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Economia

Federdistribuzione tra caro prezzi e investimenti per innovare

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PALERMO (ITALPRESS) – “La Distribuzione Moderna sta vivendo ormai da quasi due anni, da quando c’è stata l’esplosione inflattiva, la criticità che indubbiamente hanno attraversato i consumi”. Così Carlo Alberto Buttarelli, presidente di Federdistribuzione, in un’intervista all’Italpress.
“La Distribuzione ha operato con grande responsabilità, sicuramente la grande pressione che abbiamo avuto sull’aumento dei costi di acquisto, legati naturalmente alle materie prime, prima per il post Covid e poi per la guerra in Ucraina, l’abbiamo trasferita al consumo in modo molto graduale, tant’è che la pressione anche sui risultati economici della nostra impresa nel 2022 è stata particolarmente rilevante, complice anche l’aumento dei costi energetici. Proprio su questo aspetto il nostro settore, nonostante abbia grandi consumi energetici, immaginate per esempio le catene del freddo e quant’altro, non è riconosciuto come energivoro, quindi anche dal punto di vista dei sostegni che sono stati dati in quella fase alle imprese, per il nostro settore sono stati inferiori rispetto al mondo industriale. Questo per dire quanto effettivamente la situazione nel 2022 sia stata significativamente pesante anche dal punto di vista economico”.
“Poi – ha proseguito Buttarelli – gradualmente le nostre imprese hanno trasferito a valle questi aumenti, e quindi si è registrata questa situazione inflattiva che ha toccato i suoi picchi ovviamente negli ultimi mesi. Con una preoccupazione importante, perchè da ottobre del 2022 abbiamo registrato una contrazione dei volumi sul mondo alimentare. E questo è indubbiamente un segnale di grande preoccupazione, derivato in parte dal minore spreco delle famiglie, dalla maggiore attenzione, ma indubbiamente anche proprio legata alla necessità che molte famiglie hanno avuto in questo senso”.
Buttarelli nei giorni scorsi ha preso parte all’audizione davanti alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato sulla Legge di Bilancio 2024: “Abbiamo portato alcuni elementi legati alla necessità di intervenire su una serie di situazioni, in particolare la plastic e la sugar tax – ha spiegato il presidente di Federdistribuzione -, sono due tasse per le quali è stata rimandata l’applicazione. Noi chiediamo da tempo insieme al mondo industriale che possano essere abrogate, anche perchè l’applicazione di queste tasse porterebbe a un ulteriore impatto inflattivo, quindi questo è un primo punto che abbiamo messo all’attenzione del governo”.
Su altri fronti “abbiamo apprezzato lo sforzo che il governo ha fatto nei confronti delle famiglie e anche nei confronti delle fasce di redditi più bassi, abbiamo però sottolineato quanto sia importante che nel cuneo fiscale si tenga conto anche di quello che è l’impatto sulle imprese. Naturalmente sappiamo bene che le risorse in questo momento sono scarse, ma ci vuole uno sforzo maggiore in questa direzione – ha proseguito Buttarelli -. Abbiamo sottolineato poi che è inopportuno a nostro avviso riportare, per esempio in un momento in cui la natalità è un problema centrale, riportare l’IVA su alcuni beni per l’infanzia dal 5 al 10%”.
Grande attenzione anche agli impegni di Transizione 5.0, che vedono “negli investimenti digitali e nell’evoluzione tecnologica un elemento importante – ha sottolineato Buttarelli -. C’è stata una recente indagine di McKinsey a livello europeo che ha stimato da qui al 2030 per il retail europeo un investimento necessario di 600 miliardi. Abbiamo stimato che in Italia le esigenze di investimento delle imprese saranno tra i 60 e i 70 miliardi. Noi siamo al centro tra le famiglie e le filiere produttive. Quindi è chiaro che l’evoluzione del nostro settore è fondamentale per l’economia del paese”.
Infine, il punto su come può dare una spinta agli investimenti la ZES Unica per il Sud Italia: “E’ una grandissima opportunità per le imprese in generale – ha affermato il presidente di Federdistribuzione -. Noi abbiamo sottolineato da questo punto di vista la necessità di una correzione, perchè i sostegni che la ZES Unica prevede si fermano alla dimensione che il terreno o la struttura immobiliare costruita non possa superare il 50% dell’investimento complessivo. Abbiamo chiesto ovviamente di rivedere per il nostro settore questi limiti, anche tenendo in considerazione che in molte iniziative di sviluppo il nostro settore interviene su aree di rigenerazione urbana, cioè di aree degradate che vengono riportate alla vitalità. E’ necessario rivedere questi limiti per consentire di non mettere il nostro settore in condizione di non essere in grado di essere sostenuto”.

