Economia
Cresce l’export ma la bilancia commerciale va in negativo nel 2022
Pubblicato
2 anni fa-
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Redazione
ROMA (ITALPRESS) – Nel 2022 il commercio mondiale di beni, misurato in dollari ed espresso a prezzi correnti, registra una crescita dell’11,5% rispetto al 2021. Questo risultato è sintesi di un forte aumento dei valori medi unitari (+9,5%), per quanto più contenuto rispetto a quello rilevato nel 2021 (+16,8%), e di un incremento, meno ampio, dei volumi scambiati (+2,3%). Ad evindeziarlo l’Istat con una nota sulla pubblicazione della venticinquesima edizione dell’annuario statistico. Anche il valore nominale dell’interscambio mondiale di servizi registra un deciso aumento (+15,3%) mentre si riducono gli investimenti diretti esteri (-12,4%). Nel 2022, l’Italia registra sia un forte aumento del valore in euro delle merci esportate (+20,0%) sia un aumento, decisamente più ampio, delle merci importate (+36,4%). La crescita quasi doppia delle importazioni rispetto alle esportazioni, nel 2022, determina un deficit della bilancia commerciale di -30,7 miliardi di euro (nel 2021, il saldo commerciale era positivo e pari a +40,3 miliardi). A contribuire al disavanzo commerciale è soprattutto la componente energetica, per effetto del forte rincaro dei valori medi unitari dei prodotti energetici (e in particolare del gas naturale allo stato gassoso), accentuato dal conflitto in Ucraina; al netto di tale componente, il saldo commerciale si attesta a +80,6 miliardi nel 2022 da +88,7 miliardi del 2021. L’incremento in valore nel 2022 dei flussi con l’estero riflette un’analoga crescita dei valori medi unitari, con una dinamica dei volumi pressochè stazionaria (+0,1% per le importazioni e -0,1% per le esportazioni). Nel 2022 la quota di mercato dell’Italia sulle esportazioni mondiali di merci (misurata in dollari) registra una lieve flessione (2,65%, da 2,79% nel 2021).
La quota dell’Italia sulle esportazioni mondiali è diminuita in misura più accentuata in alcune aree geografiche, in particolare Altri paesi africani (da 1,56% a 1,20%), Unione Europea (da 4,94% a 4,64%), Paesi europei non Ue (da 5,07% a 4,83%), Asia Centrale (da 1,63% a 1,42%) e Oceania e altri territori (da 1,98% a 1,77%). Al contrario, incrementi della quota si rilevano per Africa Settentrionale (da 6,06% a 6,23%) e America Settentrionale (da 1,89% a 1,97%). Nel 2022 i flussi con l’estero di servizi registrano aumenti particolarmente ampi (+38,5% per le esportazioni, +35,4% per le importazioni). Nel 2022, dopo il deciso rimbalzo registrato l’anno precedente, gli investimenti italiani all’estero scendono a 8,5 miliardi. Quelli esteri in Italia, invece, salgono a 29,2 miliardi, dai 16,1 miliardi del 2021. La Germania si conferma nel 2022 il principale mercato di sbocco delle vendite di merci italiane con una quota del 12,4% delle esportazioni nazionali. Stati Uniti e Francia si collocano al secondo e al terzo posto tra i paesi partner, con quote pari, rispettivamente al 10,4% e al 10,0%; seguono Spagna (5,1%), Svizzera (5,0%) e Regno Unito (4,4%).
Tra i principali paesi, i mercati di sbocco più dinamici (incremento della quota sulle esportazioni nazionali superiore a 0,2 punti percentuali rispetto al 2021) sono Stati Uniti, con un aumento della quota di circa un punto percentuale, e Turchia. Con riguardo ai raggruppamenti principali di industrie, nel 2022 il deficit nell’interscambio di prodotti energetici è più che raddoppiato, da -48,4 miliardi del 2021 a -111,3 miliardi del 2022, a causa dell’eccezionale aumento dei valori medi unitari all’import (+120,5%). Si amplia notevolmente anche il deficit nell’interscambio di beni intermedi (-21,8 miliardi, da -6,0 miliardi nel 2021). Per beni strumentali e beni di consumo durevoli si registrano incrementi dei saldi positivi (rispettivamente +4,9 miliardi e +2,7 miliardi nel 2022) mentre per beni di consumo non durevoli l’avanzo ell’interscambio è di entità pari a quello registrato nel 2021.
