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Economia

G7, cresce divario su produttività tra Nord America e altri Paesi

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ROMA (ITALPRESS) – Se la produzione globale è aumentata, le economie del G7 sono tuttavia cresciute più lentamente rispetto alle controparti del G20, con un aumento del divario di produttività tra i Paesi nordamericani e gli altri membri del G7: dal 18% nel 2001 al 35% nel 2023 (+17%). Un fattore che potrebbe indebolire la capacità dei G7 di sostenere i Paesi meno sviluppati, in particolare quelli africani, alle prese con un elevato debito pubblico e sui quali grava un 17% di entrate statali dedicato al servizio del debito estero, a discapito degli investimenti nei settori produttivi e nei servizi pubblici con inevitabili impatti negativi sulla crescita economica.
Queste alcune delle evidenze principali contenute nel B7 Flash, l’approfondimento di Confindustria e Deloitte elaborato in occasione della “G7 – Industry Stakeholders Conference: Leaving no one behind: Industry for Development”, organizzata a margine della Ministeriale G7 sullo Sviluppo prevista a Pescara dal 22 al 24 ottobre.
“In un panorama globale incerto e in rapida evoluzione, i paesi del G7 hanno un ruolo fondamentale nel promuovere politiche efficaci di sviluppo sostenibile e cooperazione internazionale. I paesi G7 non stanno avanzando alla velocità che dovrebbero per realizzare l’Agenda 2030, mostrano progressi disomogenei nel raggiungimento degli Sdgs con impatti anche al di fuori dei propri confini”, afferma Barbara Cimmino, vice presidente per l’Export e l’Attrazione Investimenti di Confindustria. “Rendere il commercio e gli investimenti motori di una crescita sostenibile orientata agli Sdgs nei Paesi meno sviluppati, in particolare in Africa, è un imperativo collettivo: come riporta UNDP, meno del 6% dei 32 obiettivi misurabili – su un totale di 169 – è sulla buona strada per essere raggiunto entro il 2030 in Africa. Dei rimanenti, 21 devono essere ancora raggiunti e per 8 è necessario invertire le tendenze negative. Questi obiettivi possono essere meglio raggiunti se vengono istituiti e attuati solidi partenariati pubblico-privati per lo sviluppo, favorendo l’industrializzazione e l’ampliamento delle catene di approvvigionamento interne di queste economie per incrementare la loro resilienza, aumentare il livello di innovazione, migliorare la creazione di posti di lavoro e favorire l’integrazione delle loro produzioni nel mercato globale”, conclude.
“I G7 sono in un momento cruciale nell’affrontare le sfide dei Paesi in via di sviluppo, specialmente in Africa. Gli eventi geopolitici, dai conflitti in Ucraina e Medio Oriente, hanno intensificato l’instabilità economica globale, aggravando inflazione e pressioni sul debito. Per invertire questi trend negativi e preservare la leadership nello sviluppo globale, i G7 devono focalizzarsi su iniziative strategiche che assicurino competitività e sicurezza economica tramite cooperazione, continuando quindi a sviluppare principi democratici ed etici di mercato”, aggiunge Andrea Poggi, innovation leader per Deloitte Italia e capo delegazione B7 per Deloitte. “E’ quindi più che mai essenziale promuovere uno sviluppo sostenibile nelle economie in via di sviluppo a beneficio di tutta l’economia e la società globale, concentrandosi su tre priorità chiave: transizioni digitali e green, sicurezza alimentare e innovazione dei sistemi sanitari. In questo contesto si inseriscono le iniziative G7 rivolte ai Paesi africani, come l’Energy for Growth in Africa, l’Apulia Food Systems Initiative e il Pandemic Fund”.
“Sebbene tali impegni riflettano la dedizione dei G7 verso una crescita globale inclusiva – osserva -, il successo dipenderà da investimenti costanti, azioni coordinate e una visione a lungo termine che affronti le cause del sottosviluppo. L’efficacia delle strategie di sviluppo richiede anche riforme dei sistemi educativi, supportando l’accesso alle materie Stem, soprattutto per donne e giovani, promuovendo l’iscrizione scolastica superiore, considerando che solo il 9% della popolazione africana è impegnata in percorsi universitari. Una collaborazione inclusiva, sia tra i Paesi del G7 che con quelli in via di sviluppo, ispirata all’innovazione, focalizzata su ambiti specifici e basata su eterogeneità e multidisciplinarità, rappresenta la condizione imprescindibile per rafforzare la competitività dei G7 e promuovere una crescita etica e sostenibile a livello globale, partendo dai Paesi in via di sviluppo”, conclude Poggi.

