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Economia

Banca Generali, nel nuovo piano utile e dividendi in crescita

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Il Cda di Banca Generali ha approvato le linee guida del piano strategico e finanziario 2022-2024. L’ambizione strategica è quella di essere gli interlocutori qualificati per un numero sempre più ampio di famiglie, potendo contare sulle competenze uniche dei propri consulenti finanziari, affiancati da un innovativo approccio al digitale, e su un modello di business scalabile. Gli obiettivi sono: Aumento del target di mercato potenziale. Avvicinare e accompagnare nuovi segmenti di clientela al mondo della consulenza e alla propria gamma di soluzioni grazie a un’offerta sempre più personalizzata e a modelli di servizio scalabili dai propri consulenti finanziari; Data Driven Bank, si punta ad espandere l’ecosistema di piattaforme e strumenti digitali per creare una rosa di soluzioni ancor più a misura dei bisogni dei consulenti finanziari e dei clienti. La valorizzazione del dato e le sue modalità di elaborazione diventano cruciali per generare nuove opportunità di crescita nel servizio, nella relazione di fiducia, e nello sviluppo territoriale; Sostenibilità verso gli stakeholders. Partendo dalla trasparenza, efficienza e qualità del servizio si punta a far crescere l’approccio sostenibile fissando nuovi ambiziosi target. Il tutto, nel rispetto dell’ambiente e delle persone, perseguendo l’obiettivo di creare valore per tutti gli stakeholders. Il piano 2022-2024 prefigura uno sviluppo significativo della banca: Raccolta netta cumulata di 18-22 miliardi; Crescita dell’utile ricorrente pari a 10-15% CAGR nel 2022-2024; Dividendi cumulati pari a 7,5-8,5 euro per azione nel periodo 2022-2025. L’ampliamento dell’offerta verrà accompagnato da un rafforzamento del modello di servizio incentrato sul consulente finanziario. Nello specifico si rafforzerà l’azione del consulente finanziario attraverso la predisposizione di tre modelli di servizio specifici, differenziati per contenuti, assistenza e accessibilità digitale. Modello Enhanced, un modello ‘double-touch’ per clientela HNW che unisce ad una sofisticata piattaforma data driven le capacità dei Consulenti finanziari e le competenze di team specializzati interni ed esterni alla struttura, garantendo così un’ampia rosa di contenuti, analisi, servizi e partnership per rispondere ad ogni esigenza. Modello Guided, un modello ‘ibrido’ destinato principalmente alla clientela Affluent che unisce la componente tecnologica allo “human touch”, mantenendo la parte relazionale in capo ai Consulenti e delegando alle piattaforme tecnologiche la costruzione dei portafogli di investimento e il loro mantenimento nel tempo, così come la gestione amministrativa. Il modello Guided prevede un forte contributo da parte della Banca nella mappatura dei profili di rischio e nella generazione e gestione delle proposte di investimento. Modello Self, un modello ‘digitale’ per clienti che preferiscono gestire in autonomia le loro attività. Il modello prevede la presenza all’interno del nuovo Home Banking di un ampio ecosistema di servizi digitali che integra le migliori soluzioni fintech disponibili quali il digital investing, i digital assets, la sostenibilità e l’instant lending ed altre piattaforme nel tempo sviluppate per i consulenti finanziari. Quanto all’innovazione, si punta a un ulteriore progresso lungo tre direttrici: utilizzo integrato dei dati; evoluzione della gamma di asset digitali; monitorare e selezionare le innovazioni tecnologiche per essere sempre all’avanguardia nei trend del settore. Inoltre, la banca intende rafforzare ulteriormente l’approccio commerciale legato alla sostenibilità. Quanto agli obiettivi finanziari, si stima per il prossimo triennio 2022-2024 un flusso cumulato di raccolta netta compreso tra i 18 e i 22 miliardi, che per la quota più rilevante, circa i due terzi del totale (13-16 miliardi) sarà generata in modo organico dalla rete esistente tramite incremento dello share of wallet e acquisizione di nuova clientela. Su queste basi, le masse gestite e amministrate per conto della clientela a fine 2024 vengono stimate in un range di 105-110 miliardi. Si stima un’incidenza delle soluzioni gestite, pari al 52% del totale a fine 2021, in un range compreso tra il 52% e il 56% al 2024 trainato in particolare dai fondi di casa e dai wrapper assicurativi. Le masse riferite ai contratti di consulenza evoluta, pari all’8,5% delle masse totali a fine 2021, sono attese in crescita in un range compreso tra l’8,5%-10,5% al 2024. La banca si pone l’obiettivo di generare una crescita media ponderata (CAGR) degli utili ricorrenti pari al 10-15% nell’arco di piano 2022-2024. Banca Generali intende distribuire dividendi secondo una cash view in crescita costante nell’arco di piano puntando a ridurre la volatilità dei dividendi attraverso una maggiore flessibilità del payout. A questo scopo è previsto un payout degli utili fissato per 70-80% sulla quota di utili ricorrenti, 50-100% sulla quota di utili variabili. Su queste basi e alla luce delle previsioni di utili, la banca si attende di poter distribuire 7,5-8,5 euro per azione di dividendi cumulati nel periodo 2022-2025, di cui 2,55 euro già annunciati.
(ITALPRESS).

