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Economia

Business Forum Italia-Serbia, l’interscambio supera i 3,7 miliardi

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BELGRADO (SERBIA) (ITALPRESS) – Oltre 400 imprese hanno preso parte a Belgrado al terzo Business Forum Italia-Serbia. Nel 2024 l’interscambio commerciale tra i due Paesi ha superato i livelli dell’anno precedente, raggiungendo complessivamente oltre 3,7 miliardi di euro.
L’Italia mantiene la terza posizione, dopo Germania e Cina, nella graduatoria dei partner commerciali della Serbia. Le importazioni serbe dall’Italia hanno totalizzato quasi 2,3 miliardi di euro, registrando un incremento del 3,5% rispetto al 2023. Le importazioni italiane dalla Serbia hanno invece registrato una leggera flessione (-4,2%), attestandosi a circa 1,4 miliardi di euro.
“A Belgrado per il Business Forum Italia-Serbia. Presenti circa 400 imprese italiane pronte a rafforzare la nostra presenza commerciale nei Balcani occidentali. Grazie al Presidente Vucic per la sua amicizia, l’Italia sostiene con lealtà il percorso d’ingresso della Serbia nell’Unione Europea”, ha scritto su X il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, che al Business Forum ha incontrato il presidente serbo Aleksandar Vucic.
“La Serbia vale nei primi undici mesi del 2024, 2,5 mld di esportazioni, con una crescita di oltre il 16% rispetto allo stesso periodo del 2023 (che già era cresciuta del +6% rispetto al 2022)”, ha spiegato il presidente di ICE, Matteo Zoppas, che ha aggiunto: “ICE fa parte di quel Sistema Paese, insieme a Sace, Simest e CDP, che costituisce l’infrastruttura per la crescita e lo sviluppo dell’export su cui il Governo sta puntando molto e che rappresenta un quarto del PIL. ICE lo fa soprattutto facendo incontrare domanda e offerta, Sace e Simest lo fanno offrendo supporto finanziario e garantendo certezze nei pagamenti, alle PMI che vogliono iniziare o ampliare il proprio percorso di internazionalizzazione. A questo lavoro di squadra si aggiunge la rete di rappresentanza della diplomazia e quella delle Associazioni di categoria, come Confindustria, Confapi e Confartigianato insieme a tutte le altre rappresentanze di categoria e il sistema degli istituti finanziari”.
Per Zoppas “il tema della tecnologia è emerso come un punto centrale per il futuro sviluppo delle relazioni economiche tra Italia e Serbia. La Serbia sta mostrando un crescente interesse per l’adozione di tecnologie italiane, cruciali per la competitività e l’ingresso nell’Unione Europea. L’Italia può essere un partner di riferimento per far sì che gli standard produttivi in settori chiave come quelli della transizione energetica e digitale, l’automazione, l’agritech possano raggiungere velocemente i livelli richiesti”.
“Far crescere i legami con la Serbia e i Balcani apre opportunità sia per le aziende italiane che per i piani di crescita di questi Paesi ai quali l’eccellenza del Made in Italy può offrire un grande contributo. La Serbia è un Paese GATE per SACE e grazie alla nostra presenza in loco con un ufficio a Belgrado dal 2023, che ha facilitato le relazioni con le controparti locali, contiamo di incrementare il portafoglio operazioni che ad oggi ammonta a oltre 1,2 miliardi di euro. Il nostro obiettivo è accompagnare le imprese italiane in questo mercato, rendendole più competitive e creando nuove opportunità di business”, ha affermato Alessandra Ricci, amministratrice delegata di SACE.
“Nei primi nove mesi del 2024 vediamo che l’export italiano verso la Serbia è aumentato del 16,3% per un totale di 2 miliardi di euro e questi dati gettano le basi per potenziare relazioni economiche già solide e in crescita tra Italia e Serbia – ha proseguito -. Guardando verso il futuro sono tante le nuove aree di collaborazione sulle quali puntare: dalla meccanica strumentale all’agribusiness, dalla gioielleria ai mezzi di trasporto”.
“Italia e Serbia hanno un forte legame che affonda le sue radici nella storia, ma oggi vogliamo guardare con determinazione al futuro per una cooperazione che può abbracciare tanti settori strategici”, ha detto il presidente di Confapi, Cristian Camisa.
“A riprova di quanto teniamo a questo legame – ha aggiunto -, oggi l’Italia è qui con una delegazione composta dalle più alte cariche governative, la grande industria e quella pubblica o a partecipazione statale, la piccola e media industria privata rappresentata da Confapi, gli enti più importanti che supportano l’internazionalizzazione delle imprese CDP, SACE, SIMEST e ICE”.
“Oggi siamo tra i primi partner commerciali della Serbia – ha sottolineato Camisa -, con un volume di scambi commerciali che ha superato i 4 miliardi di euro. Oltre 1.200 aziende italiane presenti che rappresentano il 5,5% del PIL nazionale serbo. La nostra partnership vuole essere win win. La caratteristica fondante del mondo delle PMI industriali, dei nostri imprenditori non è mai stata quella di delocalizzare, magari con orizzonte temporale limitato ma di internazionalizzare attraverso creazioni di branch locali, anche attraverso joint venture che rafforzino l’azienda in Italia e creino competenze in loco. In questo modo si crea un valore aggiunto importante: lavoro ma anche trasferimento di competenze e tecnologie”, ha concluso.
Sul fronte bancario, “Intesa Sanpaolo è un partner naturale per il settore pubblico, le imprese e le famiglie in Serbia come già in Italia: nel Paese, così come altrove nell’area CEE, siamo leader sul mercato bancario e portiamo la garanzia di solidità e la capacità di investimento nel lungo termine, di un gruppo riconosciuto dai mercati come leader europeo, con circa 74 miliardi di capitalizzazione”, ha detto Paola Papanicolaou, Chief of International Banks Division di Intesa Sanpaolo, che è intervenuta a Belgrado all’Italia-Serbia Business Forum.
“La International Banks Division di Intesa Sanpaolo è il ponte naturale tra l’Italia e i Paesi dell’area Central and Eastern Europe – ha proseguito Papanicolaou -, nei quali stiamo investendo in maniera significativa, per consolidare la posizione di Istituzione Finanziaria di riferimento”.
“In Serbia siamo il leader di mercato con 6,8 miliardi di depositi, 1,4 milioni di clienti e crediti alla clientela pari a oltre 5,5 miliardi: un paese fondamentale per le nostre strategie di sviluppo, essendo l’Italia il terzo partner commerciale, con un interscambio, di circa 4 miliardi di euro che siamo attivamente impegnati a sostenere – ha aggiunto -. Nell’ultimo quadriennio abbiamo contribuito all’economia con circa 2,5 miliardi annui di nuovi finanziamenti, e una crescita di circa 12% all’anno, ponendo particolare attenzione al settore delle imprese, sia di grandi che medie e piccole dimensioni. Allo stesso modo siamo un interlocutore delle istituzioni governative per i progetti infrastrutturali e di sistema, oltre a partecipare alle iniziative di sviluppo al fianco delle principali istituzioni finanziarie sovranazionali, come la Banca Europea per gli Investimenti e la European Bank for Development and Reconstruction. Contribuiamo inoltre ad accelerare la ESG and Green transformation dei nostri clienti: nel solo 2024 i nuovi finanziamenti nell’ambito sono stati di 1,1 miliardi di euro”.

