Cronaca
IL VINO, IL SOGNO, IL GRANDE INCUBO
Pubblicato
1 anno fa-
di
Redazione
di Emanuele Bottiroli
La fuoriuscita dal consiglio d’amministrazione del nuovo Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese di 5 consiglieri imbottigliatori registrata la scorsa settimana va letta nel quadro di alcune consapevolezze storiche inerenti un recente passato da rileggere per comprendere l’importanza della discontinuità nel costruire il futuro risarcendo un danno reputazionale di notevole entità per tutti i detentori delle denominazioni territoriali.
Il peggior incubo dell’Oltrepò Pavese vitivinicolo si materializzò nell’estate 2014 ma per capire l’entità di ciò che accadde e il suo effetto domino perdurato sino ad oggi, contaminando il pensiero di un pezzo del territorio dopo un danno reputazionale di notevole impatto, occorre fare un passo indietro. Dopo anni di grandi progetti per il rilancio della spumantistica Metodo Classico, dell’ideazione del marchio Cruasé, del puntare sul Pinot nero nelle sue declinazioni più eccellenti, a Broni si scatena un terremoto. A Terre d’Oltrepò, maxi cooperativa fondata nel 2008 a seguito della fusione tra la Cantina di Casteggio (fondata nel 1907 e che perde la sua indipendenza per debiti Ndr) e la Cantina Sociale Intercomunale di Broni (fondata nel 1960 e specializzata negli sfusi nel legame viticoltori-imbottigliatori). A impegnarsi strenuamente nel percorso di fusione l’allora direttore ed enologo della Cantina di Broni, Livio Cagnoni, uno dei protagonisti del mercato dello sfuso d’Italia, che dal 2008 in poi diventa sempre più il Ras del vino locale. Una storia unica e per certi aspetti irripetibile la sua, passato dall’essere figlio di un conferitore della cantina ad enologo della stessa fino a prenderne le redini totalmente plasmando un pezzo di storia locale. Cagnoni nel tempo diventa l’ago della bilancia anche in molti enti: è il socio di maggioranza del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, dove con i voti della cantina inserisce in consiglio d’amministrazione i suoi uomini e i suoi fedelissimi e dove si preoccupa molto dei vini Igt e di rese che consentano alla cantina di garantirsi grandi volumi ad ogni annata vendemmiale. Nel frattempo scala anche Ascovilo (il consorzio dei consorzi dei vini della Lombardia eccezion fatta per il Franciacorta) divenendone presidente e costruendo rapporti con il mondo delle istituzioni. Un uomo ruvido e diretto Cagnoni, che dal 2008 al 2014 diventa il dominus del territorio vitivinicolo che produce, da solo, oltre il 60% del vino della Lombardia. Alla guida di Terre d’Oltrepò stringe accordi con grandi gruppi regionali ed extra regionali e con le più grandi aziende imbottigliatrici nazionali e favorisce notevolmente la crescita degli imbottigliatori con un setup aziendale tutto focalizzato sul produrre ingenti quantità di vini sfusi. Sfruttando i finanziamenti a disposizione amplia notevolmente la capacità di lavorazione e stoccaggio della cantina e in anni in cui, progressivamente, in tante zone d’Italia dallo sfuso ci si smarca per produrre qualità in quantità in bottiglia, per favorire l’identità territoriale delle denominazioni e dare valore ai terreni agricoli, Cagnoni porta il territorio in direzione ostinata e contraria facendolo progressivamente diventare una terra di vini Igt portati a scaffale e messi a reddito da altri sui canali commerciali italiani ed internazionali. Cagnoni diventa però la “borsa” del vino locale, acquisendo anno su anno quote di mercato e il pieno controllo. Sono gli anni in cui La Versa passa da una crisi di gestione e l’altra e Cagnoni tenta anche, senza successo, la strada dell’acquisizione. I soci di Santa Maria della Versa, pur di non cadere sotto il suo controllo, preferiscono la fame. Cagnoni rileva l’ex cantina Vilide (solo la stuttura, il terreno finisce nelle sue mani) e fa stendere un progetto (che non sarebbe mai diventato esecutivo Ndr) che voleva la nascita di un luogo in cui commercializzare vini in bottiglia, con un nuovo marchio spendibile insieme a quello della Cantina di Casteggio, insieme a prodotti tipici territoriali a scaffale. Al culmine dell’espansione dell’impero, Cagnoni dichiara guerra ai mediatori, rei di drenare prodotto dal suo percorso cooperativo territoriale, alla politica a ogni livello, colpevole di dare troppo spazio ad altri e poco a Terre d’Oltrepò, in particolare all’allora presidente dell’Amministrazione provinciale di Pavia, Daniele Bosone, e persino ai sindacati agricoli, in particolare all’allora presidente territoriale di Coldiretti, Giuseppe Ghezzi. E’ allora che nasce in Cagnoni il desiderio di creare un Caa (centro assistenza agricola) per rendere ancora più stretto il rapporto fra Terre d’Oltrepò e tutte le imprese vitivinicole territoriali che fino al quel momento per pratiche e dichiarazioni si rivolgevano agli sportelli dei diversi sindacati agricoli. E’ proprio in quegli anni che qualcuno, in particolare lo stesso Ghezzi di Coldiretti, comincia a parlare del “vino di carta”, ovvero di documenti che coprivano l’uva che non c’era ma che le maxi rese concesse nell’ambito dei disciplinari per il vino Igt Provincia di Pavia permettevano di vendemmiare virtualmente. Cagnoni parla di “delatori”, “invidiosi” e “nemici di Terre d’Oltrepò” che avevano già fatto fallire tante imprese e che parlavano così in quanto gente di poco conto e suoi avversari scorretti.
