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Cronaca

Capone “Insegnare a scuola la sicurezza sul lavoro”

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MILANO (ITALPRESS) – “Bisogna avere una consapevolezza della sicurezza. Abbiamo proposto al governo precedente e anche a questo di introdurre l’insegnamento della sicurezza sui luoghi di lavoro coinvolgendo il sistema scolastico. Da ogni scuola usciranno ragazzi che avranno maturato una consapevolezza, sia se saranno imprenditori sia se saranno lavoratori”. Lo ha detto Paolo Capone, segretario generale dell’Ugl, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’agenzia Italpress. “La tragedia di Firenze – ha affermato – ha evidenziato che purtroppo in questo paese si muore ancora per lavoro, troppo spesso. Parliamo di mediamente 1.300 morti l’anno. Non è soltanto un numero. E’ un problema che non dovrebbe manifestarsi perchè non esiste la fatalità: nel ciclo produttivo tutto è prevedibile. Se tutto è fatto come previsto non deve e non può succedere niente”.
Si discute sulle nuove norme. “L’introduzione dell’omicidio sul lavoro è un tema forte. Non sono contrario – ha detto – però bisogna tenere presente che è un intervento ex post, non è prevenzione”. Secondo Capone è “importante dotare gli ispettori di un’agenzia unica” che si occupi “di tutte le ispezioni in modo che possa intervenire in maniera sistematica”.
“Ci sono denunce all’Inail di 550 mila incidenti annuali. Fortunatamente non tutti sono gravi e letali ma è su questo bisogna lavorare”, ha aggiunto.
Per quanto riguarda il salario minimo, “abbiamo più volte confermato che non era una risposta. L’Europa impone – ha continuato – l’adozione di un salario minimo da applicare in quelle nazioni dove non c’è una contrattualistica così diffusa: se l’80% dei lavoratori di un paese non è coperto bisogna applicare il salario minimo secondo le direttive europee. Noi siamo a oltre il 90% di copertura contrattuale, quindi non siamo in quella tipologia”. Inoltre per Capone “il rischio è che se una qualunque azienda applica il salario minimo ai suoi lavoratori” poi non applica “il contratto collettivo nazionale” e “si trova in una situazione di legalità perfetta”. “Rischia di diventare – ha proseguito – un salario ancora più basso. Si dice che questo non succederà mai nelle grandi aziende ma il nostro sistema produttivo per l’80% è fatto di piccole e medie aziende. C’è un rischio di perdita di remunerazione ma anche di diritti”.
Per il segretario dell’Ugl “bisogna imporre a tutti la contrattazione collettiva” e poi c’è la questione dei “salari medi” che “sono troppo bassi”. “Abbiamo riproposto al governo Meloni questo tipo di tematica – ha affermato – e abbiamo detto che se non è possibile aumentare il salario reale attraverso la negoziazione sindacale, perchè poi perderemmo di produttività come sistema paese, è importante usare la leva fiscale. Tanto che c’è stato un intervento importante sul taglio del cuneo fiscale per i salari più bassi che ha consentito di avere in busta paga fino a 100-120 euro in più al mese in virtù di un taglio sul costo del lavoro. Secondo noi deve essere un provvedimento strutturale”.
Come sono i rapporti con il governo? “Buoni – ha detto -, come tutte le altre organizzazioni sindacali siamo chiamati al confronto. Il presidente del Consiglio Meloni ha un’attenzione al confronto con le parti sociali, anche con i rappresentanti dei sindacati. Sono molto soddisfatto dell’attenzione. L’ultima è stata una finanziaria che è andata verso la direzione di sostenere le famiglie e i lavoratori più fragili. Per esempio, 7 miliardi di euro per il rinnovo del contratto del pubblico impiego, tre miliardi sul rinnovo dei contratti della sanità e hanno tagliato il cuneo fiscale. Poi noi avremmo fatto qualcosa di più sul sistema previdenziale e lo abbiamo detto. Post Quota 100 non ha ancora trovato una stabilizzazione che consentisse di uscire dal ciclo produttivo prima dei 67 anni. Ci sono piccoli aggiustamenti. Si deve fare sicuramente di più”.
In ogni caso, secondo Capone, “qualunque sia il governo e l’interlocutore, la preoccupazione è avere una stabilità che consenta alla politica che mettono in campo, qualunque sia, di avere il tempo di manifestarsi nella sua pienezza. Siamo un paese caratterizzato per decenni da governi molto brevi. Se un governo ha una sua durata naturale – ha affermato – tranquillizza noi, i mercati e gli imprenditori. Va verso una direzione di maturità. Di destra o di sinistra, a noi interessa che siano maturi e che affrontino i problemi”.
Per quanto riguarda la situazione di Stellantis e dell’ex Ilva, “secondo me le industrie strategiche del Paese dovrebbero rimanere a controllo statale”, ha detto. “Abbiamo bisogno di acciaio e lo dobbiamo produrre noi, non possiamo vendere i nostri siti produttivi e il nostro pacchetto clienti a indiani, francesi o chiunque altro e poi trovarci lo stabilimento chiuso e i clienti persi”. Per Capone “dobbiamo assumerci la responsabilità di prendere in mano le aziende che servono alla nostra economia e, se non gestirle direttamente, controllarle molto più attentamente”.