– Foto IPA Agency –

(ITALPRESS).

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Economia

Orsini “Piano da 8 mld per le imprese. Nucleare? Serve correre”

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RAPALLO (GENOVA) (ITALPRESS) – Azioni “forti” e “subito”, a partire da un piano da 8 miliardi in tre mosse per convincere le imprese a investire. E poi “correre velocemente” sul nucleare, che non può essere “un tema politicizzato”, perché il grande tema oggi è l’incertezza, compresa quella energetica. Sono le priorità delineate da Emanuele Orsini, presidente nazionale di Confindustria, che ha chiuso oggi il 54esimo convegno dei Giovani Imprenditori a Rapallo.

“Oggi il vero tema è l’incertezza – esordisce Orsini -. In questi scenari di incertezza è ovvio che le nostre imprese sono in difesa e guardano gli investimenti con attenzione. Oggi chiedere di investire è come se chiedessimo a un cassintentegrato di comprare un’auto nuova. Bisogna dare un overboost perché tornino a investire”. Tornano a crescere le preoccupazioni per l’energia, soprattutto dopo l’escalation in Medio Oriente. E allora il presidente degli industriali dalla Liguria lancia un appello chiaro: “Basta dire no al nucleare. Serve essere veloci, se partiamo oggi saremo pronti in sette anni. Se diventa politicizzato diventa un problema, è responsabilità sociale anche dei partiti dire che quella è la via. Ci sono capitoli in questo Paese in cui o si va tutti insieme o non si faranno”.

