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Cronaca

A Host accordo tra Fiera Milano e NAFEM per la cooperazione strategica

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MILANO (ITALPRESS) – Fiera Milano Spa, proprietaria e organizzatrice della manifestazione HOST Milano, e la North American Association of Food Equipment Manufacturers (NAFEM), proprietaria e organizzatrice di The NAFEM Show, hanno siglato un accordo per collaborare a nuove opportunità di sviluppo all’interno delle rispettive manifestazioni fieristiche, con l’obiettivo di ampliare la crescita globale per il settore della ristorazione professionale. “Fiera Milano e NAFEM, insieme, coinvolgono i buyer più importanti d’Europa e degli Stati Uniti – ha dichiarato Francesco Conci, Amministratore Delegato di Fiera Milano Spa -. Lavorando in sinergia, creeremo nuove e straordinarie opportunità per gli espositori di presentare le loro innovazioni ai clienti. Siamo entusiasti di costruire questa partnership negli Stati Uniti con NAFEM”. “Da anni NAFEM e Fiera Milano plasmano le tendenze del settore e promuovono l’innovazione su entrambe le sponde dell’Atlantico. Lavorando insieme, il valore offerto ai nostri espositori sarà impareggiabile”, ha aggiunto Steve Spittle, CFSP, presidente di NAFEM e Chief Commercial Officer di Middleby Corporation.

Ulteriori informazioni sull’accordo saranno rese note nei prossimi mesi. Nel frattempo, si anticipa che il primo appuntamento frutto della cooperazione strategica è fissato dal 11 al 13 febbraio 2027 durante The NAFEM Show, presso l’Orange County Convention Center di Orlando, Florida (USA), a seguire, poi dal 22 al 26 ottobre 2027, in occasione di Host Milano a Fiera Milano, Milano.

– foto ufficio stampa Fiera Milano –

(ITALPRESS).

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BREAKING NEWS LOMBARDIA – 17 NOVEMBRE 2025

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I fatti del giorno: Latitante fugge e aggredisce agenti, arrestato a Pavia – Comune Pavia licenzia dirigente lavori pubblici – Annullato sequestro dispositivi Venditti – Schianto mortale in viale Fulvio Testi a Milano – Secugnano, frontale mortale sulla via Emilia – Milano prima per qualità vita, ultima per reati – Pronto Meteo Lombardia per il 18 Novembre.

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CAR-T, un nuovo paradigma nel trattamento dei tumori

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FIRENZE (ITALPRESS) – A più di 6 anni dall’arrivo in Italia della prima terapia genica anticancro, le CAR-T (acronimo di Chimeric Antigens Receptor T-Cells), terapie avanzate basate sulla modifica e sul potenziamento dei linfociti T, che in questo modo riescono a riconoscere e aggredire le cellule tumorali, sono oramai una realtà ben presente e utilizzata nella pratica clinica di numerosi Centri italiani. Le CAR-T come le conosciamo oggi sono solo il primo passo su un cammino in profonda evoluzione, e ancora molti sono gli interrogativi ai quali dare risposte. In questa prospettiva AIL – Associazione Italiana contro Leucemie, linfomi e mieloma ha deciso di proseguire il ‘viaggiò di CAR-T – Il futuro è già qui, con la tappa di Firenze. L’incontro è stato introdotto dai saluti istituzionali del Dottor Nicola Paulesu, Assessore Deleghe a Welfare, Accoglienza e Integrazione del Comune di Firenze. La campagna itinerante e online è nata nel 2021, per informare pazienti, familiari, caregiver e specialisti, e migliorare la conoscenza, l’accesso e la gestione dei trattamenti, con uno sguardo alle esperienze cliniche maturate, ai successi dei pazienti trattati e ai futuri ambiti di applicazione.
