Cronaca
Al Palazzo di Vetro dell’Onu esperti a confronto sul futuro del caffè
Pubblicato
2 anni fa-
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Redazione
NEW YORK (ITALPRESS) – Le situazioni dei Paesi produttori di caffè nel mondo variano ma due fattori comuni incombono sul futuro della produzione di caffè: lo sviluppo sociale e la necessità di adattarsi al cambiamento climatico.
Come proteggere oggi il futuro del caffè, alla luce di questo scenario? Questo il tema della tavola rotonda organizzata da illycaffè al Palazzo di Vetro dell’Onu a New York in occasione dell’Ernesto Illy International Coffee Award 2023, moderata da Vanessa Facenda, direttrice del magazine Tea & Coffee, a cui hanno partecipato alcuni tra i massimi esperti mondiali del settore: Vanusia Nogueira, Executive Director, International Coffee Organization, Andrea Illy, presidente illycaffè e co-chair di Regenerative Society Foundation, Jeffrey Sachs, economista e co-chair Regenerative Society Foundation, Oscar Schaps, Presidente della divisione America Latina di Trading StoneX Financial Inc. e commodity trader, e Glaucio De Castro, Presidente della Federacao dos Cafeicultores do Cerrado Mineiro.
“Dovremmo cercare di abbattere questo muro rappresentato dall’Equatore – spiega Illy all’Italpress – non parlare più di noi consumatori e loro produttori perchè è tutto un mondo, una comunità, un mercato e bisogna fare in modo che i benefici siano più equamente distribuiti. Questo è diventato un imperativo viste le condizioni di difficoltà nei paesi produttori. Tutto ciò è reso ancora più difficile dal cambiamento climatico, visto che fino al 50% delle terre coltivabili a caffè non lo sarà più entro il 2050”. Un incontro per delineare soluzioni comuni per proteggere oggi il futuro del caffè, proprio alla luce di questo scenario. La produzione di caffè, infatti è tradizionalmente un pilastro dell’agricoltura per milioni di persone che vivono nelle aree tropicali montane: circa 12,5 milioni di aziende agricole, gestite da piccoli agricoltori lavorano su pochi ettari di terreno. Il 95% di queste non supera i 5 ettari e l’84% ha una superficie inferiore ai 2 ettari. I produttori di caffè hanno spesso poche alternative alla coltivazione di questo prodotto, il che crea una notevole dipendenza per le esportazioni di molti Paesi. Tuttavia, negli ultimi due decenni, i prezzi bassi e volatili del caffè hanno avuto un impatto preoccupante sulle comunità agricole. I notevoli miglioramenti comunque conseguiti dalla caffeicoltura negli ultimi decenni grazie al processo di “de-comoditizzazione” – miglioramenti che necessitano ancora di un lungo percorso prima di raggiungere la sostenibilità economica, sociale ed ambientale – rischiano invece un’inversione di tendenza a causa del cambiamento climatico. “Questo è qualcosa che noi dobbiamo assolutamente contrastare – sottolinea Illy -. I paesi produttori molto spesso non hanno la capacità economico-finanziaria per investire in soluzioni che contrastino il cambiamento climatico, ad esempio migliorando le pratiche agronomiche, oppure rinnovando le piantagioni con piante più giovani e più resistenti. Questi investimenti devono essere distribuiti lungo tutta la filiera”.
La direzione emersa dalla tavola rotonda punta sull’agricoltura rigenerativa, che ha dimostrato di essere più resiliente e di produrre al contempo benefici per l’ambiente e per la salute, anche se necessita di investimenti dell’ordine di 10 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni. Pertanto, poichè i paesi produttori non hanno una sufficiente capacità economico-finanziaria, è necessario attivare partnership pubbliche private, che possano mobilitare fondi internazionali di filiera. Una sfida importante, che già da alcuni anni impegna i più importanti stakeholder governativi, intergovernativi, non governativi e privati.
-foto Italpress –
(ITALPRESS).
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Cronaca
Urso “Via libera del Consiglio dei Ministri al ddl concorrenza”
Pubblicato
1 ora fa-
4 Giugno 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – “Il Consiglio dei ministri ha approvato la legge annuale sulla concorrenza 2025, la terza legge annuale del governo di Giorgia Meloni, confermando così la buona prassi di ripristinare la cadenza annuale. Nei 14 anni precedenti sono state fatte solo due leggi annuali, nel nostro governo una all’anno”. Lo ha detto il ministro delle Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso, in conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri a Palazzo Chigi. “In questo caso, abbiamo concentrato l’attenzione su come rendere più efficienti i servizi pubblici locali per i Comuni con oltre 5000 abitanti”, ha spiegato.