Sull’automotive “abbiamo fatto un disastro – punta il dito Orsini -. Il primo nostro prodotto abbiamo detto che non lo vogliamo più produrre. Io non sono contro l’auto elettrica, io sono contrario a eliminare tecnologie per norma. La cessione dei crediti di carbonio nasce su ragionamenti nobili, ma se diventano speculazioni non funzionano. Non è questa l’Europa che ci aspettiamo”. Le proposte per dare un “overboost” alle aziende si articolano su tre azioni: “Prendiamo i fondi di coesione, rimoduliamo pezzi di quote del Pnrr, velocizziamo i contratti di sviluppo, perché non si può pensare che per fare un’istruttoria servano due anni e mezzo o tre. Abbiamo proposto un piano da 8 miliardi utilizzando queste tre vie per dare spinta agli investimenti ed essere più performanti. Lo abbiamo dimostrato post Covid: le nostre imprese erano pronte, erano trasformate, hanno saputo aumentare la produttività del 20%”. Poi, in vista dell’incontro coi sindacati del 26 giugno: “Non li ho visti di fianco a noi in Europa a proteggere le nostre imprese su temi fondamentali come l’automotive, la mancanza di competitività. Siccome difendiamo imprese, quindi lavoro e famiglie, mi auguro che su questi capitoli centrali per tutti il sindacato sia con noi”.

LA PROPOSTA DI TASCA

In tema di energia, a proporre la sua ricetta è Roberto Tasca, presidente di A2A, che avverte: “Se vogliamo raggiungere una sicurezza nell’immediato, l’unica cosa che possiamo fare è utilizzare i mezzi che abbiamo a disposizione, in particolare sole e vento”. Il modello è quello della Spagna che “oggi ha il costo di produzione dell’energia più basso in Europa, con lo stesso sistema di mercato. La Spagna ha una quota limitata di nucleare, noi abbiamo rinunciato al nucleare negli anni Ottanta, però la Spagna ha raggiunto i costi più bassi di produzione dell’energia”.

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Di certo le sirene sul fronte orientale non lasciano tranquilli: “La nostra autonomia energetica è messa ancora alla prova. È chiaro che la sostituzione del gas con lo spegnimento della Russia e la sostituzione progressiva di Algeria e Azerbaigian oggi ha un ulteriore elemento di problematicità: la fornitura dalla Libia si sta spegnendo e quello che sta accadendo in questi giorni sicuramente non alimenterà ulteriormente le forniture di Gnl che sono sostanziali per i nostri approvvigionamenti”.

– foto IPA Agency –

(ITALPRESS).

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Economia

Tassi a breve termine in calo nella prima parte del 2025

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ROMA (ITALPRESS) – Da ottobre 2023, i tassi di mercato sono progressivamente diminuiti a seguito dei tagli della BCE. Nella prima parte del 2025 i tassi a breve termine si sono ulteriormente ridotti, non altrettanto quelli a lungo termine. È quanto emerge dal Rapporto mensile dell’Associazione Bancaria Italiana.

Nei primi 12 giorni di giugno 2025 il tasso Euribor a 3 mesi è stato in media dell’1,96%, in calo di 13 punti base rispetto a maggio 2025 (2,09%) e inferiore di 88 punti base rispetto a dicembre 2024 (2,84%). Il tasso lordo dei BOT a sei mesi è stato in media dell’1,93% in calo di 1 punto base rispetto a maggio (1,94%) e inferiore di 69 punti base rispetto a dicembre 2024 (2,62%).

Il tasso IRS a 10 anni (molto usato nei mutui) è stato in media del 2,55% sostanzialmente stabile rispetto a maggio (2,54%) e in aumento di 32 punti base rispetto a dicembre 2024 (2,23%). Il tasso lordo dei BTP a 10 anni è stato in media del 3,49% in calo di 12 punti base rispetto a maggio (3,61%) e in aumento di 15 punti base rispetto a dicembre 2024 (3,34%).

A maggio 2025 il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese è sceso al 3,64% dal 3,77% del mese precedente e dal 5,45% di dicembre 2023; il tasso medio sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni è sceso al 3,19% dal 3,27% del mese precedente (4,42% a dicembre 2023); il tasso medio sul totale dei prestiti (quindi sottoscritti negli anni) è sceso al 4,07% dal 4,14% del mese precedente.

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Il tasso praticato sui nuovi depositi a durata prestabilita (cioè certificati di deposito e depositi vincolati) a maggio 2025 è stato il 2,32%. Ad aprile tale tasso era in Italia superiore a quello medio dell’area dell’euro (Italia 2,31%; area dell’euro 2,10%). Rispetto a giugno 2022, (ultimo mese prima dei rialzi dei tassi BCE) quando il tasso era dello 0,29%, l’incremento è stato di 203 punti base. Il rendimento delle nuove emissioni di obbligazioni bancarie a tasso fisso a maggio 2025 è stato il 2,30%, con un incremento di 99 punti base rispetto a giugno 2022 quando era l’1,31%.

