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Economia

“Fucino Flash” di luglio, un confronto Italia-Francia sul debito

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ROMA (ITALPRESS) – Le elezioni anticipate prima, i risultati delle elezioni poi, hanno accesso i riflettori dei mercati sul futuro dell’economia francese. A preoccupare è in particolare l’ammontare raggiunto dal debito pubblico in conseguenza delle spese sostenute negli anni della pandemia: tra l’ultimo trimestre del 2019 e il primo del 2021 il rapporto debito/pil della Francia è passato dal 97,9% al 117,5%, per poi rimanere su livelli superiori al 110% fino al quarto trimestre 2023 (ultimo dato disponibile). La forza dimostrata dai partiti di destra e sinistra tanto in sede di elezioni europee quanto nelle elezioni nazionali ha rafforzato le preoccupazioni, dal momento che i programmi di entrambe le parti lasciano presagire un ulteriore aumento della spesa pubblica. Lo sottolinea Banca del Fucino nel numero di luglio di ‘Fucino Flash’, dal titolo ‘Francia e Italia: il ritorno dello spread?’.
Di fronte a questo scenario, a partire dal 10 giugno 2024 lo spread tra l’OAT a 10 anni e il Bund tedesco si è ampliato, superando gli 80 punti base il 14 dello stesso mese, dai circa 50 di partenza.
Nonostante le acque si siano parzialmente calmate, con lo spread oscillante tra quota 60 e 70, l’incertezza legata alla futura coalizione di governo e alle politiche che questa implementerà mantiene la Francia al centro dell’attenzione dei mercati.
Il timore, tuttavia, non è legato solamente alla Francia, ma interessa l’intera eurozona: negli anni della pandemia i paesi europei hanno impiegato ingenti risorse per sostenere le proprie economie, una mossa che, se da un lato ha permesso la ripresa post-pandemica, dall’altro ha generato un rilevante aumento del rapporto debito/pil. Lo spettro dell’insostenibilità del debito pubblico è quindi tornato a preoccupare i mercati. Il timore è che le attuali turbolenze sul mercato del debito sovrano francese possano riverberarsi sugli spread dei paesi “periferici” dell’area euro, rendendo criticamente più costoso il servizio del debito. Con un rapporto debito/pil superiore al 130%, l’Italia appare agli occhi di molti analisti come la più probabile prima vittima di tale congiuntura.
“Il peso del debito pubblico italiano non va certamente sottovalutato. Tuttavia, non meno rilevante per una valutazione complessiva appaiono le differenze tra le congiunture dei due paesi, che hanno invero assunto traiettorie economiche diverse nel post-pandemia”, sottolinea Banca del Fucino.
Entrambe le economie, quella francese e quella italiana, hanno visto un rilevante aumento del proprio debito pubblico in termini assoluti. Diverso è stato invece l’andamento del rapporto debito/pil tra i due Paesi: dopo il picco raggiunto, per entrambe le economie, all’altezza del primo trimestre 2021, l’Italia è riuscita a ridurre il rapporto di 20,5 punti percentuali, fino al 137,7% del pil nell’ultimo trimestre del 2023; anche nel caso francese si è assistito ad una diminuzione, ma di portata molto minore, pari a 6,9 punti percentuali. In tal modo, tra il quarto trimestre 2019 e il quarto del 2023 il rapporto debito/pil italiano è aumentato di soli 3,1 punti percentuali, a fronte del +12,7 francese.
A fare la differenza è stata la performance economica relativamente robusta dell’Italia nel confronto europeo: tra le maggiori economie dell’eurozona, quella italiana ha avuto una ripresa dallo shock pandemico particolarmente forte, superando del 4,6%, secondo gli ultimi dati disponibili, il livello del pil del quarto trimestre 2019; si tratta del risultato migliore tra tutte le maggiori economie dell’eurozona, notevole anche rispetto alla performance media del paese nei due decenni precedenti. Anche la Francia ha recuperato e superato nel corso del 2021 il livello del pil pre-pandemico, ma con rilevanti differenze: da un lato lo sforzo pubblico francese in sostegno della propria economia è stato più intenso, e quindi più oneroso; dall’altro, l’eccedenza rispetto al livello prepandemico è stata minore, l’esatta metà del dato italiano (2,3%) e meno della media dell’eurozona.
Significativo anche l’andamento della produzione industriale: lo shock energetico innescato dalla guerra in Ucraina prima e la stretta monetaria della BCE poi hanno fatto sì che i volumi della produzione nell’industria siano oggi al di sotto dei livelli di dicembre 2019, prima dello scoppio della pandemia; al contempo, anche su questo fronte la performance italiana è stata migliore di quella francese e tedesca: nel post-pandemia l’Italia soltanto è riuscita, tra gennaio 2021 e settembre 2023, a registrare livelli di produzione industriale superiori all’ultimo mese del 2019; inoltre, secondo gli ultimi dati disponibili, l’Italia si trova oggi a 2,2 punti percentuali al di sotto del livello di dicembre 2019, a fronte di un -8,7% della Germania e un -4,9% della Francia.