«L’arrivo delle CAR-T in Italia è stato atteso per lungo tempo, e quando finalmente queste terapie si sono rese disponibili hanno generato molte aspettative e domande. AIL ha subito avvertito la necessità di scendere in campo con una informazione chiara e corretta: è nata così la campagna “CAR-T – Destinazione futuro”, ideata con l’obiettivo di fare educazione su queste innovative terapie cellulari – afferma Giuseppe Toro, Presidente Nazionale AIL – La prima edizione della campagna ha raggiunto 10 Regioni italiane con 11 tappe da nord a sud del Paese, grazie al sostegno delle sezioni locali AIL. Ma AIL è consapevole che il viaggio nel futuro delle CAR-T continua: da qui la decisione di proseguire il “viaggio” con questa seconda edizione dell’iniziativa e 4 nuove tappe. Anche se rimangono ancora molte sfide da affrontare per la ricerca e per i clinici e alcuni interrogativi importanti a cui dare risposte, le CAR-T rappresentano più che una speranza concreta per quei pazienti che non rispondono alle terapie convenzionali, e il loro impiego sta ottenendo successi insperati fino a pochi anni fa in pazienti che non avevano più alcuna possibilità terapeutica. In questo scenario, entusiasmante e in continua e veloce evoluzione, AIL è decisa a restare al fianco dei pazienti e delle famiglie e vuole continuare a promuovere una informazione il più possibile esaustiva e corretta che sia in grado di aiutare i pazienti e gli stessi medici verso le scelte terapeutiche più sicure ed efficaci».
Le CAR-T rappresentano la grande rivoluzione che sta cambiando gli scenari terapeutici nella lotta contro i tumori del sangue, e non solo. Il bilancio di 12 anni di studi è eccezionale e la ricerca va sempre più veloce: in Italia sono 5 le CAR-T approvate sulle 6 approvate in Europa, e con indicazioni in aumento nell’adulto e nel bambino.
In Italia fino ad oggi sono stati trattati tra i 1.500 e i 1.800 pazienti: molti, considerando che la prima somministrazione risale al 2019 e che per un lungo periodo solo un Centro (presso l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano) è stato autorizzato ad effettuare questi trattamenti. Attualmente sono circa 44 i Centri abilitati sul territorio nazionale.
«Le cellule CAR-T rientrano nella categoria delle terapie avanzate: si tratta di terapie mirate, specifiche per un preciso recettore e altamente personalizzate – dichiara Alessandro Maria Vannucchi, Professore di Ematologia, Direttore SOD Ematologia, Direttore Dipartimento Oncologia AOU Careggi, Università degli Studi di Firenze, Presidente SIES – Società Italiana di Ematologia Sperimentale – Il termine CAR-T indica una immunoterapia che utilizza i linfociti T, una sottopopolazione di globuli bianchi che difendono dalle infezioni e dai tumori il nostro organismo, ma che nei pazienti con malattie del sangue non sono in grado di svolgere adeguatamente l’azione di difesa contro le cellule tumorali. I linfociti T prelevati dal paziente vengono successivamente ingegnerizzati, ossia modificati geneticamente attraverso una procedura che porta alla costruzione del cosiddetto CAR, un recettore chimerico in grado di riconoscere il bersaglio espresso sulla superficie delle cellule tumorali. A questo punto i linfociti T ingegnerizzati vengono reinfusi nello stesso paziente e sono in grado di riconoscere il bersaglio da eliminare. Le terapie CAR-T attualmente rimborsate in Italia vengono utilizzate per alcune leucemie, come la leucemia linfoblastica acuta, per alcuni linfomi aggressivi quali il linfoma a grandi cellule B, il linfoma mantellare e il linfoma follicolare e di recente nel Mieloma Multiplo.
Le indicazioni sono diverse a seconda dello stadio di malattia, delle linee di trattamento effettuate in precedenza, dell’età e della fitness del paziente».
In crescita il numero dei pazienti con linfoma trattati con CAR-T e aumentano l’efficacia e la sicurezza, mentre si riduce la tossicità.
