Cronaca
IL VINO, IL SOGNO, IL GRANDE INCUBO (2)
Pubblicato
1 anno fa-
di
Redazione
di Emanuele Bottiroli
L’esplodere del caso Terre d’Oltrepò e del vino di carta (il falso Pinot grigio Igt) porta a un effetto domino anche politico. In molti a partire dall’allora braccio destro del ministro delle Poltiche Agricole, Maurizio Martina, Angelo Zucchi, fino all’Amministrazione Provinciale del presidente Daniele Bosone, chiedono un netto segnale di rottura col passato, che però fatica a vedersi perché il sistema consolidato del passato aveva garantito reddito facile e consenso basato sull’interesse. Nel tempo verrà alla luce che non si erano mai fermate le pratiche scorrette, neppure dopo il maxi sequestro operato dalla Guardia di Finanza nel 2015 e tantomeno dopo il primo blitz della Forestale a fine 2014. A chi svolge le indagini emerge che il collaudato sistema fraudolento messo in atto almeno dal 2008 era proseguito anche quando l’inchiesta era già avviata e i primi interrogatori effettuati.
Oltre a Livio Cagnoni e la sua segretaria e braccio destro, Pier Carla Germani, finiscono nell’occhio del ciclone l’enologo della cantina, due ex presidenti, quello storico, in carica per un ventennio e oltre, Antonio Mangiarotti, e quello che l’aveva sostituito dopo il primo blitz, Pier Luigi Casella, che non riesce a estromettere immediatamente Cagnoni dalla cantina – come vorrebbe – per via della situazione estremamente complessa che si trova a dover gestire perché in quell’epoca Cagnoni ha ancora tutto il suo ascendente su un sistema consolidato e a lui fedele.
Se alcune posizioni dei quasi 300 indagati iniziali vengono stralciate e altri patteggiano e se la cavano con una multa, per il cuore del “cerchio magico” le accuse vanno dalla frode in commercio di uve, mosti e vini, alla contraffazione d’indicazioni geografiche e denominazione di prodotti agroalimentari per arrivare alla truffa aggravata per aver percepito indebitamente contributi comunitari e per reati fiscali come emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Con il trascorrere del tempo a pagare il prezzo più salato, insieme alla totalità del territorio per il danno d’immagine, è la stessa cantina Terre d’Oltrepò che tra danno di mercato, spese legali, multe e sanzioni varie è ancora oggi gravata dall’esito di quell’euforia, artificiale, degli anni dell’Oltrepò da bere (o da bersi in pochi). Quegli anni non produssero ricchezza ma ritardarono una trasformazione e un’evoluzione dalla cisterna alla bottiglia che molti dei protagonisti di allora, oggi in azione nel sottobosco, vorrebbero ancora bloccare grazie a soggetti nuovi dediti a business antichi. Il treno dell’Oltrepò Pavese è stato fatto pervicacemente fermare nelle stazioni sbagliate nei vent’anni che hanno rappresentato l’emancipazione dagli imbottigliatori per molte denominazioni italiane di successo che proprio in quegli anni costruivano il loro mercato nazionale ed internazionale, valorizzando vini a denominazione (non Igt), uve dei viticoltori e terreni delle zone di produzione.
Il Distretto del Vino di Qualità presieduto da Fabiano Giorgi spinge per il cambiamento e per distinguere le posizioni dei produttori di filiera rispetto a tutti gli altri big finiti nella polvere e al centro di una maxi inchiesta che scoperchia un pentolone fatto di cooperative e imbottigliatori su posizioni antitetiche rispetto a quelle dei produttori di qualità di filiera completa.
Un’altra cantina cooperativa storica dell’Oltrepò Pavese, Torrevilla, estranea a ogni scandalo, lancia una campagna stampa “Autentico Oltrepò”, a difesa del vino cooperativo fatto bene e senza scorciatoie.
