenti all’estero”.

– foto xh7/Italpress –

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Economia

Inps “Nessun buco nei conti, operazioni improntate nel rigoroso rispetto dei criteri contabili”

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ROMA (ITALPRESS) – Il Presidente, il Consiglio di Amministrazione e il Direttore generale dell’Istituto in una nota “intendono ribadire con forza che non sussiste alcun “buco” nei conti dell’INPS e che, invece, nell’ottica della massima trasparenza del bilancio, le operazioni di eliminazione dei crediti contributivi sono state improntate al rigoroso rispetto dei criteri contabili e della normativa vigente”.

“Nel corso degli anni i crediti eliminati erano già stati opportunamente “svalutati” in quanto inesigibili per una serie di motivi; in questa categoria sono ricompresi anche quelli cancellati a seguito delle norme relative alla “rottamazione” di cartelle esattoriali di importo molto modesto (fino a mille o cinquemila euro) e maturati tra il 2000 e il 2015 – spiega l’Istituto di Previdenza -. In questo senso, va sottolineato come, nel tempo, siano state previste salvaguardie specifiche per garantire la neutralità finanziaria di tali operazioni: 1. Compensazione integrale tramite il Fondo di svalutazione crediti: i crediti eliminati sono interamente coperti da un fondo costituito e alimentato negli anni proprio per far fronte a situazioni di bassa esigibilità. Ciò esclude qualsiasi effetto negativo sul conto economico. 2. Stime conservative sull’esigibilità degli stessi crediti: già nel preventivo 2025, l’INPS ha valutato l’incasso dei crediti fino al 2020 in misura pari a solo l’1% del valore, riflettendo una pianificazione finanziaria cauta e realistica. 3. Minimalità degli impatti attesi: come evidenziato dalla scheda tecnica della Legge 197/2022, l’impatto netto sugli enti previdenziali era stimato in soli 98 milioni nel 2023 e 26 milioni nel 2024, confermando la marginalità delle somme coinvolte; 4. Razionalizzazione attiva e passiva: l’eliminazione di residui ha riguardato le poste attive e quelle passive del bilancio (oltre 2,7 miliardi di residui passivi)”. 

“Le norme interessate riguardano, per l’esercizio 2024, esclusivamente crediti molto vecchi, risalenti al periodo 2000-2015: DL 119/2018 (406 mila euro); DL 41/2021 (5,4 miliardi di euro); Legge 197/2022 (9,9 miliardi di euro) – sottolinea l’Inps -. Gli interventi effettuati non intaccano l’efficacia della riscossione ordinaria, come dimostra l’incremento di 3,96 miliardi di euro (2024 vs. 2023) alla stessa voce “Aziende – contributi della gestione privata”, rilevato nella “Gestione di cassa” deliberata lo scorso 26 marzo, mentre, per il solo 2025, si prevedono accertamenti per oltre 177 miliardi di euro derivanti dalle “Aziende con dipendenti””. Il Consiglio di amministrazione sottolinea come “i corretti comportamenti contabili (accantonamenti annuali al fondo svalutazione, stime accurate, eliminazione dei residui attivi inesigibili e dei debiti insussistenti) sono parte integrante della governance finanziaria dell”INPS; le operazioni non hanno comportato perdite o riduzioni delle risorse disponibili, essendo i crediti già ritenuti “non esigibili”; il bilancio riflette ora una rappresentazione più fedele e responsabile dello stato patrimoniale, allineata alle norme contabili. Va infine sottolineata la rilevanza dell’operazione contabile portata a termine, richiesta anche dagli organi di controllo e vigilanza: siamo di fronte a un adeguamento necessario, finalizzato a migliorare, certamente in misura superiore rispetto al recente passato, la trasparenza e l’efficienza amministrativa”.

-Foto IPA Agency-
(ITALPRESS).

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