di Diego Bianchi
E’ stato fino alla fine un giornalista con la schiena dritta, poteva piacere o essere antipatico come pochi, ma questo era Eugenio Scalfari, scomparso all’età di 98 anni. Nonostante sia sempre stato al centro di discussioni e polemiche, il giornalismo italiano perde una delle sue figure di maggior rilievo. Nato a Civitavecchia il 6 aprile del 1924, si è laureato nel 1945 in Giurisprudenza: Scalfari è stato il primo direttore-manager dell’editoria italiana, padre di due ‘creature’, ‘L’Espresso’ e ‘Repubblica’, nate dal nulla ma che in pochi anni non solo hanno raggiunto i vertici della diffusione, ma hanno anche lasciato un’impronta indelebile. Scalfari è stato anche politico, si collocava nell’ambito della sinistra laica: deputato tra 1968 e 1972, eletto come indipendente, nelle liste del PSI, ha partecipato alla nascita del Partito Radicale. Negli ultimi anni dopo una lunghissima carriera al timone di Repubblica, si è dedicato soprattutto alla scrittura, anche con un’autobiografia uscita per i suoi 90 anni nel 2014 allegata al quotidiano. Ad un suo intervento su fede e laicità, lui che da sempre si è dichiarato ateo, rispose papa Francesco, con una lettera a Repubblica pubblicata l’11 Settembre del 2014. L’incontro diventò un libro nel 2019: ”Il Dio unico e la società moderna. Incontri con Papa Francesco e il Cardinale Carlo Maria Martini”. Penna vivace e a volte fluviale, conversatore brillante e salace, uomo amante della musica (suonava il pianoforte), Scalfari aveva notevolissime doti manageriali e sapeva valorizzare i talenti giornalistici delle sue testate, che dirigeva con piglio dinamico nonchè paternalistico. Non aveva paura di schierarsi, lo ha fatto nell’epico scontro tra De Benedetti e Berlusconi per il controllo del gruppo Mondadori, lo ha fatto fino alla morte.
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