Economia
L’Ocse taglia le stime di crescita globale. In Italia il Pil rallenta, +0,6% nel 2025
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6 mesi fa-
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Redazione
ROMA (ITALPRESS) – “Le prospettive globali stanno diventando sempre più difficili. Aumenti significativi delle barriere commerciali, condizioni finanziarie più restrittive, indebolimento della fiducia di imprese e consumatori e maggiore incertezza politica rappresentano tutti rischi significativi per la crescita. Se queste tendenze dovessero persistere, potrebbero frenare sostanzialmente le prospettive economiche”. È quanto emerge dall’ultimo economic outlook dell’Ocse, secondo cui in particolare si prevede che la crescita del PIL globale rallenterà dal 3,3% del 2024 al 2,9% quest’anno e l’anno prossimo (supponendo che le aliquote tariffarie a metà maggio siano mantenute).
Il rallentamento è concentrato negli Stati Uniti, in Canada, in Messico e in Cina, mentre altre economie dovrebbero registrare aggiustamenti al ribasso più contenuti. Si prevede che la crescita fino al 2025 sarà particolarmente debole, con un aumento della produzione globale di appena il 2,6% nell’arco dell’anno fino al quarto trimestre e di appena l’1,1% negli Stati Uniti.
Per quanto riguarda l’inflazione, sarà leggermente superiore fino al 2026 rispetto alle previsioni precedenti. L’inflazione a livello Ocse dovrebbe raggiungere il 4,2% nel 2025, in aumento rispetto al 3,7% delle proiezioni di dicembre, e il 3,2% nel 2026, rispetto a una precedente stima del 2,9%. “I rischi per le prospettive rimangono sostanziali. Tra le principali preoccupazioni figurano ulteriori escalation o improvvisi cambiamenti nelle politiche commerciali, comportamenti più cauti da parte di consumatori e imprese e una continua ridefinizione del rischio nei mercati finanziari”, sottolinea l’Ocse.
L’Ocse prevede che la crescita del Pil in Italia rallenterà leggermente allo 0,6% nel 2025 e aumenterà allo 0,7% nel 2026. Si prevede che le perturbazioni delle politiche commerciali globali rallenteranno la crescita. L’aumento dei salari reali sosterrà la domanda dei consumatori. Gli investimenti saranno stimolati dall’attuazione accelerata dei progetti del Pnrr. I volumi delle esportazioni sono destinati a stagnare nel 2025 a causa di politiche commerciali più restrittive e della debolezza della domanda nei principali mercati europei. Dominano i rischi al ribasso, tra cui l’incerta risposta di investitori e datori di lavoro agli sviluppi delle politiche globali. Un’attuazione più rapida dei progetti Pnrr o una maggiore domanda di esportazioni da parte di altri paesi europei sosterrebbero la crescita. È quanto emerge dalle prospettive economiche dell’Ocse presentate oggi.
Si prevede un consolidamento fiscale continuo nel 2025 e nel 2026, poiché il governo rimane impegnato a ridurre il deficit di bilancio e a riportare le finanze pubbliche su un percorso sostenibile a medio termine. I progressi nell’attuazione del Pnrr dovrebbero incoraggiare maggiori investimenti privati e un aumento dell’occupazione nel medio termine. Il mantenimento del tenore di vita nel lungo termine richiederà il miglioramento delle opportunità per i giovani laureati e i lavoratori più anziani di aggiornare le proprie competenze per soddisfare le esigenze del mercato del lavoro.
Secondo l’Ocse L’Italia è esposta a una politica commerciale statunitense più restrittiva, attraverso dazi più elevati sui prodotti dell’UE. Oltre il 10% delle esportazioni totali di beni dell’Italia nel 2023 è stato destinato agli Stati Uniti. Inoltre, gli effetti indiretti potrebbero essere significativi, ad esempio attraverso le catene di produzione globali di veicoli a motore o una domanda globale più debole. L’Italia è anche esposta alla crescente concorrenza dei prodotti industriali cinesi. La volatilità dei prezzi internazionali dell’energia si è trasmessa ai prezzi al consumo. L’aumento dei prezzi del gas all’inizio del 2025 ha contribuito a far salire l’inflazione complessiva al 2,0% nell’anno fino ad aprile 2025.
– foto IPA Agency –
(ITALPRESS).
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Economia
Nel 2024 continua il trend di crescita dell’occupazione: +0,7% in 12 mesi
Pubblicato
2 ore fa-
26 Novembre 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – Nel 2024 continua il trend di crescita dell’occupazione iniziato a partire dal 2021, successivamente al crollo del 2020 dovuto alla crisi pandemica: il tasso di occupazione dei 15-64enni raggiunge il 62,2% (+0,7 punti percentuali in un anno), quello di disoccupazione scende al 6,6% (-1,2%) e quello di inattività (15-64 anni) si attesta al 33,4% (+0,1%). E’ quanto emerge dai dati dall’analisi Istat sul mercato del lavoro e redditi.