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Completata la vendita della società EG Italia

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MILANO (ITALPRESS) – AD Multienergy, Vega Carburanti, Toil, Dilella Invest e Giap hanno proceduto all’acquisizione del 100% delle azioni della società EG Italia, operatore di riferimento nel settore della distribuzione carburanti e dei servizi di mobilità con una rete di circa 1.300 punti vendita dislocati in tutt’Italia a marchio Esso, operazione volta alla crescita e consolidamento della presenza di cinque importanti realtà imprenditoriali che procederanno alla ripartizione dei punti vendita attualmente detenuti da EG Italia. L’operazione ha completato con esito positivo l’iter autorizzativo previsto dalla normativa Golden Power e ha ricevuto il parere favorevole dell’Agcm. Il corrispettivo è stato calcolato su un enterprise value di 425 milioni.

Agostino Apa, amministratore delegato di Vega Carburanti, nominato dai soci presidente del Cda ed Enrico Zampetri presidente di Pad Multienergy hanno dichiarato: “E’ stata portata a conclusione una operazione unica nella storia del settore di cui siamo particolarmente orgogliosi. Il progetto, dopo una fase iniziale di gestione coordinata, prevede che ognuno degli operatori leader in diverse aree nazionali, valorizzi le risorse e gli asset in ambiti di competenza industriale e territoriale grazie ad investimenti mirati sulla rete EG garantendo la piena continuità aziendale. Ringraziamo tutti i soci, gli advisor ed i collaboratori che con il loro costante e fattivo supporto hanno consentito la riuscita del progetto”.

-Foto ufficio stampa Eg Italia-
(ITALPRESS).

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2 medie imprese su 3 del Mezzogiorno prevedono una crescita del fatturato

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MATERA (ITALPRESS) – Sono più ottimiste sull’andamento del proprio giro di affari, più propense ad aprirsi ai nuovi mercati internazionali, più interessate alla transizione ecologica. È questo l’identikit delle medie imprese del Sud, messe sotto la lente di ingrandimento nel rapporto “Scenario competitivo, ESG e innovazione strategica nelle medie imprese del Mezzogiorno” dall’Area Studi di Mediobanca, dal Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere presentato oggi a Matera. Si tratta di un comparto che, in ventotto anni, è pressoché raddoppiato arrivando a contare 408 società produttive di capitali a controllo familiare italiano, ciascuna con una forza lavoro compresa tra 50 e 499 unità e un volume di vendite tra i 19 e i 415 milioni di euro, e che ha generato l’11,8% del valore aggiunto manifatturiero prodotto nell’area. Nel 2024 il fatturato delle medie imprese del Mezzogiorno è cresciuto dell’1,8% (contro un calo dell’1,7% delle altre aree del Paese), dopo un aumento complessivo del 78,1% registrato nel precedente decennio (vs il 52,8% degli altri territori). Nel 2025, il 65,4% di queste realtà del Sud prevede di chiudere con un aumento del fatturato (contro il 55,4% di quelle del Centro-Nord). Tuttavia, le sfide non mancano: per il 23,2% delle Mid-Cap meridionali, ad esempio, il mismatch di competenze rischia di frenarne la crescita, mentre il 41,3% ritiene che la burocrazia potrebbe ostacolare il percorso verso la sostenibilità.