Tra i gruppi di prodotti manifatturieri in cui l’Italia detiene nel 2022 le maggiori quote sulle esportazioni mondiali di merci si segnalano: materiali da costruzione in terracotta (22,89%); cuoio conciato e lavorato, articoli da viaggio, borse, pelletteria e selleria, pellicce preparate e tinte (13,18%); prodotti da forno e farinacei (13,12%); pietre tagliate, modellate e finite (12,04%); prodotti vegetali di bosco non legnosi (10,38%); tubi, condotti, profilati cavi e relativi accessori in acciaio, esclusi quelli in acciaio colato (10,08%);
articoli in pelle, escluso abbigliamento, e simili (9,70%) e navi e imbarcazioni (9,43%) (Figura 2). Rispetto al 2021 gli incrementi maggiori della quota sulle esportazioni mondiali si registrano per prodotti vegetali di bosco non legnosi (da 8,23% a 10,38%) e navi e imbarcazioni (da 7,32% a 9,43%); i cali più ampi riguardano materiali da costruzione in terracotta (da 24,46% a 22,89%) e cuoio conciato e lavorato; articoli da viaggio, borse, pelletteria e selleria; pellicce preparate e tinte (da 14,44% a 13,18%).
La crescita in valore dell’export nel 2022 interessa tutte le regioni italiane, a eccezione del Molise (-12,1%); gli incrementi più marcati riguardano Marche (+82,0%), Sardegna (+61,8%) e Sicilia (+56,0%), quelli più contenuti Basilicata (+0,4%) e Abruzzo (+2,1%).
L’aumento delle esportazioni è molto sostenuto per l’Italia insulare (+58,0%), intorno alla media nazionale (+20,0%) per l’Italia centrale (+23,4%) e il Nord-ovest (+19,6%), relativamente più contenuto per il Nord-est (+16,0%) e per l’Italia meridionale (+15,4%). La provenienza territoriale delle vendite sui mercati esteri si conferma fortemente concentrata nelle regioni del Centro-nord, da cui proviene l’87,9% dell’export nazionale, mentre il Mezzogiorno ne attiva il 10,6%. Nel 2022, la quota della Lombardia sulle esportazioni nazionali è del 26,0%; seguono Emilia-Romagna (13,5%), Veneto (13,1%), Piemonte (9,4%) e Toscana (8,8%). Rispetto al 2021, l’incidenza sul totale dell’export nazionale aumenta per le ripartizioni dell’Italia insulare (da 3,1% a 4,1%) e dell”Italia centrale (da 18,0% a 18,5%) mentre si riduce per Italia Nord-orientale (da 33,1% a 32,1%), Italia meridionale (da 6,8% a 6,5%) e Italia Nord-occidentale (da 37,4% a 37,3%).
– foto: Agenzia Fotogramma –
(ITALPRESS).
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Economia
Educazione finanziaria, all’Italia l’European Money Quiz 2025
Pubblicato
2 ore fa-
23 Maggio 2025di
Redazione
BRUXELLES (BELGIO) (ITALPRESS) – Il team italiano, composto da Cuth Razvan Martini e Alessio Prendi, si è aggiudicato la vittoria dell’European Money Quiz 2025, la più grande competizione europea di educazione finanziaria per studenti tra i 13 e i 15 anni, promossa dalla Federazione Bancaria Europea (EBF) e, in Italia da FEduF (ABI). Alla finale, svoltasi a Bruxelles, hanno partecipato i vincitori nazionali provenienti da 30 Paesi. Il secondo posto è andato al team della Nord Macedonia, mentre il terzo è stato conquistato dalla Svezia.
