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Economia

Gros-Pietro “Banche disponibili, ma manovra non impatti su bilanci”

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ROMA (ITALPRESS) – Nessuna chiusura di fronte alla richiesta di sacrifici da parte del governo. “Il sistema bancario italiano ha sempre avuto come principio quello di venire incontro al sistema economico e sociale”. Così, in una intervista a La Stampa, il presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro. “Tuttavia – spiega, riguardo l’intervento di cui si starebbe discutendo al ministero del Tesoro – ci si attende che non abbia impatti sul conto economico”. Perchè già ora quello del credito è il settore “che paga le imposte più elevate tra le società per azioni”.
“Nei principi contabili internazionalmente accettati, il concetto di extra-profitti non esiste: i profitti sono la differenza tra i ricavi e i costi, può essere positiva o negativa, l’extra non è aritmeticamente determinabile – sottolinea -. Capisco, però, che ci si riferisca a un concetto morale: si parla di profitti non meritati, perchè dipendono da qualcosa che non hai fatto tu. Nel caso delle banche, però, c’è stato il periodo dei tassi di interesse negativi, una situazione innaturale, in cui si stava ‘sott’acquà: non ha senso considerare ‘extra-profittò, immeritato, il miglioramento rispetto a una situazione eccezionalmente negativa e assurda, nella quale chi prestava denaro, anzichè essere remunerato, ‘pagavà la controparte affinchè si godesse il prestito”. E’ un’apertura al governo?
“Una disponibilità c’è, certamente”. E alla domanda su che tipo di manovra servirebbe, risponde: “Comincio dal messaggio del Presidente della Repubblica a Cernobbio: bisogna abbattere il debito. Una delle strade, come ha proposto tempo fa il nostro Consigliere delegato Carlo Messina, passa dalla vendita di una parte del patrimonio immobiliare pubblico che, se gestito in maniera più attiva e con investitori istituzionali, verrebbe valorizzato. Tutto questo unito al controllo dell’avanzo primario, che rimane imprescindibile”. “L’attività produttiva sta rallentando – aggiunge -, l’inflazione scende: ci sono tutti gli elementi per un taglio dei tassi di interesse. Penso che la Bce continuerà con riduzioni di un quarto di punto: ne farà una adesso e una più avanti”.
“Il rallentamento tedesco – spiega il presidente di Intesa Sanpaolo – è legato a tre fattori: l’enorme rilevanza delle esportazioni per Berlino, la forte concentrazione su alcuni settori produttivi, come quello dell’automobile, e l’internazionalizzazione delle catene produttive, soprattutto nell’est Europa”. E alla domanda se l’Italia, oggi, è ancora così dipendente dalla Germania, risponde: “In parte sì, ma rispetto all’economia tedesca, il nostro settore industriale, e in particolare quello manifatturiero, è molto più diversificato, sia dal punto di vista merceologico che geografico, e flessibile. Abbiamo una struttura produttiva che può adattarsi rapidamente”.
“Viviamo una situazione di forte dinamismo, cosa che non si riscontra allo stesso modo in altri Paesi – aggiunge -. Se si dice che l’Europa ha bisogno di banche più grandi, questo vale anche per la Germania. Finora, in Europa, le grandi operazioni transnazionali sono state fatte quasi tutte qui da noi: quando Crèdit Agricole ha acquisito Cariparma, quando BNP ha rilevato una banca di Stato come BNL e quando, per un soffio, Intesa e Sanpaolo non sono finite nelle mani di Crèdit Agricole e Santander”. Quella doppia acquisizione sfumò…, “vero, ma non per intervento del governo, bensì perchè due grandi banche italiane si sono guardate allo specchio e hanno deciso di intervenire, fondendosi tra loro”. Dunque Unicredit-Commerzbank va fatta…, “è un’operazione di cui – secondo le forze produttive di quel Paese – la Germania ha bisogno. Dopo una prima levata di scudi, sono cominciate a emergere opinioni favorevoli, sia da parte dei clienti delle banche sia dai regolatori. Più di questo non penso si possa dire”.
Per il presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro, “il recupero del potere d’acquisto è fondamentale, Intesa Sanpaolo lo ha sostenuto durante il rinnovo del contratto collettivo dei bancari. Serve maggiore produttività, che consenta di pagare salari internazionalmente competitivi. Abbiamo ottime università, ma rischiamo di regalare all’estero i nostri talenti: una perdita di valore che bisogna fermare. Dobbiamo attrarre e trattenere il capitale umano diminuendo il divario di retribuzione tra il nostro e quello di altri Paesi”. “Certamente – aggiunge – abbiamo un problema di burocrazia, ma il PNRR può essere uno strumento che ci aiuta a superarlo. Il problema è l’interazione con le istituzioni, le cui autorizzazioni non arrivano tempestivamente. Anche questo va superato: uno degli obiettivi di questo strumento è fare dell’Europa un posto in cui si può lavorare meglio. Detto questo, potrebbe esserci qualche ritardo – la spesa già realizzata si limita a poco più di un quarto di quanto sarà disponibile (26%) – ma l’Italia è uno dei Paesi sopra la media in termini di assegnazione dei fondi. E questo anche grazie al lavoro del ministro Raffaele Fitto, oggi passato alla Commissione”.
Infine, alla domanda su quali sono le strategie adottate da Intesa Sanpaolo per affrontare le sfide attuali e future, risponde: “Nel grattacielo di Torino, al piano sotto a quello del mio ufficio, c’è l’Innovation Center, cinghia di trasmissione tra la banca e il mondo dell’innovazione: attraverso esso controlliamo Neva, un operatore di venture capital. Abbiamo sottoscritto il suo primo fondo con 100 milioni di euro e il presidente Luca Remmert e l’AD Mario Costantini ne hanno raccolti altri 150 sul mercato. Recentemente, abbiamo dato via al secondo fondo in cui noi contribuiamo con 200 milioni e intendiamo raccoglierne sul mercato altri 300. Siamo sicuri che ce la faremo, perchè i risultati, anche economici, del primo fondo sono ottimi. Un gruppo grande come il nostro ha la possibilità di investire in conoscenza. Noi guardiamo a lungo termine e questo libro lo evidenzia: oltre all’innovazione, bisogna essere in grado di affrontare il cambiamento climatico, la distruzione di risorse non riproducibili e l’inquinamento. Cambiare il nostro modo di fare è un’urgenza, ma il processo deve essere socialmente tollerabile”.
– foto ufficio stampa Intesa Sanpaolo –
(ITALPRESS).

