Economia
Infrastrutture, nel prossimo decennio spesa media +1,7% anno
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3 anni fa-
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Redazione
Secondo un focus di Sace sulle infrastrutture in Italia, dalla crisi finanziaria globale fino alla pandemia fino alla pandemia la spesa si è contratta in media del 2,8% l’anno (5 volte il tasso a cui è decresciuto il Pil nello stesso periodo), passando dai 65,3 miliardi del 2008 ai 45,3 miliardi del 2021; questa dinamica è stata comune, sebbene in misura meno accentuata, anche all’Eurozona, con Spagna e Grecia a segnare le maggiori contrazioni. I trasporti sono una delle motrici infrastrutturali e le strade ne rappresentano la prima modalità, soprattutto nelle aree rurali – e in misura minore in quelle suburbane – che contraddistinguono buona parte del territorio italiano. Anche per tale motivo negli ultimi decenni sono state destinatarie della maggior parte degli investimenti infrastrutturali (circa il 40% su tutto l’arco temporale). Porti, aeroporti e ferrovie sono, invece, i comparti che hanno mostrato maggior resilienza fra il 2016 e il 2021. Il sopraggiungere della crisi pandemica ha segnato una nuova battuta d’arresto nella crescita degli ultimi anni – nonostante i cantieri non si siano mai completamente fermati – anche a causa delle difficoltà di approvvigionamento dei materiali. Le misure di stimolo del governo e le risorse europee hanno, quindi, fatto ripartire e, anzi, daranno un’ulteriore accelerazione alle attività del settore anche nei prossimi anni. L’Italia risulta, in valore assoluto, il principale destinatario dei fondi europei del NGEU, declinati in larga misura in investimenti (e riforme) nel settore delle infrastrutture secondo il Pnrr. Tali risorse avranno ricadute positive anche su settori dell’economia italiana che non ne sono direttamente destinatari (come manifattura e servizi). I fondi e le riforme messe a disposizione dalla Ue si inseriscono in un più ampio contesto di investimenti nel settore da parte del governo, che potrà contare anche sulle risorse provenienti dal Fondo complementare e dallo scostamento di bilancio. Le risorse allocate per lo sviluppo infrastrutturale genereranno, inoltre, ricadute positive in diversi settori dell’economia italiana, sia in fase di costruzione sia successivamente attraverso l’utilizzo di infrastrutture più moderne, più efficienti e sostenibili: la spesa per investimenti in infrastrutture e mobilità di competenza del MIMS genererà, infatti, l’attivazione – diretta e indiretta – di valore aggiunto nel sistema produttivo per un valore pari a circa €37,8 miliardi (+2,4% rispetto a uno scenario senza tali investimenti inclusi nel PNRR) e un tasso di ritorno aggregato pari al 63%, che salirà a circa il 77% per gli investimenti in costruzioni, fino a toccare il valore massimo per quelli in ricerca e sviluppo (88%). Le imprese del settore potranno, inoltre, cogliere, non solo in Italia, ma anche all’estero, le opportunità derivanti dai fondi europei e di quelli messi a disposizione dai vari governi in tutto il mondo per dare slancio ai rispettivi sistemi infrastrutturali: nel 2021, infatti, il fatturato mondiale del settore è cresciuto del 5,6% (sopra i $5 trilioni) – trainato soprattutto dalla domanda asiatica (42% del totale mondiale, di cui oltre la metà della sola Cina) – e continuerà anche nei prossimi dieci anni (+3,2%). Tale crescita globale sarà trainata dall’edilizia residenziale, mentre sarà meno accentuata la dinamica relativa a lavori di ingegneria civile e soprattutto di edilizia non residenziale, quest’ultima attesa tornare ai livelli pre-pandemici solo nel 2024. Questi sviluppi apriranno spazi di crescita per le nostre imprese, sia nei mercati più vicini (come Germania, Francia, Spagna