Economia
Stime EY, 2023 positivo per l’Italia e ottimismo per il 2024
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1 anno fa-
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Redazione
MILANO (ITALPRESS) – L’Italia chiuderà il 2023 con una crescita del PIL dello 0,7% e si prevede un +0,6% nel 2024. Sono le stime che EY ha presentato nel corso del digital talk “Investire in Italia. Ma come? Previsioni sul 2024”, con l’intervento di Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, e rappresentanti del mondo accademico e dell’impresa.
“Una crescita per l’Italia in linea con le previsioni EY di inizio anno, risultato dell’effetto combinato, da un lato, di un buon andamento dei consumi e di investimenti pubblici in ripresa, anche per effetto del PNRR, dall’altro, di un freno agli investimenti privati e alle esportazioni, anche per la crisi che ha colpito alcuni rilevanti partner commerciali del Paese – commenta Marco Daviddi, Managing Partner Strategy and Transactions di EY in Italia -. Guardiamo con fiducia al 2024, ma i nostri modelli prevedono una riduzione degli investimenti privati, frenando le ambizioni di crescita dell’Italia. E’ necessario indirizzare risorse private verso gli investimenti in ricerca e sviluppo, nuove tecnologie e transizione energetica, superando la logica degli incentivi, per consentire al nostro Paese di mantenere il passo con le principali economie europeè. L’economia italiana nel 2023 ha beneficiato della dinamica positiva di alcuni dei fondamentali, come i consumi delle famiglie, sostenuti dalla crescita degli occupati. Consumi che hanno retto nonostante l’inflazione che nel 2023 ha raggiunto il 5,6% ma che EY stima si ridurrà fino al 2,3% nel 2024, portando all’aspettativa di un progressivo allentamento della stretta monetaria a partire dal terzo trimestre dell’anno. Si riconferma, inoltre, la centralità del PNRR per la crescita e l’importanza dell’esecuzione del piano così come programmato, che continua a spingere gli investimenti pubblici.
Per il 2024 EY stima il consolidamento della crescita dei consumi e un contributo rilevante al PIL dalle esportazioni nette, avvantaggiate dalla ripresa della domanda in alcuni mercati chiave.
Tuttavia, sarà l’andamento degli investimenti privati – che per effetto di varie forme di incentivi hanno raggiunto quota 19% del PIL nel 2023 – a pesare sulla crescita attesa nel 2024: ad oggi, infatti, è previsto un +0,1% nel 2023, ma una contrazione dello 0,2% nel 2024.
“Tra le principali categorie di investimento, quella dei beni intangibili rappresenta sempre più un elemento chiave e distintivo sia per mantenere la competitività delle imprese sul mercato sia per l’effetto traino in termini di produttività. Questi investimenti – aggiunge Mario Rocco, Valuation, Modelling and Economics Leader di EY in Italia – hanno visto una limitata crescita nel 2023 e l’ammontare complessivo rimane contenuto rispetto al totale degli investimenti: basti pensare che le stime EY per il 2023 evidenziano che la spesa in Ricerca & Sviluppo è intorno all’1% del PIL, in riduzione rispetto agli ultimi anni, a fronte del 3,5% della Germania e del 2,5% della Francia e dell’Eurozona (in media nel suo complesso). La ridotta propensione agli investimenti da parte delle aziende sta incidendo in negativo sulla capacità del nostro sistema economico di intraprendere un percorso di crescita più marcato. Non è un tema nuovo, in quanto Il PIL dell’Italia dal 1990 ad oggi è cresciuto di circa il 20%, la performance più bassa in Europa. Al contrario in quei Paesi – quali USA, Francia, Germania e Spagna – dove vi è stato un maggiore slancio nello scommettere sul futuro, si è registrata una crescita rispettivamente del 110%, del 60%, del 50% e dell’80% del PIL’.
Per quanto attiene alle strategie delle imprese per il futuro, i CEO Italiani intervistati dall’EY CEO Outlook Pulse si dichiarano moderatamente ottimisti sui risultati delle aziende che guidano: il 66% si aspetta una crescita dei ricavi e il 52% si attende una crescita della profittabilità. Tra i principali rischi che potrebbero impattare le performance aziendali nell’anno che verrà al primo posto identificano la digital disruption (per l’88% degli intervistati), a seguire la volatilità e l’incertezza sui mercati (88%), i cambiamenti normativi e le pressioni dei regolatori sulle tematiche ESG (84%), i temi geo-politici e le conseguenti barriere commerciali (82%).