Arriva la vendemmia 2014. «Registrate tutti i carichi di uva, almeno in questo periodo». A parlare, intercettato, è l’ex direttore della Repressione frodi di Milano (Icqrf). All’altro capo del telefono c’è il direttore generale e amministratore delegato della cantina Terre d’Oltrepo Livio Cagnoni, preoccupatissimo per alcune «cineprese» comparse attorno all’azienda a poche settimane dalla vendemmia: «non vorrei che fosse un magistrato». Solo a novembre, con il primo blitz che porta a Broni 270 agenti della forestale per una serie di perquisizioni a tappeto, i due scopriranno che era proprio così: la Procura di Pavia stava indagando su una truffa del vino da 20 milioni di euro all’anno, tra il 2010 e il 2014. Dopo la pensione, l’ex funzionario del ministero dell’Agricoltura era diventato consulente della cooperativa vitivinicola, la più grande della Lombardia con un fatturato da oltre 40 milioni: con la sua esperienza i registri dovevano apparire inattaccabili ma, secondo l’accusa, non era così e l’ex direttore dell’Icqrf aveva tenuto comportamenti «gravi» anche in passato. Come nel 2008, quando a capo dell’ufficio di Conegliano (TV) tentò di insabbiare segnalazioni su presunte irregolarità commesse a Broni. Secondo gli inquirenti, accanto alla contabilità ufficiale, c’era quella parallela che permetteva di alimentare la truffa, pagando i soci complici e acquistando mosti concentrati, zucchero (per 1 milione di euro) e altri prodotti: servivano ad «aggiustare il vino», venduto sfuso in cisterne a importanti clienti. La truffa, secondo la Procura, consisteva nel colmare il potenziale dell’uva meglio pagata, il Pinot grigio Igt (200 quintali per ettaro di vigneto), nonostante la produzione reale fosse molto più bassa. La fame di questo vino, che finiva soprattutto negli Stati Uniti, era schizzata alle stelle dal 2010 e le quotazioni arrivavano a 65 euro al quintale contro i 40 di altre varietà. Per arrivare alla massima quantità consentita c’erano due strade: portare uva diversa o non portare proprio nulla, emettendo documenti di consegna falsi. Centinaia di tonnellate di uva inesistente. Poi in cantina si metteva tutto a posto. Messo alle strette durante gli interrogatori, l’enologo trevigiano di allora parlò di «tagli» anche oltre il 50%, quando il limite era del 15. «Non condividevo questo sistema, ma sapevo di non incidere sulla salute dei consumatori». I 25 euro in più venivano quindi divisi: 15 tornavano alla cantina, 10 restavano all’agricoltore. E così, quasi un terzo degli allora 800 soci della Cantina si sarebbe prestato al gioco: pochi spiccioli per molti, creste di oltre un milione per altri. Nel corso di una perquisizione, in casa dell’allora responsabile amministrativa di Terre d’Oltrepò, braccio destro di Cagnoni, i forestali trovano diverse centinaia di migliaia di euro in un borsone. Il 19 luglio 2014 arriva in Procura un esposto anonimo. Poche pagine in cui si parla di disciplinari di produzione «pilotati» per gonfiare le rese, di aziende che per anni alla cantina consegnano solo carta, di partecipazioni dei vertici di Broni in società venete e siciliane in cui figura una vecchia conoscenza della giustizia: il «re del mosto concentrato» Vincenzo Melandri, imprenditore romagnolo condannato a quasi 6 anni per associazione a delinquere nell’ambito di un’inchiesta della Dda di Bari, che con l’operazione «Baccus» indagava su come la mafia foggiana riuscisse a riciclare denaro attraverso le aziende vinicole. Accuse rimaste estranee all’indagine in Oltrepò Pavese.
