Cronaca
Nomisma-Egualia “Serve cura da cavallo per il reshoring farmaceutico”
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4 anni fa-
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Redazione
ROMA (ITALPRESS) – L’Italia sta per festeggiare una crescita del PIL del 6% ma sulle più rosee prospettive di crescita pesano come un macigno la carenza di materie prime e i colli di bottiglia nelle catene del valore, che coinvolgono tutti i comparti produttivi. E proprio sulla catena del valore e sulla scarsità di principi attivi e materie prime farmaceutiche ha acceso i riflettori l’edizione 2021 dell’«Osservatorio sul sistema dei farmaci generici», realizzato dalla Società di studi economici Nomisma per Egualia (già Assogenerici), presentato a Roma con la partecipazione di Giovanni Tria (consigliere del ministro dello Sviluppo Economico), Alessandro D’Arpino (vicepresidente SIFO), Salvatore Torrisi (presidente FARE).
Sotto la lente gli esiti delle delocalizzazioni finora percepite come un vantaggio sia in Italia che in Europa: dopo essersi impoverita per decenni delle lavorazioni primarie a basso valore aggiunto, lasciate ai Paesi emergenti, per concentrarsi sugli anelli finali, più ricchi di marginalità, l’UE è costretta a correre ai ripari a fronte di situazioni limite di quasi scarsità.
«Il controllo delle nuove materie prime e delle produzioni primarie da parte dei Paesi asiatici è diventata ormai un’arma di competizione letale – ha spiegato Lucio Poma, chief economist di Nomisma e coordinatore scientifico dello studio -. Per questo uno degli obiettivi primari della nuova Pharmaceutical Strategy europea punta a diversificare le catene di produzione e di approvvigionamento, promuovendo gli investimenti produttivi all’interno dell’Unione».
Nel breve termine – sottolinea l’analisi Nomisma – le strategie per ridurre i colli di bottiglia in tema di principi attivi e materie prime farmaceutiche sono principalmente due: moltiplicare le fonti di approvvigionamento – operazione difficile vista la concentrazione geografica dei fornitori nei Paesi asiatici – oppure – soluzione più radicale e strutturale – internalizzare alcune fasi della catena fino al raggiungimento di un livello accettabile di autosufficienza strategica. Ma c’è reshoring e reshoring.
«I prezzi dei principi attivi variano da pochi euro al chilo a migliaia di volte quel valore. Se il principio attivo ha un valore molto elevato sarà possibile produrlo, in regime di completa concorrenza, anche in Italia; per i principi attivi di scarso valore unitario il discorso è diverso – ha spiegato ancora Poma -. Le dimensioni minime efficienti sono enormi, come importante è l’asimmetria tra Asia e Ue sui costi del lavoro. Senza aiuti di stato all’impresa o meccanismi di controllo della domanda, assieme a politiche di acquisto più sostenibili nel tempo, difficilmente potrà nascere una impresa di dimensioni tali da poter competere contro i colossi asiatici».
Le soluzioni prospettate dallo studio rappresentano la sintesi di quanto emerso nelle interviste dirette ad imprese con interessi e organizzazioni differenti: imprese di sola produzione, imprese distributrici e imprese con business misto; alcune di proprietà italiana, altre multinazionali con sede in Europa, Stati Uniti, India e Israele, ma con siti produttivi o commerciali in Italia.
«Serve una azione nazionale ed europea indifferibile e radicale – argomenta Nomisma -. Una proposta concreta è quella di estendere la durata del Temporary Framework sugli aiuti di Stato, concesso per la lotta alla pandemia, bel oltre l’attuale limite, per disporre di un lasso temporale adeguato all’implementazione di azioni strutturali di medio termine, estendendo anche le scadenze previste per il completamento dei progetti, prevedendo almeno 3-5 anni, periodo medio necessario per qualunque investimento nel settore, e rimuovendo il limite degli aiuti, oggi erogabili solo per i prodotti rilevanti per il Covid».
