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Cronaca

“Oltre il Giubileo”: Banca del Fucino presenta nuova ricerca su Roma

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ROMA (ITALPRESS) – La Banca del Fucino ha presentato oggi a Roma la sua nuova ricerca “Oltre il Giubileo. Quale futuro per il centro storico di Roma” presso la sua sede in Piazza San Lorenzo in Lucina. Alla presentazione, che si è svolta alla presenza del sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, hanno preso parte anche il Presidente della Banca del Fucino, Mauro Masi, il Presidente della Camera di Commercio di Roma, Lorenzo Tagliavanti, e Francesco Gianni, fondatore dello studio legale Gianni & Origoni. La celebrazione del Giubileo 2025 a Roma costituisce un’importante occasione per la città, anche per riflettere sul suo futuro. La Ricerca presentata oggi propone una riflessione sulle tendenze e le trasformazioni che negli ultimi decenni la città, e in particolare il suo Centro storico, hanno attraversato.
Nello specifico, la ricerca si concentra sugli storici rioni di Roma: Trevi, Colonna, Campo Marzio, Ponte, Parione, Regola, Sant’Eustachio, Pigna e Sant’Angelo – quartieri che ospitano alcuni dei principali monumenti e simboli della città ma che, negli ultimi decenni, sembrano star perdendo sempre di più il proprio rapporto organico con la città, per divenire una sorta di cittadella turistica autonoma.
E’ davvero così? Roma è diventata una città policentrica: alcuni quartieri periferici, come Cassia-Flaminia ed Eur, si sono affermati come nuovi poli di attrazione economica, superando il Centro storico per flussi di pendolari. Quest’ultimo, ha poi perso progressivamente i suoi vantaggi localizzativi, penalizzato dal ridimensionamento della Pubblica Amministrazione e dalle crescenti diseconomie legate alla congestione urbana, soprattutto per quanto riguarda i trasporti.
Non stupisce quindi l’evoluzione demografica registrata dal Centro storico negli ultimi 25 anni. I dati raccolti nella ricerca di Banca del Fucino evidenziano un importante processo di spopolamento ed invecchiamento: tra 2001 e 2021 la popolazione residente è diminuita del 7,5%, riducendosi a poco più di 21.000 abitanti, mentre nello stesso lasso di tempo la popolazione totale di Roma è cresciuta del 7%; si è inoltre alzata l’età media del Centro storico, da 44,1 a 49,6 anni, 3,5 anni di più della media romana. Quest’ultimo è il risultato di due dinamiche parallele e strettamente legate: da un lato la diminuzione del numero di residenti con meno di 15 anni di età (-10,4% in 20 anni) e dall’altro l’aumento (molto più rilevante, +75,1%) della popolazione over-75.
La ricerca, al contempo, restituisce un quadro a luci e ombre per quanto riguarda gli ultimi anni. Tra il 2021 e il 2023, infatti, la popolazione residente nel Centro storico è tornata a crescere, seppur di poco, del 2,5%. Inoltre, vi sono buoni motivi per ritenere che il Centro storico rimanga una delle zone più frequentate della città: gli indicatori di “fruizione”, come il rapporto tra residenti “sostanziali” e residenti anagrafici o quello fra presenze telefoniche e residenti, restituiscono l’immagine di un luogo dotato di una effettiva centralità, con un significativo stacco rispetto a zone più “periferiche”.
Vi sono insomma rilevanti segnali di una perdurante domanda di residenzialità in direzione del Centro storico. E’ quanto emerge anche dall’analisi, portata avanti nella ricerca, dell’evoluzione del tessuto imprenditoriale del Centro storico. Anche su questo fronte, infatti, l’area in questione appare contesa tra due dinamiche contrastanti.
La prima, di maggior forza, vede aumentare a ritmi significativi il numero di alloggi per turisti (+64,9% tra il 2016 e giugno 2024) e di ristoranti (+47,3%), a scapito delle imprese del commercio (-9,3%).