«Nel nostro sistema immunitario è presente una classe di cellule, chiamate linfociti T, che hanno il compito di distruggere tutto ciò che è estraneo al nostro corpo. In pratica i linfociti T sono l’arma principale che si può utilizzare contro i tumori, dal momento che le cellule neoplastiche presentano caratteristiche peculiari che le rendono estranee all’organismo e attaccabili dai linfociti T – spiega Monica Bocchia, Professoressa Ordinaria di Ematologia, Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e Neuroscienze, Università degli Studi di Siena; Direttrice UOC Ematologia, AOU Siena – Il primo passo verso questa strategia è stata la messa a punto degli anticorpi monoclonali che si legano a specifici bersagli (antigene) presenti sulla superficie delle cellule tumorali. Negli anni si è riusciti a rendere gli anticorpi monoclonali sempre più efficienti fino alla messa a punto di anticorpi monoclonali bi-specifici, un’altra rivoluzione dell’immunoterapia. Infine, dopo anni di ricerche, sono stati sviluppati i cosiddetti anticorpi monoclonali inibitori dei checkpoint. Da ultimo sono arrivate le CAR-T, seguite dallo sviluppo di altre terapie ancora più innovative che sono in arrivo: i farmaci in grado di inibire specificamente un determinato gene mutato, farmaci specifici e mirati che non distruggono la cellula leucemica, ma attraverso l’inibizione genica ne promuovono la differenziazione e la normale maturazione.
Una nuova speranza nei pazienti più anziani e fragili in quanto si tratta di farmaci meno tossici rispetto alla chemioterapia».
Le cellule CAR-T rappresentano un eccezionale modello di ricerca traslazionale nei tumori del sangue, e sono tra le terapie più innovative ad oggi disponibili. «Che le cellule T fossero un’arma estremamente potente è noto da decenni ma la possibilità di poterle utilizzare efficacemente contro le cellule tumorali si è realizzata grazie alle tecnologie di bioingegneria e di ingegneria genetica che hanno permesso di modificare la modalità con cui la cellula T riconosce il bersaglio, attraverso il recettore chimerico CAR e di riprodurre la sua espressione sulla totalità delle cellule T ingegnerizzate – afferma Francesco Annunziato, Professore Ordinario di Patologia generale, Direttore Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Direttore, SODc Diagnostica citofluorimetrica e immunologica, AOU Careggi, Firenze – Questa fase ha richiesto anni di ricerca di base sfociata in studi clinici di fase I, II e III. Ora l’obiettivo è quello di migliorare questo farmaco biologico: stiamo cercando di capire attraverso l’applicazione della terapia cellulare sul paziente come questo ‘farmacò possa essere migliorato.
Sappiamo che è un approccio estremamente efficace, eppure non tutti i pazienti trovano beneficio dalla terapia e in alcuni casi, a fronte di una risposta iniziale efficace, poi cadono nuovamente nella malattia. Sarà importante capire per quale motivo alcuni pazienti non rispondono in maniera adeguata o perchè in alcuni di loro la malattia si ripresenta. Questo processo di conoscenza viene definito ‘reverse translation’, cioè si parte dalla base per arrivare ad una applicazione clinica, poi si osserva l’applicazione clinica per capire come provare a migliorare la cellula CAR-T. Questo processo accelera lo sviluppo di nuove cure e migliora quelle già disponibili. Oggi siamo alla quarta generazione di cellule CAR-T con le ultime due, modificate per migliorarne l’efficacia e la durata in vivo, ancora in fase di sperimentazione».
I risultati sorprendenti ottenuti nel Mieloma Multiplo riflettono la consistente efficacia della terapia CAR-T, che attraverso l’impiego del sistema immunitario del paziente è in grado di superare i meccanismi di resistenza delle cellule tumorali ai farmaci convenzionali, e sottolineano come essa sia in grado di colmare, anche se non completamente, un insoddisfatto bisogno clinico di pazienti con una prognosi molto sfavorevole.
