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Economia

Dalle imprese estere il 19,3% del fatturato italiano, Travaglia (Nestlé) “Driver di crescita”

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ASSAGO (ITALPRESS) – Le 15.779 imprese a controllo estero in Italia corrispondono soltanto allo 0,4% del totale delle imprese residenti, ma rappresentano un fondamentale driver di crescita del sistema produttivo e dell’economia del nostro Paese, generando da sole il 19,3% (624 miliardi di euro) del fatturato nazionale del settore dell’industria e dei servizi. Nel decennio 2009-19 il numero degli occupati delle multinazionali estere è cresciuto del 23,6% (+289mila addetti), raggiungendo 1,5 milioni di dipendenti (8,7% del totale degli occupati delle imprese a livello nazionale) e riuscendo pertanto ad attutire la perdita complessiva di circa 176mila addetti registrata in Italia nello stesso arco temporale. Sono questi i principali dati emersi dal report “Le imprese estere in Italia e i nuovi paradigmi della competitività”, redatto dall’Osservatorio Imprese Estere nato lo scorso maggio per iniziativa dell’Advisory Board Investitori Esteri (ABIE) di Confindustria.
“Le catene globali del valore, a cui moltissime imprese italiane ed estere partecipano, sono state messe a dura prova dagli eventi drammatici che abbiamo vissuto e che stiamo ancora vivendo. Questi eventi hanno causato rincari energetici e grandi difficoltà nella logistica, e a farne le spese sono stati sia il mondo produttivo che il commercio a livello mondiale. Ma se l’Italia affronta questo momento critico con un approccio di sistema, potrebbe cogliere delle grandi opportunità, ad esempio per ciò che riguarda la ridefinizione delle catene globali del valore”, ha affermato Barbara Beltrame Giacomello, Vice Presidente per l’Internazionalizzazione di Confindustria. “Le imprese a capitale estero hanno saputo reagire a questa situazione adottando strategie maggiormente orientate alla riorganizzazione dei processi e delle modalità di impiego del lavoro; inoltre hanno investito di più e con maggior prontezza sulla transizione digitale. Quindi, oggi più che mai va ribadito un punto importante: le imprese estere rappresentano un importante patrimonio per il Paese. Ma dobbiamo fare attenzione a non darlo per scontato”.
Dallo studio emerge inoltre che, sempre nel periodo 2009-19, le imprese estere hanno registrato un incremento del valore aggiunto creato di quasi il 70%, passando dai 79 miliardi di euro del 2009 ai 134 miliardi di euro del 2019 (+55 miliardi di euro), con una crescita anche della quota sul totale del Paese, passata dal 12,6% al 16,3%. Ciò significa che le imprese estere hanno contributo quasi al 30% dell’incremento del valore aggiunto nel decennio considerato. Altrettanto rilevante anche l’apporto di queste imprese agli scambi commerciali con l’estero, toccando quasi un terzo (32%) delle esportazioni e oltre il 46% delle importazioni realizzate dal complesso delle imprese residenti in Italia. “Le imprese estere svolgono un ruolo fondamentale per la crescita dell’economia del nostro Paese e, grazie al loro forte radicamento al territorio, riescono a generare un importante indotto, con benefici per aziende locali, università e centri di ricerca. Le multinazionali straniere hanno dimostrato grande capacità di resilienza di fronte alle crisi e alle nuove sfide, riuscendo a farsi promotrici di un nuovo paradigma imprenditoriale che coniuga crescita e sostenibilità del business” – ha dichiarato Marco Travaglia, Presidente e AD del Gruppo Nestlé in Italia, Coordinatore dell’Osservatorio e componente dell’ABIE – “Gli investimenti delle imprese a controllo estero contribuiscono all’innovazione e alla modernizzazione dei processi e dei prodotti nel nostro Paese, stimolando l’implementazione di politiche di retention e di attrattività degli investimenti esteri, a beneficio di tutto il sistema produttivo locale e nazionale”.
Infatti, proprio le multinazionali a capitale estero si distinguono per una significativa propensione a investire nel Paese e a innovare, fornendo un importante impulso al settore della Ricerca e Sviluppo, grazie all’investimento complessivo di 4,3 miliardi di euro nel 2019, pari al 26% del totale della spesa per la ricerca privata realizzata in Italia. Anche l’investimento sul capitale umano è un elemento che contraddistingue le imprese estere, le quali – oltre a contribuire alla crescita dell’occupazione locale – erogano in media più ore di formazione rispetto a quelle previste per legge. Le imprese estere operano prevalentemente in settori con tecnologia più elevata e partecipano al trasferimento tecnologico da e verso le imprese domestiche, le quali sono incentivate all’introduzione di nuovi processi produttivi e al miglioramento delle proprie competenze. Inoltre, spesso assumono il ruolo di lead firm anche sui segmenti della filiera produttiva che non sono direttamente integrati all’interno del perimetro societario. Le maggiori dimensioni e l’appartenenza a Gruppi con sedi in diversi Paesi non solo rendono le multinazionali estere complementari rispetto al tessuto industriale italiano, composto prevalentemente da piccole e medie imprese, ma favoriscono l’internazionalizzazione del sistema produttivo del Paese nel suo complesso. Inoltre, l’organizzazione manageriale, tipica della loro struttura è un fattore particolarmente rilevante ai fini di una migliore capacità di gestione di investimenti complessi. Non sorprende pertanto se, grazie al loro assetto organizzativo e alla loro presenza internazionale, le multinazionali si contraddistinguano anche per una forte sensibilità ai temi della sostenibilità ambientale. Questi elementi, uniti a una naturale disposizione alla flessibilità e all’innovazione, rendono le imprese a controllo estero resilienti di fronte a tutte le sfide dei nostri giorni e del futuro: dalla riorganizzazione delle modalità lavorative fino alla transizione ecologica e digitale.
-foto ufficio stampa Nestlé –
(ITALPRESS).

