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CANTINA DI CANNETO, L’INCHIESTA DIONISO CONTINUA E ORA I SOCI PREMONO PER LA RICHIESTA DANNI

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Emergono dettagli sul sequestro preventivo di beni per 750mila euro nell’ambito dell’inchiesta per il vino contraffatto e adulterato alla Cantina sociale di Canneto Pavese. A febbraio del 2020 erano già scattati gli arresti domiciliari per cinque persone mentre altre due avevano ottenuto l’obbligo di firma alla polizia giudiziaria. L’inchiesta, coordinata dal procuratore Mario Venditti e dal sostituto, Paolo Mazza, non è ancora chiusa e i soggetti coinvolti a vario titolo sono stati rimessi in libertà, in attesa della chiusura dell’attività investigativa.

Ieri Guardia di finanza e i carabinieri hanno sequestrato denaro e immobili, nelle province di Pavia e di Cremona, a tre persone che erano state arrestate. Si tratta di Alberto Carini, 48 anni, residente a Castelverde in provincia di Cremona che era presidente e consigliere delegato del consiglio di amministrazione della Cantina di Canneto Pavese; Claudio Rampini, 65 anni, residente a Santa Maria della Versa, finito nell’inchiesta in qualità di mediatore di vini; Carla Chiolini Colombi, 67 anni, di Montescano, ex vicepresidente della Cantina di Canneto Pavese.

Nel febbraio del 2020 erano stati eseguiti 5 arresti e 28 perquisizioni domiciliari nei confronti di persone, aziende vitivinicole e laboratori analisi.Il Gip del tribunale di Pavia Luigi Riganti ha accolto la richiesta della procura e ha disposto il sequestro preventivo ai fini della confisca in via diretta del profitto che, secondo l’accusa, sarebbe stato ricavato a seguito dei reati commessi. Un sequestro che riguarda beni mobili e immobili e saldi attivi dei conti correnti dei tre indagati considerati ai vertici dell’organizzazione.

Si fa ora sempre più tesa la situazione all’interno della Cantina di Canneto che ha cambiato tre presidenti in meno di due anni. Dal canto suo il consiglio d’amministrazione ha smentito i “rumors” che parlavano di una società sull’orlo del fallimento e si sta facendo di tutto per evitare la messa in liquidazione. Il punto dolente sono i pagamenti delle uve ai soci: per quanto riguarda il 2019, chi ha siglato l’accordo con le banche inizierà a ricevere i soldi dalla prossima primavera, mentre non si sa ancora nulla dei pagamenti della vendemmia 2020. I soci, inoltre, chiedono di sapere quando sarà convocata l’assemblea per l’approvazione del bilancio e per capire le strategie che la dirigenza ha in mente per cercare di risollevare la cantina. In una lettera inviata ai vertici della Cantina, si chiedono lumi sull’avvio dell’azione di responsabilità che la cantina, nel corso delle assemblee estive, si è impegnata ad attuare per chiedere i danni agli ex vertici coinvolti nell’inchiesta giudiziaria. 

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LA RIPARTENZA DELL’OLTREPÒ PAVESE È UMBERTO CALLEGARI
Il nuovo software installato da Umberto Callegari, CEO di Terre d’Oltrepò, continua a dare frutti. Lui è stato l’artefice del cambio di paradigma e di modello strategico sia all’interno dell’azienda che su scala territoriale tra meritocrazia, competenza e riorganizzazione generale. L’obiettivo? Creare valore, sostenibilità economica e nuovi mercati. Il “reset” di Callegari è stato di respiro territoriale, sebbene pesino ancora le scelte sbagliate e i conti da pagare per gli scivoloni del passato. Il Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese il 20 febbraio ha approvato due riforme decisive che segnano un punto di svolta dopo anni di divisioni interne. Dopo lunghe controversie tra cooperative e cantine private, nonché tra i vari attori della filiera, è stato adottato un nuovo statuto che ridefinisce il sistema di rappresentanza all’interno del Consorzio. In particolare, la nuova normativa prevede che ogni socio abbia diritto a un minimo di 10 voti, indipendentemente dalla propria capacità produttiva, al fine di dare maggior peso ai piccoli produttori, numericamente più numerosi ma tradizionalmente con minor influenza decisionale, senza però compromettere il criterio di proporzionalità basato sui dati produttivi. Parallelamente è stato introdotto un nuovo disciplinare per lo spumante Oltrepò Pavese Metodo Classico DOCG, che si chiamerà “Classese” per evidenziare la sua identità storica e la qualità distintiva. Le modifiche sono state accolte con grande consenso: lo statuto ha ottenuto il voto favorevole di oltre il 98% dei presenti, mentre il nuovo disciplinare ha visto l’approvazione di oltre il 93% dei partecipanti. Queste riforme non solo mirano a valorizzare il prodotto di punta della denominazione, ma rappresentano anche un passo fondamentale per rilanciare l’intera filiera produttiva dell’Oltrepò Pavese, un territorio rinomato per la coltivazione del Pinot nero e altre importanti varietà come Croatina, Riesling e Pinot grigio. In sostanza, grazie a queste innovazioni, il Consorzio si prepara a un futuro più armonizzato e competitivo, superando le tradizionali divisioni interne e promuovendo una filiera unificata e maggiormente rappresentativa.

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