Sempre in quegli anni a ergersi a paladino dell’Oltrepò di qualità è Pierangelo Boatti, patron di Monsupello, il marchio aziendale di qualità dell’Oltrepò Pavese più noto a livello nazionale per i suoi vini e per le sue pluripremiate bollicine Metodo Classico di Pinot nero, in particolare il Nature e il Rosé che hanno fatto scuola sin dagli albori della spumantistica territoriale. Boatti interviene in ogni sede, rilascia interviste, consegna pungenti commenti su giornali nazionali (Libero e La Verità) e mette il dito nella piaga invocando la creazione di una borsa del vino e invocando meccanismi di tutela vera di chi ogni giorno persegue la qualità in una terra vocata ma maledetta da certe dinamiche. Boatti interviene anche a un’assemblea al Centro Riccagioia dove invita tutti ad assumersi un pezzo di responsabilità e a ripartire su presupposti nuovi, incamminandosi sulle orme delle aziende, come la sua, che hanno sempre fatto della qualità in vigna e in bottiglia un tratto distintivo. L’enologo-direttore di Monsupello, Marco Bertelegni, dal canto suo anima un movimento di opinione contro le storture del passato e passa alla storia una sua intervista al quotidiano La Provincia Pavese in cui spiega che “tutti sapevano”, alludendo in modo chiaro a Cagnoni e al suo cerchio magico con imbottigliatori, produttori vicini e persino figure chiave del consiglio d’amministrazione del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese.
Politica e organizzazioni di categoria in quel frangente storico ci mettono la faccia e molto impegno, a partire dall’ex assessore regionale all’Agricoltura, Gianni Fava. Il Consorzio di Tutela Vini Oltrepò Pavese si apre agli “invitati permanenti” delle associazioni di categoria (tra i malesseri di molti esponenti dell’aristocrazia in decadenza) e intesse legami con il mondo universitario pavese e lombardo per riflettere con metodo scientifico sui modelli aziendali territoriali, per dotarsi di nuovi strumenti per il riposizionamento in termini di “qualità percepita” e avvia un percorso per rivedere i disciplinari di produzione, con particolare riferimento alle rese Igt ed essendo già di fronte a uno sprofondamento della zona di produzione di vini DOCG e DOC che era mutata in una zona di IGT in cisterna. Il percorso si arricchisce anche di un’altra mossa storica, fortemente osteggiata dal “vecchio sistema” con ogni mezzo fin dall’era Cagnoni, ovvero l’adozione del contrassegno di Stato per le produzioni DOC (fino a prima c’era un marchio consortile che seguiva il lotto con una tracciabilità facilmente aggirabile e le svendite anche a 0.99 erano una triste consuetudine sugli scaffali Ndr). Le proposte di riforma vengono approvate, dopo un percorso impervio e reso accidentato da vari sgambetti, attraverso due assemblee consortili e autorevoli consulenti, a partire dal professor Antonio Rossi, docente universitario di lungo corso, decano della legislazione vitivinicola e figura di riferimento dell’Unione Italiana Vini (autore delle stesure dei principali progetti di riforma dei disciplinari a livello nazionale). L’avvento del nuovo Cda del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese ferma tutto. Un territorio malato per il quale si stava tentando l’inizio della terapia si sente dire: “Abbiamo scherzato, rifacciamo tutti gli esami” (alla “Amici Miei”). E partono i “tavoli di denominazione”: una montagna che partorirà un topolino e titoli roboanti sui giornali, con testate attente ai comunicati ma non all’esito della partita. Nel frattempo cambia un altro presidente e tutto resta immutato: si punta su fiere, missioni internazionali e comunicazione ma senza andare alla radice del problema, come se non fosse più una priorità a qualche anno dalla tempesta. Questa vendemmia si raccoglierà ancora con le rese fantasmagoriche dell’era del maxi scandalo, le stesse previste dal disciplinare di produzione in vigore.
Il cambiamento auspicato non è mai diventato riscrittura delle regole. Il mancato investimento in filiera e capacità industriale in anni propizi e ancora con un altro tenore economico generale ha dato spazio in modo deliberato agli imbottigliatori che al contrario, crisi dopo crisi, sono rimasti in piedi e in qualche caso hanno anche rafforzato la loro egemonia sul mondo produttivo locale.
