Cronaca
REGIONE LOMBARDIA – LOMBARDIA- SVIZZERA, TAVOLO ISTITUZIONALE
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2 anni fa-
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Redazione
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Cronaca
Mattarella “Inaccettabile il regresso del multilateralismo”
Pubblicato
4 minuti fa-
16 Ottobre 2025di
Redazione
Cronaca
Banca del Fucino entra nella Fondazione Bioparco di Roma
Pubblicato
9 minuti fa-
16 Ottobre 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – Banca del Fucino entra come Fondatore Successivo nella Fondazione Bioparco di Roma, lo storico giardino zoologico della Capitale.
Con la sottoscrizione di quest’accordo Banca del Fucino si unisce al Comune di Roma nella compagine dei fondatori.
La collaborazione nasce con l’obiettivo di sostenere la Fondazione nelle attività di sviluppo e valorizzazione del Bioparco, promuovendo una visione condivisa di tutela ambientale, benessere degli animali ospitati e sensibilizzazione del pubblico.
Banca del Fucino è, in particolare, sostenitore ufficiale della nuova “Area dei Leopardi”, un intervento che prevede il completo rinnovamento dell’attuale spazio per offrire un habitat più naturale e condizioni di maggiore benessere per la specie ospitata.
Sono inoltre in programma giornate speciali promosse con il patrocinio della Banca e dedicate alla conservazione della biodiversità e all’educazione ambientale, oltre a un progetto di adozione simbolica degli animali rivolto ai clienti dell’istituto. Chi aderirà riceverà un certificato digitale personalizzato e aggiornamenti periodici sulle specie adottate, contribuendo in modo concreto alla tutela della fauna.
Con oltre un secolo di storia, il Bioparco di Roma – divenuto Fondazione dotata di personalità giuridica senza scopo di lucro nel 2004 – è oggi un punto di riferimento per la conservazione della biodiversità, impegnato nella protezione delle specie minacciate di estinzione, nella ricerca scientifica e nell’educazione ambientale.
Inaugurato nel 1911 con una visione architettonica innovativa, volta a sostituire le tradizionali recinzioni con fossati e soluzioni paesaggistiche di minore impatto, il Bioparco ospita oggi oltre 150 specie diverse tra mammiferi, uccelli, rettili e anfibi, su una superficie di circa 17 ettari. Il Bioparco rappresenta anche uno dei contesti botanici più suggestivi della città, con alberi esotici risalenti alla sua apertura originaria.
Di particolare rilievo il rettilario, che si estende su 4.000 metri quadrati distribuiti su tre livelli e che offre un percorso educativo coinvolgente sul tema del commercio illegale di fauna e flora, promuovendo una cultura di rispetto e responsabilità verso la natura.
Il Bioparco di Roma è membro della WAZA (Unione Mondiale Zoo e Acquari), dell’EAZA (Unione Europea Zoo e Acquari) e aderisce all’UIZA (Unione Italiana Giardini Zoologici e Acquari). Inoltre, collabora con istituzioni scientifiche e naturalistiche di tutto il mondo per la salvaguardia delle specie a rischio.
“Con il nostro ingresso nella Fondazione Bioparco di Roma intendiamo sostenere un luogo simbolo per intere generazioni di famiglie romane e rafforzare il nostro impegno e il nostro ruolo attivo nelle iniziative di educazione ambientale e scientifica. Il Bioparco da oltre un secolo avvicina i cittadini alla conoscenza e al rispetto della natura e siamo orgogliosi di farne parte”, ha dichiarato Francesco Maiolini, Amministratore Delegato di Banca del Fucino.
“L’unione fa la forza e siamo onorati di accogliere Banca del Fucino, istituzione di prestigio con una spiccata sensibilità alle tematiche ambientali, come Fondatore Successivo, a sostegno dell’azione del Bioparco come polo di conoscenza e tutela della biodiversità”, ha sottolineato Paola Palanza, Presidente della Fondazione Bioparco di Roma.
– foto credit di Massimo Di Giovanni, archivio Bioparco-
(ITALPRESS).