In aggiunta, tra le principali preoccupazioni figurano la concorrenza di prezzo e il caro-energia, indicati da circa due terzi del campione. Guardando al futuro, nei prossimi due anni, per rispondere alle criticità del contesto – a partire dai dazi – il 79,6% delle Mid-Cap meridionali dichiara di voler espandere la propria presenza in nuovi mercati (contro il 68,3% riferito alle altre aree). Inoltre, per supportare la propria transizione ecologica, tre imprese del Mezzogiorno su quattro puntano a ridurre le fonti fossili e ad adottare energie rinnovabili (contro il 66,6% del resto d’Italia).

“Le medie imprese del Mezzogiorno si confermano un importante volano di crescita del Sud e stanno dimostrando di poter correre anche più velocemente di quelle del Centro-Nord”. Lo ha detto il presidente di Unioncamere, Andrea Prete, che ha aggiunto “per questo vanno sostenute rimuovendo gli ostacoli che ne frenano lo sviluppo, a partire dagli incentivi per l’export e i servizi per l’internazionalizzazione dove le Camere di commercio possono dare il loro concreto supporto. Soprattutto dopo le difficoltà create dai dazi Usa”. “La crescita delle medie imprese del Mezzogiorno e la loro intenzione di reiterarla nel prossimo futuro segnalano la felice intersezione tra due attributi: quello geografico e quello relativo a uno specifico modello capitalistico. Si tratta di una tendenza che merita di essere sostenuta sia dal decisore pubblico sia dagli attori del mercato finanziario, penso in particolare a quei fondi di private equity che si fanno portatori di una vera proposta imprenditoriale e non semplicemente di misure di puro efficientamento”, sostiene il direttore dell’Area Studi Mediobanca, Gabriele Barbaresco.

“Le medie imprese lucane e quelle del Mezzogiorno sono le vere campionesse del capitalismo familiare e si mostrano pronte alle sfide globali: dalle transizioni in atto all’espansione su nuovi mercati. Sta a tutti noi sostenere questi sforzi di innovazione e internazionalizzazione, rimuovendo gli ostacoli e snellendo al massimo la burocrazia”, ha sottolineato il presidente della Camera di commercio della Basilicata, Michele Somma.

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Nel decennio 2014-2023 le medie imprese del Mezzogiorno hanno registrato una crescita del fatturato pari al +78,1% che si confronta con il +52,8% delle altre aree. Anche il tasso di competitività nello stesso arco temporale risulta di quasi 25 punti percentuali superiore agli altri territori. Peraltro, la tendenza positiva del giro d’affari è proseguita nel 2024 con un ulteriore incremento dell’1,8% (vs il -1,7% rilevato negli altri territori). Le Mid-Cap del Sud Italia mostrano inoltre maggiore ottimismo per il 2025: il 65,4% prevede di chiudere l’anno con un aumento del fatturato (55,4% nelle altre aree) e un ulteriore 21,2% stima di mantenerlo stabile (vs il 20,6%). Il contesto rimane tuttavia sfidante. A preoccupare le aziende di media dimensione è soprattutto la concorrenza di prezzo temuta dal 64% di quelle meridionali e dal 70,7% di quelle centro-settentrionali, mentre la competizione sulla qualità appare meno rilevante (22% vs 12,5%). Tra i fattori di criticità, la fiscalità continua a penalizzare le medie imprese, soprattutto nel Mezzogiorno. Nel periodo 2014-2023, il livello di tassazione delle Mid-Cap meridionali è stato costantemente superiore rispetto a quello delle altre aree, con un divario che ha generato un impatto significativo. Se queste aziende avessero beneficiato della stessa aliquota applicata a quelle delle regioni del Centro-Nord, avrebbero risparmiato circa 230 milioni di euro in un decennio.