Nel 2023 il tasso di occupazione della popolazione di 15-64 anni aumenta rispetto al 2022 dal 60,1% al 61,5% (+1,4%), mentre si riduce in modo contenuto il tasso di disoccupazione (dal 8,2% al 7,8%, -0,4%) e diminuisce il tasso di inattività (dal 34,5% al 33,3%, -1,2%). Il tasso di occupazione, tra il 2022 e il 2023, aumenta soprattutto per le famiglie più povere (+2,7% nel primo e +2,1% nel secondo e nel terzo quinto di reddito equivalente, caratterizzati strutturalmente da tassi di occupazione più bassi).
Tale aumento si associa ad una contrazione relativamente più netta rispetto alla variazione media (-0,4%) del tasso di disoccupazione (-2,4% nel primo e -1% nel secondo quinto). Il Mezzogiorno che è caratterizzato da un tasso di occupazione più basso (48,2% nel 2023), rispetto al 2022, aumenta come il Nord-est (+1,5%).
L’aumento risulta invece particolarmente consistente nel quinto più povero nel Nord-est (+ 5,6%) e al Centro (+3,9%). Nel Nord-ovest l’aumento relativamente maggiore riguarda la seconda classe di reddito (+ 2,9%) e nel Mezzogiorno quella centrale (+2,1%). In controtendenza la flessione del tasso di occupazione nel quinto più ricco del Centro (-0,5%). Il tasso di occupazione dei giovani 25-34enni pari al 68,1% nel 2023, registra un aumento di 2% rispetto al 2022, e di ben 5% nel quinto di reddito inferiore.
L’aumento più elevato fra le classi di età considerate si riscontra fra i 55-64enni (+2,3%), in particolare nel secondo quinto (+3,5%). La differenza di genere a favore degli uomini nei tassi di occupazione è più marcata nei quinti più poveri: nel secondo quinto gli uomini hanno un tasso di occupazione pari al 66,2%, maggiore di 27,5% rispetto alle donne (38,7%) a fronte di +7,7% nell’ultimo quinto rispettivamente l’83% per gli uomini e il 75,3% per le donne).
La quota dei dipendenti a tempo indeterminato è aumentata rispetto al 2022 dal 39,8% al 41,2% (+1,4%), con un picco di +2,4% nel quinto centrale (dal 42,4% al 44,8%), mentre è diminuita lievemente quella dei dipendenti a tempo determinato dal 8,1% al 7,9% (-0,2%), con l’eccezione del quinto più povero, interessato da un incremento dal 6,8 al 8,1 (+1,3%).
-Foto IPA Agency-
(ITALPRESS).
Economia
La metà dei laureati e dei diplomati ITS che le imprese cercano sono considerati introvabili
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4 ore fa-
26 Novembre 2025di
Redazione
VERONA (ITALPRESS) – La metà dei laureati e dei diplomati ITS che le imprese cercano nel 2025 sono considerati “introvabili”. Lo dimostra il Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, grazie al Programma nazionale Giovani, donne e lavoro cofinanziato dall’Unione europea.
I dati vengono presentati oggi, in occasione di 34ª edizione di Job&Orienta, il salone nazionale dedicato a orientamento, scuola, formazione e lavoro, inaugurato stamattina in fiera a Verona. Excelsior 2025 mostra che nel corso di quest’anno le imprese avevano programmato l’attivazione di 670mila contratti per laureati, 120mila per diplomati ITS Academy, 1,3 milioni per diplomati e 2,3 milioni per qualificati e diplomati professionali.
Ma il mismatch tra domanda e offerta è decisamente importante: risulta difficile reperire quasi la metà dei profili ricercati (47%), con punte del 57,3% per i tecnici ITS Academy e del 50,9% per i laureati.
“Il gap tra domanda e offerta di lavoro si mantiene molto alto anche quest’anno”, sottolinea Andrea Prete, presidente di Unioncamere. “Non è una prerogativa italiana ma certo rappresenta un freno importante alla competitività del sistema Paese. È indispensabile continuare a lavorare su più fronti, tra i quali quello dell’orientamento, che deve essere quanto più precoce possibile; su una più intensa relazione tra Università e imprese per frenare la fuga dei cervelli; su un migliore incontro e dialogo tra formazione e richiesta delle imprese”.
