Cronaca
Palermo, i big dell’arte contemporanea a Palazzo Reale per la mostra .RE
Pubblicato
3 anni fa-
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Redazione
PALERMO (ITALPRESS) – Concreta. Potente (artisticamente). Irriverente. Non conformista. .RE è una mostra autoriale della Fondazione Federico II che ha l’intento di spalancare le porte, nell’era del virtuale, a riflessioni sulla “realtà reale” per una rinascita collettiva. Sedici artisti, sedici personalità culturali differenti dell’arte contemporanea che, dagli anni Sessanta ad oggi, si sono fatti interpreti della nostra epoca.
E’ stata presentata alla stampa, questa mattina, al Palazzo Reale la mostra .RE dal presidente della Fondazione Federico II, Gianfranco Miccichè e dal direttore generale, Patrizia Monterosso.
Ventotto opere in mostra che enfatizzano lo stupore e la meraviglia nel mondo per non essere sopraffatti dalle ferite dei nostri tempi quali la disumanizzazione dilagante, le guerre, la pandemia. L’allestimento presso le Sala Duca di Montalto, a Palazzo Reale, evita ogni scorciatoia tipica dei fondamentalismi per accogliere la ricchezza delle differenze contro una lettura che ammette un solo linguaggio, una sola voce, una singola storia. Opere che adottano la linea di un umanesimo preparatorio e si aprono a nuove fasi di Rinascimento. Alberto Burri, Saint Clair Cemin, Tony Cragg, Zhang Hong Mei, Anselm Kiefer, Jeff Koons, Sol LeWitt, Emil Lukas, Mimmo Paladino, Claudio Parmiggiani, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Tania Pistone, Andres Serrano, Ai Wewei e Gilberto Zorio.
Artisti che, a proprio modo, hanno travalicato le sclerotizzazioni delle visioni del mondo, recuperando il senso profondo tra arte e concetto, tra concetto e parola, tra visione individuale e collettiva, tra atroce e banale, tra etica e critica sociale. Artisti che hanno, certamente, il merito di avere concepito l’arte come leva di resistenza ad una civiltà connotata spesso dalla semplificazione tanto da ridurre, talvolta, l’arte a rappresentazione effimera della realtà.
“Dopo questi anni la Fondazione Federico II – sottolinea Miccichè – ha avuto un livello di crescita d’immagine in Italia e in tutto il mondo. Io non so chi sarà il prossimo presidente dell’Ars e quindi della Fondazione Federico II, ma la mia richiesta e il mio appello, sin d’ora, è che non si perda il lavoro fin qui svolto. Questa mostra consolida, ulteriormente, l’idea che sia stato creato uno spazio culturale di altissimo profilo nazionale ed internazionale. In un momento in cui la pandemia chiudeva ogni cosa la progettualità della Fondazione Federico II non ha mai cessato e ha prodotto mostre ed eventi di pregio e di altissimo valore. Perchè la depressione si cura con la cultura e con l’arte”.
La mostra .RE aprirà il 22 aprile a Palazzo Reale (Sale Duca di Montalto) e aspira a porre Palermo come capitale dell’arte contemporanea, proprio nel periodo chiave di una rinascita collettiva. Il percorso di costante crescita della Fondazione Federico II degli ultimi quattro anni ha consentito di confrontarsi con alcuni tra i maggiori esponenti dell’arte contemporanea a livello mondiale. Il titolo della mostra evoca da subito il senso del progetto. Ossia l’esigenza e lo slancio vitale a rielaborare e riorganizzare le proprie azioni dopo eventi stravolgenti e annichilenti come la pandemia, la regressione democratica e la guerra.
“L’idea progettuale di questa mostra è stata concepita con il presidente della Fondazione Federico II, Gianfranco Miccichè – dice Patrizia Monterosso, direttore generale della Fondazione -. La degenerazione di un’umanizzazione che ha portato la guerra, la pandemia hanno creato una crisi tale da mettere in discussione i vecchi paradigmi. Era necessario, quindi, pensare, a una mostra che ci facesse riflettere attraverso un’arte che sana le ferite.
Sedici artisti per ventotto opere secondo una lettura che non è univoca ma molteplice. Una mostra per la riconcezione di una religiosità e un assoluto che va concepito partendo dai mali del mondo riconciliandosi con una forma che energia; tra opere, quadri, dipinti, sculture secondo un’articolazione inaspettata. Una mostra irriverente contro gli assolutismi e gli iper-individualismi. Già la mostra di McCurry ne è testimonianza”.