L’inchiesta partì da una lista di 297 indagati, la gran parte per semplice frode in commercio, 20 con le accuse più gravi di associazione a delinquere, truffa aggravata per ottenere contributi pubblici, emissione di fatture false, contraffazione di indicazioni geografiche dei prodotti. Una pioggia di addebiti che stanno mettendo a dura prova la credibilità di un territorio che, con i suoi 13.500 ettari vitati e 1.700 aziende agricole (moltissime estranee alla vicenda), fa del vino la sua bandiera e il suo pane quotidiano. E il lavoro della Guardia di Finanza, nonostante un misterioso furto di pc dagli uffici della Cantina, durò quasi 1 anno e mezzo: al setaccio anche i documenti contabili delle annate precedenti al 2010.
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Cronaca
Milano commemora il 56°anniversario della strage di Piazza Fontana
Pubblicato
19 minuti fa-
12 Dicembre 2025di
Redazione
MILANO (ITALPRESS) – Milano ha commemorato il 56° anniversario della strage di Piazza Fontana, l’attentato neofascista del 1969 che provocò 17 morti e 88 feriti. Il corteo si è formato nel primo pomeriggio in piazza della Scala e ha raggiunto piazza Fontana, dove alle 16.37 sono state deposte le corone e osservato un minuto di silenzio.
Nel corso della cerimonia sono intervenuti il sindaco Giuseppe Sala, il presidente dell’Anpi di Milano Primo Minelli, il vigile del fuoco Romeo Turrin, Enrico Vizza di UIL Milano e Federico Sinicato per l’Associazione Familiari. Tra le autorità presenti anche la sindaca di Brescia, Laura Castelletti, e l’assessore alla Cultura di Bologna, Daniele Del Pozzo. Durante la commemorazione è stata inaugurata l’installazione permanente “Non Dimenticarmi” dell’artista Ferruccio Ascari, dedicata alle vittime della strategia della tensione e delle principali stragi neofasciste tra il 1969 e il 1980.
“Oggi ricordiamo quelle vite spezzate, ma oggi ricordiamo anche le tante vittime che caddero in quegli anni, vittime del terrorismo fascista”, ha detto il sindaco Sala aggiungendo che l’opera di Ascari “non celebra eroi lontani, ma persone comuni strappate alla vita da un terrorismo vigliacco e assassino”.
Il presidente dell’Anpi di Milano Primo Minelli ha voluto ricordare che “il nuovo fascismo oggi sono i nazionalismi, i nazionalismi anti-europei, l’odio per i diversi, l’odio per gli immigrati. Questo è il fascismo moderno, che non ha le caratteristiche del passato, ma nei valori e nei principi è lo stesso di allora”, ha concluso Minelli.
Ha preso la parola anche Romeo Turrin, vigile del fuoco intervenuto nei soccorsi dopo l’esplosione nella banca di piazza Fontana. Per lui, si è trattato della prima volta dopo 56 anni in quella piazza. “È la prima volta che torno qui, non lo dimenticherò mai”, ha detto Turrin, visibilmente emozionato. “Ricordo ancora i vetri, i calcinacci e le persone che chiedevano aiuto”, ha concluso.
A margine della celebrazione c’è stato anche un piccolo gruppo di contestatori con bandiere della Palestina che hanno esibito uno striscione con scritto ‘Stop gemellaggio Milano-Tel Aviv’. Tra di loro anche il consigliere comunale dei Verdi Carlo Monguzzi.
-Foto xp9/Italpress-
(ITALPRESS).