– foto tratta da paper Confindustria e Deloitte –
(ITALPRESS).

Economia

2 medie imprese su 3 del Mezzogiorno prevedono una crescita del fatturato

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MATERA (ITALPRESS) – Sono più ottimiste sull’andamento del proprio giro di affari, più propense ad aprirsi ai nuovi mercati internazionali, più interessate alla transizione ecologica. È questo l’identikit delle medie imprese del Sud, messe sotto la lente di ingrandimento nel rapporto “Scenario competitivo, ESG e innovazione strategica nelle medie imprese del Mezzogiorno” dall’Area Studi di Mediobanca, dal Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere presentato oggi a Matera. Si tratta di un comparto che, in ventotto anni, è pressoché raddoppiato arrivando a contare 408 società produttive di capitali a controllo familiare italiano, ciascuna con una forza lavoro compresa tra 50 e 499 unità e un volume di vendite tra i 19 e i 415 milioni di euro, e che ha generato l’11,8% del valore aggiunto manifatturiero prodotto nell’area. Nel 2024 il fatturato delle medie imprese del Mezzogiorno è cresciuto dell’1,8% (contro un calo dell’1,7% delle altre aree del Paese), dopo un aumento complessivo del 78,1% registrato nel precedente decennio (vs il 52,8% degli altri territori). Nel 2025, il 65,4% di queste realtà del Sud prevede di chiudere con un aumento del fatturato (contro il 55,4% di quelle del Centro-Nord). Tuttavia, le sfide non mancano: per il 23,2% delle Mid-Cap meridionali, ad esempio, il mismatch di competenze rischia di frenarne la crescita, mentre il 41,3% ritiene che la burocrazia potrebbe ostacolare il percorso verso la sostenibilità.

In aggiunta, tra le principali preoccupazioni figurano la concorrenza di prezzo e il caro-energia, indicati da circa due terzi del campione. Guardando al futuro, nei prossimi due anni, per rispondere alle criticità del contesto – a partire dai dazi – il 79,6% delle Mid-Cap meridionali dichiara di voler espandere la propria presenza in nuovi mercati (contro il 68,3% riferito alle altre aree). Inoltre, per supportare la propria transizione ecologica, tre imprese del Mezzogiorno su quattro puntano a ridurre le fonti fossili e ad adottare energie rinnovabili (contro il 66,6% del resto d’Italia).

“Le medie imprese del Mezzogiorno si confermano un importante volano di crescita del Sud e stanno dimostrando di poter correre anche più velocemente di quelle del Centro-Nord”. Lo ha detto il presidente di Unioncamere, Andrea Prete, che ha aggiunto “per questo vanno sostenute rimuovendo gli ostacoli che ne frenano lo sviluppo, a partire dagli incentivi per l’export e i servizi per l’internazionalizzazione dove le Camere di commercio possono dare il loro concreto supporto. Soprattutto dopo le difficoltà create dai dazi Usa”. “La crescita delle medie imprese del Mezzogiorno e la loro intenzione di reiterarla nel prossimo futuro segnalano la felice intersezione tra due attributi: quello geografico e quello relativo a uno specifico modello capitalistico. Si tratta di una tendenza che merita di essere sostenuta sia dal decisore pubblico sia dagli attori del mercato finanziario, penso in particolare a quei fondi di private equity che si fanno portatori di una vera proposta imprenditoriale e non semplicemente di misure di puro efficientamento”, sostiene il direttore dell’Area Studi Mediobanca, Gabriele Barbaresco.

