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Economia

Rapporto Ice, nel 2023 export italiano a quota 626 miliardi

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ROMA (ITALPRESS) – Nel 2023 l’economia globale ha mostrato un andamento complessivo migliore rispetto a quanto atteso. Il PIL mondiale ha infatti registrato una crescita del 3,2 per cento nonostante le tensioni internazionali, le politiche economiche e monetarie restrittive finalizzate a contenere le spinte inflazionistiche e il maggior rigore nelle politiche di bilancio.
Gli scambi internazionali hanno invece risentito negativamente delle tensioni geo-politiche con una riduzione del -0,6% delle quantità di merci esportate rispetto al 2022 e una contrazione in valore del -4,6%, dovuta soprattutto al calo dei prezzi delle materie prime.
Il PIL italiano ha registrato un tasso di crescita dello 0,9%, un aumento per il terzo anno consecutivo superiore alla media dell’Eurozona e a quello di Francia e Germania. Nel 2023 le esportazioni di merci, in euro correnti, sono rimaste stabili al livello del 2022 e l’Italia ha guadagnato una posizione, collocandosi al sesto posto, nella graduatoria dei principali esportatori mondiali di merci, superando la Corea del Sud.
Nonostante l’Italia rappresenti il 2,2% del PIL mondiale, su almeno 5 macrocategorie vanta una penetrazione di mercato superiore al 5% con punte del 10% ad esempio per il vino.
Questa la prima valutazione che emerge dal nuovo Rapporto ICE 2023/2024, presentato oggi a Roma dal Presidente dell’Agenzia Matteo Zoppas, che illustra il quadro economico mondiale e i principali dati sulla presenza e sulla performance delle imprese italiane nei mercati internazionali.
L’apertura dei lavori è stata del Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso a cui sono seguiti gli interventi di Matteo Zoppas e del Presidente Istat Francesco Maria Chelli, che ha introdotto l’Annuario Statistico ISTAT-ICE 2024, mentre le conclusioni sono state affidate al Vicepresidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Antonio Tajani.
All’interno di questo quadro, molto complesso, l’impegno dell’Agenzia ICE si è rafforzato: negli ultimi tre anni, infatti, il numero di clienti che hanno richiesto servizi all’ICE è aumentato del 38%, passando da 16.331 nel 2020 a 22.602 nel 2023.
Le imprese che hanno usufruito dei servizi dell’Agenzia nel biennio 2022-2023 hanno incrementato le loro vendite estere del +12,02%, registrando una crescita superiore di +4,91 punti percentuali rispetto a un campione di imprese non-clienti.
Nel 2023 il prodotto interno lordo (PIL) mondiale è cresciuto del 3,2% e le previsioni 2024-2025 sono su livelli di crescita sostanzialmente equivalenti.
La situazione degli scambi è meno positiva di quella della produzione, con una contrazione dello 0,6% in volume delle esportazioni mondiali di merci. Il calo dei prezzi delle materie prime e la riduzione dell’inflazione hanno amplificato la caduta del valore degli scambi internazionali di merci, portandoli a un valore di 23,78 trilioni di dollari a prezzi correnti (-4,6%).
L’andamento degli scambi di servizi è in controtendenza (+9%), raggiungendo i 7,84 trilioni di dollari, trainato anche dalla ripresa del turismo e dei trasporti.
Secondo il Fondo Monetario Internazionale, le crescenti tensioni geo-politiche e geo-economiche e la diffusione di politiche di stampo protezionistico rendono concreto il rischio di una frammentazione dei mercati internazionali, generando costi economici che possono avere un impatto valutato tra lo 0,2% del prodotto mondiale, nello scenario più ottimista, e il 7% nel caso peggiore.
Nel frattempo, per quel che riguarda l’Unione Europea, sono state introdotte nuove normative che, una volta entrate a pieno regime, avranno certamente un riflesso diretto o indiretto sull’economia internazionale. Il Rapporto contiene focus specifici relativi al CBAM (il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere), all’AI Act (il Regolamento Europeo sull’intelligenza artificiale) e al MiCA (il Regolamento Europeo sulle criptovalute).
Tra i fattori che hanno inciso sull’andamento degli scambi internazionali dell’ultimo anno si possono segnalare, al fianco dei conflitti politico-militari, le due importanti crisi dei canali di Panama e Suez: il Rapporto dedica un approfondimento a quest’ultima, e in particolare agli effetti rilevati sugli scambi via mare e sul transito delle navi. Il 7% dell’export Italiano, pari a un valore di 44 miliardi di euro, si stima passi per il Mar Rosso; mentre per l’import il valore sale a 84 miliardi di euro pari al 14,2% degli acquisti totale.
La modifica delle rotte da parte delle compagnie di navigazione, a seguito degli attacchi armati alle navi che attraversano il Mar Rosso passando dallo stretto di Bab al-Mandab da parte del gruppo ribelle yemenita degli Huthi, ha comportato un aumento dei costi di trasporto e assicurativi rispetto al periodo precedente gli attacchi. I noli sono triplicati tra ottobre 2023 e gennaio 2024 ma sono fortemente diminuiti nel trimestre successivo, per effetto di un significativo aumento della capacità di carico complessiva.
Il problema è tutt’altro che risolto e i costi dei noli ad aprile 2024 suscitano ancora perplessità.
Le sfide da affrontare sono perciò notevoli, e continueranno a esserlo se la situazione dovesse protrarsi, accrescendo da un lato i rischi ambientali – minacciando anche il conseguimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni nel settore marittimo – e dall’altro generando il pericolo di un aumento dei costi delle importazioni per i consumatori finali.
Nonostante un contesto internazionale particolarmente complesso, nel 2023 il PIL italiano ha fatto registrare un tasso di crescita dello +0,9%: aumento per il terzo anno consecutivo superiore a quello di Francia e Germania e a quello medio dell’Eurozona.
La crescita del PIL italiano nel 2023 è stata sostenuta soprattutto dagli investimenti fissi lordi e dai consumi. Il contributo della domanda estera al PIL è tornato positivo.
Nel 2023 le esportazioni italiane di merci hanno raggiunto quota 626 miliardi di euro, sostanzialmente stabili rispetto a quanto registrato nel 2022 per effetto di una contrazione dei volumi esportati pari al -5% controbilanciata dall’aumento dei prezzi all’export (+5,3%).
Le vendite all’estero sono cresciute però del +30,4% rispetto al 2019 (480 miliardi di euro), prima cioè delle ripercussioni dovute ai lockdown e dei forti aumenti logistici causati dalle tensioni geopolitiche a seguito della guerra russo-ucraina e del conflitto in Medio Oriente. La crescita dell’export italiano è invece stata del +60,5% rispetto al 2012, quando avevano raggiunto il valore di 390 miliardi di euro.
Anche le esportazioni italiane di manufatti nel 2023 si sono confermate allo stesso livello del 2022 (596 miliardi di euro), risultato di una riduzione dei volumi, a fronte di un aumento dei prezzi. Questo deriva da andamenti opposti nei diversi mercati (-2,1% dell’export verso l’UE e +2,3% verso i mercati extra-UE).
L’Italia è salita di una posizione nella graduatoria dei principali esportatori, arrivando al sesto posto. Si osserva nel 2023 un rafforzamento dei vantaggi comparati dell’industria italiana: i macchinari si riconfermano il primo settore di esportazione per l’Italia come peso sulle esportazioni (16%) e mostrano un aumento in valore (+8,8%), in aggiunta ai mezzi di trasporto (cresciuto del +10,5%) e all’agroalimentare (+5,7%).
Le esportazioni italiane di servizi (137 miliardi nel 2023) sono aumentate di oltre l’8% in volume e di oltre il 12% in euro rispetto al 2022 e hanno accresciuto la propria quota di mercato mondiale.
-foto ufficio stampa Rapporto Ice –
(ITALPRESS).

