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Economia

Messina “L’Italia può fare meglio anche della Germania”

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ROMA (ITALPRESS) – “L’economia italiana? Rispetto alla pandemia e poi alla crisi energetica ha dimostrato una capacità di reazione sulla quale in pochi avrebbero puntato. E ora non vedo per l’Italia un serio rischio recessione. Dovremmo avere maggiore consapevolezza degli elementi di forza del nostro Paese e ambire alla leadership nella partita europea. Le do un numero: in questi anni in Italia gli investimenti in macchinari e tecnologie sono cresciuti del 25%, mentre i tedeschi investivano dieci volte di meno, solo il 2,5%. Continuiamo su questa strada virtuosa, dandoci come termine di paragone con il quale confrontarci chi si trova al vertice: la Germania. Questo sarebbe un approccio vincente se vogliamo giocare da leader in Europa. La stabilità può consentire di raggiungere importanti risultati. E con questo Governo mi sembra ci siano le condizioni. A patto, però, che non si lasci indietro nessuno. Che si tenga presente quante persone oggi in Italia facciano fatica a condurre una vita dignitosa. Considerando che un Paese è fatto di istituzioni, imprese, ma anche di famiglie, di persone”. Così, in un’intervista al Corriere della Sera, Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, che aggiunge: “Il nostro settore sta attraversando profondi cambiamenti. Osservando Amazon, Apple, ci siamo chiesti: in quanto tempo entreranno in forze nel nostro mercato? Così due anni fa assieme al Consiglio, alla prima linea, abbiamo deciso: dovevamo far diventare Intesa Sanpaolo una Fintech. Abbiamo quindi investito 1,8 miliardi nella nuova piattaforma tecnologica nativa cloud isytech. Nel giro di un anno abbiamo lanciato isybank, la nostra banca interamente digitale, all’avanguardia tecnologica. E da poco Fideuram Direct, la piattaforma di Wealth Management digitale. Avendo una bussola precisa, una condizione: tenere a bordo tutte le nostre persone. Affiancare tecnologie e capitale umano. Per isybank abbiamo costruito un’architettura sofisticata, in grado di gestire fino a 5 milioni di clienti, una delle più grandi banche in Italia dopo Intesa Sanpaolo. Grazie a questa infrastruttura tecnologica possiamo guardare ad altri mercati. Un tempo per entrare in un paese si facevano acquisizioni. E ancora oggi, se vuoi sederti ai tavoli che contano in quel paese, devi farlo. Noi puntiamo a fare industria, in maniera innovativa, ciò non richiede acquisizioni ma capacità di spingersi in nuovi mercati”.
La filosofia dell’Ad di Intesa Sanpaolo è di “guardare con umiltà ai migliori per prenderne il meglio. Abbiamo studiato Jp Morgan. Abbiamo scelto come partner i migliori del fintech, Thought Machine, un campione a livello globale in questo settore. Google ha messo a disposizione la tecnologia cloud a tutto il sistema Intesa Sanpaolo”. “Abbiamo sorpreso sia Thought Machine che Google: in 12 mesi abbiamo creato una banca digitale. Una piattaforma di nostra proprietà che ci consentirà di essere più veloci, flessibili”, spiega Messina, aggiungendo: “Abbiamo assunto migliaia di giovani ed esperti. Abbiamo portato in banca nuove competenze. Avendo come punto fermo quello di non lasciare a casa nessuno dei nostri 100 mila dipendenti. Ma andando avanti veloci”. “Certo – aggiunge -, servirà un arco di 2 o 3 anni, ma vedo gli investitori di lungo termine sempre più attenti non solo ai risultati ma anche ai percorsi di cambiamento, alla visione industriale. Guardano a quello che potremmo chiamare un dividendo tecnologico. Con il cloud ridurremo i costi immobiliari, i costi del mainframe, i grandi calcolatori di cui le banche hanno avuto bisogno fin qui. Tecnologia e risultati, che negli ultimi dieci anni sono stati solidi”.