“Siamo orgogliosi di celebrare l’eccellente performance degli studenti italiani che hanno rappresentato il nostro Paese all’European Money Quiz 2025 – ha dichiarato Giovanna Boggio Robutti, Direttore Generale di FEduF, la Fondazione creata da ABI che promuove l’educazione finanziaria e ha curato l’organizzazione della competizione a livello nazionale – lo European Money Quiz è la principale competizione europea dedicata all’educazione finanziaria dei giovani tra i 13 e i 15 anni, promossa dalla Federazione Bancaria Europea (EBF). La squadra italiana ha dimostrato una preparazione eccellente e competenze solide su temi cruciali come il risparmio, la pianificazione finanziaria, la cybersicurezza e gli investimenti. Il risultato ottenuto è motivo di grande soddisfazione e conferma quanto sia fondamentale investire nella formazione economico-finanziaria delle nuove generazioni, affinché possano affrontare con consapevolezza e responsabilità le sfide del futuro. Un ringraziamento speciale va anche agli insegnanti che ci affiancano con passione e dedizione. In particolare, la Professoressa Raffaella Perfumo rappresenta un esempio virtuoso: il suo impegno costante nella promozione dell’educazione finanziaria è un punto di riferimento essenziale per la diffusione di competenze economiche tra i giovani”.
I Paesi partecipanti sono: Albania, Austria, Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Grecia, Ungheria, Islanda, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Norvegia, Polonia, Portogallo, Repubblica di Macedonia del Nord, Romania, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Turchia e Ucraina.
L’edizione 2025 ha coinvolto 73.054 studenti di 2.877 scuole in tutta Europa. Sessanta finalisti si sono ritrovati a Bruxelles per una due giorni ricca di attività: la finale del quiz, una visita al Wikifin Lab dell’Autorità belga per i servizi e i mercati finanziari, una cerimonia di apertura del mercato presso la Borsa Euronext e un tour al Parlamentarium, il centro visitatori del Parlamento Europeo. Il quiz ha testato le conoscenze degli studenti su temi finanziari cruciali per la loro età: pianificazione a lungo termine, risparmio, criptovalute, cybersicurezza e gestione responsabile del credito.
“Siamo estremamente orgogliosi di ospitare la nona edizione dell’European Money Quiz – ha commentato Wim Mijs, CEO della Federazione Bancaria Europea – una chiara dimostrazione dell’impegno del settore bancario, insieme alle scuole partecipanti, nel rafforzare le competenze finanziarie. La competizione continua a crescere, con Bulgaria e Cipro che si uniscono per la prima volta quest’anno. L’entusiasmo e la preparazione dei partecipanti sono stati davvero impressionanti. L’educazione finanziaria è una chiave per un futuro sicuro: è fondamentale che i giovani europei sviluppino fin da piccoli le giuste competenze e attitudini”.
L’iniziativa si inserisce in un contesto europeo sempre più attento all’educazione finanziaria. La Commissione Europea ha annunciato una Strategia Europea per l’Educazione Finanziaria, attesa entro la fine dell’anno, con l’obiettivo di coordinare e rafforzare le numerose iniziative già esistenti a livello nazionale, nel settore privato e tra le ONG. L’EBF, da sempre attiva in questo ambito, è pronta a contribuire a questo importante progetto.
– Foto Ufficio stampa FEduF –
(ITALPRESS)
Economia
Unioncamere, 120 mila aziende italiane esportano all’estero
Pubblicato
4 ore fa-
23 Maggio 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – Sono 120.876 le aziende italiane che esportano all’estero. Ma ci sono almeno altre 17.000 imprese che potrebbero rapidamente aggiungersi a questa platea se adeguatamente supportate, perché pur possedendo tutti i requisiti per aprirsi ai mercati internazionali da sole non riescono farlo o lo fanno solo occasionalmente.
È quanto emerge dal Rapporto di Unioncamere sulle imprese potenziali esportatrici realizzato dal Centro Studi Tagliacarne sulla base degli ultimi dati ufficiali sulla struttura delle imprese che esportano. “L’export fornisce un contributo fondamentale alla crescita del Pil italiano. In 5 anni, l’export di beni delle nostre imprese è cresciuto del 30%, raggiungendo i 623,5 miliardi. Aquesto risultato vanno aggiunti anche gli oltre 141 miliardi di euro connessi alla vendita di servizi”, sottolinea il segretario generale di Unioncamere, Giuseppe Tripoli.
Più nel dettaglio delle 17mila imprese potenziali esportatrici: 5.601 sono aspiranti tali ovvero aziende, soprattutto “micro”, che attualmente non esportano ma hanno tutte le “carte” in regola per farlo; 11.427 sono emergenti ovvero esportano solo in via occasionale ma avrebbero le potenzialità per consolidare la loro posizione all’estero. Sono solo 1.600 le aziende emergenti che esportano verso gli Stati Uniti, ma per ben due imprese su tre rappresenta l’unico mercato di sbocco oltre confine.