«Le CAR-T hanno trasformato la visione terapeutica del mieloma multiplo da terapia palliativa a terapia potenzialmente ‘disease-modifying’ – sottolinea Elisabetta Antonioli, Dirigente Medico SODc Ematologia, AOU Careggi Firenze – Prima dell’era CAR-T, i pazienti refrattari tripli (IMID + PI+ anti-CD38) avevano una sopravvivenza media inferiore ai nove mesi. Oggi, con le CAR-T, la sopravvivenza può superare i 2-3 anni, con casi di remissioni prolungate e MRD negatività. E’ necessario, tuttavia, un nuovo approccio organizzativo per la presa in carico di questi pazienti che deve essere multidisciplinare (ematologi, cardiologi, intensivisti, neurologi, farmacisti ospedalieri) e per le strutture che somministrano queste CAR-T, i pazienti devono essere gestiti in centri accreditati per la manipolazione cellulare e la gestione delle tossicità specifiche (CRS, ICANS). Dopo l’infusione, è obbligatorio passare da un follow up intensivo a una sorveglianza a lungo termine, con monitoraggio di malattia minima residua e tossicità tardive».
Le terapie CAR-T si stanno dimostrando importanti anche nelle malattie linfoproliferative per le quali hanno profondamente cambiato lo scenario terapeutico, in particolare dei linfomi, offrendo ai pazienti nuove prospettive di cura in situazioni che, fino a poco tempo fa, avevano prognosi molto sfavorevoli. In Italia, al 2025, queste terapie sono disponibili per alcuni sottotipi di linfomi e in momenti terapeutici diversi, a seconda del tipo di malattia e della risposta alle terapie precedenti.
«Alcune CAR-T sono utilizzabili già a partire dalla seconda linea di trattamento, altre dalla terza o dalla quarta linea, configurando un panorama terapeutico in progressiva espansione – dice Benedetta Puccini, Dirigente Medico di Ematologia, SODc di Ematologia Dipartimento di Oncologia, AOU Careggi Firenze e Coordinatrice Gruppo Oncologico Multidisciplinare per le Malattie Linfoproliferative – Nel linfoma diffuso a grandi cellule B la terapia con axicabtagene citoleucel è autorizzata già dalla seconda linea di trattamento nei pazienti refrattari alla prima linea o che presentano una recidiva entro 12 mesi dal termine della chemioterapia. Axicabtagene citoleucel, lisocabtagene maraleucel e tisagen lecleucel sono approvate anche in terza linea, per i pazienti che recidivano più tardivamente o non rispondono alle terapie successive. Anche il linfoma primitivo del mediastino a grandi cellule B rientra in queste indicazioni in questo sottotipo, le stesse CAR-T possono essere impiegate in terza linea. Per i linfomi follicolari, in Italia oggi sono disponibili due terapie CAR-T: axacabtagene ciloleucel in quarta linea e tisagenlecleucel maraleucel in terza linea, con risposte durature e tassi di remissione completi in quota importante di pazienti con malattia recidivata o refrattaria. Nel linfoma mantellare è approvata brexucabtagene autoleucel, indicata per i pazienti recidivanti o refrattari dopo due o più linee di terapia sistemica che includano un inibitore di BTK. Dopo diversi anni di utilizzo clinico, i risultati ottenuti con le CAR-T sono ormai consolidati. In pazienti con linfomi refrattari o recidivati, le percentuali di risposta globale superano spesso il 40-50%, con un numero crescente di remissioni complete e durature. Ciò ha permesso di trasformare l’obiettivo terapeutico: da una terapia palliativa a un trattamento potenzialmente curativo, capace di modificare la storia naturale della malattia».
Nel nostro Paese da punto di vista normativo le CAR-T in commercio sono classificate come farmaci, e la loro somministrazione è normata dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) che impone l’utilizzo clinico della terapia CAR-T nell’ambito di un programma trapianti di midollo che abbia ricevuto l’accreditamento per trapianto allogenico JACIE 7.0 o superiori.
