Economia
Eni, nel 2024 utile netto adjusted 5,2 miliardi
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8 mesi fa-
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Redazione
SAN DONATO MILANESE (ITALPRESS) – Il Consiglio di Amministrazione di Eni, riunitosi ieri sotto la presidenza di Giuseppe Zafarana, ha approvato i risultati consolidati del quarto trimestre e dell’esercizio 2024 (non sottoposti a revisione contabile).
Nel 2024 il Gruppo ha conseguito un utile netto adjusted di 5.264 milioni di euro. L’utile operativo proforma adjusted è stato di 14.322 milioni di euro.
Nel quarto trimestre 2024 il Gruppo ha conseguito l’utile operativo proforma adjusted di 2.699 milioni di euro, con una riduzione del 28% rispetto a 3.755 milioni del periodo di confronto dovuta a E&P (-17%, corrispondente a -559 milioni) a causa dei minori prezzi di realizzo, del deterioramento dei margini del business Refining (-147 milioni) e della circostanza che nel trimestre del 2023 il business GGP beneficiava dell’esito favorevole di una procedura arbitrale. Su base annua, l’utile operativo proforma adjusted del Gruppo di 14.322 milioni è in calo del 20% rispetto al 2023, per effetto del settore GGP e Power (-65% rispetto al 2023) che allora registrò un significativo risultato dovuto alle condizioni di mercato particolarmente favorevoli e a proventi una tantum da rinegoziazioni contrattuali e l’esito favorevole di una procedura arbitrale, nonchè l’ulteriore fase di declino nei business downstream per effetto della debole domanda e pressione competitiva in un contesto di eccesso di offerta.
Nel quarto trimestre 2024, l’utile ante imposte adjusted di 1.932 milioni di euro, in riduzione di 1.257 milioni (-39%) rispetto al trimestre di confronto, riflette il trend dell’utile operativo adjusted e il minor contributo delle JV e associate valutate all’equity.
Nel quarto trimestre 2024, l’utile netto adjusted di competenza degli azionisti Eni di 892 milioni ha registrato un calo del 46% rispetto al quarto trimestre 2023.
Rispetto alla più contenuta riduzione del 39% conseguita a livello di utile ante imposte, il trend dell’utile netto adjusted è stata condizionata dall’incremento del tax rate adjusted di gruppo che si è attestato al 52,8% (rispetto al 47,3% del trimestre di confronto) per effetto della maggiore incidenza sul risultato ante imposte consolidato dei paesi esteri in cui opera l’upstream caratterizzati da tax rate significativi, mentre è diminuito il contributo all’utile ante imposte di Gruppo degli altri settori operanti in giurisdizioni OCSE con tax rate più contenuti.
Gli special item del 2024 di 2.315 milioni di euro comprendono oneri non monetari relativi a svalutazioni di asset del settore E&P per 1,8 miliardi di euro, al netto del relativo effetto fiscale, nell’ambito di un’analisi del portafoglio con revisione delle priorità di spesa diminuendo l’impegno nelle future fasi di sviluppo di asset marginali e maggiore focus sui progetti “core” in coerenza con la strategia, in parte mitigate dal provento relativo a un accordo di ripartizione su basi paritetiche degli oneri ambientali con un operatore italiano, dalla plusvalenza relativa alla cessione degli assets upstream e dalla rivalutazione delle imposte differite delle società consolidate italiane, per effetto delle migliorate prospettive di redditività.
“Assicurati ritorni agli azionisti di oltre 5 miliardi di euro grazie ai risultati industriali e all’azione di rientro del debito”, rende noto Eni. I risultati del 4^ trimestre 2024, che “confermano la solidità del modello aziendale Eni, fondato sulla disciplina nei costi e negli investimenti. I risultati operativi e finanziari del Gruppo nel 2024 superano le attese iniziali grazie all’efficace esecuzione della strategia. Gli investimenti di KKR in Enilive e di EIP in Plenitude confermano l’appetibilità dei satelliti Eni focalizzati sulla transizione in un anno di solidi progressi strategici. Il rapporto d’indebitamento “proforma” del Gruppo si attesta al 15%, grazie ai rapidi progressi della manovra di portafoglio”.