Proprio la sfida tecnologica è al centro dei pensieri dei CEO italiani per i prossimi 5 anni: oltre il 70% ritiene che la Generative AI avrà un impatto significativo sulla generazione dei ricavi e sulla definizione dei modelli organizzativi ed operativi, con la conseguente necessità di accelerare sugli investimenti connessi, sul reskilling della forza lavoro e su ricerca e sviluppo. Allo stesso tempo, solo un terzo degli intervistati in Italia, a fronte di circa il 50% a livello global, ha confermato di aver sviluppato un piano strutturato relativo alla trasformazione tecnologica della propria azienda e di essere ora nella fase di implementazione.
Per fronteggiare tale scenario, circa i due terzi degli intervistati confermano di voler incrementare nel corso del prossimo anno gli investimenti in Ricerca e Sviluppo, Capex, M&A e Corporate Venture Capital. A tal fine nei prossimi 12 mesi i CEO italiani utilizzeranno la leva transazionale per effettuare nuove operazioni di acquisto (42%); raccogliere capitali attraverso dismissioni di non core asset o processi di quotazione (46%) e accelerare la trasformazione dei modelli di business (54%) perlopiù attraverso JV e alleanze.
Un’opinione coerente con i dati registrati nel 2023: EY stima pari a circa 1250 le operazioni di M&A con target in Italia – dato in linea con quello dello scorso anno – e un volume complessivamente investito compreso tra i 55 e i 60 miliardi di euro, in calo del 40% rispetto al 2022. Il clima di incertezza a livello economico e geopolitico ha determinato scelte di investimento più prudenti, con una dimensione media dei deal più contenuta. In questo contesto, il ruolo del private equity è cresciuto ulteriormente di rilevanza, con un’incidenza stimata del 40% sul totale delle operazioni.
Rimane invece solido il trend che riguarda l’attività di investimento delle aziende italiane nei mercati esteri: EY stima oltre 270 operazioni per un volume complessivo di poco inferiore ai 15 miliardi di euro, a riprova dell’utilizzo della leva transazionale per la ridefinizione dei mercati target in cui operare e per la riorganizzazione dell’approvvigionamento di materie prime e prodotti.
‘I mercati – aggiunge Daviddi – stanno fattorizzando l’aspettativa di riduzione dei tassi di interesse a partire dalla seconda metà del prossimo anno, di riduzione dell’inflazione, di ripresa della crescita in alcuni mercati chiave, come quello europeo e in particolare tedesco, e di risoluzione dei conflitti a noi più vicini, Ucraina e Medio Oriente; ma c’è consapevolezza sulla fragilità di alcune di queste aspettative. Infatti, il 94% dei CEO italiani dichiara che è pronto a rivedere i propri piani di investimento per ottimizzare i costi e proteggere la produttività. In questo scenario, la leva transazionale resta un elemento fondamentale e lo dimostra l’andamento del mercato M&A nel 2023 che, seppure in una fase complessa, ha ottenuto risultati che inducono alla fiducià. Secondo Daviddi ‘anche per il 2024 lo scenario transazionale, sebbene ancora intricato, mostra segnali positivi. In particolare, ci aspettiamo che il settore Industrial continui ad assorbire una quota rilevante della market share M&A in Italia e i nostri indicatori suggeriscono una ripresa dell’attività nel settore Consumer, molto penalizzato negli ultimi 18 mesi dalle incertezze circa la propensione agli acquisti delle famiglie. Inoltre, il settore Energy, sulla spinta della transizione energetica, continuerà ad attrarre risorse, con un ruolo crescente del Private Equity anche in questo casò. ‘Ma al di là di questo, è necessario – conclude – uno sguardo d’orizzonte, una visione del futuro: la chiave per aumentare l’attrattività del Paese per le aziende che vogliono crescere e per i talenti che vogliono operarvi risiede nella capacità che avremo di indirizzare le risorse private su progetti di investimento che aprano alla trasformazione portata dalle nuove tecnologie e dalla transizione energetica in corsò.
– foto ufficio stampa Ey –
(ITALPRESS).
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Accordo tra Stellantis e i sindacati sul Ccsl, Manca “Trovate le soluzioni insieme”
Pubblicato
3 giorni fa-
6 Giugno 2025di
Redazione
TORINO (ITALPRESS) – Stellantis Italia ha firmato con Fim-Cisl, Uilm-Uil, Fismic, Uglm e Aqcfr l’accordo sulla parte economica del secondo bienno del contratto collettivo specifico di lavoro (Ccsl) siglato l’8 marzo di due anni fa e valevole per il quadriennio 2023-2026. L’intesa ha alla base un forte impegno tra l’azienda e i sindacati maturato negli anni che, con la firma di oggi, vede riconfermato il sistema partecipativo previsto dal contratto.
