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Cronaca

Intesa Sanpaolo ricorda Raffaele Mattioli a 50 anni dalla scomparsa

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MILANO (ITALPRESS) – Intesa Sanpaolo e la Fondazione Raffaele Mattioli per la storia del pensiero economico hanno ricordato oggi, nel 50° anniversario della scomparsa di Raffaele Mattioli, l’eredità del “banchiere umanista” e il suo contributo per la modernizzazione industriale dell’Italia e per una concezione di ‘banca al servizio del Paesè. La giornata, organizzata sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, ha visto la presenza del Consigliere Delegato e CEO di Intesa Sanpaolo Carlo Messina, il Presidente di Intesa Sanpaolo Gian Maria Gros-Pietro, il Presidente ABI Antonio Patuelli e il Presidente della Fondazione Raffaele Mattioli Ricciarda Mattioli.
Una figura, quella di Mattioli, definita dal presidente Patuelli “uno dei principali eroi civili del mondo bancario italiano del terribile Novecento”. Nato a Vasto nel 1895, Raffaele Mattioli legò la sua storia alla Banca Commerciale Italiana (Comit, ndr) dove fu assunto come capo della Segreteria dell’amministratore delegato Giuseppe Toeplitz nel novembre 1925. Qui emerse subito per le sue capacità e fece una rapida carriera diventando già nel 1931 direttore centrale, per aver elaborato valide soluzioni utili alle autorità governative per superare la grave crisi di liquidità che aveva colpito la banca in quegli anni. Nominato nel marzo 1933 amministratore delegato, condusse la Comit attraverso una difficile riforma organizzativa interna che la trasformò da banca ‘mistà in una banca di credito ordinario. Già dai primi anni Trenta si prodigò a favorire il mondo dell’alta cultura con varie iniziative e durante la guerra, su invito di padre Agostino Gemelli, insegnò all’Università Cattolica di Milano Tecnica bancaria.
Dopo l’8 settembre 1943 si trasferì a Roma guidando la banca durante l’occupazione nazista della capitale e alla sua liberazione, con l’Italia divisa in due, diresse le filiali nelle zone già occupate dagli Alleati.
Dal novembre 1944 al marzo 1945 fu a capo della missione economica inviata a Washington dal Governo italiano.
Tornato a Milano nel maggio 1945, guidò la Comit attraverso gli anni della ricostruzione e del miracolo economico, mantenendo non solo la vocazione internazionale della Banca, ma favorendo anche lo sviluppo della piccola e media impresa. Nel 1960 fu nominato presidente della Banca Commerciale Italiana, mantenendo una forte influenza nella gestione dell’Istituto.
“Le grandi capacità bancarie, la sua indipendenza da tutti i potentati di ogni genere e il suo grande prestigio permisero a Mattioli di evitare condizionamenti e di rimanere alla guida della Banca Commerciale in contesti politici molto diversi, dagli anni del regime a quelli più drammatici della guerra, dalle grandi speranze e dall’impegno nella ricostruzione, al “miracolo economico” degli anni cinquanta e sessanta, fino ai primi anni settanta – ha proseguito Patuelli – A cinquant’anni dalla morte, Raffaele Mattioli ci ha lasciato tanti sempre attuali insegnamenti, insieme bancari, culturali, morali e civili che rappresentano indirizzi sicuri su cui poggiare l’ulteriore crescita economica, civile e sociale di un’Italia europea che ragioni sempre con grandi orizzonti internazionali di pace e di prosperità”.
Il presidente di Intesa Sanpaolo, Gros-Pietro, ha voluto sottolineare che “come ricordava Mattioli, e come anche oggi avviene in Intesa Sanpaolo, alla formazione occorreva affiancare la costruzione di un vero e proprio vivaio interno di giovani talenti in grado di portare le loro competenze a vantaggio del Paese. Ed è questo consapevole obiettivo di lavorare a vantaggio del paese in cui si opera (che vale anche per le controllate estere) che costituisce oggi uno dei segni distintivi di maggiore significato per le persone di Intesa Sanpaolo, e che esse apprezzano maggiormente”.
“Di qui a cent’anni – si chiedeva Mattioli – basteranno le risorse di tutti i paesi messi insieme per assicurare un minimo di benessere alla pullulante popolazione del pianeta? Questo è il “miracolo” da impetrare. E i problemi che ancora ci assillano proprio qui in Italia sono ancora tanti e tali che le risorse disponibili vanno inventariate e utilizzate secondo una ben graduata e concatenata scala di priorità. Altrimenti non vi sarà alcun miracolo”, ha aggiunto Gros-Pietro.
Per il Chief Economist Intesa Sanpaolo Gregorio de Felice, l’eredità di Mattioli “è la sua concezione di fare banca: deve avere profitti perchè altrimenti non è indipendente, ma ci sono profitti e profitti. Alcuni non dettati da operazione speculative e quindi di grande sostenibilità. L’altro grande punto è questa attenzione per il credito che non doveva eccedere, memore delle crisi dei grandi gruppi industriali negli anni ’30. Seppur in uno scenario economico-regolamentare completamente diverso, tutto questo mi sembra molto attuale oggi e Intesa Sanpaolo li porta avanti. La banca al servizio dello sviluppo del paese: questo era Mattioli e questo è oggi Intesa Sanpaolo”.
Nel suo intervento, il Ceo Messina ha sottolineato che “l’accelerazione che ho dato sul fronte delle disuguaglianze, del sociale, di chi ha più bisogno, nasce da una conversazione di diversi anni fa con Guzzetti: mi parlò della povertà educativa dei bambini a Milano, non ci avevo mai riflettuto. A Milano ci saranno 30-40 mila bambini poveri. Mi parlava di quello che bisogna fare per le persone che sono in difficoltà – ha spiegato -. Mi ha fatto riflettere su come la forza della nostra banca, fermo restando la giusta remunerazione da dare agli azionisti, la banca sia considerata dagli investitori internazionali un punto di riferimento nasce proprio da questo, se generiamo dei redditi importanti, dobbiamo fare in modo che vadano anche a chi si trova in condizione di disuguaglianze”.