A pesare sul clima di incertezza sono anche gli alti costi dell’energia. Oltre il 60% delle imprese del Mezzogiorno segnala di avere subìto un aumento della bolletta energetica (contro poco più del 50% delle altre aree). L’incremento di questi costi ha avuto un impatto significativo sui margini in più di 6 Mid-Cap del Mezzogiorno su 10 (55,5% nel CentroNord). Per far fronte al rincaro energetico, il 25,5% ha scelto di investire – o prevede di farlo – nelle fonti rinnovabili, mentre il 22,3% punta sull’ammodernamento degli impianti esistenti per aumentarne l’efficienza. Tra il 2014 e il 2023 l’occupazione delle medie imprese del Mezzogiorno è cresciuta del 34,5%, un ritmo superiore al +23,4% registrato nelle altre aree del Paese. La tendenza positiva è proseguita anche nel 2024, con un ulteriore incremento dell’organico pari al +5,2%, contro il +2,4% del resto d’Italia. Si tratta di segnali incoraggianti che si accompagnano, tuttavia, ad alcune fragilità strutturali. La presenza femminile si ferma al 12,9%, ben al di sotto del 26,2% rilevato nel Centro-Nord. Guardando all’età, il 21,4% dei dipendenti delle Mid-Cap del Sud Italia ha meno di 30 anni, meglio del 18% registrato altrove. Il problema più rilevante resta lo skill mismatch: 3 medie imprese del Mezzogiorno su 4 segnalano difficoltà nel reperire le competenze richieste, soprattutto tecnicospecialistiche. In questo ambito le aziende meridionali faticano, seppur meno rispetto a quelle delle altre aree (40,4% vs 55,3%). Le criticità riguardano anche i profili STEM (21,3% vs 18,9%) e green (19,1% vs 12,6%).

La difficoltà di reperimento delle competenze incide sul carico di lavoro dei dipendenti per il 47,8% delle Mid-Cap meridionali (contro il 49,4% delle altre aree) e sui costi di gestione per il 36,2% (contro il 37,4% del Centro-Nord). Questa criticità, inoltre, rappresenta un freno alla crescita aziendale per il 23,2% delle aziende di media taglia del Sud, rispetto al 19,3% delle altre zone. Per contrastare il mismatch, il 34,8% delle medie imprese meridionali punta ad investire in formazione continua e il 30,4% in automazione dei processi produttivi, similmente a quanto accade nelle altre aree (rispettivamente, 41,4% e 35,6%). Il futuro delle medie imprese passa attraverso crescita e investimenti (soprattutto nel Mezzogiorno) In risposta alle complessità del contesto economico, le medie imprese mostrano una forte propensione alla crescita. In particolare, il 79,6% di quelle meridionali dichiara l’intenzione di voler espandere la propria presenza in nuovi mercati nei prossimi due anni, una quota superiore rispetto al pur significativo 68,3% riferito alle aziende delle altre aree. Inoltre, 4 Mid-Cap del Sud Italia su 10 si dicono pronte ad aumentare la propria dimensione aziendale, contro il 28,9% di quelle localizzate altrove. Gli investimenti rappresentano un altro pilastro strategico per le medie imprese del Mezzogiorno: il 61,2% prevede di incrementare quelli in tecnologia (vs il 54,3% di quelle delle altre aree) e il 51% è impegnato nello sviluppo di nuovi prodotti e servizi, in linea con il 53% del resto d’Italia.