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Cronaca
Bergamo, smantellata organizzazione dedita all’immigrazione clandestina
Pubblicato
32 minuti fa-
29 Luglio 2025di
Redazione
BERGAMO (ITALPRESS) – Quattro persone arrestate e cinque deferite in stato di libertà: è questo il bilancio dell’operazione “Yolcu” condotta dai poliziotti della Squadra Mobile della Questura di Bergamo e coordinata dalla Procura della Repubblica di Bergamo.
Tutti cittadini di etnia curda residenti in provincia e responsabili a vario titolo del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina con l’aggravante della transnazionalità, nonchè del reato di riciclaggio. Durante la mattinata, effettuate anche perquisizioni e sequestri (da completare eventualmente), presso le abitazioni e le pertinenze degli indagati, tra cui tre veicoli utilizzati per il trasporto dei clandestini.
L’indagine avviata nel 2023, dopo che un numero sempre maggiore di cittadini turchi si è presentato presso il locale Ufficio Immigrazione per richiedere asilo politico, ha consentito di ricostruire e accertare l’esistenza di una organizzazione dedita alla gestione di un flusso illecito di persone lungo la cosiddetta “Tratta Balcanica”.
In particolare, il gruppo criminale ha pianificato e attuato l’ingresso irregolare di numerosi migranti provenienti dal Kurdistan turco in Italia, con l’obiettivo di proseguire poi il viaggio verso altri paesi europei. Gli investigatori hanno riscostruito i viaggi relativi ad un centinaio di migranti e il modus operandi del gruppo criminale: agganciare i clandestini in Turchia per farli arrivare a Sarajevo via aereo da Istanbul dove, grazie ad altre cellule dell’organizzazione, venivano trasportati su furgoni e camion sino al confine bosniaco-croato prima e da qui, in ultimo, fino al confine italo sloveno.
Un’ultima parte di viaggio particolarmente pericolosa ed insidiosa: per eludere i controlli della Polizia, infatti, i migranti – spesso donne e bambini – erano costretti ad attraversare in pieno inverno zone boschive e montane a piedi lungo percorsi non tracciati. E’ una volta raggiunta l’Italia che entrano in gioco i soggetti indagati. I migranti infatti venivano proprio trasportati dagli indagati o nella Provincia di Bergamo in attesa di future destinazioni o direttamente in altri paesi del nord Europa in particolare Austria, Germania, Francia e Svizzera, anche grazie alla collaborazione di un soggetto svizzero.
I migranti pagavano direttamente in Turchia somme di denaro che, tramite intermediari e passaggi tra conti correnti turchi e italiani, i trafficanti ricevevano direttamente in contanti su Bergamo a mano di alcuni gestori di locali di rivendita di kebab. I quattro soggetti arrestati sono stati posti a disposizione dell’Autorità Giudiziaria per le successive fasi processuali e sono in corso attività volte all’arresto di altri complici fuori dal territorio italiano, mentre le indagini proseguono al fine di identificare eventuali ulteriori ramificazioni della rete criminale.
(ITALPRESS).
Foto: Ufficio stampa Questura di Bergamo
Cronaca
Dazi, Lollobrigida “Impatto su alcuni settori non così drammatico”
Pubblicato
2 ore fa-
29 Luglio 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – “Per un Paese esportatore come il nostro i dazi sono sempre un problema, ma da una prima analisi l’impatto per alcuni settori potrebbe non pare essere così drammatico”. A parlare, intervistato dal Corriere della Sera, è il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida.
“Intanto – afferma – alcuni prodotti nostri non sono replicabili negli Stati Uniti. Pensiamo all’olio di oliva, che importano per il 95%, o al pecorino, che lì non sanno fare”. A prescindere dal prezzo “dovranno continuare a importare certi beni dai paesi in grado di produrli. Probabile che gran parte dei dazi non saranno pagati dai produttori italiani, ma verranno spalmati sull’intera filiera, che per la maggior parte dei prodotti, per valore, è negli Stati Uniti”.