“Il diverso andamento del rapporto debito/pil della Francia rispetto all’Italia negli ultimi anni è dunque da addebitarsi alla minor dinamicità dell’economia francese – sottolinea Banca del Fucino -. Si potrebbe tuttavia legittimamente obiettare come l’ammontare del debito pubblico italiano, ben superiore a quello francese in relazione al prodotto nazionale, costituisca una fonte di fragilità per la stabilità finanziaria del Paese potenzialmente ben maggiore rispetto alla situazione d’oltralpe. Un tale giudizio, tuttavia, non prende a nostro parere in adeguata considerazione l’andamento di più lungo periodo dei bilanci statali di Italia e Francia, nonchè la complessiva posizione sull’estero dei due Paesi nel corso degli ultimi venti anni”.
Dal secondo trimestre del 2020 l’Italia è risultata in disavanzo primario; la congiuntura pandemica ha dato vita ad un’importante inversione di trend, dopo un ventennio nel quale, al netto degli interessi sul debito pregresso, il bilancio statale italiano era stato in surplus quasi ininterrottamente. Lo stesso non può dirsi per la Francia, che ha registrato un disavanzo primario quasi senza soluzione di continuità dal 2003. Le uniche eccezioni sono state quelle del secondo e del terzo trimestre del 2007, nei quali, sempre al netto degli interessi, lo Stato francese risultò in pareggio.
Non solo. L’economia francese è inoltre debitrice netta nei confronti dell’estero: la bilancia commerciale transalpina è rimasta in rosso dal 2006 in avanti; al contrario quella italiana è in positivo dal 2012, con la sola breve eccezione del 2022, in conseguenza dello shock energetico innescato dalla guerra in Ucraina. La performance commerciale italiana ha poi visto un rapido recupero dalla difficile situazione congiunturale del 2022, ritornando in territorio positivo già dal primo trimestre del 2023. Tutto ciò significa che l’Italia, a differenza della Francia, può contare su un afflusso netto di ricchezza legato alla bilancia commerciale, il che contribuisce ulteriormente al rafforzamento della sua stabilità macroeconomica, nonostante la situazione di forte indebitamento dello Stato.
Ovviamente, in ultima analisi la sostenibilità del debito italiano dipenderà, oltre che dalla crescita economica, dalla capacità di collocamento dei titoli del debito sovrano sul mercato. Anche su questo fronte, tuttavia, le prospettive dell’Italia appaiono più rosee di quelle del vicino transalpino. Con un rendimento che da inizio 2024 oscilla stabilmente attorno al 4%, il Btp offre una buona remunerazione a fronte di un profilo di rischio contenuto, vista anche la stabilità politica di cui gode attualmente l’Italia.
Un buon successo continua inoltre ad essere registrato per quanto riguarda il collocamento dei titoli di Stato italiani presso i residenti: al 31/03/2024 risultava in mano famiglie e imprese non finanziarie il 14,1% del debito pubblico italiano, una quota in crescita pressochè ininterrotta da circa 4 due anni. Da un anno è in aumento anche la quota detenuta da non residenti, che a fine marzo 2024 si è attestata al 28,7%. Si tratta di una percentuale nettamente inferiore rispetto a quella di paesi come la Germania (45,2%) o, appunto, la Francia (50,5%); ma proprio una tale maggiore esposizione sull’estero della Francia può comportare un significativo rischio in termini di volatilità per i titoli di Stato francesi. In ogni caso, l’aumento della domanda di Btp ha contribuito a controbilanciare l’effetto sui prezzi del calo degli acquisti di titoli di debito pubblico da parte della Banca centrale, che sta riducendo il proprio bilancio in coerenza con l’impostazione restrittiva della politica monetaria. Finora i rendimenti sui Btp decennali non sono infatti aumentati rispetto alla data di inizio della stretta monetaria. Si tratta di un ulteriore segnale di stabilità sul fronte del debito pubblico italiano.
Nel giugno scorso la Commissione Europea ha aperto una procedura per deficit eccessivo (EDP, Excessive Deficit Procedure) nei confronti di Italia e Francia (oltrechè di altri 5 Stati membri), sulla base della riattivazione – sia pure con modifiche, peraltro controverse – del Patto per la Stabilità e la Crescita. Entrambi i paesi sono quindi giudicati in una situazione critica relativamente alla dinamica del proprio debito pubblico. Per quanto riguarda una stima dei rischi relativi espressi dai due Paesi, e delle loro implicazioni sull’andamento dei rispettivi titoli di Stato, riteniamo però che vadano considerate con attenzione le tendenze di cui sopra, soprattutto in quanto appaiono confermate dai dati più recenti. In effetti, tra le due economie, ad oggi l’Italia evidenzia la crescita maggiore, ancorchè su livelli modesti. Inoltre, come rappresentato dalla Banca d’Italia nel suo Bollettino Economico di luglio, l’avanzo di conto corrente dell’Italia nel primo trimestre dell’anno si è ampliato e ha raggiunto il 2% del PIL.
Infine, gli investimenti esteri in titoli di Stato italiani sono stati particolarmente elevati (42,6 miliardi), assorbendo quasi per intero le emissioni nette da parte del Tesoro. “Questo ci induce a ritenere che i recenti timori di un sostanziale aumento dello spread Btp-Bund, trainato dall’incertezza sul futuro del debito francese, siano eccessivi. E che vi siano per contro buoni motivi per sostenere, come hanno fatto recentemente Patrick Artus e Marco Fortis, che gli attuali rendimenti dei titoli del debito sovrano italiano e francese non siano in linea con l’effettivo andamento delle due economie nazionali: nel primo caso in quanto troppo alti, nel secondo in quanto troppo bassi”.