– foto Italpress –
(ITALPRESS).

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Urso “L’industria 5.0 è un incentivo per le imprese”

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CERNOBBIO (ITALPRESS) – “La misura Industria 5,0 è importantissima in un momento così decisivo per fare un incentivo forte all’innovazione delle nostre imprese, a rendere più competitive sia per quanto riguarda l’utilizzo della tecnologia digitale sia per quanto riguarda la tecnologia green e l’efficientamento energetico e altrettanto per la formazione di personale”.
Lo ha detto il ministro delle imprese e del made in Italy Adolfo Urso a margine dei lavori del Forum TEHA in corso a Villa d’Este a Cernobbio.
“Industria 5.0 è la misura più importante e più innovativa che in questi mesi hanno messo in campo i Paesi europei e lo ha fatto l’Italia, perchè l’unica misura che mette insieme l’innovazione digitale con l’industria 4.0 e l’innovazione e l’efficientamento economico green, attraverso le risorse del Pnrr – ha aggiunto – Essendo parte delle risorse derivanti dal Pnrr, attraverso il Repower Eu, vanno assolutamente integrate entro il 2025, per essere rendicontate entro giugno 2026. Per questo un’eventuale proroga di questa misura va contrattata in sede europea, così come qualunque modifica alla misura come è stata realizzata va comunque comunicata alla commissione europea”.

– Foto: Agenzia Fotogramma –

(ITALPRESS).

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Imprese e tecnologia, uno studio “Necessario new deal delle competenze”