Economia

I sud del Mondo ETS sigla un protocollo d’intesa con l’Istituto Krysopea

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ROMA (ITALPRESS) – I Sud del Mondo ETS ha siglato un protocollo d’intesa con l’Istituto Krysopea diretto da Roberto Bevacqua.

Si tratta di una sinergia che abbiamo voluto attivare – spiega Pompeo Torchia, presidente de I Sud del mondonella consapevolezza del carattere strategico e del know how offerto dall’Istituto Krysopea sui temi della ricerca e dell’analisi in campo economico, sociale e politico nonché dell’intelligence sul territorio nazionale. Da questa intesa non potranno che derivare iniziative e progetti volti a interpretare elementi e fattori relativi alle macro dinamiche economiche, sociali e culturali, con particolare attenzione ai riflessi geopolitici”.

L’accordo nasce infatti con l’obiettivo di avviare una collaborazione strutturata nei settori della ricerca multidisciplinare, della formazione, dell’analisi strategica. Il Protocollo prevede attività congiunte in ambito della ricerca socio-economica, culturale, geopolitica e della sicurezza, con studi sulla progettazione in aree strategiche come il Mediterraneo Allargato e l’Africa e in settori come quello dell’energia, delle infrastrutture, della cybersecurity e della cooperazione internazionale.

“Una vera e propria unione di competenze, esperienze e strategie – commenta Giuseppe Galati, responsabile scientifico de I Sud del Mondo ETSal fine di migliorare la qualità della ricerca e dell’analisi strategica, di promuovere iniziative formative di alto livello, di valorizzare le prospettive territoriali e le aree svantaggiate del Paese, di diffondere conoscenza e buone pratiche verso istituzioni, stakeholder e opinione pubblica”. 

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-Foto ufficio stampa I Sud del Mondo-
(ITALPRESS).

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Economia

A novembre sale la fiducia delle imprese, in calo quella dei consumatori

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ROMA (ITALPRESS) – A novembre 2025, il clima di opinione dei consumatori è stimato in peggioramento (da 97,6 a 95,0) mentre l’indicatore composito del clima di fiducia delle imprese registra un aumento da 94,4 a 96,1. Lo rileva l’Istat.

Tra i consumatori, si evidenzia un diffuso deterioramento delle opinioni, più marcato sulla situazione futura: il clima economico cala da 99,3 a 96,5, il clima personale scende da 97,0 a 94,5, quello corrente passa da 100,2 a 98,6 e quello futuro diminuisce da 94,1 a 90,2. Con riferimento alle imprese, l’indice di fiducia aumenta nei servizi di mercato (da 95,1 a 97,7) e nel commercio al dettaglio (da 105,2 a 107,3).

Il clima cresce anche nell’industria manifatturiera (da 88,4 a 89,6) mentre cala nelle costruzioni da 103,2 a 102,6. Quanto alle componenti degli indici di fiducia, nell’industria tutte le componenti registrano una dinamica positiva, mentre nelle costruzioni gli imprenditori giudicano il livello degli ordini e/o piani di costruzione in peggioramento rispetto al mese scorso ma prevedono un aumento dell’occupazione presso l’azienda.

