Cronaca
TERRE D’OLTREPÒ, SECONDO ACCONTO: 4.6 MILIONI DI EURO AI SOCI E NIENTE ACCESSO AL CREDITO. SALGONO I VALORI SU BASE ANNUA
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8 mesi fa-
di
Redazione
Il Gruppo Terre d’Oltrepò del nuovo corso tiene fede alle promesse nei fatti e nei numeri. Il consiglio d’amministrazione ha deliberato lunedì pagamenti per 4.6 milioni di euro: è cominciata la liquidazione ai soci del secondo acconto delle uve della vendemmia 2023 e a dominare è il segno “più”, sebbene in un frangente d’incertezza per il vino italiano sia sul mercato interno che internazionale. La media prezzi è la più alta riconosciuta nell’intero Oltrepò. La remunerazione al quintale del Riesling cresce fino al 47% (a seconda della fascia) segnando una aumento di 13 euro al quintale; il Barbera cresce tra il 17 e il 23%; cresce la Croatina Igp del 7%; il Buttafuoco cresce del 4%; il Moscato cresce tra il 10 e il 20%; lo Chardonnay cresce tra il 17 e il 24%; il Pinot nero atto a Docg in cassetta segna si mantiene sostanzialmente stabile nonostante dopo il sovrapprezzo dell’annata precedente rispetto ai valori di mercato mantenendo i 90 euro + iva contestualizzati all’inizio della scorsa vendemmia (circa 100 euro di valore lordo) ; il Pinot grigio cresce del 15% (55 euro + iva al quintale); il Sangue di Giuda cresce fino al 4%. Laddove i valori su base annua non crescono è solo per due ragioni: mercati in contrazione (fatto nazionale) e prezzi sovrastimati l’annata precedente, visto che poi il vero e grande padrone è il mercato che non va subito ma che va certamente letto in sede di strategia d’impresa nelle sue evoluzioni: stili, tendenze e abitudini di consumo sono cambiate negli ultimi due anni.
Un risultato tangibile quello di Terre d’Oltrepò ottenuto per di più interrompendo l’esercizio dell’accesso al credito bancario, quello che subito è “doping” ma che poi paga tutta la cooperativa, con gli interessi, negli anni a venire. L’impegno del consiglio d’amministrazione insediatosi un anno fa dà i suoi primissimi frutti grazie anche alla strategia declinata da Umberto Callegari, amministratore delegato della prima cooperativa vitivinicola della Lombardia da soli 7 mesi. Nonostante i rincari generalizzati e l’effetto domino delle forti tensioni internazionali in atto, i soci stanno per ricevere una media di 15 euro al quintale.
Umberto Callegari commenta così il risultato: “E’ un cammino che comincia con un modus operandi diverso dal passato. Credo sia importante non aver fatto accesso al credito, pratica sbagliata e abusata negli anni precedenti. Molto meglio proteggere la base sociale e riflettere sulla reale possibilità di posizionamento delle uve sul mercato. La flessione dei rossi è un trend globale che è in atto ormai da decenni con cui occorre concentrarsi (la Francia ad esempio ha per questo deciso di ridurre la produzione dei vini rossi per puntare decisamente sul Rosè). Il rosso frizzante è particolarmente sotto pressione anche per cause connesse al tipo di vino e al modello operativo, non avendo una filiera completa territoriale. A crescere di più sono, come nel resto del mondo, le uve bianche come base spumante e quelle con sbocchi internazionali”. Callegari descrive l’inizio di un cammino: “Ripartiamo da remunerazioni corrette, più alte in media di quelle riconosciute anche da colossi internazionali con ben altri fatturati rispetto al nostro. È importante sottolineare come questi valori siano determinati dal mercato esattamente come accade per le diverse materie prime e commodities. Se siamo attenti e razionali, possiamo derivare indicazioni utili su dove andare e come evolvere da qui ai prossimi anni. Credo che una cantina sociale debba dare indicazioni anche sulla rotta da seguire e su quali varietà investire e credo che questo corso lo stia facendo. Non sono le cantine che fanno i prezzi ma è il mercato. La cantina deve essere efficace ed efficiente, tenere costi bassi, badare a una buona organizzazione interna, restituire risultati ai soci tenendo bassi i costi”. E qui la riflessione più importante: “Il contenimento dei costi e la restituzione di utili in crescendo nel volgere del tempo è possibile solo attraverso la concentrazione dei conferimenti su di unico polo industriale. Questa cantina (Terre d’Oltrepò) è fatta per generare la miglior performance a partire da almeno 400/500 mila quintali di uve conferite ogni vendemmia. Più uva arriva più basso è il costo, più alta la remunerazione dei soci. Ovviamente l’opposto accade al diminuire dei conferimenti. Bisogna crederci tutti, restare uniti ed evitare di polverizzare risultati che possono invece nascere dal nostro bacino vitivinicolo tramite l’unione d’intenti”. È importante che questo si comprenda nell’interesse dei soci.