– foto ufficio stampa Intesa Sanpaolo –
(ITALPRESS).

Cronaca

Renzi “Chi abbandona la ‘tenda riformista’ regala il Paese alla destra”

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ROMA (ITALPRESS) – “Ricevo email di persone con il mal di pancia per gli accordi che vengono fatti anche con la sinistra radicale e i Cinque Stelle. Voglio essere molto chiaro, cari amici. Se crediamo nel bipolarismo è evidente che ci si debba alleare con compagni di strada anche lontani dalle nostre idee. Dall’altra parte, del resto, ci sono Vannacci, leghisti e complottisti vari NoVax lollobrigidiani: sono le regole del bipolarismo. Capisco molto bene chi dice: eh ma rischiamo di annacquare il profilo riformista. Di non contare dentro il centrosinistra. Sì, è un rischio reale. Ma il modo per non farsi ‘annacquarè è solo uno: prendere i voti. Lo dico a chi su Twitter annuncia sfaceli, a chi sui social promette rivoluzioni, a chi nelle chat grida il proprio disgusto”. Così il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, nella sue enews. “Se volete incidere, in democrazia, un tweet in meno e un voto in più. Un post in meno e un candidato che prenda voti in più. Uno sfogo in meno e una telefonata all’amico incerto in più. Ve la dico ancora più chiara: gli equilibri della coalizione dipendono dai voti, non dalle chiacchiere”, aggiunge.

“Se i Cinque Stelle e la sinistra radicale prendono il 10% e noi prendiamo l’1%, il problema è nostro, non loro. Se invece riusciamo a fare un buon risultato (come faremo, ne sono certo, non solo in Calabria e Toscana), allora la tenda riformista diventa credibile. E decisiva per la vittoria alle politiche. In democrazia contano i voti. Noi siamo forti e credibili – spiega – perchè quando abbiamo portato il nostro contributo abbiamo fatto la differenza (pensate solo alla differenza nelle elezioni a Genova dopo le regionali in Liguria). Ma adesso ci sono da fare due cose: eleggere consiglieri regionali decisivi e portare le idee dalla Leopolda al Paese. Punto. Tutto il resto è noia. Chi vuole un centrosinistra riformista ci dia una mano. Adesso. Chi abbandona il campo per la presenza di Cinque Stelle e AVS regala il centrosinistra alla sinistra radicale e il Paese alla trimurti Meloni, Salvini, Lollobrigida. E’ chiaro adesso perchè insisto sul fatto che noi siamo decisivi? Se noi facciamo un bel risultato riequilibriamo la coalizione e vinciamo le elezioni. Se noi andiamo male la coalizione scivola a sinistra e perdiamo le elezioni. Tocca a noi. La differenza la fanno i voti, non i tweet”, conclude Renzi.