– Foto Italpress –

(ITALPRESS).

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Economia

Dazi, Orsini “Il quadro è più chiaro, ma ora gli eurobond sono indispensabili”

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ROMA (ITALPRESS) – “Con la formalizzazione dell’accordo Usa-Ue finalmente siamo a un punto fermo. Da quanto afferma Palazzo Chigi si ha la certezza che siamo al 15% anche su settori come il farmaco e l’automotive. Elemento estremamente importante è che il 15% assorbe il 4,8% dei dazi attuali. Quindi l’incremento non è del 15% ma del 10,2%, un livello che pone la Ue al di sotto dell’aumento medio dei dazi americani nel mondo che è intorno al 12-13%: un aspetto che ci tengo a sottolineare, fermo restando che tutto quello che fa aumentare il prezzo delle nostre merci può avere un impatto negativo sulla nostra competitività”. Così Emanuele Orsini, presidente di Confindustria, in un’intervista al Sole 24 ore. “Ma non è questione solo di dazi: dobbiamo riequilibrare il cambio eurodollaro. Oggi c’è un incremento dell’11,5% ma potrebbe arrivare al 20 o 24%. Dobbiamo lavorare su questo aspetto, che va monitorato. Noi come imprenditori dobbiamo proteggerci, ma è il momento che l’Europa metta in campo misure come gli eurobond per realizzare gli obiettivi che ha in mente, a partire dalle transizioni, ma anche le infrastrutture e il prosieguo del Pnrr, mettendo al centro l’industria e la competitività”, spiega.

“L’Europa deve darsi una sveglia. Abbiamo visto i vari omnibus, ma abbiamo bisogno che si faccia molto presto, sia sulla burocrazia che costa alle imprese il 6,7 per cento del pil europeo, sia per eliminare i dazi interni che frenano il mercato unico. Oggi vediamo troppi capitali andare dall’Europa verso gli Stati uniti, 300 miliardi all’anno. Gli eurobond devono essere realizzati prima possibile per attrarre investimenti, realizzare infrastrutture e puntare sulle imprese. Diventa necessario come difesa dell’industria europea”, continua Orsini. “Occorrono un piano straordinario europeo e un piano italiano per l’industria con una visione per lo meno a tre anni. L’Eurostat qualche giorno fa ha scritto che la produzione industriale è caduta del l’1,3 per cento. Nel 2025 scadono quasi tutti gli incentivi all’industria per gli investimenti. Ricerca e sviluppo hanno una quota bassissima per i prossimi anni, dobbiamo sviluppare misure che possano rilanciare gli investimenti per essere più competitivi, utilizzando misure che hanno dato risultati, come la Zes unica che, con uno stanziamento di risorse pubbliche di 4,8 miliardi negli ultimi 2 anni ha generato 28 miliardi di investimenti e 35mila posti di lavoro”, conclude.

– foto IPA Agency –

(ITALPRESS).

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Economia

Dazi, Cattani “Sui farmaci il compromesso evita una escalation”

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ROMA (ITALPRESS) – Esprimo i miei ringraziamenti sinceri al Governo italiano per l’azione convinta e determinata a sostegno della limitazione dei dazi sui farmaci a non oltre il 15 per cento, come tetto massimo sulle esportazioni verso gli Usa, che includerà quanto previsto dall’indagine in corso negli Stati Uniti sul settore. Un particolare ringraziamento va al Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e al Ministro Antonio Tajani, per l’approccio costruttivo nel dialogo transatlantico e anche per la puntuale informazione alle imprese, attraverso una task force specifica”. Lo afferma in una nota Marcello Cattani, presidente di Farmindustria, sulla dichiarazione congiunta Ue-USA sui dazi.