“Come due anni fa – ha sottolineato Giuseppe Manca, Responsabile HR per Stellantis Italia – le parti hanno dimostrato un forte impegno per raggiungere l’intesa nello spirito delle relazioni sindacali basate sulla partecipazione che hanno già contraddistinto i precedenti rinnovi del Ccsl. Con il contesto nazionale e internazionale che stiamo vivendo, in cui permangono perplessità da parte dei consumatori sui tempi della transizione energetica e incertezze sui passi da compiere a livello europeo per il rilancio del settore automotive, abbiamo trovato insieme le soluzioni per proteggere in modo adeguato gli interessi dei lavoratori garantendo al contempo la competitività dell’azienda nel Paese”.
I punti centrali dell’accordo riguardano aumenti salariali per i lavoratori, miglioramento degli indicatori del premio di risultato e ripresa dell’attività del gruppo di lavoro sull’inquadramento. In particolare, sul fronte salariale, l’aumento medio previsto è di circa 135 euro nel biennio e ci sarà inoltre l’erogazione di due somme una tantum dell’importo di 240 euro lorde ciascuna, a giugno 2025 e ad aprile 2026.
Si tratta di cifre che si sommano a quelle già erogate nei due anni precedenti nell’ambito dell’accordo di rinnovo siglato l’8 marzo 2023. Stellantis ha inoltre rimodulato la definizione degli indicatori del nuovo premio di risultato introdotto nel 2023, eliminando la soglia per il pagamento del free cash flow mondo, cioè il flusso di cassa generato dall’azienda dalle sue attività operative.
Sul fronte dell’inquadramento, il gruppo di lavoro già costituito formulerà una proposta per definire e premiare specifiche professionalità e competenze sulle tre aree professionali, a partire da coloro che lavorano sulle linee produttive, al fine di istituire, in occasione del prossimo rinnovo contrattuale, un elemento economico sperimentale sulla base di criteri oggettivi e misurabili. Per Stellantis l’accordo è “un ulteriore tassello per rafforzare, anche attraverso la partecipazione di tutti i propri dipendenti italiani, l’impegno a diventare un’azienda tecnologica di mobilità sostenibile”
– foto ufficio stampa Stellantis –
. (ITALPRESS).
Economia
Pil in crescita dello 0,6% nel 2025, trend positivo atteso anche nel 2026
Pubblicato
3 giorni fa-
6 Giugno 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – Il Pil italiano è atteso in crescita dello 0,6% nel 2025 e dello 0,8% nel 2026, dopo essere aumentato dello 0,7% nei due anni precedenti. L’aumento del Pil, nel biennio di previsione, verrebbe sostenuto interamente dalla domanda interna al netto delle scorte (+0,8 e +0,9 punti percentuali rispettivamente), mentre la domanda estera netta fornirebbe un contributo negativo in entrambi gli anni (-0,2 e -0,1 p.p.).
Lo rileva l’Istat spiegando che “lo scenario previsivo per la domanda estera netta sconta l’ipotesi di un’attenuazione nella seconda parte del 2025 del clima di incertezza relativo all’indirizzo della politica commerciale statunitense. Si ipotizza comunque un impatto negativo dei dazi sul commercio mondiale e sulle prospettive di crescita internazionali”.
Si prevede che i consumi privati continuino a crescere a ritmi moderati ma stabili (+0,7% in entrambi gli anni) da un lato favoriti dalla prosecuzione della crescita delle retribuzioni e dell’occupazione, dall’altro frenati da un incremento della propensione al risparmio.
La crescita degli investimenti, nel 2025 (+1,2%), in accelerazione dal +0,5% del 2024, sarebbe favorita dal buon andamento registrato nel primo trimestre per poi segnare nel 2026 una ulteriore leggera accelerazione (+1,7%) in concomitanza con la fase conclusiva del PNRR.
L’occupazione, misurata in termini di unità di lavoro (ULA), segnerebbe un aumento superiore a quello del Pil (+1,1% nel 2025 e +1,2% nel 2026), ma in decelerazione rispetto agli anni precedenti a cui si accompagnerebbe un ulteriore calo del tasso di disoccupazione (6,0% quest’anno e 5,8% nel 2026).
Dopo la risalita dei prezzi tra la fine del 2024 e i primi mesi del 2025, nel corso dell’anno ci si attende una dinamica più moderata dell’inflazione, favorita dalla discesa dei listini dei beni energetici e dall’indebolirsi delle prospettive di domanda. L’aumento del deflatore della spesa delle famiglie residenti nel 2025 sarebbe in linea con tali andamenti (+1,8%), con una nuova leggera riduzione nel 2026 (+1,6%).