“Il primo semestre di quest’anno è il migliore di sempre – sottolinea l’Ad di Intesa Sanpaolo -. Tutte le divisioni, dalla Banca dei Territori alla CIB, da Fideuram alle Banche Estere, dalle assicurazioni a Eurizon, hanno raggiunto risultati eccezionali. Nel 2023 distribuiremo un miliardo di euro alle Fondazioni e un miliardo agli azionisti retail. Che sono famiglie. Questo è il momento di dare. Anche alle persone che lavorano in banca. Le aziende come noi, e in Italia ce ne sono tante che stanno andando bene, devono dare alle loro persone”. “Noi – prosegue – daremo alle nostre persone quello che ci chiedono. Molte famiglie stanno soffrendo il carovita, bisogna aumentare i salari, è doveroso. Avendo iniziato come impiegato di prima fascia so che cosa significa. Così come è doveroso dare un lavoro dignitoso alle persone… Senza le persone non si va da nessuna parte. La vera forza delle aziende sono le persone che ci lavorano”.
“Nei primi sei mesi dell’anno versiamo tasse allo Stato per 2,6 miliardi – spiega l’Ad Messina -. Garantiamo alle fondazioni risorse per i loro progetti, e portiamo avanti un ampio programma contro le disuguaglianze nel Paese e favorendo l’inclusione, per non lasciare indietro nessuno. Destiniamo 60 milioni di interventi a chi è in maggior difficoltà, e poi i finanziamenti ai giovani, il social housing. E questo lo facciamo perchè siamo la più grande azienda del Paese. E dobbiamo contribuire alla crescita”. Ed in merito ad un eventuale rischio recessione, commenta: “Non vedo un rischio recessione. Nel periodo 2022-2023 l’Italia è cresciuta del 5%, mentre la Germania si è fermata all’1,6% e la Francia viaggia intorno al 3%”. Questo perchè, spiega “abbiamo investito. Perchè il sistema ha investito. Dal 2016 in poi gli investimenti sono cresciuti del 21%, mentre la Germania solo del 7,5%. E ora i risultati si vedono”. Ma le banche stanno erogando meno prestiti alle imprese. “Anche qui – dice -, bisogna conoscere i numeri. Se le imprese hanno 400 miliardi di liquidità sui conti, perchè devono prendere prestiti che adesso, con il rialzo dei tassi, sono più costosi? Utilizzano la liquidità che già hanno. Attenzione a non creare sul rischio recessione un dibattito surreale come sul Pnrr”.
In merito al Pnrr “è il dibattito che è surreale. Noi dobbiamo investire. Poi che lo si faccia con il Pnrr o con altre modalità poco importa. Certo, ci sono le risorse europee, ma non possono nemmeno diventare una griglia soffocante. Il Pnrr deve rientrare in un piano che coinvolga anche i privati. Più che discutere in termini di principio di Mes o di Pnrr, bisogna essere capaci di gestire le risorse, destinandole alle esigenze più importanti che abbiamo”. “La capacità di effettuare grandi piani di investimento è un punto essenziale – aggiunge -. Non può riguardare il solo Governo. Si mettano a un tavolo i quattro-cinque campioni nazionali per studiare un programma di investimenti che coinvolga più attori”. Secondo l’Ad di Intesa Sanpaolo “è stata positiva la tenuta dei conti pubblici, e la conferma della nostra collocazione internazionale. Dopo anni di instabilità abbiamo davanti una legislatura. Questo sta attirando gli investitori internazionali. Il potenziale dell’Italia è enorme, che il nostro spread sia peggiore di Spagna e Grecia è incomprensibile. Ma, se saremo capaci di proseguire negli investimenti, nella crescita, la situazione cambierà”. “Gli elementi di fragilità del Paese, dal debito, alle disuguaglianze, alle riforme – quelle da fare sono tante – li conosciamo. La stabilità dovrebbe servire a questo. Ad affrontarli. Questo deve fare la politica. Ma ci vuole il tempo necessario. Indipendentemente da chi si trova al governo, credo che con la stabilità si possano raggiungere importanti risultati. Almeno, questo vale per la mia esperienza in banca. Se non fossi qui da 10 anni con una grande squadra di manager, non saremmo riusciti – grazie ai soci e a tutte le nostre persone – a far diventare Intesa Sanpaolo prima uno dei benchmark europei e adesso la protagonista di un salto tecnologico tra i pochi al mondo”, conclude.
foto Agenzia Fotogramma.it
(ITALPRESS).