«I centri, pediatrici e adulti, per poter essere autorizzati alla somministrazione delle terapie CAR-T, devono essere in possesso di specifici requisiti organizzativi e infrastrutturali, quali ad esempio: disporre di un Programma Trapianti certificato dal Centro Nazionale Trapianti con una Unità di Raccolta PB e una Unità di manipolazione e criopreservazione, un’Unità clinica di erogazione della terapia con personale qualificato e adeguatamente formato in accordo con le Direttive UE e JACIE – puntualizza Chiara Nozzoli, Responsabile programma Trapianti di cellule staminali emopoietiche e Terapie cellulari, SODc Ematologia, AOU Careggi, Firenze – Tra i requisiti richiesti vi sono la disponibilità di una Terapia Intensiva integrata nel progetto e la presenza di un Team multidisciplinare che include diverse figure professionali mediche coinvolte nel percorso del paziente dalla candidatura alla gestione delle complicanze precoci e tardive. Per implementare un programma di CAR-T in una struttura ospedaliera la sfida è sicuramente onerosa in termini di personale, posti letto, ambulatori e risorse economiche. Fondamentale il concetto di rete nel modello di gestione del trattamento con CAR-T: i centri referral e il centro HUB devono interagire non solo per la candidatura del paziente, ma anche per la condivisione del follow up post terapia».
La terapia con cellule CAR-T ha cambiato radicalmente la cura di alcune forme di leucemia, linfoma e mieloma multiplo, consentendo risposte durature anche in pazienti che non avevano più alternative.
«Il team multidisciplinare è davvero centrale nel percorso delle CAR-T, perchè si tratta di una terapia che non coinvolge solo l’oncoematologo, ma richiede competenze specialistiche trasversali e un team infermieristico altamente formato – evidenzia Ilaria Cutini, Dirigente Medico SOD Ematologia, AOU Careggi, Firenze – Possiamo distinguere due livelli di CAR-T Team. Il primo è dedicato alla gestione delle complicanze precoci post-infusione, composto da trapiantologo, intensivista, neurologo e farmacista, che intervengono quando si manifestano effetti collaterali come la CRS e ICANS. Il secondo team interviene invece in una fase più avanzata del percorso, ed è orientato alla valutazione della risposta al trattamento e alla definizione del percorso di follow up più appropriato. La terapia CAR-T è un percorso clinico complesso e il Team multidisciplinare garantisce che ogni fase sia sicura, coordinata e coerente».
Uno degli aspetti da valutare, riguardo alla diffusione delle CAR-T, è il costo elevato di queste terapie, come mette in luce Sara Galimberti, Professoressa Ordinaria, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Pisa; Direttrice UOC Ematologia, AOU Pisana. «Il costo delle immunoterapie innovative (CAR-T e bispecifici) è certamente elevato, ma è altresì frutto di investimenti in tecnologie avanzate ed ampie sperimentazioni realizzate negli anni recenti dalle industrie farmaceutiche produttrici che cercano di espandere questo tipo di terapia a sempre ulteriori patologie, anche non strettamente onco-ematologiche, che al momento non dispongono di trattamenti efficaci. Sarebbe necessario – conclude Galimberti – garantirne l’accesso equo su tutto il territorio nazionale e l’appropriatezza prescrittiva, ragionando non solo in termini di costo del prodotto, bensì di costo/efficacia, perchè le CAR-T rappresentano oggi un’opportunità terapeutica che offre sopravvivenze e buona qualità di vita a molti pazienti che altrimenti vedrebbero ridotta la speranza di vita in buona salute».
Enormi l’impegno e il lavoro della sezione AIL Firenze ODV, al servizio della comunità ematologica del territorio da molti anni, vicina concretamente con molte decine di volontari ai bisogni dei pazienti e dei loro familiari, sostenendo in particolare i più vulnerabili e da sempre impegnata a sostenere la ricerca scientifica sui tumori del sangue.
«AIL Firenze ha la possibilità di accogliere gratuitamente in 22 stanze della Casa di Accoglienza intitolata al Professor Rossi Ferrini, i pazienti e le loro famiglie in cura presso i centri ospedalieri di Careggi e Meyer – racconta Alberto Bosi, Presidente AIL Firenze, Professore Ordinario Onorario di Malattie del Sangue, Università degli Studi di Firenze – Da gennaio a settembre 2025 abbiamo ospitato circa 7.300 persone, con un’affluenza giornaliera media di 27 persone; dal 2010 al 2015, un totale di oltre 195.000 presenze. Circa il sostegno alla ricerca, AIL Firenze collabora con la Cattedra di Ematologia dell’Università di Firenze, diretta attualmente dal professor Alessandro Maria Vannucchi, e nel 2025 abbiamo contribuito con un sostegno, ad oggi, di circa 70.000 euro».