Con riferimento ai servizi di mercato, le opinioni sull’attività e sul livello degli ordini sono improntati al miglioramento anche se le attese sugli ordinativi sono in calo. Nel commercio al dettaglio migliorano decisamente i giudizi sulle vendite mentre le relative aspettative sono in calo e le scorte sono giudicate in accumulo.

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In base alle valutazioni fornite dagli imprenditori del comparto manifatturiero sulla dinamica della spesa per investimenti, emerge un’evoluzione positiva del livello degli investimenti, rispetto all’anno precedente, sia nel 2025 sia nel 2026.

-Foto IPA Agency-
(ITALPRESS).

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Economia

Intesa Sanpaolo, Messina “Fare di più per crescita. Maggiore rispetto per banche”

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MILANO (ITALPRESS) – L’uscita dell’Italia dalla procedura d’infrazione europea è una priorità strategica per il Paese. Significa la discesa del deficit sotto la soglia del 3 per cento sul prodotto interno lordo che consentirà al governo di avere disponibilità adeguate per incidere sull’eccesso di diseguaglianze esistente oggi in Italia”. A parlare, in una lunga intervista a Il Sole 24 Ore, a firma del direttore Fabio Tamburini, è il Ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina.

Per quanto riguarda il contributo che le banche potrebbero dare al risanamento dei conti pubblici, Messina ha sottolineato che “senza dubbio negli ultimi anni a favore del sistema bancario hanno giocato diversi fattori, a partire dai tassi d’interesse elevati. Anche per questo le banche da subito si sono dette disponibili a dare una mano. Grazie all’ottimo lavoro di Giorgia Meloni sui conti pubblici, l’uscita dalla procedura d’infrazione comporterà un miglioramento delle condizioni strutturali del Paese di cui beneficia anche il settore bancario. Ma questo non significa essere messi sotto scacco come sta accadendo da almeno un paio di mesi, accusati di pensare soltanto agli utili immediati. Si trascura il fatto che siamo il pilastro del Paese e che il nostro settore rappresenta un’eccellenza in Europa. Non solo. Banche e assicurazioni hanno avuto, hanno e avranno un ruolo fondamentale per la tenuta dei conti pubblici”.

Secondo il numero uno di Intesa Sanpaolo, “le banche andrebbero considerate come risorse, non indebolite. Prendiamo l’esempio di Intesa Sanpaolo. Siamo un grande promotore della coesione sociale: riteniamo giusto che una parte degli utili servano per contrastare le diseguaglianze. Nel periodo 2023-2027 quelli trasferiti dagli azionisti alla comunità saranno pari a 1,5 miliardi. E sarebbe un peccato doverli ridurre”.

Per Messina “il nostro Paese deve crescere di più”. “Di sicuro – aggiunge – il Pnrr è servito e serve ancora ma non basta”, ha detto Messina, sottolineando che bisogna anche “approvare incentivi pubblici per sostenere gli investimenti delle imprese, esattamente come avviene in tutto il mondo: dagli Stati Uniti alla Cina, dalla Germania alla Francia. Ciò dev’essere previsto nella manovra finanziaria in arrivo, insieme a interventi radicali per la sburocratizzazione e per la riduzione del costo dell’energia. Occorre uno sforzo di semplificazione”.

Secondo Messina “si dovrebbe tenere a mente che banche e assicurazioni non sono controllate dallo Stato. Quindi non sono condizionabili. Per questo occorre il gioco di squadra. Perchè dobbiamo essere soltanto noi a pagare quando è necessario far quadrare i conti pubblici? Ci sono oggi in Italia 22 aziende con oltre 1 miliardo di utile netto all’anno. E soltanto nove sono banche e assicurazioni. Metà delle altre sono a partecipazione pubblica. In un’ottica di sostegno ai conti pubblici perchè non pensare ad una platea più ampia? Vedo un rischio nell’additare banche e assicurazioni come portatori di profitti da tassare in maniera eccessiva, anche se straordinaria”.

Il rischio è “indebolire l’asse portante della crescita del Paese. Negli Stati Uniti sono le grandi aziende hi-tech, in Italia sono le banche”. Tra i molti temi toccati, Messina ha anche parlato del provvedimento europeo sul golden power: “A fronte di un provvedimento per ora generico il governo sta preparando i necessari chiarimenti. Credo che potrà avere conseguenze, favorendo alcune operazioni nel 2026. Troverei paradossale che il risultato fosse la vendita di una tra le principali banche italiane a un gruppo bancario francese, dopo averne bloccato l’acquisto da parte di un’altra banca italiana”.
-foto Ipa Agency –
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