Economia

Agcom, nel 2024 il valore del mercato delle comunicazioni è di oltre 56 miliardi

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ROMA (ITALPRESS) – In base ai dati elaborati dall’Autorità in occasione della pubblicazione della Relazione Annuale 2025 sull’attività svolta e sui programmi di lavoro, si evidenzia che il valore complessivo delle aree economiche di interesse dell’Autorità (comunicazioni elettroniche, televisione in chiaro e a pagamento, radio, editoria quotidiana e periodica, pubblicità online, servizi di corrispondenza e consegna pacchi) è valutabile, a fine 2024, in 56,19 miliardi, in crescita su base annua del 3,5% e del 10,6% con riferimento al 2020 (anno d’inizio del periodo analizzato) che si riflette in una variazione complessiva pari a 1,88 miliardi su base annua, e di 5,38 miliardi rispetto al 2020.

Negli ultimi cinque anni (2020-2024), le risorse delle comunicazioni elettroniche si sono ridotte di circa 640 milioni (da 28,65 a 28,01 miliardi), frutto di una dinamica che ha visto crescere i ricavi da rete fissa (+11% nel periodo considerato) in contrapposizione alla riduzione di quelli da rete mobile (-18,1%).

Da rilevare che su base annua si registra una crescita delle risorse complessive del 3,4%. La spesa finale della clientela residenziale e affari nel 2024 è cresciuta dell’1,9% su base annua mentre, rispetto al 2020, la flessione è dell’1,5% (-330 milioni). Tra il 2020 ed il 2024 i ricavi della televisione crescono, nel complesso, di circa 1,2 miliardi (da 7,64 nel 2020 a 8,44 miliardi nel 2024). Le risorse della radio (circa 660 milioni nel 2024) sono in crescita di circa 112 milioni rispetto al 2020, mentre quelle dell’editoria quotidiana e periodica si sono ridotte, nell’intero periodo considerato, di circa 360 milioni (da 3,00 a 2,64 miliardi, -12,0%). Nello stesso arco di tempo, il valore della pubblicità online è quasi raddoppiato, passando da 4,07 miliardi stimati per il 2020 a 7,46 miliardi nel 2024, con la componente ascrivibile alle sole piattaforme valutabile nel 2024 in circa 6,36 miliardi (in crescita del 7,1% su base annua e del 91,9% rispetto al valore del 2020).

Il settore postale nel suo complesso nel 2024, raggiungendo un valore di 8,59 miliardi, è cresciuto dell’1,9% rispetto al 2023 e del 24,4% rispetto al 2020. I servizi di corrispondenza nell’intero periodo esaminato evidenziano una crescita dei ricavi del 4,9% (da 1,68 a 1,76 miliardi), mentre maggiore è quella fatta registrare dai servizi di consegna pacchi, cresciuti del 30,7% (da 5,22 stimati nel 2020 a 6,83 miliardi nel 2024). I ricavi relativi alle attività domestiche (mittente e destinatario nazionali) nell’intero periodo considerato hanno registrato un incremento del 25% (da 5,11 a 6,39 miliardi), mentre quelli transfrontalieri hanno visto una crescita del 22,8% (da 1,79 a 2,20 miliardi).

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Bce “I rischi per la crescita economica restano orientati verso il basso”

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ROMA (ITALPRESS) – “I rischi per la crescita economica restano orientati verso il basso. Tra i rischi principali vi sono l’ulteriore acuirsi delle tensioni commerciali su scala mondiale e le incertezze a queste associate, fattori che potrebbero frenare le esportazioni e comprimere gli investimenti e i consumi”. Così la Bce nel Bollettino mensile.

“Un deterioramento del clima di fiducia nei mercati finanziari – osserva – potrebbe determinare condizioni di finanziamento più stringenti e maggiore avversione al rischio, nonché ridurre la propensione di imprese e famiglie agli investimenti e ai consumi. Le tensioni geopolitiche, come la guerra ingiustificata della Russia contro l’Ucraina e il tragico conflitto in Medio Oriente, rimangono fra le principali fonti di incertezza. Per contro, un rapido allentamento delle tensioni commerciali e geopolitiche potrebbe migliorare il clima di fiducia e stimolare l’attività. Un incremento della spesa per difesa e infrastrutture, insieme a riforme volte a migliorare la produttività, contribuirebbe alla crescita. Un miglioramento della fiducia delle imprese stimolerebbe inoltre gli investimenti privati. Le prospettive di inflazione sono più incerte del consueto, per effetto della volatilità dello scenario delle politiche commerciali a livello mondiale”. 

“Un rafforzamento dell’euro potrebbe far diminuire l’inflazione più di quanto atteso. Inoltre, l’inflazione potrebbe risultare inferiore se dazi più elevati inducessero una minore domanda di esportazioni dell’area dell’euro e un reindirizzamento verso l’area delle esportazioni provenienti da paesi con eccesso di capacità produttiva. Le tensioni commerciali – sottolinea ancora la Bce – potrebbero determinare maggiore volatilità e avversione al rischio nei mercati finanziari, gravando sulla domanda interna e riducendo quindi l’inflazione. Per contro, l’inflazione potrebbe risultare superiore se la frammentazione delle catene di approvvigionamento mondiali spingesse al rialzo i prezzi all’importazione e accrescesse i vincoli di capacità nell’economia interna. Anche un incremento della spesa per difesa e infrastrutture potrebbe far aumentare l’inflazione nel medio termine. I fenomeni meteorologici estremi e, più in generale, il dispiegarsi della crisi climatica potrebbero far salire i prezzi dei beni alimentari oltre le aspettative”, conclude la Bce.