“Nel 2024, crescita e creazione di valore hanno raggiunto un livello di eccellenza, supportati dalla nostra struttura finanziaria e dalla disciplina nei costi. La nostra
posizione di leadership nell’industria è frutto della competitività del portafoglio di attività e del coerente disegno gestionale e finanziario del modello satellitare, che
ha concretizzato oltre 21 miliardi di euro di valore d’impresa nel corso dell’anno”, commenta l’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi.
“Continuiamo a estrarre valore dal nostro portafoglio di risorse, con E&P che ha conseguito un incremento del 3% nella produzione di gas e petrolio guidato dagli avvii di progetti organici e dall’integrazione di Neptune – prosegue Descalzi -. Ne abbiamo accresciuto il valore attraverso la creazione di un nuovo satellite geograficamente focalizzato in combinazione con Ithaca Energy nel Mare del Nord, portando nel contempo avanti la dismissione di attività mature e non strategiche. La nostra esplorazione ha proseguito nel proprio percorso di risultati di assoluto rilievo, con 1,2 miliardi di boe di nuove risorse, che costituiscono la base per lo sviluppo futuro e aprono opportunità
di monetizzazione anticipata delle scoperte, in linea con il nostro dual model. Il business della chimica, impattato dalle debolezze strutturali dell’industria europea, ha avviato un processo di ristrutturazione e di trasformazione che farà leva sulle nostre competenze tecnologiche nel costruire business caratterizzati da vantaggi competitivi nella transizione energetica e nell’economia circolare”.
“Plenitude ed Enilive hanno entrambe conseguito gli obiettivi annuali in termini di EBITDA, nonostante il contesto di mercato sfidante, evidenziando il valore del nostro approccio focalizzato sul lungo termine – sottolinea l’Ad -. I risultati operativi sono stati eccellenti, come evidenziano la crescita della capacità installata di rinnovabili e delle lavorazioni. Applicando il nostro consolidato modello satellitare, stiamo avanzando nella realizzazione dei progetti CCS in Italia e nel Regno Unito, ponendo le basi per la creazione di un nuovo satellite legato alla transizione, facendo leva sulle nostre competenze distintive e sul posizionamento dei nostri asset. Questi eccellenti progressi strategici e operativi hanno consentito di realizzare 14,3 miliardi di euro di utile operativo proforma adjusted e 13,6 miliardi di euro di flusso di cassa adjusted, entrambi ben superiori alle nostre previsioni. Dopo aver finanziato 8,8 mld di investimenti organici, livello minore rispetto alle stime iniziali, la gestione ha reso disponibile un avanzo pari a circa 5 miliardi di euro, in grado di coprire la remunerazione degli azionisti, che comprende un dividendo incrementato rispetto al 2023 e un ritmo accelerato nel programma di riacquisto di azioni
proprie quasi raddoppiato a 2 miliardi di euro – conclude Descalzi -. Inoltre, le nostre operazioni di portafoglio hanno consentito di traguardare un minimo storico nel rapporto d’indebitamento attestatosi su base proforma al 15%, che ci assicura la flessibilità finanziaria per continuare a investire nel business e a remunerare i nostri azionisti attraverso i cicli dell’industria”.
– Foto IPA Agency –
(ITALPRESS).