Dietro la riduzione del numero di queste ultime vi è una molteplicità di dinamiche, che va ben al di là del caso specifico del Centro storico di Roma. Stupisce al contempo come un settore – quello del commercio – di tradizionale specializzazione del Centro storico abbia visto riduzioni tanto importanti negli ultimi anni, con le imprese commerciali del tessile, per esempio, passate da 948 a 830 in meno di dieci anni: se nel 2016 questo gruppo di imprese era quello maggioritario nel Centro storico, a metà 2024 il primato era passato alle imprese di alloggio per turisti.
La seconda, più debole, dinamica in questione ha invece a che fare con la perdurante presenza nel Centro storico di esercizi commerciali caratteristici, come per esempio le librerie, che sul periodo hanno registrato solo una lieve contrazione, passando da 45 a 43. Sono risultati invece in aumento panetterie e macellerie (rispettivamente +15,4% e +16,7%), nonchè parrucchieri, barbieri ed estetisti (+19,4%). Si tratta certamente – argomenta la ricerca – di attività che possono servire una clientela di tipo turistico, ma che al contempo sono coerenti con la presenza di una domanda di residenzialità tutt’altro che scomparsa.
Dal 2019 al 2024 i turisti a Roma sono aumentati a un ritmo moderato (+3% annuo), ma il vero nodo critico – secondo la ricerca – non è il numero in sè, bensì la loro sistemazione: è cresciuto in modo marcato l’uso di strutture extra-alberghiere, spesso affittate a breve termine tramite piattaforme come Airbnb, con impatti significativi sul Centro storico in termini di affollamento e pressione abitativa.
La ricerca riporta in particolare come la quota di presenze turistiche presso strutture extra-alberghiere sia passata – tra il 2019 e il 2024 – dal 37,5% al 40,5%, mentre quella relativa alle strutture alberghiere è scesa dal 62,5% al 59,5%. Il fenomeno ha riguardato in particolare proprio i rioni del Centro storico, nei quali si evidenzia una densità di alloggi affittati ai turisti senza paragoni nel resto della città. Il risultato, secondo lo studio, è una vera e propria “gentrificazione turistica”, cioè la progressiva uscita dei residenti stanziali dal Centro storico per far spazio ai residenti temporanei, i turisti per l’appunto.
Le questioni sono insomma intrecciate fra loro: spopolamento, invecchiamento, gentrificazione turistica, crisi delle imprese del commercio ed espansione dei settori dell’alloggio e della ristorazione.
La ricerca si conclude individuando alcune linee di possibile intervento per realizzare un nuovo equilibrio al Centro storico di Roma.
Contro il rischio di una monospecializzazione turistica del Centro storico: attuare una maggiore regolamentazione degli affitti brevi, da un lato limitando la concessione di licenze a questo fine e dall’altro sostenendo con adeguati incentivi fiscali gli affitti lunghi; reintrodurre regole e limitazioni per l’apertura di locali e ristoranti e, specularmente, il varo di progetti di sostegno alle imprese caratteristiche del Centro storico, come le librerie, sull’esempio di quanto fatto in altre capitali europee; favorire l’insediamento di imprese innovative e start-up negli edifici storici del Centro – di cui molti sono tuttora di proprietà pubblica.
Riequilibrio e ampiamento dell’offerta turistica e culturale: revisione dei percorsi turistici, inserendo negli itinerari dei percorsi guidati una più ampia selezione di attrattive, con focus su altre zone rispetto al Centro storico. Ciò permetterebbe di offrire ai visitatori un’esperienza più completa della Città, restituendo al contempo respiro al Centro storico. Roma dovrebbe inoltre puntare ad essere percepita come una città da visitare più volte, per godere ogni volta di mostre, concerti, percorsi artistici differenti. Una città culturalmente viva, in dialogo con il proprio passato.