Economia

OPS su Banco Bpm, UniCredit “Prescrizioni impossibili da attuare”

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MILANO (ITALPRESS) – “UniCredit ha ricevuto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri il decreto relativo al procedimento Golden Power, che prevede una serie di prescrizioni relative alla prosecuzione dell’Offerta. In sintesi, si tratta di vincoli sulle modalità di gestione delle future attività creditizie e della liquidità dell’entità combinata, sul diritto di cedere partecipazioni e di gestire in modo appropriato gli asset in gestione di Anima e sulle attività di UniCredit in Russia”. Lo comunica Unicredit in riferimento all’offerta pubblica di scambio (‘Offerta’) promossa ai sensi degli articoli 102 e seguenti del TUF sulla totalità delle azioni ordinarie di Banco BPM S.p.A. (“BPM”).

“UniCredit ha la chiara intenzione di mantenere o incrementare l’esposizione dell’entità combinata alle PMI e di supportarle ulteriormente con le proprie fabbriche prodotto di eccellenza. Inoltre, UniCredit continuerà a gestire gli asset in gestione dei suoi clienti nel loro migliore interesse e si impegna a continuare a ridurre la propria presenza in Russia, già diminuita del 90% circa negli ultimi tre anni, in linea con la decisione della BCE”.

“L’uso dei poteri speciali in un’operazione domestica tra due banche italiane non è comune e non è chiaro perché sia stato invocato in relazione a questa specifica operazione, ma non per le altre operazioni simili attualmente in corso sul mercato italiano. Inoltre, le prescrizioni si prestano a diverse interpretazioni e appaiono non completamente allineate con la legislazione italiana e comunitaria, oltre che con le decisioni delle autorità regolamentari. Le prescrizioni imposte a UniCredit, potrebbero danneggiare la sua piena libertà e capacità di adottare decisioni conformi ai principi di sana e prudente gestione in futuro, e persino portare a risultati non voluti (ad esempio l’imposizione di sanzioni a UniCredit a causa della presunta mancata osservanza di una qualsiasi delle prescrizioni). Al di là del diritto previsto in generale di chiedere all’autorità di riconsiderare la decisione emessa, il decreto contempla espressamente la possibilità per UniCredit di riferire immediatamente all’autorità se non le fosse possibile attuare – in tutto o in parte – le prescrizioni. UniCredit ha quindi prontamente risposto all’autorità esprimendo il proprio punto di vista sul decreto e resta in attesa di un riscontro. Fino ad allora, UniCredit non è in grado di prendere alcuna decisione definitiva sulla strada da seguire in merito all’Offerta” conclude la nota.