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ROMA (ITALPRESS) – “L’impegno di Stellantis con l’Italia non è in discussione, per noi di Stellantis l’Italia è al centro del progetto strategico che abbiamo del nostro futuro e lo stiamo dimostrando con fatti concreti. Dopodomani lanceremo la Jeep Compass a Melfi in Basilicata, fra un mese lanceremo la Fiat 500 ibrida a Mirafiori a Torino”. Così il Ceo di Stellantis, Antonio Filosa, ospite a “Cinque minuti” su Rai1. “È anche vero che abbiamo annunciato un investimento di 13 miliardi di dollari in quattro anni negli Stati Uniti, un mercato che esprime 16 milioni di vetture vendute all’anno. Il nostro impegno con l’Italia – ha aggiunto – è investire il primo anno 2 miliardi di euro, acquistare nel primo anno del Piano Italia 6 miliardi di euro in componenti e servizi dai nostri fornitori per un mercato che esprime da 1,5 a 2 milioni di vetture vendute l’anno. Come si vede dai numeri, sono due piani straordinari e ugualmente competitivi”.
“C’è una differenza tra l’Europa e gli Stati Uniti. Gli Stati Uniti con la nuova amministrazione hanno trasformato le regole con un pragmatismo unico e rapidissimo, e quindi hanno restituito agli americani la scelta di comprare la vettura che vogliono. In Europa le regole sono ancora restrittive e devono essere in modo urgente modificate. Abbiamo bisogno che queste regole riflettano la realtà del mercato e restituiscano ai clienti europei la libertà di scegliere la macchina che vogliono, come negli Stati Uniti – ha detto Filosa – Noi stiamo chiedendo quattro cose. La prima è aprire al concetto di neutralità tecnologica, che vuol dire esattamente questo. La seconda è aprire al concetto di rinnovamento del parco circolante, in Europa oggi ci sono 256 milioni di vetture, 150 milioni hanno più di 12 anni e quindi inquinano di più di quelle moderne. Terza cosa, vogliamo un focus specifico sulle vetture piccole per le quali l’Italia è leader mondiale. Quarta cosa, abbiamo bisogno che i target sui veicoli commerciali siano modificati con urgenza, perché sono irraggiungibili”, ha aggiunto.
“La competitività nel nostro settore è fatta da una somma di fattori interni ed esterni, e su alcuni fattori interni l’Italia è assolutamente imbattibile. Il design italiano, a Torino abbiamo molti designer e uno dei centri di design automobilistico più grande del mondo che progetta per l’Italia e per il mondo, abbiamo 3.500 giovani ingegneri a Torino che progettano per l’Italia e per il mondo. Esistono fattori esterni che non dipendono da noi, come il costo dell’energia. In Spagna nel 2024 un megawattora ci costa dai 70 agli 80 euro, in Italia nello stesso anno la stessa quantità di energia ci costa più del doppio, 182 euro. Stiamo parlando con il Governo italiano, sono ricettivi, stiamo intrattenendo con loro un dialogo costruttivo e speriamo di arrivare a conclusioni favorevoli”, ha proseguito Filosa.
“I costruttori cinesi, per quanto agguerriti nella loro concorrenza, non sono il vero problema. Il problema sono regolamentazioni che partono da Bruxelles che non sono realistiche e stanno indebolendo quello che di meglio abbiamo, ovvero l’industria automobilistica europea e italiana. Se cambiano queste regolamentazioni, noi abbiamo di tutto per tornare a quello che eravamo prima: design, innovazione, tecnologia e progettualità”, ha concluso Filosa.
-Foto IPA Agency-
(ITALPRESS).
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Meloni “Dalle banche 5 miliardi su 44 di profitti. Chieste risorse a chi ha avuto grandi benefici”
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27 Ottobre 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – “Non vogliamo tassare la ricchezza prodotta dalle aziende, perchè daremmo un segnale sbagliato. Vogliamo un contributo sulla rendita accumulata per condizioni di mercato che la politica del governo ha fortemente contribuito a creare”. Così la premier Giorgia Meloni a Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, nel nuovo libro di Bruno Vespa “Finimondo”, in uscita giovedì 30 ottobre per Mondadori-Rai Libri. “Ho spiegato – continua Meloni – che per mantenere i conti in ordine, occorrono delle risorse e le abbiamo chieste a chi, grazie a questa politica, ha avuto dei grandi benefici”.