-Foto: Ipa Agency-

(ITALPRESS).

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Assemblea di Mediobanca boccia l’ops su Banca Generali

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MILANO (ITALPRESS) – L’assemblea degli azionisti di Mediobanca ha respinto la proposta del Cda in merito all’autorizzazione per dare esecuzione all’offerta pubblica di scambio volontaria sulla totalità delle azioni ordinarie di Banca Generali. I favorevoli sono stati pari al 35% del capitale sociale, rappresentato per il 25% da investitori istituzionali e per il 10% da investitori privati; contrari pari al 10% del capitale sociale, sostanzialmente il Gruppo Caltagirone; astenuti pari al 32% del capitale sociale, di cui il 20% Delfin, 5% Casse Previdenziali italiane (Enasarco, Enpam, Forense), 3% investitori istituzionali (Amundi, Anima, Tages), 2% Edizione Holding, 2% Unicredit.
Mediobanca, preso atto dell’esito dell’assemblea, dichiara decaduta l’offerta su Banca Generali.
Per l’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, si tratta di “un’opportunità mancata per effetto del voto espresso, in particolare, da azionisti che, anche nell’attività di engagement, hanno manifestato un evidente conflitto di interesse, anteponendo quello relativo ad altre situazioni/asset italiani a quello di azionisti di Mediobanca. Risulta, infatti, evidente dal voto che coloro i quali non si sono trovati in questa posizione si sono espressi a favore (mercato in primis), in linea con le
raccomandazioni dei proxy advisors internazionali. Si tratta chiaramente di un’opportunità, per ora, mancata per lo sviluppo della nostra Banca e del sistema finanziario italiano. Continueremo ad essere concentrati sull’esecuzione del nostro piano ‘One Brand – One Culturè convinti della superiore generazione di valore rispetto all’alternativa rappresentata dall’offerta di Mps”, conclude Nagel.
(ITALPRESS).
-Foto: Ipa Agency-

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Zelensky “La Cina non può essere garante della nostra sicurezza”

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KIEV (UCRAINA) (ITALPRESS) – La scorsa notte “l’esercito russo ha stabilito uno dei suoi folli anti-record. Ha preso di mira infrastrutture civili, edifici residenziali e la nostra popolazione”. Così il presidente ucraino Volodymyr Zelensky sui social, aggiungendo che “diversi missili sono stati lanciati contro un’azienda di proprietà americana in Transcarpazia. Si trattava di una normale attività civile, sostenuta da investimenti americani, che produceva articoli di uso quotidiano come macchine da caffè. Eppure, era anche un bersaglio per i russi. Questo è molto significativo”, afferma. E sottolinea che “i russi hanno condotto questo attacco come se nulla fosse cambiato, come se non ci fossero sforzi globali per fermare questa guerra. Tutto questo richiede una risposta. Non c’è ancora alcun segnale da parte di Mosca di impegnarsi davvero in negoziati sostanziali e porre fine a questa guerra. E’ necessaria pressione. Sanzioni severe, dazi elevati”.
Parlando con i giornalisti, Zelensky ha indicato Svizzera, Austria o Turchia come possibili sedi per potenziali colloqui di pace con il suo omologo russo Vladimir Putin. No a un possibile ruolo della Cina per garantire la sicurezza dell’Ucraina.
“In primo luogo – ha spiegato Zelensky – la Cina non ci ha aiutato a fermare questa guerra fin dall’inizio. In secondo luogo, la Cina ha aiutato la Russia aprendo il suo mercato dei droni… Non abbiamo bisogno di garanti che non aiutino l’Ucraina e che non l’abbiano aiutata nel momento in cui ne avevamo veramente bisogno”. E l’incontro con Putin, ha concluso Zelensky, sarà possibile “dopo che saranno state concordate garanzie di sicurezza”.

– foto Ipa Agency –
(ITALPRESS).

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