Umberto Callegari spiega che la rotta impostata è quella vincente: “Mi sembra che siamo sulla strada giusta nonostante il difficile momento di mercato a livello nazionale ed internazionale, come confermano tutti gli osservatori statistici anche nelle ultime settimane”. L’amministratore delegato di Terre d’Oltrepò sottolinea che il cambiamento contenuto nel nuovo piano industriale presentato ai soci è la via maestra per fare sempre meglio nei prossimi anni: “Il modello operativo dello sfuso dà meno spazi di manovra, è più fragile e sicuramente meno remunerativo (basta leggere i bilanci delle altre aziende simili) ma stiamo cambiando puntando sul vino imbottigliato e sul posizionarci a valore sia in grande distribuzione che sul canale alberghi, ristoranti ed enoteche, in Italia ed all’estero che oggi rappresenta circa il 70% del valore del vino italiano e che fino a 7 mesi fa era una dimensione preclusa a Terre d’Oltrepò. Crediamo sia possibile creare valore in questo senso anche con i nostri brand (su tutti La Versa), che devono tornare a brillare come emblema dell’Oltrepò Pavese Metodo Classico Docg”. Una riflessione importante quella sulla necessità di un approccio sistemico ed industriale “Credo che aggregazione ed un approccio sistemico industriale con una forte dimensione di servizio per i nostri partners siano l’unica strada per il futuro di un settore sempre più capital intensive, con un costo del capitale investito (COIC) spesso superiore al ritorno sullo stesso (ROIC) e dalle dinamiche di consumo sempre più polarizzate ed in profondo cambiamento. Non è un’opinione, è l’economia.”
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RedazioneROMA (ITALPRESS) – “Non farò il presidente della Repubblica”. Lo dice il presidente del Senato, Ignazio La Russa in una lettera a Repubblica, manifestando il suo “Disinteresse totale” per la corsa al Quirinale nel 2027. “La mia storia lo renderebbe problematico – ammette -. Ma soprattutto non coincide con le mie ambizioni e con il mio desiderio di potermi schierare sulle cose che reputo importanti” e conservare “la libertà di dire, sia pure ogni tanto, quello che penso senza ipocrisie”. “So e capisco che quasi sempre (o sempre?) chi diventa presidente del Senato un minuto dopo conforma il suo agire alla possibile prospettiva di futuro presidente della Repubblica – scrive La Russa -. Io ho volutamente avuto una diversa postura, proprio perchè non ci ho mai pensato e nemmeno mai l’ho desiderato. Per cui, se Repubblica vuole interrogarsi sulle ipotesi più improbabili si chieda cosa voteresti per avere Schlein al posto della Meloni? O meglio, cosa sareste disposti a votare pur di non averla”.(ITALPRESS).
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Pubblicato
3 ore fa-
23 Novembre 2024di
RedazioneMILANO (ITALPRESS) – Aveva promesso un cambio di passo per l’Isola e quasi a metà legislatura, l’obiettivo sembra essere compiuto. E’ quanto riconosce il quotidiano Milano Finanza al presidente della Regione Sicilia, Renato Schifani. Lo certificano, secondo l’articolo, i dati del consuntivo del 2023 presentato dall’amministrazione, ma anche i numeri della Banca d’Italia, che vedono il pil crescere dell’1%, e di Unioncamere, che confermano la crescita di valore aggiunto prodotto dai territori e le agenzie internazionali hanno messo la Sicilia sotto una luce nuova: BBB con outlook stabile per Fitch, lo stesso di Standard & Poor’s, mentre Moody’s ad aprile lo ha alzato da Ba1 a Baa3. Alla base di ciò, dice l’ultimo aggiornamento della Banca di Italia di metà novembre, ci sono un settore delle costruzioni che riesce a crescere nonostante la fine del Superbonus, un’espansione del turismo e dell’occupazione in generale, anche se la manifattura segna il passo. Il disavanzo regionale da ripianare, inoltre, è stato pertanto ridotto dai 7,3 miliardi del 2018 agli attuali 897 milioni di euro. “Si tratta di un record – commenta Schifani a Milano Finanza – che ci pone a un passo dal conseguimento di un risultato storico: il risanamento dei conti della Regione. Grazie alla crescita e alle prudenziali politiche di bilancio volute dal mio governo, e di questo va dato merito al precedente assessore all’Economia Marco Falcone, abbiamo ripianato il disavanzo riducendo di più di 3 miliardi le passività. Al contempo con il via libera sblocchiamo le risorse per la firma del rinnovo contrattuale dei regionali, che confidiamo avvenga nei prossimi giorni. Un altro impegno che abbiamo mantenuto”.(ITALPRESS).
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