“Se cresce lo spread, se sale il rating dell’Italia, se le banche hanno potuto approfittare dei 200 miliardi messi a disposizione dal governo Conte per rinegoziare con la garanzia dello Stato prestiti che avevano già erogato, o dei crediti del superbonus, sempre grazie a Giuseppe Conte, è giusto che quelle stesse banche ci diano una mano a continuare in una politica così profittevole. Se su 44 miliardi di profitti nel 2025 ce ne mettono a disposizione circa cinque per aiutare le fasce più deboli della società, credo che possiamo essere soddisfatti noi e che in fin dei conti possano esserlo anche loro”, aggiunge Meloni.
– foto IPA Agency –
(ITALPRESS).
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Mastrapasqua “Collegare le pensioni al numero dei figli. La crisi demografica impone scelte forti”
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27 Ottobre 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – L’idea di collegare la pensione al numero di figli che si fanno “è tutt’altro che un azzardo”. Lo dice in un’intervista all’Italpress l’ex presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua. “La crisi demografica impone scelte forti – afferma -. Peraltro l’idea di collegare una migliore prestazione previdenziale in funzione del numero dei figli era contenuta anche nella legge Dini del 1995. Ma era rimasta tra le pieghe della riforma previdenziale e soprattutto all’epoca non c’era la crisi demografica con cui oggi dobbiamo confrontarci. L’Istat pochi giorni fa ci ha ricordato che nel 2024 le nascite sono state 369.944, in calo del 2,6% sull’anno precedente e del 42,2% rispetto al 1995, quando venne predisposta la riforma Dini di cui abbiamo parlato“. La crisi demografica mette in crisi tutto il sistema del welfare? “Certo, a cominciare dalle pensioni. Il sistema previdenziale a ripartizione, che vige in Italia, è un’ottima forma di patto generazionale, a condizione che ci siano nuove generazioni – evidenzia -. Con il sistema a ripartizione la mia pensione sarà pagata dai contributi di mio figlio, così come io ho pagato quella di mio padre. E senza nuovi nati non ci saranno nuovi lavoratori, meno lavoratori vuol dire un Pil più basso, meno contributi previdenziali e pensioni più magre. Bisogna invertire questo trend, in maniera radicale”.
Non bastano i bonus per favorire le famiglie che fanno più figli? “I bonus sono necessari, ma non sufficienti – replica Mastrapasqua -. Serve uno shock. E quindi bisogna immaginare una convenienza forte, una scommessa sul futuro proprio, della propria famiglia, del proprio Paese. Ma soprattutto una occasione per migliorare la propria condizione”. Mastrapasqua propone un aumento di 800-1000 euro al mese per la pensione di chi fa più di due figli. “Questo serve. Si tratta di avere il coraggio di progettare una proposta “disruptive” che coniughi esplicitamente l’”investimento” di fare figli con un premio a lunga scadenza: nell’orizzonte di un risparmio finanziario potremmo paragonare a un Btp trentennale, non incassabile fino a scadenza. Comunque – spiega – si deve poter contare su una grande convenienza; non un semplice ritocco al coefficiente di trasformazione come prevede la Dini del ’95, quando la crisi demografica era solo all’orizzonte. Ci vuole un intervento radicale, che assicuri un incremento di almeno il 50% della prestazione previdenziale raggiunta a scadenza, di vecchiaia o anzianità per i genitori che mettono al mondo almeno due figli. Un patto generazionale con una obbligazione dello Stato”.
Solo per le madri? “La Dini prevedeva il beneficio, assai modesto, solo per le madri. Credo che oggi sia il tempo di ragionare su entrambi i genitori, che devono poter contare su un grande incremento della futura prestazione previdenziale”, conclude Mastrapasqua.
– foto IPA Agency –
(ITALPRESS).

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