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CASO PALUMBO, INTERVIENE L’ASSOCIAZIONE “NESSUNO TOCCHI CAINO”: NON SI E’ USATO LO STESSO METRO CON IL CASO ADRIATICI
Pubblicato
2 anni fa-
di
Redazione
di Emanuele Bottiroli
Davide Palumbo, ambulante vogherese con la passione per il dibattito social sulla politica, si trova ancora agli arresti domiciliari per i due colpi esplosi a terra ai tavoli di un bar di piazza Duomo nel pomeriggi di domenica 10 luglio, uno dei quali a segno, che hanno procurato 15 giorni di prognosi a un cittadino dominicano di 52 anni colpito alla coscia, soccorso e poi dimesso dall’ospedale. A quanto si era appreso l’episodio – al termine del quale Palumbo si era spontaneamente consegnato ai carabinieri con l’arma – era scaturito da una serie di tensioni e minacce subite nei giorni precedenti dall’ambulante vogherese e da suo padre ad opera della famiglia del ferito. Ora il PM ha richiesto nuovamente al giudice di riportare l’ambulante in carcere ventilando il tentato omicidio e non solamente di perseguirlo per lesioni aggravate e porto abusivo di arma. Oggi sul caso interviene Umberto Baccolo del Consiglio Direttivo di Nessuno Tocchi Caino e Portavoce del Comitato Riforma Giustizia.
“Negli scorsi giorni – spiega – sono stato contattato, in qualità di membro del direttivo nazionale di Nessuno tocchi Caino, dal vogherese Davide Palumbo, attualmente agli arresti domiciliari e neo-iscritto della nostra associazione, e dalla sua avvocatessa Giulia Bertovello, per attenzionare il di lui caso, vista la richiesta del PM, che sarà valutata a fine ottobre, di sostituire i domiciliari con la custodia cautelare in carcere. Palumbo ed il suo legale mi hanno posto alcuni dubbi, che voglio velocemente spiegare e commentare”.
Baccolo osserva: “Si nota una disparità di trattamento pazzesca rispetto al caso, che ha varie similitudini, dell’uccisione di El Bossettauoi da parte dell’assessore Adriatici, il che fa pensare che la legge non sia sempre uguale per tutti. Infatti il caso di un privato cittadino, Palumbo, è stato trasformato subito in un caso politico (vedi le dichiarazioni del sindaco in consiglio comunale), per via dell’attività di Palumbo nel gruppo social Politica e Partecipazione, ma l’attività chiamiamola tra virgolette politica di Palumbo non ha assolutamente nulla a che fare con questo reato da lui commesso, o con il suo socio in Buona Destra Gianpiero Santamaria, come si è dato ad intendere invece. Quindi una comprensibile voglia di punizione per i toni e i modi a mio parere estremamente discutibili del Palumbo “politico” non devono mescolarsi ed interferire con la valutazione giuridica di una vicenda scollegata e puramente, palesemente privata. Al contrario, quello di Adriatici, che era veramente un caso politico per diverse ragioni, avendo egli in particolare la carica di assessore che impone certe responsabilità e doveri, e – a quel che sembra dalle ricostruzioni e dalle telecamere – avendo lui seguito El Bossettauoi non per problemi personali con lui ma per una volontà di tenere la città sicura connessa ad un’interpretazione troppo estesa del suo ruolo, è stato trattato come il caso di un privato cittadino, con la Giunta attenta ad evitare il più possibile di parlarne. Se poi si pensa – continua Baccolo – che alcune azioni di Palumbo e Santamaria nel politico siano legalmente da perseguire, e molti lo pensano visto le varie querele da loro ricevute, sono quei fatti specifici che vanno perseguiti, essendo assolutamente contrario allo Stato di Diritto il provare a far pagare a Palumbo quelli cogliendo l’occasione di un reato da lui commesso in altri ambiti per altri motivi, mescolando quindi le carte in modo scorretto”.