– Foto Banca del Fucino –

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Inaugurato in India il ponte strallato ferroviario Anji Khad, progettato e curato da Italferr

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ROMA (ITALPRESS) – Inaugurato in India il primo ponte strallato ferroviario, progettato e curato nella supervisione da Italferr, società di ingegneria del Gruppo FS. Il ponte Anji Khad contribuirà significativamente a innalzare gli standard di affidabilità dell’infrastruttura e a migliorare i collegamenti in chiave territoriale e internazionale. Una sfida ingegneristica senza precedenti, considerata la morfologia del territorio e le condizioni estremamente impegnative date le caratteristiche del fiume Anji che scorre in una profonda gola con pareti sub-verticali, in una zona caratterizzata da fortissimi venti.

Con una lunghezza di 725 metri e un’altezza di 196, il ponte presenta una sezione strallata di 473 metri, inclusa una campata centrale di 290 e una torre di sostegno asimmetrica. Questo design unico lo rende il primo ponte strallato ferroviario in India e si contraddistingue per essere tra i progetti più ambiziosi e impegnativi dell’intera linea ferroviaria Udhampur-Srinagar-Baramulla, progettata per collegare il Kashmir con i confini nord-occidentali dell’India.

Il design asimmetrico del ponte strallato è stato scelto strategicamente per facilitare la maggior parte della costruzione su una delle estremità e consentirne così la realizzazione. Un approccio basato sulla valutazione dello spazio disponibile e sulla stabilità del pendio. L’innovativa modalità di intervento ha garantito l’integrità strutturale e ha semplificato i processi di costruzione, dimostrando una profonda comprensione delle esigenze funzionali del progetto e delle condizioni locali. Il valore dell’investimento dell’opera ammonta a 70 milioni di dollari. Il progetto Anji Khad Bridge è stato insignito dell’Award of Merit nella categoria Bridge/Tunnel degli ENR Global Best Projects 2024.

– foto ufficio stampa FS –

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Accordo tra Stellantis e i sindacati sul Ccsl, Manca “Trovate le soluzioni insieme”

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TORINO (ITALPRESS) – Stellantis Italia ha firmato con Fim-Cisl, Uilm-Uil, Fismic, Uglm e Aqcfr l’accordo sulla parte economica del secondo bienno del contratto collettivo specifico di lavoro (Ccsl) siglato l’8 marzo di due anni fa e valevole per il quadriennio 2023-2026. L’intesa ha alla base un forte impegno tra l’azienda e i sindacati maturato negli anni che, con la firma di oggi, vede riconfermato il sistema partecipativo previsto dal contratto.