Cronaca
Fondazione Magna Grecia, all’Onu Rapporto su mafie nell’era digitale
Pubblicato
9 minuti fa-
16 Ottobre 2025di
Redazione
NEW YORK (ITALPRESS) – Il volto della criminalità organizzata è in continua evoluzione e le mafie contemporanee hanno abbracciato l’era digitale trasformando radicalmente le proprie strategie comunicative e di reclutamento grazie alle piattaforme social, che sono diventate un terreno fertile per la costruzione di un “immaginario mafioso” che non solo normalizza, ma talvolta giunge a glorificare la criminalità, esercitando un’influenza preoccupante soprattutto sulle giovani generazioni. Per questo motivo la Fondazione Magna Grecia ha sentito l’urgenza di proseguire la sua indagine scientifica in questo campo tramite un secondo Studio che, a due anni dal primo, prevede un focus specifico sull’uso di TikTok da parte delle mafie. “Siamo convinti infatti che la ricerca rappresenti uno strumento imprescindibile per comprendere e contrastare un fenomeno che muta con rapidità, adattandosi ai linguaggi e alle tecnologie del nostro tempo”, ha detto il presidente della Fondazione, Nino Foti.
Il Rapporto è stato curato da Marcello Ravveduto, professore di Digital Public History presso l’Università di Salerno e presentato al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite il 15 ottobre, alla presenza del procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, di Antonio Nicaso, esperto di fenomeni criminali e docente alla Queen University del Canada e del presidente della Commissione parlamentare antimafia, Chiara Colosimo. Sono intervenuti Antonello Colosimo, presidente della Corte dei conti in Umbria e Saverio Romano, presidente della Commissione parlamentare per la semplificazione.
Lo Studio è unico nel suo genere perchè sceglie di addentrarsi nei meandri di TikTok, piattaforma che più di tutte ha in sè una grandissima forza virale. Può contare infatti su strumenti tipici dell’industria dell’intrattenimento digitale: musica, coreografie, hashtag, montaggi accattivanti che trasformano la mafia in un prodotto mediatico seducente, accessibile, apparentemente privo di conseguenze. Ma anche per la sua portata quantitativa. Sono stati analizzati quasi 6.300 tra profili utente (1.489), video (1.455), commenti (1.385), emoji (1.053), tracce musicali (695), brand (130) e hashtag (76) ed è stato fatto un raffronto – per la prima volta – con le mafie internazionali.
Un Rapporto quanto mai necessario dunque se si pensa che “oggi la mafia usa il linguaggio di un brand e, al pari di un brand, si fa pubblicità e si vende. E lo fa evocando il potere non tanto e non più con la violenza, quanto piuttosto secondo le logiche popolari del mercato”, ha spiegato Marcello Ravveduto. Si è brandizzata insomma, creando un nuovo spazio di comunicazione, che viene definito “mafiosfera”, in cui ha acquisito la capacità di suggestionare un pubblico sempre più ampio. “Nella mafiosfera infatti tutto si trasforma in intrattenimento e la mentalità mafiosa accede a una vetrinizzazione che la normalizza, la priva della violenza e la rende sempre più familiare al grande pubblico”.
Sempre più “pop”. In questo contesto assume un ruolo fondamentale la figura del “mafiofilo”, che – a volte in modo consapevole, altre meno – “veste” il prodotto “mafia” con codici visivi e sonori distintivi (musica neomelodica e trap, immagini di lusso ostentato, abiti griffati) in cui la gravità morale delle storie narrate si dissolve a favore della spettacolarizzazione e le organizzazioni criminali, facendo perdere di vista il confine tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, raccontano di un successo facile, trasgressivo e alla portata di tutti. Diventano performative e attrattive soprattutto per i giovani.
