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“LA PERDICIÓN” – L’AMORE TRA INCUBO E PERDIZIONE NELL’ULTIMO FILM DI CRISTOPHARO
Pubblicato
3 anni fa-
di
redazione
“Vuoi che resti con te?”
“No”.
È una delle scene principali presenti nel film del regista italiano Domiziano Cristopharo, “La Perdición”, ultima fatica girata completamente in Spagna.
“La Perdición” tradotto letteralmente significa “la rovina” e per un certo senso, il film ci porta a vivere per metà della sua durata una sensazione di angoscia e suspance in cui solamente alla fine ne riusciamo a capire il vero motivo. Perché tutto questo male? Si chiede lo spettatore che assiste ad un triangolo amoroso insolito. Destino rovinoso o lezione?
Sono tanti i “No” che il protagonista Mark riserva alla sua ultima fiamma.Mark (Nicholas Sartori) è un ragazzo che non ama storie a lungo termine ma, forse potrebbe aver trovato la persona giusta in Javier (Davide Iaconis), uomo maturo e seriamente intenzionato a costruire qualcosa di serio con lui che vada oltre al solito sesso. A poco serviranno sdolcinate dichiarazioni d’amore, la vita porta a coincidenze e situazioni inspiegabili e così, dopo una serie di sguardi e ammiccamenti fulminanti, il protagonista si trova nella barca di Robert (Lorenzo Vivian), conosciuto poche ore prima in un bar. I due passano una notte d’amore unica, cambia così lo sguardo di Mark che apparentemente si sente appagato e più felice da una nottata fugace con un estraneo che da tante con Javier.
In realtà, quella notte segnerà per sempre la sua vita. E quella di tutti e tre. Se ne accorgerà sin dal mattino dopo, quando preparando la colazione per il suo nuovo amore, ancora a letto, alcune cose trovate nei cassetti lo insospettiscono.
Sospetti fondati, ma che ormai per il nostro innamorato saranno l’inizio di un viaggio d’amore che si trasformerà in un incubo: dallo stupro violento e crudo agli abusi verbali sino al deperimento per alcuni giorni. Risate, pianti e discorsi deliranti in mezzo a tentativi folli di suicidio a cui il povero Mark assiste inerme, spaventato ed ormai arreso, finalmente si giunge a una meta ignara a tutti, anche allo spettatore. La meta altro non è che un isola deserta, in cui finalmente Mark viene liberato da Robert, il quale gli concede la fuga nel nulla. Era proprio questo il suo obiettivo, liberare la preda dopo averla violentata e perseguitata per poi ucciderla come un cacciatore fa con gli animali. È questo quello che realmente commetteva il serial killer Robert Hansen, brutale assassino che catturava le sue vittime e dopo giorni di torture le liberava in zone deserte per divertirsi ad ucciderle, storie reali a cui il film è realmente ispirato.
Cristopharo ci stupisce con la sua maestria nel sapere tenere lo spettatore con il fiato sospeso ma sopratutto nel portare ad una riflessione che va oltre lo shock di certe scene. I tempi muti, senza dialoghi, consentono allo spettatore di interrogarsi e riflettere su ciò che sta accadendo. E perché accade. Anche le immagini più crude e forti appaiono minori dinanzi gli atti di dominazione psicologica a cui si assiste portando il pubblico ad entrare quasi perfettamente nella mente del killer, seppur con molte incognite.
“La Perdición” è senza dubbio una fine rovinosa per i protagonisti ma anche una perversione, una serie di perversioni che diventano la prova ufficiale di Nicholas Sartori, al debutto come attore, superata a pieni voti, in cui il giovane interprete riesce ad essere credibile nei panni di un ragazzo violentato e lasciato a sé ma con la speranza di poter a scappare da una trappola mortale nella quale vengono inscenati momenti fisiologici che potrebbero mettere in seria difficoltà tanti attori anche noti.
Le immagini riprese da Cristopharo con le musiche in sottofondo studiate ad hoc confermano la genialità di questo regista che mostra un finale interrogativo e non banale come nella storia vera. Incubo o realtà?
Ma soprattutto Cristopharo non scrive e dirige un film finalizzandosi solo sulle immagini e le scene più forti che sono sempre state un suo cavallo di battaglia, ma porta a riflettere su temi fondamentali, in questo caso quello delicato dell’amore: perché scappiamo dall’amore puro e semplice per rifiugiarci in un incubo d’amore?
Alessandro Paola

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