“Come due anni fa – ha sottolineato Giuseppe Manca, Responsabile HR per Stellantis Italia – le parti hanno dimostrato un forte impegno per raggiungere l’intesa nello spirito delle relazioni sindacali basate sulla partecipazione che hanno già contraddistinto i precedenti rinnovi del Ccsl. Con il contesto nazionale e internazionale che stiamo vivendo, in cui permangono perplessità da parte dei consumatori sui tempi della transizione energetica e incertezze sui passi da compiere a livello europeo per il rilancio del settore automotive, abbiamo trovato insieme le soluzioni per proteggere in modo adeguato gli interessi dei lavoratori garantendo al contempo la competitività dell’azienda nel Paese”.

I punti centrali dell’accordo riguardano aumenti salariali per i lavoratori, miglioramento degli indicatori del premio di risultato e ripresa dell’attività del gruppo di lavoro sull’inquadramento. In particolare, sul fronte salariale, l’aumento medio previsto è di circa 135 euro nel biennio e ci sarà inoltre l’erogazione di due somme una tantum dell’importo di 240 euro lorde ciascuna, a giugno 2025 e ad aprile 2026.

Si tratta di cifre che si sommano a quelle già erogate nei due anni precedenti nell’ambito dell’accordo di rinnovo siglato l’8 marzo 2023. Stellantis ha inoltre rimodulato la definizione degli indicatori del nuovo premio di risultato introdotto nel 2023, eliminando la soglia per il pagamento del free cash flow mondo, cioè il flusso di cassa generato dall’azienda dalle sue attività operative.

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Sul fronte dell’inquadramento, il gruppo di lavoro già costituito formulerà una proposta per definire e premiare specifiche professionalità e competenze sulle tre aree professionali, a partire da coloro che lavorano sulle linee produttive, al fine di istituire, in occasione del prossimo rinnovo contrattuale, un elemento economico sperimentale sulla base di criteri oggettivi e misurabili. Per Stellantis l’accordo è “un ulteriore tassello per rafforzare, anche attraverso la partecipazione di tutti i propri dipendenti italiani, l’impegno a diventare un’azienda tecnologica di mobilità sostenibile”

– foto ufficio stampa Stellantis –

. (ITALPRESS).

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Pil in crescita dello 0,6% nel 2025, trend positivo atteso anche nel 2026

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ROMA (ITALPRESS) – Il Pil italiano è atteso in crescita dello 0,6% nel 2025 e dello 0,8% nel 2026, dopo essere aumentato dello 0,7% nei due anni precedenti. L’aumento del Pil, nel biennio di previsione, verrebbe sostenuto interamente dalla domanda interna al netto delle scorte (+0,8 e +0,9 punti percentuali rispettivamente), mentre la domanda estera netta fornirebbe un contributo negativo in entrambi gli anni (-0,2 e -0,1 p.p.).

Lo rileva l’Istat spiegando che “lo scenario previsivo per la domanda estera netta sconta l’ipotesi di un’attenuazione nella seconda parte del 2025 del clima di incertezza relativo all’indirizzo della politica commerciale statunitense. Si ipotizza comunque un impatto negativo dei dazi sul commercio mondiale e sulle prospettive di crescita internazionali”.

Si prevede che i consumi privati continuino a crescere a ritmi moderati ma stabili (+0,7% in entrambi gli anni) da un lato favoriti dalla prosecuzione della crescita delle retribuzioni e dell’occupazione, dall’altro frenati da un incremento della propensione al risparmio.

La crescita degli investimenti, nel 2025 (+1,2%), in accelerazione dal +0,5% del 2024, sarebbe favorita dal buon andamento registrato nel primo trimestre per poi segnare nel 2026 una ulteriore leggera accelerazione (+1,7%) in concomitanza con la fase conclusiva del PNRR.

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L’occupazione, misurata in termini di unità di lavoro (ULA), segnerebbe un aumento superiore a quello del Pil (+1,1% nel 2025 e +1,2% nel 2026), ma in decelerazione rispetto agli anni precedenti a cui si accompagnerebbe un ulteriore calo del tasso di disoccupazione (6,0% quest’anno e 5,8% nel 2026).

Dopo la risalita dei prezzi tra la fine del 2024 e i primi mesi del 2025, nel corso dell’anno ci si attende una dinamica più moderata dell’inflazione, favorita dalla discesa dei listini dei beni energetici e dall’indebolirsi delle prospettive di domanda. L’aumento del deflatore della spesa delle famiglie residenti nel 2025 sarebbe in linea con tali andamenti (+1,8%), con una nuova leggera riduzione nel 2026 (+1,6%).

– Foto IPA Agency –

(ITALPRESS)

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