La dichiarazione congiunta di oggi ufficializza un compromesso che – nonostante i costi importanti per le imprese, i rischi per la disponibilità dei farmaci e di barriere per la R&S, che derivano dai dazi – date le premesse rappresenta la migliore soluzione ipotizzabile, evita l’escalation commerciale e chiude una fase di incertezza, stabilendo al tempo stesso la volontà di liberare il potenziale delle economie e rafforzare ulteriormente l’alleanza economica e strategica tra Ue e USA. Ora per l’Europa è fondamentale compensare i costi dei dazi con più produttività e più competitività. Per questo è importante che la Commissione Europea dimostri lo stesso impegno per cambiare radicalmente scelte del passato che penalizzano l’economia e costituiscono dei dazi che l’Ue si è auto-imposta”.

“L’Europa, per lentezze nell’accesso alle cure e restrizioni al finanziamento, sta perdendo posizioni nella farmaceutica sullo scacchiere globale, in un settore strategico, primo per valore aggiunto, innovazione e saldo estero (+193 miliardi nel 2024), e dunque prioritario, sia per la sicurezza, sia per la salute dei cittadini, sia per la crescita. Per la farmaceutica è urgente una politica che contribuisca a mantenere la leadership globale delle nostre imprese attraverso misure urgenti a tutela della proprietà intellettuale incredibilmente penalizzata dalle proposte di revisione della legislazione UE – sottolinea il presidente di Farmindustria -. E con la correzione di altri provvedimenti che rischiano di mettere fuori gioco il settore in Europa, imponendo costi altissimi sulle aziende, come nel caso della direttiva sulle acque reflue. È ora di cambiare rotta immediatamente partendo proprio dal risultato di oggi. Siamo ancora in tempo, ma sta per scadere. E siamo certi che anche stavolta il nostro Governo saprà far valere ancora di più gli interessi dell’Italia e dell’Europa. Da un lato, come già fatto sui dazi e su molti altri provvedimenti, incidendo sull’agenda UE, dall’altro continuando il processo di modernizzazione della governance in atto in Italia, che ci auguriamo possa portare a breve ulteriori progressi nella prossima Legge di Bilancio e con il Testo Unico della legislazione farmaceutica, in particolare riducendo i payback nel breve periodo e superandoli nel medio”

-Foto IPA Agency-
(ITALPRESS).

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Economia

Trenitalia, da inizio anno consegnati 61 treni Regionali. Investimento da 500 milioni

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ROMA (ITALPRESS) – Sessantuno nuovi treni di Regionale, brand di Trenitalia (Gruppo FS), consegnati dall’inizio del 2025 a oggi, per un investimento complessivo di circa 500 milioni. Un risultato – sottolinea l’azienda in una nota – in linea con gli obiettivi del Piano strategico 2025-2029 del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, che entro il 2027 prevede di portare a 1.061 il numero di convogli di nuova generazione destinati a pendolari e viaggiatori in tutta Italia. Grazie ai contratti di servizio con le Regioni e le Province Autonome, committenti del servizio, fino a oggi sono stati consegnati 596 treni di nuova generazione che, sommati ai 335 acquistati in precedenza, portano a 931 il numero dei nuovi convogli in circolazione. Con le ulteriori consegne di quest’anno e quelle previste entro il 2027, l’80% dell’intera flotta Regionale sarà rinnovato, per un investimento complessivo di 7 miliardi.

“Il rinnovo del trasporto ferroviario regionale è uno dei pilastri del nostro Piano Strategico 2025-2029 che prevede investimenti per 100 miliardi di euro in cinque anni”, ha dichiarato Stefano Antonio Donnarumma, amministratore delegato e direttore generale del Gruppo FS Italiane. “Un processo in continua evoluzione, che punta a offrire treni moderni, sostenibili e con elevati standard di comfort e sicurezza. Regionale rappresenta una leva strategica per una mobilità sempre più integrata e connessa, in grado di valorizzare i territori e accompagnare le trasformazioni sociali, ambientali e culturali di un Paese in movimento”, ha aggiunto. Con un servizio capillare che ogni giorno garantisce più di 6.000 corse e trasporta oltre 400 milioni di passeggeri l’anno, Regionale si conferma una realtà solida e ben radicata sul territorio.

– foto ufficio stampa Trenitalia –

(ITALPRESS).

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