Le attività dell’edizione 2024-2025 della campagna “CAR-T – Il futuro è già qui” realizzata con il sostegno non condizionante di Bristol Myers Squibb, Gilead Sciences e Johnson&Johnson, prevedono una landing page dedicata all’interno del sito dell’AIL (www.ail.it) con le più importanti informazioni e gli aggiornamenti relativi alle terapie CAR-T, insieme a una mappa dei Centri autorizzati alla somministrazione.
-foto Italpress-
(ITALPRESS).

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Leucemia Mieloide Acuta, arriva in Italia una nuova opzione terapeutica

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MILANO (ITALPRESS) – Daiichi Sankyo Italia ha annunciato la disponibilità in Italia di quizartinib per il trattamento di pazienti adulti con leucemia mieloide acuta (LMA) FLT3-ITD positiva (mutazione del gene FLT3 con duplicazione tandem interna) di nuova diagnosi, in associazione a chemioterapia di induzione standard a base di citarabina e antraciclina e chemioterapia di consolidamento standard a base di citarabina, seguite da quizartinib come monoterapia di mantenimento. La rimborsabilità di quizartinib, il primo farmaco lanciato in Italia da Daiichi Sankyo in ematologia, è stata approvata a seguito della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana lo scorso 24 ottobre.
La leucemia mieloide acuta è una forma aggressiva di tumore del sangue e del midollo osseo caratterizzata dalla rapida proliferazione di cellule mieloidi anomale. Nel 2022 sono stati segnalati più di 480.000 nuovi casi di leucemia in tutto il mondo, con oltre 305.000 decessi. La leucemia mieloide acuta (LMA) rappresenta il 23,1% dei casi totali di leucemia nel mondo ed è la forma di leucemia più comune negli adulti.
La LMA ha un’incidenza di circa 3-4 casi per 100.000 persone all’anno: in Italia si registrano ogni anno 2.000 nuovi casi. Tuttavia, il rischio di sviluppare la malattia varia con l’età, e nella maggioranza dei casi si presenta in età avanzata, con un’età media alla diagnosi di 68 anni. Nei pazienti eleggibili alla chemioterapia ad alte dosi, le linee guida ESMO 2020 prevedono un trattamento diviso in tre fasi: induzione, consolidamento, mantenimento.
La fase di induzione ha l’obiettivo di ridurre al minimo le cellule leucemiche e raggiungere la remissione completa. A questa fase segue il consolidamento, il cui scopo è quello di ridurre il rischio di ricadute. Ad alcuni di questi pazienti può essere proposto un trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche. Altri possono essere sottoposti a una terapia di mantenimento. Il trattamento iniziale di induzione e la successiva terapia di consolidamento e mantenimento vengono scelti in base all’età del paziente, al suo stato di salute generale e al rischio citogenetico/molecolare.
‘Nel 40-50% dei casi, sebbene i pazienti rispondano al trattamento di prima linea, si verifica una recidiva – ha spiegato nel corso di un media briefing a Milano Roberto Cairoli, Direttore della Struttura Complessa di Ematologia presso l’Ospedale Niguarda Cà Granda di Milano e Professore Associato di Ematologia all’Università Milano-Bicocca -. Negli ultimi anni abbiamo fatto passi avanti importanti nella gestione e nella conoscenza di questa malattia. In particolare, la possibilità di individuare le sue caratteristiche genetiche e molecolari ha consentito di sviluppare terapie miratè.