Foto: IPA Agency
(ITALPRESS).
Cronaca
L’ADDIO DI INZAGHI: DOVERI, VALORI E RICONOSCENZA IN FRANTUMI IN NOME DEL VIL DENARO
Pubblicato
3 ore fa-
4 Giugno 2025di
Redazione
Da ieri pomeriggio non si fa che parlare dell’addio di Inzaghi all’Inter, mentre si è in attesa di un sì da Fabregas, che stasera a Londra vedrà Piero Ausilio. I tifosi sui social sono scatenati per il modo in cui questo addio è avvenuto, ovvero la riunione in sede perfettamente inutile, perché era già tutto concordato con gli arabi da diversi giorni, contratto biennale da 50 milioni, che mai l’Inter avrebbe potuto garantirgli (insieme ad un mercato faraonico). Inoltre sono emersi particolari che hanno fatto infuriare chi ama i colori nerazzurri: sul Corriere si scrive chiaramente che aveva chiesto ai suoi fedelissimi di seguirlo (Barella, Bastoni, DiMarco, Acerbi). Si spiega così l’espressione strana e furba di Barella in conferenza stampa della vigilia, alla domanda sul futuro del tecnico. Di sicuro la sera della sfida con il Psg il gruppo non era già più unito. Venerdì 30 maggio, Inzaghi, secondo gli arabi, avrebbe incontrato in quel di Monaco un emissario dell’Al Hilal e di fatto ha gestito malissimo tutto l’avvicinamento alla partita che valeva una stagione. Questione di vil denaro, di irriconoscenza, di valori che non esistono più di fronte a contratti faraonici. Stamane il direttore della Gazzetta Stefano Barigelli nel suo editoriale ha chiarito bene le cose, a partire dal titolo “Ha avuto più Inzaghi dall’Inter che l’Inter da Inzaghi”. E poi scrive: “Uscire di scena così è quasi peggio che perdere cinque a zero. Inzaghi chiude le quattro stagioni con l’Inter lasciandosi alle spalle le macerie di una disfatta sportiva per firmare con un munifico club arabo un contratto favoloso. Diciamo che se si voleva una fotografia di cosa sia diventato il calcio non poteva essercene una più emblematica. Parole come contratto, riconoscenza, dovere non esistono più. Al loro posto comandano altre parole: interesse personale, guadagno, bonus. Se infatti Inzaghi è arrivato a quel contratto lo deve all’Inter che lo volle a tutti i costi quando già aveva promesso a Lotito di restare alla Lazio. C’era da sostituire Conte, non uno qualsiasi, un tecnico che in due anni era arrivato secondo e primo. Per ripagare la scommessa sportiva fatta allora da Marotta e Zhang, che lo hanno fortemente voluto sulla panchina di uno dei club più importanti al mondo, Inzaghi sarebbe dovuto restare. Per tornare a vincere già l’anno prossimo. Un capo non lascia il gruppo che ha condotto alla sconfitta, ma rimane lì, per riportarlo a vincere. Dire che si è orgogliosi dei propri giocatori è facile, perché è gratis. Più difficile dimostrarlo con i fatti. Oltretutto Inzaghi aveva ancora un anno con il club nerazzurro. Ma i contratti in essere, come detto, ormai non contano niente. Prima bastava una stretta di mano, adesso non è sufficiente nemmeno un accordo scritto dagli avvocati con le penali annesse. Di questa offerta milionaria dell’Al Hilal preparata da tempo si era diffusamente parlato anche i giorni prima della sciagurata finale di Monaco, il che non credo abbia giovato alla causa. L’Inter quella partita non l’ha giocata e un peso certamente l’ha avuto la notizia, mai smentita, di un possibile addio dell’allenatore. La squadra più forte si è così ritrovata in pochi giorni, tra Lazio e Psg, a perdere tutto. Era per la verità già successo a Inzaghi in almeno un’altra circostanza. Il campionato buttato per strada e abilmente raccolto dal Milan di Pioli. Uno scudetto vinto e due persi per cumulo di errori tecnici. Non un gran bilancio, sinceramente. A Inzaghi vanno riconosciute alcune qualità: non è un allenatore egocentrico e sa sopportare lo stress del ruolo con educazione e rispetto per chi ha intorno o di fronte. Soprattutto ha confermato anche a Milano una spiccata capacità tattica nelle sfide di un giorno che hanno portato alla conquista di Coppe Italia e Supercoppe. Capacità, non sufficiente, tuttavia, per arrivare alla Champions. Dove però ha incontrato due squadre superiori (City e Psg), guidate da grandissimi tecnici, Guardiola e Luis Enrique, figli della medesima scuola, quella catalana, che ha sempre rappresentato uno dei vertici calcistici mondiali. A Istanbul è mancato il risultato ma non il coraggio, a Monaco è mancato tutto. Alla fine ha dato più l’Inter a Inzaghi di quanto abbia dato Inzaghi all’Inter. Ha saputo reggere anche quando il club si è trovato in difficoltà economiche e anche questo è un suo merito non trascurabile. Però alla fine non va in Premier ma in Arabia, in un campionato dove certo non ci sono fenomeni in panchina. L’Internazionale ha una sua storia e una sua anima, come tutti i grandi club. Disfatte fragorose e rinascite meravigliose fanno parte dell’identità nerazzurra: saprà venire fuori anche da questa situazione difficile in cui si è trovata all’improvviso. Fino a ieri Marotta era convinto di poter continuare con Inzaghi, a cui aveva peraltro offerto il rinnovo subito dopo i cinque gol presi dal Psg. Ma il calcio cambia velocemente e gli arabi pagano troppo bene. Da un male bisogna però saper trarre un bene. E allora l’Inter credo faccia bene ad aprirsi al nuovo, a un allenatore più giovane, più fresco, magari con meno esperienza in panchina ma più moderno. Magari non tornerà subito a vincere. O magari sì. Abbiamo visto fare all’Inter cose molto più pazze”.