Nel complesso le imprese emergenti realizzano negli Usa il 15,7% delle loro esportazioni, per un totale di 87,4 milioni di euro, a fronte del 10,8% venduto negli States dal totale delle imprese esportatrici. E’ la Lombardia la regione che esprime il maggior numero di imprese potenziali esportatrici (4.259, il 25,0% del totale). Seguono Veneto (1.933, 11,4%) e Emilia-Romagna (1.501, 8,8%). Ma a livello provinciale il quadro cambia.
Se Milano si conferma prima nella graduatoria, con 1.412 imprese potenziali esportatrici ovvero l’8,3% del totale, al secondo posto troviamo Roma (731, 4,3%) e Torino (720, 4,2%). Il 97,5% delle imprese aspiranti conta meno di 10 addetti, mentre la restante parte si divide tra piccole (2,4%) e medio-grandi imprese (0,1%). Ma nelle emergenti il peso delle imprese di dimensioni più grandi raggiunge il 3,6%. Opera nel settore manifatturiero il 46,8% delle imprese aspiranti, contro quasi il 40% delle emergenti.
Un quinto delle aspiranti si concentra in tre settori di attività: fabbricazione di prodotti in metallo (esclusi macchinari e attrezzature), industrie alimentari e industria del legno e dei prodotti in legno e sughero. Mentre più variegato appare il profilo delle emergenti: solo il 14,3% lavora nei primi tre comparti più rilevanti del manifatturiero e che sono gli stessi di quelli degli aspiranti ad eccezione del settore del legno sostituito da quello della riparazione, manutenzione e installazione di macchine ed apparecchiature.
– foto IPA Agency –
(ITALPRESS).
Economia
Fs, firmato contratto nazionale e aziendale. Aumento medio 230 euro
Pubblicato
23 ore fa-
22 Maggio 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – E’ stata sottoscritta oggi dal Gruppo FS Italiane e delle Organizzazioni Sindacali Filt-Cgil, Fit-Cisl, UilTrasporti, Ugl Ferrovieri, Fast Consal e Orsa Ferrovie l’ipotesi di accordo per il rinnovo del Contratto Aziendale del Gruppo FS Italiane, a seguito dell’intesa sul CCNL della Mobilità – Area contrattuale Attività Ferroviarie.
Vengono riconosciuti incrementi salariali per un importo mensile medio a regime di 230 euro sui minimi stipendiali e, a copertura del periodo 1° gennaio 2024-31 maggio 2025, un importo medio una tantum pari a 1.000 euro.
Tra gli elementi qualificanti del rinnovo: il rafforzamento del sistema di welfare aziendale, l’adeguamento dei regimi di orario e dell’organizzazione del lavoro, l’istituzione di una Commissione paritetica per analizzare l’impatto delle nuove professionalità legate all’innovazione e all’intelligenza artificiale e l’introduzione di strumenti come l’apprendistato duale per favorire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.
“Con la firma del rinnovo del contratto aziendale del Gruppo FS confermiamo il nostro impegno a favore delle persone, promuovendo il miglioramento della conciliazione vita-lavoro, con l’obiettivo di valorizzare le professionalità del Gruppo”, ha dichiarato l’Amministratore Delegato e Direttore Generale del Gruppo FS Stefano Antonio Donnarumma. “Questo rinnovo – ha proseguito l’AD – non solo risponde alle esigenze produttive aziendali, ma punta allo sviluppo delle competenze attraverso la digitalizzazione e l’innovazione, risorse fondamentali per l’evoluzione dei mestieri attuali e futuri. Desidero esprimere un sincero ringraziamento alle organizzazioni sindacali per il lavoro condiviso, per il loro impegno e per lo sforzo compartecipativo che ha reso possibile il raggiungimento di questo risultato. L’accordo – ha concluso Donnarumma – è un passo fondamentale per sostenere la trasformazione e l’evoluzione del settore, con l’obiettivo di dare impulso e valore al Sistema Paese”.