Sono state identificate numerose mutazioni genetiche nella leucemia mieloide acuta (LMA) e le mutazioni FLT3 (tirosina chinasi 3 tipo FMS) sono tra le più comuni. Circa l’80% delle mutazioni FLT3 sono mutazioni FLT3- ITD (duplicazione tandem interna), che promuovono la crescita neoplastica e contribuiscono a una prognosi particolarmente sfavorevole, tra cui un aumento del rischio di recidiva, una scarsa percentuale di risposta alla terapia di salvataggio e un’attesa di sopravvivenza più breve rispetto ai pazienti con LMA senza mutazione. Le mutazioni FLT3-ITD sono presenti in circa il 25-30% di tutti i casi di LMA. Grazie all’approvazione di quizartinib è ora disponibile un ulteriore trattamento mirato sul bersaglio molecolare che ha dimostrato di migliorare significativamente la sopravvivenza globale nella LMA.
‘Quizartinib è un inibitore orale della tirosin-chinasi del recettore FLT3 che agisce selettivamente sulle mutazioni FLT3-ITD ed è stato sviluppato specificatamente per i pazienti con leucemia mieloide acuta (LMA) FLT3-ITD positiva. Si tratta di un inibitore di tipo II di FLT3 approvato in Europa e negli Stati Uniti per questi pazienti di nuova diagnosi eleggibili a chemioterapia ad alte dosi – ha affermato Adriano Venditti, Direttore Dipartimento di Onco-Ematologia e Professore Ordinario di Ematologia all’Università Tor Vergata di Roma -. Un farmaco prezioso per trattare questa patologia aggressiva fin dalla prima linea così da diminuire il rischio, consistente, di ricaduta della malattia: quizartinib ha infatti dimostrato di ridurre il tasso di mortalità e di raddoppiare la sopravvivenza globale medianà.
La leucemia mieloide acuta è legata alla moltiplicazione incontrollata di blasti (cellule cancerose di derivazione mieloide) che invadono il midollo osseo, che non è più in grado di funzionare correttamente e, in particolare, di garantire la produzione di cellule del sangue normali. Questa insufficienza midollare porta all’insorgenza di anemia (affaticamento, pallore, difficoltà a respirare e tachicardia), a una predisposizione alle infezioni, anche gravi, dovuta alla diminuzione dei granulociti neutrofili. Infine, la diminuzione del numero di piastrine (trombocitopenia) può causare emorragie, in particolare a livello della cute e delle mucose.
‘Il paziente con LMA è spesso anziano e quindi fragile per definizione. La malattia lo debilita ulteriormente provocando una diminuzione della sua qualità di vita, una condizione che condivide con molti altri malati ematologici – ha sottolineato Davide Petruzzelli, Presidente dell’Associazione Pazienti La Lampada di Aladino ETS -. E’ fondamentale garantire un’assistenza globale a questi pazienti, che includa supporto psicologico, nutrizionale e una gestione efficace del follow-up. E’ necessario inoltre ridurre le disuguaglianze nell’accesso alle cure e promuovere una sinergia tra ospedale e territorio, passando da una logica di prestazione a una di presa in caricò.
I benefici di quizartinib si basano sui risultati dello studio QuANTUM-First, pubblicato sulla prestigiosa rivista The Lancet a maggio 2023. In questo studio di fase 3 randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, condotto su 539 pazienti, quizartinib è stato valutato in combinazione con chemioterapia standard di induzione e consolidamento, incluso il trapianto di cellule staminali emopoietiche (HSCT), e come monoterapia di mantenimento per un massimo di 36 cicli, in pazienti adulti di età compresa tra 18 e 75 anni con LMA di nuova diagnosi positiva per la mutazione FLT3-ITD.
‘Siamo orgogliosi di portare quizartinib ai pazienti italiani, il primo trattamento in ambito ematologico sviluppato da Daiichi Sankyo. Con questa approvazione, l’azienda conta ora due farmaci approvati e rimborsati in Italia in oncologia: un anticorpo farmaco-coniugato (ADC) e quizartinib, segnando un importante traguardo nella nostra missione di innovazione. Con l’approvazione di quizartinib i pazienti affetti da leucemia mieloide acuta con mutazione FLT3-ITD possono accedere a una terapia mirata sviluppata e approvata specificamente per questa sottopopolazione di malattià, ha dichiarato Gilda Ascione, Medical Director, Head of Oncology Medical Affairs di Daiichi Sankyo Italia.