Sedici grandi artisti contemporanei simboleggiano sedici cammini per schiudere la riflessione sulla realtà. Sedici sensibilità artistiche sferzanti che hanno scelto di sviluppare espressioni artistiche non nella direzione della disumanizzazione o del post – umano. Sedici artisti, puntando il dito nella piaga di un ridente conformismo che spesso ha lacerato la creatività, immergono il fruitore in una dimensione riflessiva e di funzione sociale dell’opera d’arte.
Un posto speciale in mostra lo occupano tutte le opere. La Fondazione Federico II, anche questa volta, non poteva però tralasciare, pur guardando ad un orizzonte internazionale, il legame con la propria terra. Il Grande Bianco Cretto in mostra, quindi, Burri, rimanda il visitatore all’elaborazione di un lutto per le ferite del suolo. Insieme al Grande Bianco Cretto di Alberto Burri poi Human conditions Zhang Hong Mei; Sunflower Seeds e Finger di Ai Wewei; Skull di Tony Cragg; Saint Clair Cemin, con l’opera Sphere; Blue Heart #0987 di Emil Lukas; Gilberto Zorio, in mostra con Monotype. .RE intende accendere la luce anche su questi temi terribilmente attuali. Tra le ventotto opere in mostra vi sono anche sculture che focalizzano il dibattito nell’arte del rapporto tra materia-forma. Scultura intesa non come monumentalità morte e inerti.
Pistoletto, in mostra, con la Venere degli stracci, la sfera dei giornali e Autoritratto con quaderno Terzo Paradiso trasmette una dimensione artistica ponendo la scultura “in condizione di instabilità, di mancanza di controllo, per risuscitarla e risvelarla”.
Miti e rappresentazioni simboliche dell’antichità sono il racconto di Mimmo Paladino in mostra con Hortus conclusus e Testimone.
Arte povera come ricerca analitica e concettuale, come dialogo con la natura: Penone e la sua Trentatrè erbe.
Arte che affronta il grande tema del sentimento religioso non come liberazione dal mondo con l’opera di Claudio Parmiggiani.
Il sentimento dell’assoluto affrontato nell’opera The Black Supper di Andres Serrano.
La Fondazione Federico II ha individuato opere che recuperano e danno respiro a grandi temi, ivi compreso il concetto di arcaicità come ponte tra due mondi e come tentativo dell’uomo contemporaneo per recuperare le visioni di quel mondo che vive in noi.
Simboli del passato che riprendono vita tramite la lunga linea del tempo e di tradizioni ancestrali. Rongorongo è l’opera di Tania Pistone dove la scrittura ancestrale diviene protagonista di una composizione che in una tessera dorata (l’opera si caratterizza per un fondo dorato) di un mosaico (la complessità dei linguaggi) crea un bassorilievo dove l’essenzialità dei segni è generativa di nuovi linguaggi e di nuovi contenuti.
L’immediata dimensione ludica e infantile dell’opera Ballon dog di Jeff Koons.
Un vero e proprio feticcio del rapporto dell’arte con la vita. Sol Lewitt esprime la sua idea di arte concettuale: è l’idea che crea materia. L’idea libera l’arte dalla sottomissione della materia. Forme semplificate, essenziali. Sculture come strutture primarie: un minimalismo che riscopre un nuovo rapporto con lo spirito, il volume e le superfici.
.RE, aperta fino al 31 ottobre 2022, è la mostra voluta dalla Fondazione Federico II per affermare la convinzione che l’arte e la cultura forse non salveranno il mondo ma ci salveranno dall’atrofia della coscienza.
– foto ufficio stampa Fondazione Federico II –
(ITALPRESS).
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Il 46^ Meeting di Rimini si apre nel segno delle “madri per la pace”
Pubblicato
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22 Agosto 2025di
Redazione
RIMINI (ITALPRESS) – Chi sono Layla el-Sheik, Elana Kaminka, suor Azezet Habtezghi Kidane? Cosa accomuna le loro vite e quali le affinità con il tema del Meeting? La 46esima edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli si è aperta con un incontro al femminile di straordinaria intensità: Madri per la pace. Sul palco tre donne unite dall’esperienza del dolore e dalla scelta coraggiosa di trasformarlo in un impegno di riconciliazione: Laila, madre musulmana di Betlemme che ha perso un figlio piccolo nella seconda Intifada; Elana, israeliana, madre di Yannai soldato ucciso il 7 ottobre del 2003; suor Azezet, missionaria comboniana da anni attiva in Terra Santa e prima in Sudan e Etiopia. Intervistate da Alessandra Buzzetti, corrispondente di TV2000, hanno fatto una narrazione lucida e ricca di spunti di riflessione.