“L’intesa rappresenta una risposta concreta e responsabile alle trasformazioni in atto nel settore ferroviario, strategico per la mobilità sostenibile del Paese. Il nuovo impianto contrattuale valorizza il lavoro, promuove l’inclusione e rafforza la sicurezza, tenendo conto dei profondi cambiamenti legati all’innovazione tecnologica, alla digitalizzazione e all’evoluzione del mercato, con una particolare attenzione al bilanciamento tra vita e lavoro – si legge in una nota del gruppo Fs -. L’accordo conferma anche il ruolo centrale della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, prevedendo maggiori tutele e azioni concrete per diffondere una cultura condivisa della prevenzione. E’ stato inoltre aggiornato il sistema classificatorio del personale, coerentemente con l’evoluzione dei processi aziendali e sono state definite azioni in un’ottica di ricambio generazionale. Le parti hanno inoltre condiviso un importante aggiornamento della normativa sull’orario e sull’organizzazione del lavoro che tiene conto delle esigenze di conciliazione tra vita privata e vita professionale, contribuendo ad assicurare anche una maggiore sostenibilità dei business passeggeri e merci. Il nuovo Contratto Aziendale di Gruppo, affiancato dal CCNL, costituisce un sistema di regole condivise che rafforza la capacità delle aziende del Gruppo FS di affrontare con efficacia le sfide del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e di cogliere nuove opportunità nei mercati nazionali e internazionali. La valorizzazione delle persone e delle competenze si conferma leva strategica per la crescita sostenibile e la competitività dell’intero settore e del Gruppo”.
Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Ugl Ferrovieri, Orsa Ferrovie e Fast Confsal sottolineano che “i contratti rinnovati, nel rispetto dell’accordo interconfederale del 28 giugno 2011, scadranno il 31 dicembre 2026” ed evidenziano che “dopo 18 mesi di trattative sono stati raggiunti gli obiettivi fissati dalla piattaforma presentata in luglio 2023, con incrementi salariali adeguati, più tutele, più diritti e importanti modifiche normative, volte al miglioramento concreto delle condizioni di lavoro”.
“Il nuovo contratto – spiegano le organizzazioni sindacali – riguarda oltre 90 mila lavoratori e lavoratrici, inclusi quelli impiegati nei servizi appaltati come ristorazione, pulizie, assistenza personale con ridotta mobilità e accompagnamento notturno, prevede dal punto di vista retributivo un aumento medio di 230 euro mensili (su livello C1), in tre tranche tra giugno 2025 e giugno 2026. Inoltre una una tantum di 1000 euro per coprire il periodo di vacanza contrattuale erogata ad agosto 2025 e la rivalutazione di indennità fondamentali come turni, domenicali, trasferte e rimborsi pasto. Per i lavoratori degli appalti ferroviari c’è stato l’introduzione di buoni pasto da 7 euro a partire dal 1° gennaio 2026. Nel CCNL ci sono anche importanti novità sulla sicurezza sul lavoro a partire dall’introduzione della figura del Rls di sito e dalla Stop Work Authority, che consente ai lavoratori di interrompere l’attività in caso di potenziale pericolo evitando sanzioni disciplinari”.
“Contestualmente – proseguono Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Ugl , Orsa Ferrovie e Fast – è stato rinnovato anche il contratto aziendale del Gruppo FS, con misure che potenziano il welfare, la previdenza e la sanità. E’ stato sottoscritto un accordo specifico per il recupero del premio di risultato relativo al 2024, stabilito in 950 euro e fissati anche gli importi per i premi dei due anni successivi pari a 1100 euro per il 2025 con erogazione nel 2026 e 1200 euro per il 2026 con erogazione nel 2027. Dal punto di vista retributivo sono state rivalutate molte indennità. Concordato più equilibrio e qualità della vita in tema di riposi, orari e condizioni di lavoro e più tutele per le persone con l’introduzione del codice di condotta contro le molestie sessuali del Gruppo FS e nuovi strumenti a favore della genitorialità, dell’assistenza familiare e dei permessi in caso di lutto”.
“Le organizzazioni sindacali scioglieranno la riserva entro il 20 giugno” concludono infine Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Ugl Ferrovieri, Orsa Ferrovie e Fast Confsal.
– Foto ufficio stampa gruppo Fs Italiane –
(ITALPRESS).

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