A maggio 2025 il tasso medio sul totale dei depositi (certificati di deposito, depositi a risparmio e conti correnti), è stato lo 0,69% (0,73% nel mese precedente; 0,32% a giugno 2022). Il tasso sul conto corrente, che non ha la funzione di investimento e permette di utilizzare una moltitudine di servizi, a maggio 2025 era lo 0,32% (0,33% nel mese precedente; 0,02% a giugno 2022).

Il margine (spread) sulle nuove operazioni (differenza tra i tassi sui nuovi prestiti e la nuova raccolta) con famiglie e società non finanziarie a maggio 2025 è di 189 punti base. La raccolta indiretta, cioè gli investimenti in titoli custoditi presso le banche, presenta un incremento di 121,4 miliardi tra aprile 2024 e aprile 2025 (26,2 miliardi famiglie, 16,1 miliardi imprese e il restante agli altri settori, imprese finanziarie, assicurazioni, pubblica amministrazione).

La raccolta diretta complessiva (depositi da clientela residente e obbligazioni) a maggio 2025 è risultata in aumento del 2,9% su base annua, proseguendo la dinamica positiva registrata da inizio 2024 (+1,6% nel mese precedente). A maggio 2025 i depositi, nelle varie forme, sono cresciuti del 3,5% su base annua (+1,9% il mese precedente). La raccolta a medio e lungo termine, tramite obbligazioni, a maggio 2025 è diminuita dell’1,3% rispetto ad un anno prima (-0,6% nel mese precedente).

A maggio 2025, l’ammontare dei prestiti a imprese e famiglie è rimasto sostanzialmente stabile rispetto ad un anno prima (+0,3% nel mese precedente; cfr. Tabella 4); ad aprile 2025 i prestiti alle imprese erano diminuiti dello 0,8% mentre quelli alle famiglie erano cresciuti dell’1,3%.

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Ad aprile 2025 i crediti deteriorati netti (cioè l’insieme delle sofferenze, inadempienze probabili ed esposizioni scadute e/o sconfinanti calcolato al netto delle svalutazioni e degli accantonamenti già effettuati dalle banche) sono diminuiti a 31,1 miliardi di euro, da 31,3 miliardi di dicembre 2024 (30,5 miliardi a dicembre 2023). Rispetto al loro livello massimo, 196,3 miliardi raggiunti nel 2015, sono in calo di oltre 165 miliardi.

Ad aprile 2025 i crediti deteriorati netti rappresentavano l’1,50% dei crediti totali. Tale rapporto è lievemente inferiore rispetto a dicembre 2024 (1,51%; 1,41% a dicembre 2023; 9,8% a dicembre 2015).

– Foto IPA Agency –

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Economia

Banca d’Italia, con l’aumento dei dazi impatto sulla crescita del Pil nel prossimo triennio

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ROMA (ITALPRESS) – Secondo le proiezioni macroeconomiche per l’Italia nel triennio 2025-27 elaborate dagli esperti della Banca d’Italia, l’inasprimento delle politiche commerciali tra Stati Uniti e Unione Europea potrebbe penalizzare in misura marcata l’attività economica e in particolare le vendite all’estero e gli investimenti, specie se si accompagnasse al permanere di condizioni di elevata incertezza.

Qualora il livello dei dazi aumentasse ai valori annunciati il 2 aprile e l’incertezza si mantenesse elevata, la crescita del prodotto potrebbe ridursi rispetto a quella dello scenario di base di circa due decimi di punto percentuale nell’anno in corso e fino a circa mezzo punto percentuale all’anno nel prossimo biennio. L’impatto complessivo sul prodotto nell’arco del triennio sarebbe analogo a quello stimato dalla Bce per l’area dell’euro. 

Per contro, una crescita maggiore potrebbe derivare da effetti più pronunciati dell’aumento delle spese per la difesa e le infrastrutture a livello europeo o da un esito delle trattative sulle politiche commerciali più favorevole di quello implicito nello scenario di base. Per quanto concerne l’inflazione, eventuali aumenti ritorsivi dei dazi da parte dell’Unione europea potrebbero esercitare temporanee spinte al rialzo, i cui effetti sarebbero più che compensati nel medio termine da quelli di segno opposto dovuti a un marcato e persistente deterioramento della domanda aggregata.

-Foto IPA Agency-
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