Le lauree più ricercate restano economia (193mila profili) e ingegneria (127mila). Ampie opportunità anche per gli indirizzi insegnamento e formazione (117mila) e per l’area sanitaria e paramedica (54mila). Per i giovani under 30, le maggiori opportunità occupazionali si concentrano negli indirizzi statistico (51,1% delle assunzioni) e scienze motorie (40%). Il mismatch, tuttavia, colpisce duramente proprio le discipline STEM: i laureati in Chimica e Farmaceutica sono i più “introvabili” (difficoltà di reperimento al 72,4%); seguono l’indirizzo sanitario e paramedico (70,8%) e medico-odontoiatrico (67,2%).
I diplomati ITS più ricercati provengono dagli ambiti servizi alle imprese (27mila ingressi), sviluppo e innovazione del processo e del prodotto (16mila) e meccatronica (13mila). Ottime le opportunità per i giovani nei settori mobilità (94,3% di assunzioni under 30), energia sostenibile (51,9%) e architetture software e data management (44,6%). Ma il mismatch resta elevatissimo: sono difficili da reperire 67 mila tecnici ITS (57,3%), con picchi del 94,2% per sostenibilità energetica ed economia circolare e dell’87,7% per efficienza energetica. Seguono poi produzione di apparecchi dispositivi diagnostici e medicali, moda e sviluppo e innovazione del processo e del prodotto tutti con un mismatch che interessa 3 posizioni su 4 (intorno al 75%).
Per quanto riguarda i diplomi, l’indirizzo più richiesto è amministrazione, finanza e marketing (381mila posizioni), seguito da turismo (239mila), meccanica e meccatronica (121mila), elettronica ed elettrotecnica (102mila). Le maggiori opportunità per i giovani riguardano liceo artistico (51,9%), grafica e comunicazione (46,5%), turismo (43,4%) e informatica e telecomunicazioni (43,2%).
Anche in questo caso emergono forti difficoltà di reperimento: sono introvabili 634 mila diplomati (47,4%), con carenze particolarmente marcate negli indirizzi tecnici: costruzioni, ambiente e territorio (66,4%), meccanica, meccatronica ed energia (65,8%), elettronica ed elettrotecnica (60,9%), informatica e telecomunicazioni (58,8%). Fra i qualificati e diplomati Istruzione e Formazione Professionale (IeFP), i percorsi più richiesti sono ristorazione (452mila ingressi), sistemi e servizi logistici (265mila) e meccanico (222mila). Le migliori opportunità per i giovani riguardano lavorazioni artistiche (46,5%), grafico-cartotecnico (40,2%), ristorazione (39,3%) e impianti termoidraulici (38,8%). Sono difficili da reperire oltre 1 milione di profili IeFP (47%), con criticità particolarmente elevate negli ambiti termoidraulico (67,1%), riparazione veicoli (63,8%), benessere (62,4%), elettrico (60,5%) e meccanico (60%).
-Foto IPA Agency-
(ITALPRESS).
Economia
Bankitalia, nel 2024 in lieve calo a 19.142 le imprese con rating di legalità
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4 ore fa-
26 Novembre 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – La Banca d’Italia pubblica i risultati della rilevazione sul “rating di legalità” condotta nel corso del 2025 presso il sistema bancario. La rilevazione esamina gli effetti del possesso del rating di legalità sulle condizioni praticate alle imprese in sede di concessione o di rinegoziazione di un finanziamento. Nel 2024 le imprese titolari di rating di legalità finanziate presso il sistema bancario sono state 19.142, in lieve flessione rispetto all’anno precedente (-1,1 per cento). La percentuale delle imprese finanziate che hanno ricavato benefici dal possesso del rating di legalità è stata pari al 65 per cento (era il 70 per cento nel biennio 2022-2023). I benefici riconosciuti alle imprese si sono concretizzati principalmente nella riduzione dei tempi di istruttoria e nell’applicazione di migliori condizioni economiche in occasione della concessione o della rinegoziazione del finanziamento (7 casi su 10); è stata riscontrata più raramente la riduzione dei costi di istruttoria (3 casi su 10).
Le imprese che, pur in possesso del rating, non hanno conseguito benefici sono state 6.718, pari al 35 per cento delle imprese finanziate: il mancato ottenimento dei benefici è dipeso in larga parte dalla circostanza che tali imprese non hanno presentato una specifica istanza in sede di istruttoria (61,9 per cento dei casi); nel 35,9 per cento delle istanze di finanziamento approvate, il rating non ha apportato informazioni aggiuntive ai fini dell’accertamento del merito creditizio e pertanto non ha prodotto benefici; i casi di documentazione incompleta sono stati trascurabili (0,3 per cento).
– Foto IPA Agency –
(ITALPRESS).

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