“Le medie imprese lucane e quelle del Mezzogiorno sono le vere campionesse del capitalismo familiare e si mostrano pronte alle sfide globali: dalle transizioni in atto all’espansione su nuovi mercati. Sta a tutti noi sostenere questi sforzi di innovazione e internazionalizzazione, rimuovendo gli ostacoli e snellendo al massimo la burocrazia”, ha sottolineato il presidente della Camera di commercio della Basilicata, Michele Somma.

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Nel decennio 2014-2023 le medie imprese del Mezzogiorno hanno registrato una crescita del fatturato pari al +78,1% che si confronta con il +52,8% delle altre aree. Anche il tasso di competitività nello stesso arco temporale risulta di quasi 25 punti percentuali superiore agli altri territori. Peraltro, la tendenza positiva del giro d’affari è proseguita nel 2024 con un ulteriore incremento dell’1,8% (vs il -1,7% rilevato negli altri territori). Le Mid-Cap del Sud Italia mostrano inoltre maggiore ottimismo per il 2025: il 65,4% prevede di chiudere l’anno con un aumento del fatturato (55,4% nelle altre aree) e un ulteriore 21,2% stima di mantenerlo stabile (vs il 20,6%). Il contesto rimane tuttavia sfidante. A preoccupare le aziende di media dimensione è soprattutto la concorrenza di prezzo temuta dal 64% di quelle meridionali e dal 70,7% di quelle centro-settentrionali, mentre la competizione sulla qualità appare meno rilevante (22% vs 12,5%). Tra i fattori di criticità, la fiscalità continua a penalizzare le medie imprese, soprattutto nel Mezzogiorno. Nel periodo 2014-2023, il livello di tassazione delle Mid-Cap meridionali è stato costantemente superiore rispetto a quello delle altre aree, con un divario che ha generato un impatto significativo. Se queste aziende avessero beneficiato della stessa aliquota applicata a quelle delle regioni del Centro-Nord, avrebbero risparmiato circa 230 milioni di euro in un decennio.

A pesare sul clima di incertezza sono anche gli alti costi dell’energia. Oltre il 60% delle imprese del Mezzogiorno segnala di avere subìto un aumento della bolletta energetica (contro poco più del 50% delle altre aree). L’incremento di questi costi ha avuto un impatto significativo sui margini in più di 6 Mid-Cap del Mezzogiorno su 10 (55,5% nel CentroNord). Per far fronte al rincaro energetico, il 25,5% ha scelto di investire – o prevede di farlo – nelle fonti rinnovabili, mentre il 22,3% punta sull’ammodernamento degli impianti esistenti per aumentarne l’efficienza. Tra il 2014 e il 2023 l’occupazione delle medie imprese del Mezzogiorno è cresciuta del 34,5%, un ritmo superiore al +23,4% registrato nelle altre aree del Paese. La tendenza positiva è proseguita anche nel 2024, con un ulteriore incremento dell’organico pari al +5,2%, contro il +2,4% del resto d’Italia. Si tratta di segnali incoraggianti che si accompagnano, tuttavia, ad alcune fragilità strutturali. La presenza femminile si ferma al 12,9%, ben al di sotto del 26,2% rilevato nel Centro-Nord. Guardando all’età, il 21,4% dei dipendenti delle Mid-Cap del Sud Italia ha meno di 30 anni, meglio del 18% registrato altrove. Il problema più rilevante resta lo skill mismatch: 3 medie imprese del Mezzogiorno su 4 segnalano difficoltà nel reperire le competenze richieste, soprattutto tecnicospecialistiche. In questo ambito le aziende meridionali faticano, seppur meno rispetto a quelle delle altre aree (40,4% vs 55,3%). Le criticità riguardano anche i profili STEM (21,3% vs 18,9%) e green (19,1% vs 12,6%).