“Le mafie ormai non sono più soltanto denaro, trame e violenza: oggi si muovono tra server, blockchain, social media e flussi digitali. E chi vuole combatterle deve diventare un cacciatore di flussi, lettore di sequenze nascoste, interprete dei mondi digitali visibili e invisibili”, ha detto Antonio Nicaso, a cui è stata affidata la prefazione dello Studio. E ha lanciato una possibile nuova strategia nel contrasto alle mafie che sono sempre più ibride e algoritmiche: “follow the flow”, segui i flussi. “Non si tratta più di affrontare strutture rigidamente gerarchiche e territorialmente circoscritte, ma di comprendere fenomeni complessi in cui l’innovazione tecnologica, la circolazione globale delle informazioni e la fluidità delle reti sociali modificano radicalmente il modo in cui il crimine organizzato si struttura, comunica e riproduce sè stesso,” ha concluso.
Ecco perchè “per contrastare le mafie nel dominio digitale è fondamentale svecchiare i protocolli d’indagine, aggiornandoli alle nuove sfide tecnologiche e criminali, e dotarsi di personale altamente qualificato dal punto di vista informativo”, ha commentato Nicola Gratteri. “Solo attraverso un approccio professionale e competente è possibile raccogliere, analizzare e utilizzare i dati in maniera efficace. Parallelamente, è necessario omologare la strategia normativa, garantendo coerenza e continuità nell’azione di contrasto, evitando discontinuità che possano indebolire la capacità dello Stato di fronteggiare questo tipo di minacce”. Per il presidente della Commissione antimafia, Chiara Colosimo, “la criminalità organizzata ha sempre dimostrato di stare al passo con i tempi, e noi dobbiamo avere la prontezza di rispondere alle nuove forme di comunicazione. La mafia, la ‘ndrangheta e la camorra veicolano attraverso i social media un messaggio deviante e distruttivo, soprattutto per le nuove generazioni, che va contrastato e combattuto utilizzando tutti gli strumenti digitali a nostra disposizione. Bisogna assolutamente evitare l’effetto fascinazione. Proprio per questo – ha concluso – la Commissione antimafia da me presieduta ha voluto lanciare un segnale forte e concreto su questa tematica firmando un protocollo d’intesa con TikTok perchè la lotta alle mafie passa anche attraverso i canali digitali e richiede la collaborazione di tutti, istituzioni e aziende comprese. Antonello Colosimo ha evidenziato la “forte versatilità raggiunta dalle organizzazioni criminali nel rendersi duttili, utilizzando proprio le piattaforme digitali, la cui facilità di utilizzo e la diffusione pressocchè universale offre loro mercati e bacini di utenza non immaginati”.
Ma il Rapporto dimostra che, oltre che investire su strumenti normativi e tecnologici, urge sviluppare anche un nuovo paradigma interpretativo. In un’epoca in cui la criminalità muta forma, linguaggio e strategie comunicative, “comprendere e definire la mafiosfera diventa un compito urgente per le scienze della comunicazione, chiamate non solo ad analizzare ma anche a intervenire criticamente nello spazio simbolico che costituisce oggi uno dei terreni principali dello scontro tra mafie e antimafia”, ha detto Ravveduto. Questa urgenza non riguarda solamente l’Italia e l’Europa, ma tutte le realtà nazionali e continentali che devono applicare paradigmi innovativi per l’interpretazione di fenomeni mafiosi e similari.
Dello stesso parere il presidente della Fondazione Magna Grecia Foti secondo cui “conoscere come i clan criminali sfruttino strumenti di comunicazione globale significa offrire alle istituzioni, alle Forze dell’ordine, ma anche al mondo della scuola e alla società civile, strumenti interpretativi e critici per promuovere un’assunzione di responsabilità collettiva: se le mafie hanno imparato a usare la tecnologia per diffondere fascinazione e consenso, noi dobbiamo usarla per costruire libertà, legalità e fiducia”. La Fondazione continuerà pertanto a investire in questo impegno, convinta che la conoscenza non sia soltanto la prima forma di difesa, ma anche lo strumento attraverso cui sviluppare senso critico, coltivare pensiero creativo ed emanciparsi da idee precostituite. Solo così sarà possibile contrastare l’ignoranza e la violenza, e costruire una società capace di leggere i segni del presente per aprirsi a un futuro più giusto e consapevole.
-foto Fondazione Magna Grecia –
(ITALPRESS).


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