Il presidente della Fondazione Meeting, Bernard Scholz, nel saluto iniziale ha sottolineato come l’edizione di quest’anno intenda testimoniare la possibilità di costruire “mattoni nuovi” anche nei deserti della guerra, della solitudine e dell’indifferenza. Ha ricordato che “la costruzione di un luogo di pace e di bellezza non è frutto di automatismo, ma nasce dall’impegno di ciascuno”. Il titolo scelto, “Nei luoghi deserti costruiremo mattoni nuovi”, è stato interpretato come invito alla speranza.
L’incontro è stato arricchito dalla lettura del messaggio inviato da Papa Leone XIV al vescovo di Rimini, monsignor Niccolò Anselmi. Il Pontefice ha esortato i presenti a trasformare i deserti della storia in giardini di speranza, incoraggiando la Chiesa a farsi casa della pace e laboratorio di riconciliazione. Ha ricordato che “la pace non è un’utopia spirituale, ma una via umile, fatta di gesti quotidiani che intrecciano pazienza e coraggio, ascolto e azione”. Anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha rivolto il suo saluto affermando l’importanza sociale che il Meeting, da sempre, ricopre.
Elana Kaminka, madre di quattro figli, ha perso il primogenito Yanai, giovane ufficiale di 21 anni, ucciso il 7 ottobre 2023 durante l’attacco di Hamas. Prima di morire, il figlio aveva salvato numerosi commilitoni e civili. “Yannai era mio figlio, ma anche un maestro – ha raccontato -. Credeva che il primo compito di un leader fosse amare le persone affidate alla sua responsabilità”. Dopo la tragedia, Elana ha scelto di unirsi al Parent Circle, associazione che riunisce genitori israeliani e palestinesi.
Laila Al Shaikh, madre di cinque figli, ha raccontato la perdita del piccolo Qusay, morto a soli sei mesi durante la seconda intifada a causa di un ritardo imposto da un check point. «Per anni non ho parlato con i miei figli di quella ferita – ha spiegato -. Non volevo che crescessero con il desiderio di vendetta”. Dopo sedici anni ha trovato il coraggio di unirsi al Parent Circle: “La prima volta che ho visto israeliani e palestinesi ridere insieme, ho capito che l’altro non è un nemico, ma un essere umano”.
La testimonianza di suor Aziza, comboniana eritrea, ha portato lo sguardo sulle comunità più vulnerabili: i beduini della Cisgiordania, i profughi, i più poveri dei poveri. “Abbiamo imparato – ha raccontato – che l’incontro con l’altro nasce dall’ascolto e dal riconoscimento della sua dignità”. Nella sua missione ha lavorato con ebrei, musulmani e cristiani, costruendo spazi di dialogo e convivenza. “Quando si vede il volto dell’altro, si vede il volto di Dio. Solo così è possibile il perdono”.
Tutte e tre le protagoniste hanno testimoniato come il perdono non sia un atto immediato nè scontato, ma un cammino personale e comunitario. Laila ha raccontato l’incontro con un ex soldato israeliano che anni prima aveva impedito a una madre palestinese di raggiungere l’ospedale: “Per me è stato come rivivere la morte di mio figlio. Ma il suo coraggio nel confessare la verità mi ha spinta a perdonarlo”. Elana ha sottolineato che «non possiamo vivere di generalizzazioni: chi ha compiuto il massacro del 7 Ottobre.
L’incontro si è concluso con un appello rivolto soprattutto ai giovani, troppo spesso travolti dall’odio e dalla propaganda. “Abbiamo aspettato per 77 anni i leader politici – ha detto Layla -. Ora tocca a noi madri mostrare ai nostri figli che la violenza non porta alla pace». Elana ha raccontato la scelta del secondogenito di servire nell’esercito come paramedico: «Ha deciso che il suo compito sarà salvare vite, non toglierle. E’ questo l’esempio che vogliamo dare”.
Il Meeting ha voluto aprirsi con questo incontro perchè la pace non è solo questione diplomatica, ma esperienza quotidiana che nasce dal basso. Le tre donne, con coraggio e determinazione, hanno mostrato che dai deserti del dolore possono nascere oasi di riconciliazione. Un messaggio che travalica i confini della Terra Santa e parla a tutti i popoli, chiamati a costruire con “mattoni nuovi” una civiltà fondata sul dialogo, sulla giustizia e sull’amore reciproco.
– Foto Meeting di Rimini 2025 –
(ITALPRESS).