Ancora più impegnativa la “cura” necessaria per incentivare il reshoring per la produzione in Italia di principi attivi farmaceutici scaduti di brevetto: «Per avviare un polo competitivo europeo bisogna agire sia sull’offerta che sulla domanda: servono aiuti diretti alle imprese, anche sotto forma di sovvenzione – in fase d’avvio – per colmare il gap tra costi di produzione e bassi prezzi internazionali – spiega Nomisma – e va orientata parte della domanda pubblica sui farmaci che utilizzano i principi attivi prodotti nell’UE. La carenza delle materie prime sarà il nodo fondamentale dei sistemi produttivi mondiali almeno per il prossimo quinquennio. E ogni mese che scorre espone le nostre linee produttive ad un rischio crescente di fermo impianti».
Tema del secondo focus sviluppato dall’Osservatorio Nomisma, le gare pubbliche ospedaliere, che porta in primo piano anche la questione spinosa della stima dei fabbisogni che vede le Regioni italiane decisamente impreparate.
«Il tema del calcolo impreciso dei fabbisogni riguarda in media l’intero ambito nazionale – riferisce lo studio -. Nella maggior parte dei casi la stima viene effettuata sulla base dello storico degli anni precedenti, spesso ricostruito a partire da flussi informativi sui consumi poco strutturati a livello di rete».
Il disallineamento rispetto agli ordinativi effettivamente avanzati si traduce in danni elevati per le imprese (costi organizzativi, di stoccaggio, riduzione della capacità di risposta rapida alla domanda ecc.) disincentivando ulteriormente la partecipazione alle gare da parte delle imprese, fenomeno reso già grave dalle gare basate sul solo ribasso di prezzo, che ad alcuni anni dalla scadenza del brevetto conducono ad un progressivo assottigliamento della concorrenza (il numero di imprese che partecipano si riduce drasticamente così come aumentano i lotti andati deserti).
Tra le soluzioni proposte meno discrezionalità delle stazioni appaltanti, più uniformità dei procedimenti, sburocratizzazione e diminuzione degli oneri per le imprese. Ecco le proposte nel dettaglio: creare un algoritmo previsionale a livello nazionale, utilizzabile e personalizzabile dalle diverse regioni, in grado di sistematizzare i dati di consumo con i profili epidemiologici, attuali e prospettici, della popolazione; valutare congiuntamente fattori di prezzo assieme ad elementi qualitativi che aggiungano valore, misurabile, all’offerta in base alle categorie di farmaci (disponibilità di dosaggi; eventuali device per la somministrazione/trasporto; la disponibilità di più fonti di approvvigionamento, la maturità o meno della catena del valore del principio attivo, l’affidabilità del fornitore / rating d’impresa non discriminatorio); realizzare accordi quadro che permettano la compartecipazione di più imprese per l’aggiudicazione delle forniture, salvaguardando la presenza di più operatori sul mercato e mitigando i rischi di interruzione di approvvigionamento dei prodotti; prevedere l’obbligatorietà di riaprire il confronto competitivo tra le imprese all’ingresso del primo equivalente sul mercato (come accade sui biosimilari), invece di contrattare unicamente con l’originator allineamenti di prezzo ai livelli più bassi vigenti; limitare il carico di documenti necessario per partecipare alla gara, lasciando al solo vincitore l’onere di presentazione della documentazione completa; fissare un tetto minimo oltre il quale l’ente appaltante non può scendere nella richiesta di ordinativo effettivo all’impresa.
Questi i principali dati di settore: il 75% degli equivalenti consumati a livello globale è prodotto in Europa; Germania e Italia si confermano come maggiori Paesi produttori di equivalenti; Imprese che generano un volume d’affari di 4,3 miliardi di euro (+8% medio annuo) ma indicatore EBITDA su Ricavi al 10.6%, inferiore ai livelli del 2014, segno della complessa sfida della sostenibilità delle imprese di equivalenti (stesso indicatore per le altre imprese farmaceutiche al 15,1% in crescita); le imprese associate ad Egualia registrano un impatto complessivo (effetto diretto, indiretto e indotto) pari a circa 8 miliardi di euro in valore produzione e oltre 39 mila occupati.
(ITALPRESS).