– foto IPA Agency –

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Economia

La domanda di prestiti torna a salire nel primo trimestre 2025

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BOLOGNA (ITALPRESS) – Dall’aggiornamento al I trimestre 2025 del Barometro CRIF sulla domanda di prestiti delle famiglie italiane (Fonte EURISC – il Sistema di Informazioni Creditizie gestito da CRIF) si registra una ritrovata fiducia con un +3%, dopo un 2024 con il freno a mano tirato. Anche l’importo medio richiesto è in crescita, infatti nell’aggregato di prestiti personali e finalizzati, il valore si attesta a 10.161 euro (+8,3% rispetto allo stesso periodo del 2024). Si tratta del valore più alto degli ultimi 10 anni (nel 2015 il valore medio richiesto era di 7.724 euro), determinato in larga parte dall’inflazione.

“I dati relativi al primo trimestre dell’anno confermano una tendenza incoraggiante per la ripresa del credito alle famiglie, grazie alle condizioni favorevoli della politica monetaria della BCE. In particolare, osserviamo una forte prevalenza verso la domanda di prestiti personali, a dimostrazione di una rinnovata fiducia dei consumatori nel progettare spese future. Allo stesso tempo però, a questa dinamica si associa una rigorosa valutazione della capacità di rimborso e del credito sostenibile, nella maggior parte dei casi, infatti, gli importi richiesti sono inferiori ai 5.000 euro. Infine, la modalità di pagamento si fa sempre più digitale e si sposta verso la formula ‘Buy now, pay later’ che permette di diluire ulteriormente anche i piccoli acquisti quotidiani (il 61% dei prestiti è tra 0 e 150 euro) rispetto ai vecchi modelli di finanziamento, i cosiddetti small ticket”, commenta Simone Capecchi, Executive Director di CRIF.

Nel primo trimestre di osservazione le richieste di finanziamenti finalizzati hanno fatto registrare una frenata dell’8,6% rispetto al corrispondente periodo del 2024, viceversa i prestiti personali volano a un +15,9%. Per quanto riguarda l’importo medio per entrambe le forme tecniche i segnali sono positivi ma con diverse incidenze: per i prestiti finalizzati abbiamo un +9,6% (7.518 euro), mentre i prestiti personali hanno registrato un incremento più contenuto (+2,4%) e un valore medio di 12.495 euro.

L’analisi della distribuzione delle richieste per fascia di importo del finanziamento conferma che nel I trimestre 2025 le preferenze degli italiani si sono concentrate nella classe inferiore ai 5.000 euro, che arriva a spiegare quasi la metà delle richieste con il 45,1% del totale. Dall’analisi della distribuzione per durata dei finanziamenti si evince che, anche in questi primi tre mesi dell’anno, quasi un finanziamento su tre preferisce piani di rimborso superiori ai 5 anni, con una quota pari al 33,1% del totale. Osservando, infine, la distribuzione delle istruttorie di credito in relazione all’età del richiedente, il Barometro CRIF evidenzia come nel primo trimestre dell’anno sia stata la fascia compresa tra i 45 e i 54 anni a risultare maggioritaria, con una quota pari al 23,3% del totale, seguita da 35-44 anni con il 20,5%.

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– foto IPA Agency –

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Economia

Istat, nel 2024 indebitamento amministrazioni pubbliche in diminuzione

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ROMA (ITALPRESS) – Nel 2024 l’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche (-75.547 milioni) è stato pari al -3,4% del Pil, in diminuzione di 78,7 miliardi rispetto al 2023 (-154.284 milioni, corrispondente al -7,2% del Pil). E’ quanto emerge dai dati Istat, che ha pubblicato la notifica sull’indebitamento netto e sul debito delle amministrazioni pubbliche, riferiti al periodo 2021-2024. Il saldo primario (indebitamento netto al netto della spesa per interessi) è risultato positivo e pari allo 0,4% del Pil, con un miglioramento di 4 punti percentuali rispetto al 2023. La spesa per interessi che, secondo le attuali regole di contabilizzazione, non comprende l’impatto delle operazioni di swap1, è stata pari al 3,9% del Pil, mostrando una crescita di 0,2 punti percentuali rispetto al 2023.

I dati del debito delle amminisrazioni pubbliche per gli anni 2021-2024 sono quelli pubblicati dalla Banca d’Italia e sono anch’essi coerenti con il SEC 2010. A fine 2024 il debito pubblico, misurato al lordo delle passività connesse con gli interventi di sostegno finanziario in favore di Stati membri della Uem, era pari a circa 2.966.597 milioni di euro (135,3% del Pil). Rispetto al 2023 il rapporto tra il debito delle amministrazioni e il Pil è aumentato di 0,7 punti percentuali.

– foto IPA Agency –

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