Economia

Occupazione in crescita e prezzi in rallentamento, ma la spesa delle famiglie non prende slancio

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ROMA (ITALPRESS) – Occupazione in crescita e prezzi in rallentamento, ma la spesa delle famiglie non prende slancio, e nel 2025 si fermerà a +5,6 miliardi di euro (+0,5%) in termini reali. È questo il quadro che emerge dall’analisi e dalle proiezioni Confesercenti-CER sulla congiuntura economica italiana nel terzo trimestre 2025.

Il mercato del lavoro mostra un segnale incoraggiante, con gli occupati nel trimestre in aumento dello 0,9% su base annua, il dato migliore dall’inizio dell’anno, anche se il dato di agosto registra una perdita di quasi 60mila posti. Sul fronte dei prezzi, l’inflazione scende all’1,6%, un decimo in meno rispetto al trimestre precedente e al di sotto dell’obiettivo BCE. Il Pil recupera la flessione primaverile ed è atteso in crescita dello 0,1% sul trimestre precedente e dello 0,5% su base annua, anche se è al di sotto dei ritmi registrati nei primi tre mesi del 2025 (+0,3% congiunturale e +0,7% tendenziale).

Tuttavia, le famiglie non sembrano beneficiare pienamente di queste condizioni: le proiezioni dei consumi indicano una crescita nel terzo trimestre di +0,2% sui tre mesi precedenti e +0,6% sull’anno. Dopo un 2024 più vivace, la domanda per consumi sembra essersi fermata: nei primi nove mesi del 2025 l’aumento acquisito della spesa è dello 0,3%, contro l’1,3% dello stesso periodo dell’anno precedente. Secondo le stime di Confesercenti-CER, a fine 2025 la crescita complessiva si fermerà a +0,5%, pari a circa 5,6 miliardi di euro in più a prezzi costanti.

Il rallentamento dei consumi si riflette sul commercio al dettaglio, che continua a mostrare segnali di sofferenza: nel terzo trimestre il volume delle vendite si riduce dello 0,4%, dopo i cali già registrati nei mesi precedenti. Sul fronte del clima di fiducia, ci sono timidi segnali di risalita: tra le famiglie l’indice passa da 95,9 a 96,5 punti, mentre per le imprese del commercio sale da 103,1 a 103,7, restando comunque sotto i livelli del primo trimestre.

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“L’economia italiana resta in crescita, ma rallenta. Ci sono segnali positivi di stabilità sul fronte del lavoro e dei prezzi, ma consumi e vendite continuano a perdere slancio”, commenta Nico Gronchi, Presidente di Confesercenti. “Il 2026 porterà sfide cruciali su molti fronti: con il dispiegarsi degli effetti dei dazi e la conclusione del PNRR, che finora ha sostenuto gli investimenti, la spesa delle famiglie sarà determinante per la domanda interna e per la crescita. Lo stesso Governo nel DPFP confida per il prossimo anno in un incremento dei consumi del +1,2%, un obiettivo difficile da raggiungere senza un impulso più deciso. Il previsto intervento sul fisco potrebbe non avere la scala necessaria per svolgere questo ruolo, tanto che, secondo i prospetti riportati nel DPFP, il Governo non associa ad esso alcun effetto espansivo sui consumi. Occorre fare di più per sostenere il potere d’acquisto delle famiglie e riattivare la crescita”.