– news in collaborazione con Banca del Fucino –
– foto Ipa Agency –
(ITALPRESS).

Cronaca

Tajani “Provo dolore per Gaza, la Palestina va costruita”

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ROMA (ITALPRESS) – “Provo dolore per Gaza”. Così, intervistato da Avvenire, il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che ripete più volte: “Inaccettabile, inaccettabile…”. “Se ci fosse qualcosa in grado di fermare Netanyahu, l’avremmo già fatto e deciso – sottolinea -. Per ora non ascolta noi. Non ascolta Macron. Non ascolta Washington. Attenzione, però: dopo il 7 ottobre, dopo il pogrom, dopo gli orrori che da vicino hanno fatto vedere anche a me, il popolo ebraico sarà anche diviso, ma sulla guerra in gran parte sostiene il governo nel colpire ancora Hamas. Detto questo, secondo noi l’unico modo per far vincere la pace fra Israele e Palestina è interrompere la guerra e tornare alla politica, alla diplomazia”.
Alla domanda se siamo condannati ad essere spettatori inermi, risponde: “Assolutamente no, nessuna rassegnazione. Le nostre parole sono ferme da mesi e le ribadiamo: la reazione di Israele è sproporzionata. Tel Aviv ha vinto la guerra, non c’è alcun motivo per continuare i bombardamenti che uccidono civili. Dobbiamo convincerli a fermarsi. E stiamo facendo di tutto. Ho appena ricevuto un segnale di attenzione: mi ha chiamato il ministro degli Esteri Sàar, mi ha detto che il governo di Gerusalemme ha appena deciso di riattivare la linea elettrica che alimenta un desalinizzatore che tornerà a dare acqua per 900 mila persone. E’ un segnale di amicizia e rispetto il fatto che mi abbia comunicato la decisione. Io con amicizia l’ho invitato a dire al suo governo che devono andare avanti. Devono aprire a tutti gli aiuti alimentari e sanitari: spero che nelle prossime ore possano riprendere gli ingressi del World Food Programme e di Food for Gaza. E’ imperativo che Israele reagisca con urgenza a questa crisi umanitaria”. In merito al riconoscimento della Palestina, commenta: “Io non voglio fare polemica, nè con le opposizioni nè tanto meno con Paesi partner. E soprattutto comprendo lo sgomento dell’opinione pubblica, che spinge alla ricerca di soluzioni immediate. Anche perchè questo dolore io lo vivo in prima persona e lo trasmetto ogni giorno al governo israeliano e ai Paesi arabi che cercano di lavorare alla pace. Ma vorrei che tutti si fermassero a riflettere su un dato: dopo il riconoscimento della Palestina che è stato fatto di recente da parte di questo o quel governo, le cose sono cambiate? Netanyahu non accetta pressioni, questa è la realtà con cui dobbiamo fare i conti. Ma entriamo nel merito del processo che dovrebbe portare al riconoscimento: ad oggi in Palestina esistono due entità separate, Cisgiordania e Gaza, non esiste ancora uno Stato. Noi vogliamo che nasca, che riconosca Israele e che sia riconosciuto da Israele. E siamo disponibili a mettere i nostri contingenti per una missione dell’Onu a guida araba, per raggiungere questo obiettivo. E siamo inoltre totalmente contrari, come d’altra parte l’intero scacchiere internazionale, a ipotesi di un esodo di massa dei palestinesi: devono restare nella loro terra, così come devono restare nella terra che amano i cristiani palestinesi, fattore di moderazione e dialogo indispensabile per la pace”. “Abbiamo interrotto le forniture militari dal 7 ottobre 2023 rispettando la legge italiana – ricorda -. E il ministero della Difesa ha smentito le ultime indiscrezioni di giornali. Se poi parliamo del memorandum, averlo o non averlo, come ho detto, non ferma Netanyahu. O partiamo da questo dato o ci arroventiamo in una guerra di slogan che non avvicinerà la pace nemmeno di un centimetro”. “La comunità Internazionale – spiega Tajani – sta lavorando e fra pochi giorni ci sarà una conferenza all’Onu. Poi bisogna continuare a pressare Israele e bisogna premere su Hamas. L’ultima tornata negoziale è fallita perchè Hamas ha aumentato le richieste sullo scambio tra ostaggi israeliani e prigionieri nelle carceri di Tel Aviv. E’ inaccettabile che Hamas, un gruppo terroristico che non dovrà avere ruolo nel futuro della Palestina, usi la carneficina in atto a fini politici, che usi come scudo la popolazione civile”. Alla domanda se ha provato fastidio nel vedere delle trattative svolgersi nel lusso della Costa Smeralda, risponde: “So che potrebbe sembrare impopolare, capisco anche certi giudizi, però in questo momento, come ministro degli Esteri, mi basta che si tratti. In un grande albergo o in una spelonca”.
Poi, in merito allo scenario russo-ucraino, dichiara: “Confermo le mie valutazioni prudenti: la Russia è in economia di guerra, avrebbe persino problemi sociali nel tornare indietro. L’arma che abbiamo in questo momento è bloccarne i flussi finanziari per rendere difficile a Putin il pagamento delle truppe. Per persuadere il Cremlino che la pace è più conveniente. Ma da Mosca non ci sono segnali che possano incoraggiare”. E all’osservazione di Avvenire se è legittimo dire che i primi sei mesi di Trump sono stati un insuccesso, commenta: “Per nulla. Gli Usa sono un attore determinante per la pace e noi affianchiamo e sosteniamo gli sforzi di pace degli Usa. E a mio avviso sono irresponsabili quelle analisi che vogliono piegare a piccoli tornaconti di politica interna questo momento di enorme crisi internazionale”.
– foto Ipa Agency –
(ITALPRESS).