Particolarmente significativa al Sud è, inoltre, la spinta verso la sostenibilità con il 42,9% delle aziende che intende accelerare gli investimenti green, contro una quota più contenuta delle medie imprese degli altri territori (27,4%). Le medie imprese del Mezzogiorno mostrano un particolare interesse per la transizione ecologica, persino superiore a quello delle aziende del Centro-Nord, anch’esse sensibili al tema. In dettaglio, il 73,7% delle imprese meridionali (contro il 66,6% di quelle centrosettentrionali) punta alla riduzione delle fonti fossili e all’adozione di energie rinnovabili. L’approccio circolare alla gestione dei rifiuti e la promozione del riciclo coinvolgono il 63,2% delle imprese del Sud, rispetto al 61,9% del Centro-Nord, mentre il controllo responsabile delle catene di approvvigionamento interessa il 55,3% delle prime, contro il 37,5% delle seconde. Il principale ostacolo all’avvio di una strategia ambientale è rappresentato dalle difficoltà burocratiche, segnalate dal 41,3% delle medie imprese del Mezzogiorno e dal 32,9% di quelle delle altre aree. La politica ambientale europea può rappresentare per il 41,5% delle medie imprese del Mezzogiorno un’opportunità per migliorare l’efficienza energetica (contro il 38,5% delle altre aree), ma per il 12,8% essa aumenta il peso burocratico (16%) e per il 13,8% costituisce un costo economico (15,5%). Inoltre, solo il 12,8% di queste imprese è propenso a cogliere le opportunità che le politiche green dell’UE offrono nell’ambito dell’innovazione tecnologica (7,6% nelle altre aree).

Una media impresa del Mezzogiorno su quattro subisce un impatto elevato dai dazi introdotti dall’amministrazione americana e una su due prevede come effetto una riduzione delle esportazioni verso gli USA. In aggiunta, solo il 7,8% è disposto a sopportare il peso delle tariffe pur di continuare a vendere negli Stati Uniti. Anche per questo, il 35,3% punta su mercati esteri alternativi all’interno dell’UE, mentre il 20% cercherà nuove opportunità al di fuori dell’Unione. Non a caso, gli incentivi all’export sono lo strumento di supporto di gran lunga più richiesto dalle Mid-Cap del Sud (66,7%).

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– Foto screenshot rapporto “Scenario competitivo, ESG e innovazione strategica nelle medie imprese del Mezzogiorno” –

(ITALPRESS).

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Codice Etico di Confcommercio, approvato l’aggiornamento dal Ministero della Giustizia

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ROMA (ITALPRESS) – Il Ministero della Giustizia ha approvato la nuova versione, aggiornata con le ultime novità legislative, del Codice Etico di Confcommercio. Il Codice – già approvato dal Ministero negli anni 2003, 2009, 2016 e 2022 – è stato rivisto con particolare attenzione alle recenti sentenze di legittimità e sulla base degli interventi legislativi.

Tra i nuovi reati per i quali è prevista la responsabilità amministrativa degli enti vi sono: delitti contro il patrimonio culturale, reati informatici, delitto di frode nelle pubbliche forniture e reato di frode in agricoltura, reati di peculato, ulteriori reati tributari e i cosiddetti reati di contrabbando, reato di indebita destinazione di denaro o cose mobili, delitti contro gli animali, ulteriori reati societari con particolare riferimento alle operazioni transfrontaliere di fusione, trasformazione e scissione. La revisione ha, inoltre, comportato l’inserimento delle nuove Sezioni dedicate a “Crisi d’Impresa e dell’insolvenza”, “Il Modello 231 e i rischi associativi e di infiltrazione mafiosa”, e “I fattori ESG, le dichiarazioni non finanziarie e il rating di legalità”; nonché la integrale modifica della disciplina in materia di whistleblowing.

Con questo documento, la Confederazione intende offrire alle imprese associate uno strumento di supporto – considerato dal Ministero della Giustizia “idoneo” a prevenire la commissione dei reati – per la predisposizione dei propri modelli di organizzazione e gestione ai sensi del decreto legislativo 231/2001.

– Foto di repertorio IPA Agency –

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(ITALPRESS).

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