Cronaca
Federmanager Roma-Istat, imprese laziali leader nell’adozione dell’IA
Pubblicato
3 ore fa-
4 Giugno 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – Il Lazio leader tra le regioni italiane più avanzate nell’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale (IA) da parte delle imprese. E’ quanto emerge dal Focus sul Lazio relativo all’utilizzo dell’IA, basato sul Report ISTAT “Imprese ICT” del 17 gennaio 2025, presentato durante l’assemblea annuale 2025 di Federmanager Roma, dal titolo “Manager umani vs manager artificiali. Chi guiderà il futuro?”. Nel rapporto si legge che nel 2024, il 9,4% delle imprese laziali ha adottato almeno una delle sette tecnologie IA riconosciute a livello europeo, superando la media nazionale dell’8,2% e quelle delle altre principali aree territoriali italiane.
Il Lazio si distingue anche per l’utilizzo combinato di due o più tecnologie IA, consolidando così il proprio ruolo di riferimento nel panorama nazionale.
“L’Intelligenza Artificiale – ha spiegato Antonio Amato, presidente di Federmanager Roma – rappresenta una trasformazione epocale, ricca di opportunità ma anche di rischi da gestire con responsabilità. I dati che emergono da Roma e dal Lazio, con la regione tra le leader nell’adozione dell’IA, confermano il nostro ruolo strategico come motore di innovazione. Come manager, abbiamo il compito di guidare questo cambiamento attraverso la formazione continua, un’etica solida e un impegno per l’inclusione. E’ fondamentale bilanciare innovazione e tutela dei diritti, favorendo un dialogo costante tra parti sociali e istituzioni e incentivando le aziende ad investire su innovazione e riqualificazione delle risorse. Solo così l’IA potrà diventare un alleato per un futuro sostenibile e umano”.
Analizzando le singole tecnologie, la regione guida l’adozione in ambiti quali: il riconoscimento vocale, per la conversione della lingua parlata in formato digitale; la generazione del linguaggio naturale, per la creazione automatica di testi o discorsi; il machine learning, deep learning e le reti neurali, per l’analisi avanzata dei dati; la Robotic Process Automation (RPA), per l’automatizzazione dei flussi di lavoro e il supporto decisionale tramite software robot basati su IA.
“Facciamo sì che la tecnologia, l’innovazione siano sempre a servizio dell’umano – le parole di Simona Baldassarre, assessore alla Cultura, Pari Opportunità della Regione Lazio -. Dobbiamo poi puntare sempre di più sulla donna manager, porta tutte quelle capacità, quelle soft skills che sono un arricchimento per l’azienda. Bene sì la tecnologia ma accanto ci deve essere il cuore”.
Le imprese del Lazio mostrano inoltre una forte specializzazione nell’applicazione dell’IA ai processi di amministrazione aziendale e alle attività di Ricerca e Sviluppo (R&S) o innovazione, mentre risultano meno coinvolte nell’adozione dell’IA per marketing, vendite, produzione, logistica, sicurezza ICT e gestione finanziaria.
Questi risultati testimoniano la vitalità del sistema regionale dell’innovazione, caratterizzato da un tessuto produttivo dinamico, poli universitari di eccellenza, centri di ricerca pubblici e privati e una fiorente rete di startup tecnologiche.
– foto Italpress –
(ITALPRESS).


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