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Schlein “Premier Meloni ignora crimini di guerra e incoraggia Netanyahu”

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ROMA (ITALPRESS) – Il ragionamento della premier Giorgia Meloni, che si è detta contraria al riconoscimento della Palestina annunciato dal presidente francese Emmanuel Macron, non convince la leader del Pd, Elly Schlein. “Assolutamente no”, commenta in una intervista a la Repubblica, spiegando: “Mi sembra che si sia arrampicata sugli specchi. E’ ‘controproducentè la sua totale accondiscendenza a Trump e Netanyahu, ma in questo modo tradisce la nostra tradizione diplomatica perchè il nostro Paese è sempre stato molto attento alla questione palestinese”. Se lei fosse al governo, il riconoscimento arriverebbe “immediatamente, come hanno già fatto i governi spagnoli, irlandese, norvegese e presto la Francia. Altro che troppo presto, come dice Meloni, dopo sarà troppo tardi e rischia di non esserci più niente da riconoscere.
Questo atto sarebbe proprio un contributo concreto al processo di pace in Medio Oriente, specie di fronte ai crimini di guerra del governo Netanyahu. Noi lo chiediamo con forza da mesi, lo abbiamo chiesto anche da una piazza con trecentomila persone a Roma”.
Elly Schlein bolla come “un’affermazione grave, un falso storico”, la dichiarazione del ministro Tajani che ha sostenuto che il riconoscimento sarebbe sbagliato perchè non ci sarebbe un analogo riconoscimento di Israele da parte palestinese. “Dimentica – commenta – che Israele è già riconosciuto dagli accordi di Oslo del 1993 sottoscritti anche dall’Olp e quindi dall’Anp. Se c’è qualcuno che sta violando quegli accordi è il governo del loro amico e alleato politico Netanyahu, il primo a negare apertamente la prospettiva due popoli-due Stati”.
Alla domanda se un riconoscimento senza condizioni, in questo momento, non suonerebbe come una legittimazione di Hamas e della strage del 7 ottobre? Risponde, “è un’assurdità, perchè è chiaro a tutti che Hamas non possa essere il futuro di Gaza e della Palestina: la nostra condanna del 7 Ottobre è stata nettissima. Dimenticano che c’è un’autorità nazionale palestinese, che certamente si deve riformare e rafforzare, ci sono interlocutori in Palestina diversi da Hamas”.
Ed in merito all’osservazione che quello che sta accadendo a Gaza, secondo la maggioranza di governo, è parte del diritto di Israele all’autodifesa dopo il pogrom del 7 Ottobre, dice: “Autodifesa? Siamo di fronte alla punizione collettiva contro l’intero popolo palestinese, sia a Gaza che in Cisgiordania. L’altro giorno sono stati uccisi sei bambini mentre cercavano dell’acqua e l’esercito israeliano ha parlato di un ‘errore tecnicò. E’ disgustoso e inaccettabile e l’Italia non deve essere complice di questi crimini, perpetrati con crudeltà inaudita”. “E’ evidente a tutti – aggiunge – che siamo di fronte a crimini di guerra inaccettabili da ogni punto di vista e su questi sta anche indagando la Corte penale di giustizia, che va sostenuta nel suo lavoro e non delegittimata come le destre di tutto il mondo stanno facendo. Il governo israeliano porta avanti un disegno criminale di eliminazione e annessione di Gaza e Cisgiordania e sta violando qualsiasi norma del diritto internazionale. C’è in corso una sistematica pulizia etnica, bombardano scuole, ospedali, ambulanze e, lo dice l’Onu, stanno usando la fame come arma di guerra, sparano su chi attende aiuti. Vanno fermati subito”. “Manca una voce forte dell’Unione europea, a cui chiediamo anzitutto un embargo totale alle forniture d’armi e sistemi dual use a Israele e lo stop dell’accordo di partenariato – dichiara -. Basta con il doppio standard insopportabile: difendiamo il diritto internazionale in Ucraina e bisogna farlo anche a Gaza”. Per quanto riguarda il Governo italiano, “finora – dice – sono sempre stati silenti, adesso servono atti concreti come il riconoscimento della Palestina, le sanzioni al governo Netanyhau, la sospensione del memorandum di collaborazione militare con Israele e un embargo totale di armi. Atti che servono a spingere per un cessate il fuoco immediato, lo sblocco degli aiuti umanitari, la liberazione degli ostaggi ancora nelle mani dei terroristi di Hamas, della cui sorte a Netanyhau evidentemente poco interessa, e la fine dell’occupazione illegale”. In merito al Pd, “oltre alle pressioni nel parlamento italiano ed europeo, coinvolgeremo i nostri militanti e iscritti nelle 450 feste de l’Unità in tutta Italia per intraprendere ovunque iniziative di solidarietà con la Palestina”.
– foto Ipa Agency –
(ITALPRESS).