Per Lollobrigida “il vino è quello che preoccupa di più. Ma su questo sembra che ci sia ancora la possibilità di rivedere la trattativa. Più facile quella sugli spiriti prodotti anche dagli Usa che potrebbe finire con zero a zero. Ma vedremo alla luce dei prossimi giorni se ci sarà davvero una riduzione dell’export. Lunedì 4 a Chigi abbiamo convocato una riunione del sistema produttivo per affrontare la questione vino, non solo legata ai dazi ma anche a una strategia complessiva”.
“Non voglio essere ottimista a tutti i costi, ma nemmeno catastrofista come chi lo sta facendo in queste ore in modo del tutto strumentale”, aggiunge. Per il ministro “è paradossale che il Pd, che ha sostenuto dall’inizio Ursula von der Leyen, confermandole la fiducia, e dall’inizio ha detto che la trattativa la doveva fare l’Ue, adesso stigmatizzi l’accordo che lei ha concluso come il peggiore possibile”.
-foto Ipa Agency –
(ITALPRESS).
Cronaca
Udine, operazione “Carta bianca”. Fatture false per oltre 50 milioni
Pubblicato
2 ore fa-
29 Luglio 2025di
Redazione
UDINE (ITALPRESS) – I militari del Comando Provinciale di Udine, nell’ambito dell’operazione “Carta bianca” hanno segnalato alle competenti Autorità Giudiziarie 14 soggetti di etnia cinese, a vario titolo, dediti all’emissione e all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, per un ammontare complessivo di 50 milioni di euro (cui corrisponde un’IVA evasa di 11 milioni di euro), per il tramite di 6 imprese cartiere, appositamente costituite ed intestate a meri prestanome nullatenenti, dislocate sull’intero territorio nazionale.
Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Udine, sono state sviluppate dai Finanzieri della Compagnia Cividale del Friuli, mediante l’esaustiva analisi delle molteplici segnalazioni di operazioni sospette, attraverso l’esame della copiosa documentazione contabile, bancaria ed extracontabile acquisita nel corso delle investigazioni nonchè avuto riguardo al particolare tessuto economico caratterizzante il ciclo produttivo della sedia.
All’esito, è emerso che 3 aziende locali, gestite da cittadini cinesi, avevano inserito, nella loro contabilità, fatture per operazioni inesistenti per oltre 2,3 milioni di euro (cui corrisponde un’IVA pari ad oltre 500 mila euro), emesse dalle “cartiere” rilevate – anch’esse formalmente intestate sempre a soggetti sinici – rivelatesi delle vere e proprie “scatole vuote”, create per il solo fine di evadere l’IVA e abbattere il risultato d’esercizio su cui le imprese friulane avrebbero dovuto pagare le imposte dovute allo Stato.
L’indagine ha travalicato i confini regionali, infatti, a seguito degli accertamenti esperiti, sono state inoltrate alle competenti Autorità Giudiziarie (Torino, Milano, Firenze, Lecco, Treviso e Roma) specifiche comunicazioni di notizia di reato a carico dei referenti delle imprese “cartiere” rilevate nonchè apposite segnalazioni ai Reparti del Corpo territorialmente competenti, per la ripresa ai fini fiscali delle imposte evase dagli altri 109 utilizzatori delle false fatture, non ricadenti nella circoscrizione del Reparto, con la conseguenziale aggressione dei rispettivi patrimoni.
All’esito delle investigazioni coordinate dalla locale Procura della Repubblica, l’Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari presso Tribunale di Udine ha emesso due distinti provvedimenti di sequestro preventivo, per complessivi euro 974.890,96, nei confronti di 4 persone, a vario titolo, amministratori di diritto e di fatto di 3 imprese esercenti l’attività di “laboratori di tappezzeria” nel distretto industriale c.d. “Triangolo della sedia”, permettendo il sequestro di disponibilità finanziarie, beni mobili ed immobili per oltre 600.000 euro.
Foto: Ufficio stampa Guardia di Finanza
(ITALPRESS).


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