La difficoltà di reperimento delle competenze incide sul carico di lavoro dei dipendenti per il 47,8% delle Mid-Cap meridionali (contro il 49,4% delle altre aree) e sui costi di gestione per il 36,2% (contro il 37,4% del Centro-Nord). Questa criticità, inoltre, rappresenta un freno alla crescita aziendale per il 23,2% delle aziende di media taglia del Sud, rispetto al 19,3% delle altre zone. Per contrastare il mismatch, il 34,8% delle medie imprese meridionali punta ad investire in formazione continua e il 30,4% in automazione dei processi produttivi, similmente a quanto accade nelle altre aree (rispettivamente, 41,4% e 35,6%). Il futuro delle medie imprese passa attraverso crescita e investimenti (soprattutto nel Mezzogiorno) In risposta alle complessità del contesto economico, le medie imprese mostrano una forte propensione alla crescita. In particolare, il 79,6% di quelle meridionali dichiara l’intenzione di voler espandere la propria presenza in nuovi mercati nei prossimi due anni, una quota superiore rispetto al pur significativo 68,3% riferito alle aziende delle altre aree. Inoltre, 4 Mid-Cap del Sud Italia su 10 si dicono pronte ad aumentare la propria dimensione aziendale, contro il 28,9% di quelle localizzate altrove. Gli investimenti rappresentano un altro pilastro strategico per le medie imprese del Mezzogiorno: il 61,2% prevede di incrementare quelli in tecnologia (vs il 54,3% di quelle delle altre aree) e il 51% è impegnato nello sviluppo di nuovi prodotti e servizi, in linea con il 53% del resto d’Italia.

Particolarmente significativa al Sud è, inoltre, la spinta verso la sostenibilità con il 42,9% delle aziende che intende accelerare gli investimenti green, contro una quota più contenuta delle medie imprese degli altri territori (27,4%). Le medie imprese del Mezzogiorno mostrano un particolare interesse per la transizione ecologica, persino superiore a quello delle aziende del Centro-Nord, anch’esse sensibili al tema. In dettaglio, il 73,7% delle imprese meridionali (contro il 66,6% di quelle centrosettentrionali) punta alla riduzione delle fonti fossili e all’adozione di energie rinnovabili. L’approccio circolare alla gestione dei rifiuti e la promozione del riciclo coinvolgono il 63,2% delle imprese del Sud, rispetto al 61,9% del Centro-Nord, mentre il controllo responsabile delle catene di approvvigionamento interessa il 55,3% delle prime, contro il 37,5% delle seconde. Il principale ostacolo all’avvio di una strategia ambientale è rappresentato dalle difficoltà burocratiche, segnalate dal 41,3% delle medie imprese del Mezzogiorno e dal 32,9% di quelle delle altre aree. La politica ambientale europea può rappresentare per il 41,5% delle medie imprese del Mezzogiorno un’opportunità per migliorare l’efficienza energetica (contro il 38,5% delle altre aree), ma per il 12,8% essa aumenta il peso burocratico (16%) e per il 13,8% costituisce un costo economico (15,5%). Inoltre, solo il 12,8% di queste imprese è propenso a cogliere le opportunità che le politiche green dell’UE offrono nell’ambito dell’innovazione tecnologica (7,6% nelle altre aree).

Una media impresa del Mezzogiorno su quattro subisce un impatto elevato dai dazi introdotti dall’amministrazione americana e una su due prevede come effetto una riduzione delle esportazioni verso gli USA. In aggiunta, solo il 7,8% è disposto a sopportare il peso delle tariffe pur di continuare a vendere negli Stati Uniti. Anche per questo, il 35,3% punta su mercati esteri alternativi all’interno dell’UE, mentre il 20% cercherà nuove opportunità al di fuori dell’Unione. Non a caso, gli incentivi all’export sono lo strumento di supporto di gran lunga più richiesto dalle Mid-Cap del Sud (66,7%).