-Foto IPA Agency-
(ITALPRESS).

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Tajani “Sono contro l’extraprofitto, ma questo è il momento di parlare con il mondo bancario”

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FIRENZE (ITALPRESS) – “Non esiste base giuridica per l’extraprofitto” ma “credo che nessuna banca non voglia parlare con la politica nel momento in cui c’è bisogno di rinforzare la manovra economica. L’abbiamo fatto l’anno scorso, l’impegno era per due anni, se c’è bisogno, però, io che sono un combattente anti-extraprofitto sono anche pronto a cercare di fare una mediazione”. Lo ha detto il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani a margine del Festival nazionale dell’Economia civile a Firenze.

“Bisogna stare molto attenti quando si parla di tassazione delle banche – ha aggiunto Tajani -. Ho anche detto ai miei colleghi di governo che, in vista della manovra, questo è il momento di parlare con il mondo bancario. Se c’è bisogno di aiuto si può parlare: ma mai fare operazioni ex abrupto, perché questo spaventa il mercato, oltre a far danni se si generalizza”. “Abbiamo sventato due anni fa l’extraprofitto – ha sottolineato Tajani – perché poi si finiva per colpire le Bcc e le banche popolari, mentre c’erano danni minori per le banche più grandi: quindi bisogna stare sempre molto attenti quando si parla di banche, però credo che sia giusto parlare”.

– Foto IPA Agency –

(ITALPRESS).

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DPFP, UPB “Scenario accettabile, ma stime esposte a molteplici rischi”

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ROMA (ITALPRESS) – Il Consiglio dell’Ufficio parlamentare di bilancio (UPB) ha validato lo scorso 29 settembre le previsioni macroeconomiche tendenziali del Documento Programmatico di Finanza Pubblica (DPFP) 2025, a conclusione di una procedura di confronto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) nell’arco delle scorse settimane. Lo rende noto l’UPB che ha valutato lo scenario macroeconomico tendenziale del DFPF 2025 “complessivamente accettabile, sebbene in alcuni casi le previsioni si collochino sull’estremo superiore o appena oltre le stime del panel UPB”.

In particolare, “la crescita del PIL del QMT non eccede l’intervallo definito dal panel, salvo uno sforamento marginale (dello 0,1%) nel 2027; la previsione per il 2025 è in linea con quelle dell’UPB e del panel, mentre le differenze sugli anni successivi scontano le incertezze sull’accumulazione di capitale e l’instabilità del contesto internazionale; la crescita cumulata sull’ orizzonte 2025-28, pari al 2,7%, si colloca sull’estremo superiore delle stime del panel; la variazione del PIL nominale è accettabile nel complesso, situandosi sul livello superiore dell’intervallo definito dal panel in tutti gli anni tranne quello in corso, ma eccede lievemente le attese dell’UPB; l’incremento cumulato del PIL nominale tra il 2025 e il 2028, pari all’11,0%, è nel complesso coerente con l’intervallo delle stime del panel, sebbene leggermente più elevato. Tali stime “sono esposte a molteplici rischi, bilanciati nel breve termine ma prevalentemente orientati al ribasso nel medio termine, in gran parte riconducibili ai conflitti internazionali e alla dinamica degli investimenti”.

I principali fattori di rischio “sono individuabili in quattro ambiti: il protezionismo, le guerre e i piani di riarmo, fonti primarie di incertezza con effetti sull’economia di difficile quantificazione; la dinamica degli investimenti in costruzioni, dati i possibili effetti di concentrazione degli interventi finanziati dal programma NGEU nel prossimo anno, che potrebbero generare colli di bottiglia sul lato dell’offerta con conseguente freno alla crescita, cui si aggiungono attese incerte sugli investimenti residenziali; la volatilità dei mercati e le politiche monetarie, dove il fragile e instabile contesto internazionale rischia di ingenerare rapide reazioni avverse dei mercati finanziari, con effetti sull’economia italiana, caratterizzata da un elevato debito pubblico; il rischio climatico e ambientale, ormai fattore strutturale di vulnerabilità, poiché la crescente frequenza e intensità di eventi meteorologici estremi richiede risorse per la prevenzione e la gestione delle emergenze, con impatti sui prezzi e sulla capacità produttiva”, conclude l’UPB che procederà a valutare anche il quadro macroeconomico programmatico del DPFP, che incorpora gli effetti dell’aggiustamento di bilancio.

– foto IPA Agency –

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(ITALPRESS).

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