Cronaca
Draghi “Dall’Ucraina a Gaza, Ue marginale e spettatrice”
Pubblicato
17 minuti fa-
22 Agosto 2025di
Redazione
RIMINI (ITALPRESS) – “Per anni l’Ue ha creduto che la dimensione economica con 450 milioni di consumatori portasse con sè potere geopolitico e nelle relazioni commerciali. Quest’anno sarà ricordato come l’anno in cui questa illusione è evaporata. Abbiamo dovuto rassegnarci ai dazi Usa, siamo stati spinti dallo stesso alleato ad aumentare la spesa militare, decisione che forse avremmo dovuto prendere ma non in queste forme e modi”. Così Mario Draghi, intervenendo al 46° Meeting di Rimini. “L’Ue – ha aggiunto – ha avuto un ruolo marginale per i negoziati per la pace in Ucraina. L’Ue è stata spettatrice anche quando siti nucleari iraniani venivano bombardati e il massacro di Gaza si intensificava”.
Secondo l’ex premier “l’Europa deve trasformarsi da spettatore, o da comprimario, in attore protagonista, deve mutare anche la sua organizzazione politica che è inseparabile dalla sua capacità di raggiungere i suoi obiettivi economici e strategici e le riforme in campo economico restano necessarie”.
“L’Europa è la migliore opportunità per un futuro di pace e sicurezza. E una democrazia, siete voi, siamo noi, sono gli europei che decidono le sue priorità”, le parole di Draghi, ricordando che “in passato ho parlato di “debito buono e debito cattivo. Oggi però in alcuni settori il debito buono non è possibile a livello nazionale perchè investimenti fatti in isolamento non possono aumentare la produttività. Solo forme di
debito comune possono sostenere progetti europei di grande ampiezza che sforzi frammentati e insufficienti non riuscirebbero ad ampliare. Questo vale per la difesa, per l’energia, per le tecnologie dirompenti”.
C’è stata una “sveglia molto brutale che ci ha dato Trump, le relazioni con gli Usa hanno cambiato tutto. La prima cosa da fare è: stringiamoci tutti insieme. Ma c’è una situazione politica, sociale e psicologica che fa sperare bene circa una diversa forma di organizzazione politica, bisogna imparare ad andare d’accordo. Rigidità e passività creano inazione, è un pò quello che abbiamo visto negli ultimi 10-15 anni, l’inazione è il peggior nemico dell’Europa”.
“Non è sorprendente che lo scetticismo nei confronti dell’Europa abbia raggiunto nuovi picchi – sottolinea l’ex premier -. E’ importante chiedersi quale sia veramente l’oggetto di questo scetticismo, a mio avviso non è nei confronti dei valori su cui era stata fondata, credo riguardi la capacità dell’Ue di difendere questi valori. In parte questo è comprensibile, i modelli di organizzazione emergono anche per risolvere problemi del loro tempo e, quando questi cambiano, questa deve cambiare”.
– foto Ipa Agency –
(ITALPRESS).
Cronaca
Usb “Voli con armi da Malpensa a Israele”, Leonardo “Segnalazione senza fondamento”
Pubblicato
22 minuti fa-
22 Agosto 2025di
Redazione
MILANO (ITALPRESS) – “Voci sempre più insistenti segnalano che dall’aeroporto di Malpensa partono carichi di armi per Israele”. Così in una nota l’Unione Sindacale di Base, che prosegue: “L’ultima è una notizia molto più dettagliata e segnala che l’aereo X6610 della Challenge Air Cargo con un carico della Leonardo Spa diretto a Karmiel (Israele) per la Elbit (azienda israeliana attiva nel settore della difesa) è stato programmato per sabato 23 agosto alle ore 24.00. Successivamente il volo è stato cancellato, ma non è escluso che possa essere riprogrammato a breve. Questa segnalazione è la ennesima riprova che l’Italia continua a rifornire l’esercito israeliano e che le chiacchiere dei ministri del governo Meloni, riguardo l’interruzione delle attività di sostegno militare al governo genocida di Netanyahu, sono prive di fondamento”, conclude l’USB, dichiarando che “qualora il volo dovesse essere ripristinato è già pronta ad indire lo sciopero immediato di tutti i lavoratori coinvolti nelle operazioni di carico”.
“Leonardo ha sempre agito nel pieno rispetto della normativa nazionale e internazionale in materia di export di materiale d’armamento. Nella fattispecie la segnalazione è priva di qualsiasi fondamento”, fa sapere l’ufficio stampa di Leonardo, contattato dall’agenzia Italpress.
– Foto IPA Agency –
(ITALPRESS).


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