Baccolo prosegue: “Il timore del legale, tirando le somme, è che la politicizzazione della vicenda di Palumbo, ed il suo essere così inviso a tutto il mondo politico locale che conta, possa influenzare la decisione dei Giudici della Libertà. Sempre a parere del legale, l’ipotesi pare credibile anche per alcuni fatti. Il primo, ai limiti del paradossale, è che, pur avvenendo la sparatoria in piazza Duomo, sembra non esistano riprese di telecamere di alcun genere, da loro chieste fortemente in quanto sarebbero a detta di Palumbo in grado di confermare la sua versione alleggerendo la sua posizione. Ricordo che pure nel caso Adriatici in piazza Meardi le telecamere non funzionarono: in quel caso però la cosa favoriva l’imputato. Il secondo fatto è che l’avvocato Bertovello in 20 anni di carriera non ha mai visto impugnare da parte di un PM la decisione di un GIP, soprattutto in modo così duro riguardo le valutazioni di quest’ultimo, ed io pure nei miei anni di attivista lo ho visto solo in pesanti casi di mafia o politica. Mai sicuramente nel caso di un reo confesso che si è costituito subito, ha consegnato l’arma ed avrebbe volentieri patteggiato, ritenendo sia giusto per lui scontare una pena. Questo porta l’avvocato a chiedersi cosa spaventi tanto di Palumbo da volerlo ad ogni costo in carcere: forse qualcosa che sa visti i sequestri concomitanti dei cellulari suoi e di Santamaria ed il problema della loro diffusione in passato di carte riservate uscite non si sa come dalla Prefettura”.
L’esponente dell’associazione nazionale promette il suo impegno: “Dopo aver letto le carte attentamente, sia il decreto del GIP che la richiesta del PM, e parlato a lungo con il legale, ritengo che i problemi posti da loro siano credibili ed in ogni caso meritevoli di analisi più approfondita e delle mie attenzioni come membro del direttivo di Nessuno tocchi Caino, ed annuncio quindi che nei prossimi mesi continuerò in tale veste a monitorare la situazione e a scrivere alla stampa sul tema se e quando necessario”.
Baccolo conclude: “Allo stato dei fatti e lette le carte, se non usciranno nuovi elementi imprevedibili, ritengo per la mia esperienza di attivista su giustizia e detenzione che il provvedimento del GIP fosse molto saggio ed equilibrato e che per questo specifico reato (lasciando quindi stare le possibili evoluzioni di altre eventuali denunce del Palumbo sulle quali non so e non posso parlare) la misura degli arresti domiciliari sia assolutamente adeguata, e che il carcere sarebbe sbagliato in quanto come sappiamo i nostri penitenziari più che riabilitare diventano vere e proprie scuole di criminalità, ed il Palumbo ha una bimba piccola la cui educazione ed equilibrio psicologico potrebbero risentire molto di una carcerazione del padre che in questo momento pare non necessaria per le esigenze di sicurezza pubblica. Sempre a mio avviso, conoscendo il Palumbo, credo che il tipo di pena più utile ed adeguato alla sua rieducazione sia quello di, dopo una fase ai domiciliari, un serio, totalizzante impegno a servizio della comunità tramite lavori utili nel campo del sociale, con rientro a casa obbligatorio la sera ed altre limitazioni che potrebbero contenere il suo carattere focoso e poco controllato e rimettere in carreggiata un ragazzo che per lunghi periodi, un decennio abbondante, era stato in grado di mostrare alla comunità di essere capace di comportarsi da cittadino, marito, padre e lavoratore assolutamente perbene, generoso e di cuore, prima di ricadere purtroppo in gravi errori. Questo fa appunto pensare che il Palumbo, se adeguatamente guidato e seguito, possa avere le risorse per capire i suoi errori una volta per tutti e per riprendere il suo percorso di reinserimento sociale interrotto bruscamente, tutto ciò pagando una pena non di tipo detentivo in carcere la quale potrebbe solo distruggere definitivamente le sue possibilità di recupero ancora esistenti, andando soprattutto ai danni della figlia”.
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