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2 ore fa-
9 Dicembre 2025di
RedazioneMILANO (ITALPRESS) – L’epilessia è una condizione neurologica caratterizzata dalla tendenza a sviluppare crisi epilettiche ricorrenti, cioè episodi improvvisi dovuti a un’attività elettrica anomala e improvvisa delle cellule cerebrali: le crisi possono assumere forme differenti, da brevi assenze o sensazioni insolite fino a movimenti involontari più evidenti e perdita di coscienza. La loro durata è generalmente limitata a pochi secondi o minuti e nella maggior parte dei casi si risolve spontaneamente. L’incidenza dell’epilessia varia molto con l’età: secondo i dati raccolti dalla Lega italiana contro l’epilessia, ci sono 86 nuovi casi per 100mila individui nel primo anno di vita e 180 nuovi casi per 100 mila dopo i 75 anni.
“L’epilessia è una condizione cronica del cervello in cui i neuroni hanno una certa facilità a fare un’attività elettrica anormale, che determina questi momenti di crisi epilettiche. Si tratta di una situazione che si ripete spontaneamente: spesso si pensa alle convulsioni come tipo di crisi, ma ci sono anche cose molto brevi”, ha dichiarato Maria Paola Canevini, docente di Neuropsichiatria infantile all’Università degli Studi di Milano, intervistata da Marco Klinger per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.
(ITALPRESS) – (SEGUE).
Cronaca
IN ITALIA OLTRE 500MILA PERSONE CONVIVONO CON L’EPILESSIA, FONDAMENTALE PARLARNE-2-
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2 ore fa-
9 Dicembre 2025di
RedazionePer un medico che si trova a fronteggiare una crisi epilettica è fondamentale, spiega Canevini, “avere un racconto di cosa prova il paziente e cosa hanno visto i testimoni: riuscire a fare una diagnosi precisa è più semplice con gli strumenti che abbiamo adesso, ovvero l’encefalografia, la risonanza magnetica dell’encefalo e la genetica. Il 70% dei pazienti sono controllati benissimo con la terapia che assumono e non hanno crisi, però ci sono anche epilessie difficili da curare: abbiamo bisogno di cure multidisciplinari e integrate, che tengano conto di tutti gli aspetti che possono influire sulla qualità di vita dei pazienti”.
Scenari legati all’epilessia, aggiunge, si possono presentare “a tutte le età. La prima crisi può avvenire in età infantile, ma anche negli over 65: sono queste le due fasi con il maggiore picco di incidenza. Le cause sono tantissime, ma in ogni caso si verifica una ipereccitabilità dei neuroni e delle cellule celebrali: di fatto si configura una scarica elettrica anormale, che dà queste manifestazioni comportamentali. Tantissime persone convivono con l’epilessia in Italia e nel mondo: nel nostro paese si calcola che siano circa 500-600mila, ma il numero è più alto nei paesi in via di sviluppo, in cui ci sono cause che possono determinare un’epilessia con maggiore frequenza; laddove ad esempio ci sono le guerre si configurano più spesso lesioni cerebrali”.
(ITALPRESS) – (SEGUE).
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IN ITALIA OLTRE 500MILA PERSONE CONVIVONO CON L’EPILESSIA, FONDAMENTALE PARLARNE-3-
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2 ore fa-
9 Dicembre 2025di
RedazioneL’analisi di Canevini si sofferma poi su due aspetti: possibili restrizioni per i pazienti e stigma sociale. Le prime, sottolinea, “nella maggior parte dei casi sono davvero poche, perchè quando riusciamo ad avere una terapia in grado di controllare completamente le crisi le persone possono fare una vita normale: ci sono chiaramente situazioni in cui bisogna fare attenzione ai rischi che possono derivare da una crisi con perdita di coscienza, perchè non siamo riusciti a controllarla. L’epilessia fa un pò paura, perchè si porta dietro una storia di stigma: parlarne è fondamentale proprio per provare a ridurre questo stigma. Sicuramente sono stati fatti diversi passi avanti negli ultimi 20-30 anni: prima le persone non raccontavano questo tipo di episodi ai loro amici per paura di essere discriminati, addirittura si pensava che chi avesse l’epilessia potesse fare cose strane; in Africa, dove capita che vado a lavorare, ci sono ancora credenze di questo tipo, mentre in Italia e in Europa vediamo molto raramente una reticenza dei pazienti nel raccontare il problema”.
(ITALPRESS) – (SEGUE).

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