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– Foto screenshot rapporto “Scenario competitivo, ESG e innovazione strategica nelle medie imprese del Mezzogiorno” –

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Economia

Codice Etico di Confcommercio, approvato l’aggiornamento dal Ministero della Giustizia

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ROMA (ITALPRESS) – Il Ministero della Giustizia ha approvato la nuova versione, aggiornata con le ultime novità legislative, del Codice Etico di Confcommercio. Il Codice – già approvato dal Ministero negli anni 2003, 2009, 2016 e 2022 – è stato rivisto con particolare attenzione alle recenti sentenze di legittimità e sulla base degli interventi legislativi.

Tra i nuovi reati per i quali è prevista la responsabilità amministrativa degli enti vi sono: delitti contro il patrimonio culturale, reati informatici, delitto di frode nelle pubbliche forniture e reato di frode in agricoltura, reati di peculato, ulteriori reati tributari e i cosiddetti reati di contrabbando, reato di indebita destinazione di denaro o cose mobili, delitti contro gli animali, ulteriori reati societari con particolare riferimento alle operazioni transfrontaliere di fusione, trasformazione e scissione. La revisione ha, inoltre, comportato l’inserimento delle nuove Sezioni dedicate a “Crisi d’Impresa e dell’insolvenza”, “Il Modello 231 e i rischi associativi e di infiltrazione mafiosa”, e “I fattori ESG, le dichiarazioni non finanziarie e il rating di legalità”; nonché la integrale modifica della disciplina in materia di whistleblowing.

Con questo documento, la Confederazione intende offrire alle imprese associate uno strumento di supporto – considerato dal Ministero della Giustizia “idoneo” a prevenire la commissione dei reati – per la predisposizione dei propri modelli di organizzazione e gestione ai sensi del decreto legislativo 231/2001.

– Foto di repertorio IPA Agency –

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Economia

KNDS e Leonardo, accordo per lo sviluppo congiunto di un nuovo sistema d’artiglieria

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AMSTERDAM (PAESI BASSI) (ITALPRESS) – KNDS Deutschland (KNDS) e Leonardo svilupperanno insieme un sistema d’artiglieria semovente. A tal fine, Florian Hohenwarter, prossimo Amministratore Delegato di KNDS Deutschland, e Roberto Cingolani, Amministratore Delegato e Direttore Generale di Leonardo, hanno firmato una Lettera d’Intenti presso la sede di KNDS Deutschland ad Amesterdam. Il nuovo sistema d’artiglieria sarà basato sull’Artillery Gun Module di KNDS e una versione avanzata di una piattaforma ruotata di Leonardo.

Le due aziende intendono intensificare la collaborazione industriale al fine di migliorare la resilienza della supply chain e il time to market. I partner offriranno la loro soluzione congiunta in risposta a un futuro programma dell’Esercito Italiano. “La combinazione di elettronica, C5I (Comando, controllo, comunicazioni, computer, collaborazione e intelligence), tecnologie di difesa nel campo di sistemi UAV allo stato dell’arte di Leonardo e delle più avanzate soluzioni d’artiglieria di KNDS contribuiranno in maniera significativa ad accrescere la capacità di combattimento e l’efficacia del sistema”, si legge in una nota.

“Questa Lettera d’Intenti è un importante passo avanti verso il miglioramento dell’interoperabilità delle forze di terra e della collaborazione industriale in Europa”, ha dichiarato Florian Hohenwarter, CEO di KNDS Deutschland. “Questo sforzo collaborativo conferma ancora una volta il nostro impegno per lo sviluppo di capacità integrate in grado di soddisfare l’evoluzione dei requisiti di mercato nei nuovi scenari operativi”, ha detto Roberto Cingolani, Amministratore Delegato e Direttore Generale di Leonardo.

– Foto ufficio stampa Leonardo –

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