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(ITALPRESS).

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Spese obbligate in aumento, superano il 42,2% dei consumi

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ROMA (ITALPRESS) – Nel 2025 le spese obbligate – ovvero quelle legate a beni e servizi di cui le famiglie non possono fare a meno, come casa, energia, bollette, sanità, trasporti e assicurazioni – continuano a erodere quote crescenti dei bilanci familiari, arrivando a rappresentare il 42,2% della spesa totale, con un aumento di 5,2 punti rispetto al 1995.

E’ quanto emerge dai dati dell’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio, secondo cui si tratta di una dinamica, ormai strutturale, che riduce sempre di più l’area delle scelte libere di consumo, limitando il potenziale di crescita dell’economia legata alla domanda interna.

In trent’anni la quota di consumo destinata ai beni e ai servizi commercializzabili è passata dal 37% al 42,2%. La parallela compressione della quota destinata al consumo di beni e servizi commercializzabili (nel 2025 si stima un’incidenza complessiva del 57,8%), vale a dire quelli il cui acquisto è legato a scelte e preferenze personali e familiari, sottende a sua volta dinamiche articolate.

La spesa per i servizi commercializzabili, che aveva registrato un deciso arretramento nel 2020, è tornata, nei periodi più recenti, ad aumentare in misura più significativa rispetto agli altri consumi ed è stimata attestarsi nel 2025 al 20,8%. Quota che risulta ancora inferiore al 21,3% raggiunto nel 2019. Per contro i beni commercializzabili dovrebbero vedere nell’anno in corso un’ulteriore riduzione dell’incidenza attestandosi al 36,9%.

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Vanno anche considerati gli importanti mutamenti demografici intervenuti nell’arco temporale oggetto d’osservazione. Oltre all’invecchiamento della popolazione, che ne ha mutato le esigenze e le preferenze in materia di consumi, a partire dal 2015 il numero di residenti in Italia ha mostrato una progressiva riduzione (nella media del 2025 il calo rispetto al picco del 2014 dovrebbe approssimarsi a 1,4 milioni) fornendo un inevitabile contributo negativo allo sviluppo della domanda. I risultati segnalano come gran parte dei cambiamenti, in termini di spostamento dei volumi tra obbligati e commercializzabili si sia rilevato tra il 1995 ed il 2007.

Elemento che fa emergere il ruolo dei prezzi nel determinare gli andamenti a valore. Altro fattore che spicca è il sostanziale immobilismo dei volumi acquistati per abitante, con una spesa, ai prezzi del 2025, che nell’anno in corso sarà ancora inferiore di circa 200 euro a quella del 2007 nonostante gli apprezzabili miglioramenti degli ultimi anni.

Analizzando più nel dettaglio le voci, si conferma il ruolo preponderante delle spese per l’abitazione, i cui volumi per abitante sono in continua crescita ed ammontano, ai prezzi attuali, a poco meno di 5mila e duecento euro l’anno (in aumento nel solo 2025 di 109 euro). Dinamiche più recenti evidenziano come per i beni commmercializzabili il miglioramento degli ultimi anni, guidato in buona parte dalle apparecchiature informatiche e per le comunicazioni, si vada esaurendo, con una stima per il 2025 di riduzione dei volumi acquistati di 57 euro per abitante. In questo contesto le maggiori difficoltà si confermano quelle relative ai beni più tradizionali come l’alimentare.

Per l’anno in corso i miglioramenti più significativi, in termini di volumi, sono attesi per i servizi commercializzabili per i quali si stima una crescita delle quantità acquistate di 134 euro per residente. Dato che permetterebbe di tornare, e superare di poco, i livelli del 2019. Le dinamiche di lungo periodo, e non solo, fanno emergere ancora una volta come i prezzi dei consumi a cui le famiglie non possono rinunciare, si siano mossi ad una velocità nettamente superiore rispetto ai beni e servizi commercializzabili. Tra il 1995 e il 2025 l’incremento complessivo è stato del 132,1 a fronte di una crescita del 55,2% dei beni commercializzabili e dell’81,4% dei servizi il cui acquisto è da considerarsi una libera scelta delle famiglie. Tra le spese obbligate continua a spiccare il ruolo degli energetici che, nonostante l’attesa di una riduzione dei prezzi nel 2025, hanno visto il deflatore aumentare del 178,3% nel periodo.

– Foto IPA Agency –

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