– Foto IPA Agency –
(ITALPRESS)
Economia
La Bce taglia i tassi d’interesse di 25 punti base
Pubblicato
4 giorni fa-
5 Giugno 2025di
Redazione
FRANCOFORTE (GERMANIA) (ITALPRESS) – La Banca centrale europea ha deciso di tagliare di 25 punti base i tassi d’interesse. Quelli sui depositi presso la banca centrale, sulle operazioni di rifinanziamento principali e sulle operazioni di rifinanziamento marginale saranno ridotti rispettivamente al 2%, al 2,15% e al 2,40%, con effetto dall’11 giugno 2025.
“L’inflazione si attesta attualmente intorno all’obiettivo del 2% a medio termine perseguito dal Consiglio direttivo. Nello scenario di base delle nuove proiezioni degli esperti dell’Eurosistema, l’inflazione complessiva si collocherebbe in media al 2,0% nel 2025, all’1,6% nel 2026 e al 2,0% nel 2027 – spiega la Bce -. Le revisioni al ribasso rispetto alle proiezioni di marzo, di 0,3 punti percentuali per il 2025 e il 2026, riflettono principalmente le ipotesi di prezzi dell’energia inferiori e di un rafforzamento dell’euro. Gli esperti si attendono che l’inflazione al netto della componente energetica e alimentare si porti in media al 2,4% nel 2025 e all’1,9% nel 2026 e nel 2027, sostanzialmente invariata da marzo”.
Per quanto riguarda la crescita del PIL in termini reali, secondo gli esperti si collocherebbe in media allo 0,9% nel 2025, all’1,1% nel 2026 e all’1,3% nel 2027. La proiezione di crescita invariata per il 2025 riflette un andamento nel primo trimestre più vigoroso rispetto alle attese associato a prospettive più deboli per il resto dell’anno. Benchè ci si attenda che l’incertezza relativa alle politiche commerciali gravi sugli investimenti delle imprese e sulle esportazioni, soprattutto nel breve termine, l’incremento degli investimenti pubblici in difesa e infrastrutture sosterrà sempre più la crescita nel medio periodo. L’aumento dei redditi reali e un mercato del lavoro robusto consentiranno alle famiglie di spendere di più. Insieme a condizioni di finanziamento più favorevoli, ciò dovrebbe aumentare la capacità di tenuta dell’economia agli shock mondiali.
“In un contesto di elevata incertezza – sottolinea la Bce -, i nostri esperti hanno anche valutato alcuni meccanismi attraverso i quali politiche commerciali differenti potrebbero influire su crescita e inflazione in alcuni scenari alternativi formulati a scopo illustrativo. Tali scenari saranno pubblicati unitamente alle proiezioni degli esperti sul sito Internet della BCE. In questa analisi di scenario, un ulteriore acuirsi delle tensioni commerciali nei prossimi mesi determinerebbe livelli di crescita e di inflazione inferiori a quelli dello scenario di base delle proiezioni. Al contrario, se le tensioni commerciali dovessero risolversi con esito favorevole, la crescita e, in misura minore, l’inflazione sarebbero superiori rispetto allo scenario di base. Le misure dell’inflazione di fondo suggeriscono perlopiù che l’inflazione si attesterà stabilmente intorno all’obiettivo del 2% a medio termine perseguito dal Consiglio direttivo. La dinamica salariale, seppur ancora elevata, continua a mostrare un’evidente moderazione e i profitti ne stanno parzialmente assorbendo l’impatto sull’inflazione. Si sono attenuati i timori che la maggiore incertezza e la risposta volatile dei mercati alle tensioni commerciali ad aprile avrebbero avuto un effetto restrittivo sulle condizioni di finanziamento”.
Il Consiglio direttivo “è determinato ad assicurare che l’inflazione si stabilizzi durevolmente sul suo obiettivo del 2% a medio termine. Soprattutto nelle attuali condizioni caratterizzate da eccezionale incertezza, l’orientamento di politica monetaria adeguato sarà definito seguendo un approccio guidato dai dati, in base al quale le decisioni vengono adottate di volta in volta a ogni riunione. Le decisioni del Consiglio direttivo sui tassi di interesse saranno basate sulla sua valutazione delle prospettive di inflazione, considerati i nuovi dati economici e finanziari, della dinamica dell’inflazione di fondo e dell’intensità della trasmissione della politica monetaria, senza vincolarsi a un particolare percorso dei tassi”.
– Foto IPA Agency –
(ITALPRESS).

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