e Regno Unito), sia in geografie più distanti come ad esempio Indonesia, Vietnam, Messico, Colombia e Arabia Saudita. Nel prossimo decennio la spesa in infrastrutture italiana è attesa crescere in media dell’1,7% l’anno, un tasso superiore alla media dell’eurozona (+1,5%), ma soprattutto nettamente al di sopra delle previsioni pre-pandemia (+0,9%). La crescita sarà più accentuata nel periodo 2021-2026 (+2,6%), per diventare meno intensa nel quinquennio successivo (+0,9%) per un effetto combinato di una minore spesa pubblica e di una riduzione della forza lavoro dovuta all’invecchiamento della popolazione. La crescita attesa della spesa in infrastrutture supererà, nel periodo in esame, quella prevista per il Pil, grazie agli ingenti fondi a disposizione, alle riforme attuative previste e, non da ultimo, alla rinnovata fiducia sia nazionale che estera. Tale dinamica si riflette, conseguentemente, anche sul rapporto spesa per infrastrutture/Pil che nei prossimi dieci anni si attesterà in media al 2,8% (rispetto al 2,3% medio del periodo 2015-2021), raggiungendo alla fine dell’orizzonte previsivo il 3%. Porti, aeroporti e ferrovie saranno il comparto che crescerà maggiormente nel prossimo quinquennio (+3,8% in media l’anno), seguiti da infrastrutture per l’energia elettrica e il gas (+3,2%), trainati dalla spinta al green e alla transizione energetica, in una logica di accrescimento della tecnologia impiegata negli ambiti efficienza, sicurezza e sostenibilità ambientale. Dalle direttrici ferroviarie Verona-Brennero e Napoli-Bari al porto di Genova, dal nuovo hub aeroportuale di Brescia ai nuovi impianti eolici offshore della Sardegna, gli sviluppi infrastrutturali coinvolgeranno tutto il territorio italiano. (ITALPRESS).
-foto agenziafotogramma.it-
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(ITALPRESS).
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-Foto Aspi-
(ITALPRESS).
Economia
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Pubblicato
4 giorni fa-
18 Aprile 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – “Il Pil italiano è atteso in crescita modesta nel 1° trimestre 2025: i servizi frenano e l’industria rallenta il calo. Prosegue il taglio dei tassi ma l’ondata di incertezza generata dai continui annunci sui dazi e i dazi stessi frenano scambi e, con l’instabilità dei mercati finanziari, decisioni di spesa e investimento. Unico effetto collaterale positivo: scende il costo dell’energia”. E’ l’analisi dell’ultima congiuntura flash del Centro studi di Confindustria. “A marzo si è deteriorato per il secondo mese il clima di fiducia, scendendo sotto la media del 2024. È aumentata l’incertezza di politica economica, che frena le scelte di investimento delle imprese. I giudizi sulle condizioni per investire nel 1° trimestre 2025 peggiorano rispetto a fine 2024, sia nei servizi che nelle costruzioni, mentre restano quasi invariati nell’industria”, prosegue l’analisi.
Inoltre “nel 4° trimestre 2024 si è avuta una correzione al ribasso del reddito reale delle famiglie (-0,6%), limitando l’espansione annua a +1,2%; è scesa verso valori pre-pandemia la quota di risparmio (8,5% da 9,1%), favorendo i consumi. Indicatori negativi a inizio 2025: a febbraio le vendite al dettaglio sono rimaste ferme (+0,1% gli alimentari); a marzo è caduta la fiducia delle famiglie”. Secondo il Csc “a febbraio la produzione è calata (-0,9%), dopo il rimbalzo a gennaio (+2,5%). La variazione acquisita nel 1° trimestre è positiva (+0,4%) dopo 5 trimestri in calo. RTT indica un calo profondo del fatturato a febbraio, il PMI segnala ancora flessione a marzo (46,6 da 47,4), la fiducia peggiora. I dazi agiranno negativamente principalmente sul manifatturiero”.
-Foto IPA Agency-
(ITALPRESS).

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