Cronaca
A Roma conclusi interventi sul Ponte dell’Industria, ora dedicato a San Francesco
Pubblicato
1 ora fa-
12 Dicembre 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – Si è concluso uno dei capitoli più significativi del programma di interventi per il Giubileo 2025 eseguiti da Anas (Gruppo FS Italiane) in qualità di soggetto attuatore per conto del Commissario Straordinario del Governo per il Giubileo, Roberto Gualtieri: il Ponte dell’Industria, storico collegamento sul fiume Tevere, è stato completamente riqualificato e, con l’approvazione della Giunta Capitolina, ufficialmente intitolato a San Francesco d’Assisi su proposta del comitato nazionale per le celebrazioni dell’ottavo centenario della morte del santo. E’ stata inoltre installata una statua bronzea a lui dedicata ispirata a un modello dello scultore Marcello Tommasi, donata dal Comitato nazionale. Il progetto, realizzato da Anas, è stato richiesto dalla Presidenza del Consiglio in coordinamento con Roma Capitale e l’Ufficio del Commissario Straordinario per il Giubileo insieme al Ministero della Cultura e alla Prefettura di Roma. “Il completamento delle operazioni di restauro e riposizionamento degli arconi rappresenta un passaggio fondamentale nel recupero del Ponte dell’Industria – ha dichiarato l’Amministratore delegato di Anas, Claudio Andrea Gemme -. Anas ha lavorato con la massima attenzione tecnico- scientifica per restituire alla città un’opera storica valorizzata e pienamente integrata con gli standard di sicurezza e funzionalità richiesti oggi. L’intitolazione a San Francesco d’Assisi aggiunge un significativo valore simbolico a un’infrastruttura che torna a essere pienamente fruibile per cittadini e pellegrini. Proseguiremo il nostro impegno, in collaborazione con le Istituzioni, per completare nei tempi previsti gli interventi del Giubileo, contribuendo a migliorare la mobilità e la qualità dello spazio urbano di Roma”.
Contestualmente alla collocazione della statua si è concluso anche il restauro degli arconi storici del ponte, risalenti ai primi del ‘900. Gli elementi, completamente recuperati e riportati al loro aspetto originario attraverso un meticoloso intervento di conservazione, sono stati nuovamente posizionati sulla struttura. Le unioni chiodate originali sono state preservate, mentre ogni componente danneggiata è stata ricomposta secondo criteri di tutela e autenticità. Il colore attuale degli arconi è stato definito grazie a saggi stratigrafici eseguiti durante le attività di restauro.
L’opera – unitamente a un nuovo impianto di illuminazione, a un riassetto delle aree verdi e a una rotatoria adiacente – contribuirà a valorizzare il ponte non solo come infrastruttura, ma come luogo simbolico di memoria e spiritualità.
Alla cerimonia di intitolazione hanno partecipato tra gli altri: Matteo Salvini, Vicepresidente del Consiglio e Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Alfredo Mantovano, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega alla Sicurezza della Repubblica, Roberto Gualtieri, Commissario Straordinario di Governo per il Giubileo 2025 e Sindaco di Roma Capitale, il Cardinale Baldassarre Reina, Vicario Generale di Roma e Arciprete della Basilica Papale di San Giovanni in Laterano, Davide Rondoni, presidente del comitato nazionale per la celebrazione dell’ottavo centenario della morte di san Francesco d’Assisi, Claudio Andrea Gemme, Amministratore Delegato Anas, Giuseppe Pecoraro, Presidente di Anas.
-foto ufficio stampa Anas –
(ITALPRESS).
Cronaca
Mattarella “Paradossale il principio di muovere guerra per fare la pace”
Pubblicato
1 ora fa-
12 Dicembre 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – “Il principio non può essere muovere guerra per fare la pace: è paradossale. Appare insensata la pace evocata da parte di chi, muovendo guerra, pretende in realtà di imporre le proprie condizioni”. Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, alla cerimonia dello scambio degli auguri di fine anno con il Corpo Diplomatico al Quirinale. “Nel contesto attuale, si rende necessario ribadire con forza che l’uso o anche la sola concreta minaccia di introdurre nei conflitti armamenti nucleari appare un crimine contro l’umanità”, ha aggiunto. Per il capo dello Stato “cos’è accaduto, cosa sta accadendo se i protagonisti di primo piano del vecchio ordine internazionale si propongono, con i loro comportamenti, di dar vita a un nuovo ordine basato sulla sopraffazione con ogni mezzo, violenza, guerra, conquista, competizione tra gli Stati per l’accaparramento di risorse, tentando così di perpetuare diseguaglianze tra i popoli? Va respinta l’ipotesi che possano essere questi i valori intorno a cui costruire un nuovo ordine”. Secondo Mattarella “sono la prevalenza del diritto, il rispetto delle regole che la comunità si è data, a scongiurare il conflitto, a favorire il superamento delle diseguaglianze. Questa prospettiva è stata bruscamente dissolta poco meno di 4 anni fa: un protagonista della comunità internazionale, la Federazione Russa, ha sciaguratamente scelto di stravolgere questo percorso, ripristinando con la forza l’antistorica ricerca di zone di influenza, di conquista territoriale, di crudele prepotenza delle armi”.
(ITALPRESS).
-Foto: Quirinale-

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