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“RICORDARE E ONORARE LE VITTIME DI QUELLA TRAGEDIA”: COSI’ VOGHERA COMMEMORA IL DISASTRO FERROVIARIO DI 60 ANNI FA

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“Ricordare e onorare chi non c’è più è un atto di civiltà. Ci permette di riscoprire che siamo umani, che abbiamo dentro di noi e al nostro cuore tanto amore. E che quell’amore non viene interrotto da nessun disastro. Quell’amore continua, anche se soffre, sanguina, sempre amore è. Resta nel nostro cuore, ci ricorda quanto è vera la nostra umanità”. Le parole di Don Cristiano Orezzi riecheggiano nel Duomo di Voghera, in cui si sono radunate le autorità civili, religiose e militari, accanto a tanti cittadini e ad alcuni parenti delle vittime del disastro ferroviario del 31 Maggio 1962, una notte che è passata alla storia come una delle più gravi sciagure ferroviarie del nostro Paese. Il sindaco di Voghera Paola Garlaschelli ricorda quel che doveva essere “un viaggio di molte famiglie verso luoghi di villeggiatura, in Liguria. E per Voghera la sua festa, quella dell’Ascensione. E invece si è trasformata in una notte agghiacciante per la città, una ferita indelebile che è giusto ricordare anche a 60 anni di distanza”. Sul terzo binario un treno merci proveniente da Milano, ignorando i segnali di divieto, investì un treno accelerato carico di villeggianti diretti in Liguria. Furono 63 le vittime (una persona morì pochi giorni dopo), oltre 70 i feriti.  Applaudono e si commuovono i parenti delle vittime, come Daniela Gritti, superstite di quel vagone, aveva soli due anni. E poi la signora Agnese, vedova di Angelo Porro, vittima a soli 29 anni. E Anna Torti, vedova Pernetti, pioniere della Croce Rossa Italiana, con Onorina Oldani, infermiere presente in Ospedale per i soccorsi. Tutte persone che sono state ricontattate da Salvatore Cicciò, organizzatore di questo evento: dopo una vita passata in ferrovia ora è presidente dell’associazione Amici del Museo Ferroviario Ettore Pessina.  Per Chiara Fantin, Presidente del Comitato di Croce Rossa, “è bene ricordare le vittime ma anche i soccorritori che in quella notte presero servizio in mezzo a mille difficoltà, e si trovarono di fronte ad immagini strazianti, costrette ad amputare le gambe a molte persone per tirarle fuori dalle lamiere contorte di quella carrozza maledetta. E poi la corsa in ospedale, grazie all’aiuto dei primi Pionieri della Croce Rossa, delle Infermiere Volontarie, dei Vigili del Fuoco, dei Vigili Urbani. E tanti cittadini, da tutto l’Oltrepo, anche nei giorni a seguire, che arrivarono a donare il sangue presso la sede del neonato Avis”. In Chiesa risuona il silenzio, dopo che il giornalista Diego Bianchi ha letto i nomi di tutte e 64 le vittime, in un’atmosfera che emoziona (con la musica di Morricone) e al contempo lascia spazio ai tanti ricordi. Laura Anselmi legge una poesia del padre, il dott. Giulio Cesare Anselmi. I parenti delle vittime, dopo gli ultimi canti della corale Unitre di Voghera, escono dalla Chiesa e mostrano agli intervenuti gli album di famiglia: spuntano anche i titoli dei giornali ingialliti di quel periodo, spuntano i volti di chi non c’è più, spuntano le lacrime e i ringraziamenti alla Città di Voghera, per quanto fatto 60 anni, mobilitando tutta la macchina dei soccorsi, e per la cerimonia di oggi che significa non dimenticare quei drammatici momenti. “Una folla imponente partecipò ai funerali di allora, con la presenza del presidente della Repubblica Segni e del presidente del Consiglio Fanfani, il loro dolore, il loro pianto che era quello degli italiani”, ricorda Daniele Salerno, presidente del consiglio comunale ma anche giornalista e memoria storica della città. Per chi ha l’occasione di andare sul terzo binario della stazione ferroviaria di Voghera c’è una lapide: oggi è stata depositata una corona di alloro. E’ il segno che la città non dimentica ed è ancora vicina tutti i parenti di quella tragedia.

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