‘Daiichi Sankyo è da sempre profondamente impegnata nell’ascolto e nella comprensione dei bisogni clinici non soddisfatti, con l’obiettivo di sviluppare soluzioni terapeutiche innovative che possano fare la differenza nella vita dei pazienti. Ma la nostra responsabilità va oltre il farmaco: vogliamo contribuire concretamente a migliorare la qualità di vita delle persone, accompagnandole lungo tutto il percorso di cura. Per questo, lavoriamo in sinergia con istituzioni, clinici e associazioni, promuovendo anche una cultura della prevenzione e della salute. In tre parole: innovazione, cura del paziente e partnership’, ha concluso Mauro Vitali, Head of Oncology Business Division di Daiichi Sankyo Italia.
Quizartinib è un inibitore del recettore tirosin-chinasico FLT3. Quizartinib e il suo metabolita principale AC886 si legano in modo competitivo alla tasca di legame per l’adenosina trifosfato (ATP) di FLT3 con elevata affinità.
Quizartinib e AC886 inibiscono l’attività della chinasi FLT3, impedendo l’autofosforilazione del recettore, inibendo così l’ulteriore segnalazione a valle del recettore FLT3 e bloccando la proliferazione cellulare dipendente da FLT3-ITD. 16
I risultati dello studio hanno dimostrato che quizartinib, in combinazione con la chemioterapia di induzione standard a base di citarabina-antraciclina e con la chemioterapia di consolidamento standard a base di citarabina, seguita da terapia di mantenimento con monoterapia a base di quizartinib, ha ridotto il rischio di mortalità del 22% rispetto alla sola chemioterapia standard (hazard ratio HR = 0,78 [IC al 95%: 0,62-0,98; p = 0,032]) in pazienti con LMA FLT3-ITD-positiva di nuova diagnosi. La sopravvivenza globale mediana è stata di 31,9 mesi per i pazienti trattati con quizartinib (n = 268; intervallo di confidenza IC al 95%: 21,0- not estimable NE) rispetto a 15,1 mesi per i pazienti del gruppo di controllo (n = 271; IC al 95%: 13,2-26,2) dopo un follow-up mediano di 39,2 mesi.
L’endpoint primario dello studio è la sopravvivenza globale. Gli endpoint secondari includono la sopravvivenza libera da eventi, i tassi di remissione completa (CR) e di remissione completa composita (CRc) dopo l’induzione, e la percentuale di pazienti che raggiungono la CR o la CRc con negatività di malattia residua misurabile al test FLT3-ITD. Sono stati valutati anche gli endpoint di sicurezza e farmacocinetica, nonchè quelli di efficacia esplorativa e relativi ai biomarcatori, inclusa la durata della CR. Una ‘remissione completà è definita da assenza di blasti nel midollo osseo e dal completo recupero delle cellule del sangue periferico (globuli bianchi, rossi e piastrine).
Il programma di sviluppo clinico in corso di quizartinib include uno studio di Fase 1/2 in età pediatrica e giovani adulti con LMA recidivata/refrattaria positiva per FLT3-ITD in Europa e Nord America, nonchè diversi studi di Fase 1/2 in combinazione con ulteriori terapie, nell’ambito di una collaborazione strategica con l’MD Anderson Cancer Center dell’Università del Texas negli Stati Uniti.
Infine, a novembre 2024, è stato avviato lo studio di Fase 3 QuANTUM-WILD (Quantum Wild Type Quizartinib o Placebo più Chemioterapia in Pazienti di Nuova Diagnosi con LMA negativa per FLT3-ITD). Lo studio prevede l’arruolamento di circa 700 pazienti in diverse sedi in Asia, Europa, Nord America, Oceania e Sud America. L’obiettivo dello studio è confrontare l’effetto di quizartinib rispetto al placebo sulla sopravvivenza complessiva nei pazienti di età compresa tra 18 e 70 anni con leucemia mieloide acuta (LMA) di nuova diagnosi priva di mutazione FLT3-ITD.

– foto Italpress –
(ITALPRESS).

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