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CERNOBBIO (COMO) (ITALPRESS) – Nel mondo è in corso una vera e propria rivoluzione industriale data dall’integrazione pervasiva delle tecnologie digitali in azienda, che oggi accelera ulteriormente grazie all’intelligenza artificiale. Questa centralità di tecnologia e innovazione rende necessario sviluppare un nuovo paradigma nella relazione tra uomo e tecnologia: la società 5.0, dove la tecnologia non è più un qualcosa che sostituisce, ma diventa un abilitatore di nuovi modelli di cittadinanza e lavoro che vedano l’individuo al centro.
In questo contesto, la chiave per la competitività è l’innovazione, che è a sua volta alimentata dalle competenze. E’ questo il principio che ha guidato la realizzazione dello Studio “Italia 5.0: le competenze del futuro per lo sviluppo dell’innovazione nell’epoca dell’intelligenza artificiale in Italia e in Ue”, elaborato da TEHA Group in collaborazione con Philip Morris Italia, presentato oggi nell’ambito della 50esima edizione del Forum di The European House – Ambrosetti, in una conferenza stampa cui hanno preso parte Massimo Andolina (Presidente Regione Europea, Philip Morris International), Marco Hannappel (Presidente e Amministratore Delegato, Philip Morris Italia – VP South West Europe Cluster) e l’Advisor scientifico e portavoce dell’iniziativa Giorgio Metta (Direttore Scientifico, Istituto Italiano di Tecnologia).
La ricerca si è posta l’obiettivo di definire gli elementi per un New Deal delle competenze per trasformare il nostro Paese in un’Italia 5.0 – in grado di cogliere da protagonista tutti i benefici derivanti da innovazione, digitalizzazione e nuove tecnologie – che rappresenti anche un modello da esportare a livello europeo. Lo studio ha fatto leva su un’ampia attività di stakeholder engagement, che ha visto la partecipazione di oltre 10 vertici di imprese, delle istituzioni e delle associazioni di categoria in interviste riservate, nonchè il coinvolgimento di oltre 450 imprese da 4 Paesi UE (Italia, Germania, Francia, Spagna) in una survey, somministrata in collaborazione con Coldiretti, per misurare digitalizzazione e competenze nei settori agricolo e manifatturiero.
Secondo Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di TEHA Group e The European House – Ambrosetti, “per cogliere appieno le opportunità offerte dalle nuove tecnologie e dall’intelligenza artificiale, è chiave per l’Italia muoversi verso un nuovo paradigma di dispiegamento tecnologico: quello della Società 5.0. Per costruire un’Italia 5.0 è strategico il ruolo delle aziende capofiliera: l’Italia è infatti un Paese di PMI, che generano il 48% del valore aggiunto del Paese e impiegano il 57% degli occupati, ma sono più in difficoltà rispetto a digitalizzazione e competenze, per cui è necessario il ruolo di stimolo della grande impresa. Inoltre, le competenze sono chiave, soprattutto per cogliere i benefici dell’intelligenza artificiale: il Paese è in ritardo, serve un Piano Marshall delle competenze”.
“La ricerca conferma – anche con le testimonianze dirette provenienti dal mondo delle aziende – che il capitale umano è oggi l’elemento chiave della competitività delle imprese e della crescita dell’economia, elemento ulteriormente valorizzato dalla rivoluzione dell’intelligenza artificiale”, ha sottolineato l’Advisor scientifico dell’iniziativa Giorgio Metta, Direttore Scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia. “l’Italia è un Paese di eccellenze anche nella ricerca e nell’istruzione. Tuttavia, l’Italia ha un problema di scala sulle competenze: nonostante le eccellenze, l’Italia sconta un ritardo sistemico sulle competenze digitali, sia di base che avanzate: mancano infatti 15 milioni di cittadini da alfabetizzare al digitale, aumentare gli iscritti a corsi di laurea ICT e agli ITS e puntare sulla formazione continua”.
Per Massimo Andolina, Presidente Regione Europea di Philip Morris International, “L’ambizione dell’Italia può e deve essere quella di abbracciare un nuovo paradigma di sviluppo per posizionarsi come modello da esportare in Europa. Per colmare il gap di competenze digitali occorre partire dalle esperienze più virtuose e da una collaborazione pubblico-privato di tipo strutturato. In questo momento storico è fondamentale, da una parte, tenere il passo dell’innovazione, guidandola, per mantenere alta la competitività;
dall’altra parte garantire il più ampio accesso possibile a percorsi di formazione all’avanguardia, che accompagnino i professionisti lungo il loro intero percorso in azienda”.
Secondo Marco Hannappel, Presidente e AD di Philip Morris Italia, “L’esperienza di Philip Morris Italia è emblematica: grazie alle competenze all’avanguardia della nostra filiera integrata – che oggi coinvolge oltre 41.000 persone e più di 8000 imprese – abbiamo costruito negli anni un modello di business invidiato in tutto il mondo, il cui principale driver è sempre stato la capacità di innovare. I dati oggi mostrano i frutti di questo percorso virtuoso e quanto il ruolo di capofiliera sia essenziale, in particolare nel mondo agricolo: grazie agli accordi di programma sottoscritti negli anni da Philip Morris con il Ministero dell’Agricoltura e con Coldiretti, gli agricoltori aderenti all’iniziativa mostrano dati sull’innovazione sensibilmente migliori rispetto alla media Italiana ed Europea: l’89% di tali aziende dichiara di aver realizzato o di avere in corso progetti agritech rispetto al 46% della media italiana e al 77% della media UE.” Sulla base delle prospettive emerse dallo studio, sono state elaborate 5 proposte chiave per lanciare il New Deal delle competenze per un’Italia 5.0: Formazione in ingresso; Formazione permanente; Digitalizzazione delle Piccole e Medie Imprese; per dimensione economica, impatto occupazione e propensione all’innovazione, la presenza di un’impresa capofiliera è determinante per la digitalizzazione di tutte le altre aziende coinvolte nella filiera; Collaborazione pubblico-privato.

Foto: ufficio stampa Philip Morris Italia

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Martin vince la sprint di Misano davanti a Bagnaia

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MISANO ADRIATICO (ITALPRESS) – Jorge Martin, in sella alla Ducati Prima Pramac, ha vinto la sprint race del Gran Premio di San Marino, disputata sul circuito di Misano. Partito dalla quarta casella, lo spagnolo è riuscito a “sverniciare” Pecco Bagnaia e Franco Morbidelli, prendendo la leadership della corsa sin dalla prima curva. Bagnaia chiude al secondo posto: il distacco del ducatista da Martin in campionato sale così a 26 punti. A completare il podio Morbidelli, terzo con l’altra Desmosedici del team Pramac. Enea Bastianini (Ducati Lenovo) si deve accontentare, invece, della quarta piazza, quinto in rimonta Marc Marquez (Ducati Gresini). Nell’ordine, completano la top ten Pedro Acosta, Brad Binder, Jack Miller, Fabio Quartararo ed Alex Marquez. Sono caduti Di Giannantonio e Bezzecchi.
– foto Ipa Agency –
(ITALPRESS).

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