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Nell’ultimo mese Sinner si prende la scena su radio e tv

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ROMA (ITALPRESS) – E’ Jannik Sinner il personaggio più citato sulle radio e tv nazionali nell’ultimo mese: in base al monitoraggio svolto da Mediamonitor.it, piattaforma che utilizza tecnologia e soluzioni sviluppate da Cedat 85, azienda attiva da 40 anni nella fornitura dei contenuti provenienti dal parlato, il trionfatore di Wimbledon ha ottenuto infatti 4.816 menzioni, circa una ogni 9 minuti. Mediamonitor.it ha raccolto le citazioni relative ai personaggi più nominati dalle principali emittenti televisive e radiofoniche, nel periodo compreso fra lunedì 23 giugno e mercoledì 23 luglio.
Alle spalle del campione altoatesino Papa Leone XIV (3.045) che, pochi giorni dopo avere ricevuto a Castel Gandolfo il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ha chiesto l’immediato cessate il fuoco a Gaza in seguito all’attacco israeliano alla chiesa della Sacra Famiglia. Seguono tre nomi legati al delitto di Garlasco.
Analizzando il periodo compreso fra giovedì 17 e mercoledì 23 luglio, invece, l’indagine di Mediamonitor.it vede fra i personaggi più citati tre protagonisti dell’inchiesta sull’urbanistica milanese.
Chiudono la classifica il giudice Paolo Borsellino (464), ricordato 33 anni dopo la strage di via D’Amelio avvenuta il 19 luglio 1992, e Andrea Cavallari, evaso dal carcere di Bologna e catturato in Spagna dopo avere fatto perdere le sue tracce per due settimane (367).

– Foto IPA Agency –

(ITALPRESS).

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