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EURO 5 DIESEL, STOP AL BLOCCO RINVIATO AL 2026

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LA VOCE PAVESE – EURO 5 DIESEL, STOP AL BLOCCO RINVIATO AL 2026
Slitta di almeno un anno il blocco alla circolazione dei diesel Euro 5. Il Parlamento ha approvato nei giorni scorsi un emendamento della Lega al decreto legge Infrastrutture che rinvia le restrizioni previste per ottobre, salvando circa 30mila vetture nella sola provincia di Pavia. Il divieto scatterà, salvo nuove proroghe, dal primo ottobre 2026 ma solo nei comuni con oltre 100mila abitanti, escludendo così gran parte della Lombardia. A rischio restano città come Milano e Monza, dove le regole più rigide resteranno in vigore.

Un provvedimento atteso da milioni di automobilisti nelle regioni del bacino padano — Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto — colpite da una procedura d’infrazione europea per lo sforamento delle polveri sottili. In Lombardia il provvedimento interessa 484mila auto private, 1,3 milioni se si considera l’intero Nord.

Soddisfatto il presidente lombardo Attilio Fontana: “Una scelta di buon senso che evita imposizioni ideologiche e tutela economia e ambiente”. Sulla stessa linea l’assessore regionale all’Ambiente Giorgio Maione: “Abbiamo ascoltato cittadini e imprese. Non si può scaricare l’emergenza ambientale su chi lavora ogni giorno”.

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Le limitazioni inizialmente previste avrebbero coinvolto 206 comuni, tra cui i capoluoghi di provincia e le città sopra i 30mila abitanti, con stop alla circolazione dal lunedì al venerdì dalle 7.30 alle 19.30. Unica deroga, il sistema MoveIn con un tetto annuo di 10mila km.

Il rinvio è frutto di un’intesa politica tra Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, unita anche a considerazioni elettorali in vista delle prossime consultazioni regionali. Con il nuovo testo, dal 2026 saranno le Regioni a decidere se applicare i blocchi o adottare misure alternative per la riduzione delle emissioni.

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TG NEWS 27/10/2025

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TG NEWS 27/10/2025
ROMA (ITALPRESS) – Orban ricevuto dal Papa, poi da Meloni: “Ue non conta nulla” – Ucraina, Mosca boccia piano europeo di pace – Israele revocherà l’emergenza, è la prima volta dal 7 Ottobre – Via libera a contratto sanità per 581 professionisti –Braccialetto elettronico e Presidente Consiglio Comunale Bolzano – Reggio Emilia, 28enne morta nella doccia, forse folgorata – La Juventus esonera Tudor e pensa a Spalletti – Mattarella “Le difficoltà del Ssn sono ostacolo a diritto alla salute – Previsioni 3BMeteo 28 Ottobre.

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BREAKING NEWS LOMBARDIA 27/10/2025

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BREAKING NEWS LOMBARDIA 27/10/2025
I fatti del giorno: Otto nuovi possibili orari sulla morte di Chiara Poggi – Aggrediva donne tra Centrale e Porta Venezia, arrestato senegalese – Rissa a Festa Unità Lodi, tre giovani denunciati – Lombardia, mancano 3600 infermieri negli ospedali – Torrevilla, Massimo Barbieri confermato alla guida della Cantina – Lavori notturni su A7, chiusure tra Casei Gerola e Tortona – Pronto Meteo Lombardia 28 Ottobre.

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«NON SI PUÒ MORIRE PER UNO SGOMBERO»

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LA VOCE PAVESE – «NON SI PUÒ MORIRE PER UNO SGOMBERO»
A due settimane dalla tragica esplosione del cascinale di Castel d’Azzano, nel Veronese, parla Germano Daprà, padre di Valerio, il carabiniere 56enne rimasto ucciso mentre partecipava a un’operazione di sgombero. Un dolore che non si placa, un bisogno di chiarezza che si fa voce di un’intera comunità.
«Voglio la verità sulla morte di mio figlio – dice Germano Daprà – non si può morire per uno sgombero». Parole semplici, ma intrise di rabbia e di amore. Ex dipendente postale a Pavia, Daprà è conosciuto anche per il suo passato nel mondo della musica e dello spettacolo. Ora parla da padre che chiede giustizia, ricordando un figlio che «non c’è più».
«Prima di tutto voglio ringraziare chi ci è stato vicino – racconta – chi ha partecipato al nostro dolore e al commiato di Valerio. Ma adesso voglio capire perché è accaduto. Quando due figli vengono strappati alla vita, quando muoiono servendo lo Stato, bisogna sapere cosa non ha funzionato. Non si può morire per uno sgombero».
Quel mattino del 14 ottobre, Valerio Daprà e i colleghi dei reparti speciali erano impegnati in un’operazione di messa in sicurezza quando il cascinale esplose, uccidendo tre persone e ferendone altre. Una tragedia ancora avvolta da domande senza risposta.
«Voglio sapere cosa è successo, chi ha sbagliato e perché mio figlio non è tornato a casa – conclude il padre –. Non cerco vendetta, ma la verità. Per lui, per noi, per tutti coloro che credono nel dovere e nel sacrificio».
Il dolore di una famiglia, il lutto di un Paese intero: parole che chiedono trasparenza e rispetto, mentre le indagini proseguono per accertare le cause di un’esplosione che non avrebbe mai dovuto trasformarsi in una condanna a morte per chi stava semplicemente facendo il proprio dovere.

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