Lombardia
Annamaria Bernardini De Pace – Avvocato Icona Pop
Pubblicato
3 anni fa-
di
redazione
Amata, odiata… potremmo sfociare nel banale forse con queste definizioni ma, poco importa cosa pensi di lei la gente, i fatti parlano più di ogni altra voce in circolazione e un fatto ovvio, è di sicuro che Annamaria Bernardini De Pace sia uno dei personaggi più amati e discussi dell’anno appena passato.
La sua intervista a ”Belve”, programma già cult Rai con Francesca Fagnani, è stata tra i momenti più visti in termini di ascolto della stagione del fortunato format in cui personaggi dello spettacolo, della politica e della cultura vengono messi ”sotto torchio” dalla brava conduttrice di Rai 2. Il motivo del successo dell’intervista dell’avvocatessa? La spontaneità.
In un mondo e soprattutto in uno star system sempre più poco credibile basato solo sulle apparenze, una voce fuori campo che dice senza troppi peli sulla lingua quello che la maggior parte della popolazione pensa e che in pochi hanno il coraggio di dire fa un certo scalpore, ed ecco che la De Pace ne esce vincitrice in questo settore a stelle e strisce, rilasciando dichiarazioni spontanee, libere e più attuali che mai.
Figlia d’arte, nata a Perugia sotto il segno del Toro, Annamaria Bernardini De Pace ha fondato il suo primo Studio Legale omonimo nel 1989 a Milano. Ad oggi le sedi del suo Studio sono in totale cinque; Bergamo, Padova, Roma e Ameglia in Liguria.
Il suo studio è specializzato in diritto civile con particolare attenzione al diritto della famiglia, della persona e alla tutela del patrimonio, ruolo che le ha permesso di aggiudicarsi il primato di ”divorzista numero uno in Italia”. Tra i tanti nomi che ha assistito vi sono personaggi notissimi quali: Romina Power, Katia Ricciarelli, Eros Ramazzotti, Rosanna Schiaffino, Simona Ventura, Flavio Briatore, una sorta di avvocato dei Vip, anche perché proprio in questa categoria vi sono alcune sue storiche amicizie, come quella con una signora della canzone italiana: Ornella Vanoni.
La conferma del suo successo, a parte le numerose vittore e la stima di chi lavora con lei, sono i consensi televisivi, social (su Instagram vanta quasi 20 mila follower), e i libri bestseller pubblicati, ad oggi 11: ”Separiamoci insieme”, (Sperling & Kupfer, 1996), ”Cuore contro cuore”, (Sperling & Kupfer, 1999), ”Le ragioni degli affetti” (Rizzoli, 2001), ”Legati da un soffio”, (Sperling & Kupfer, 2002), ”Calci nel cuore” (Sperling & Kupfer, 2004), ”Mamma non m’ama” (Sperling & Kupfer, 2005), ”Figli condivisi” (Sperling & Kupfer, 2006), ”Diritti diversi: la legge negata ai gay” (Bompiani, 2009), ”Dall’amore all’amore, il diritto di famiglia per tutti ” (BdP, 2014), ”Legami e slegami’‘ (Guidemoizzi, 2017) e il recente ”Manuale di autodifesa per ragazze e ragazzi” (Bdp, 2019).
Un recente primato della De Pace? E’ diventata una scultura pop realizzata dal mitico Marco Lodola, opera che va ad unirsi alle tante realizzate dall’artista negli anni come i Rolling Stones, Vasco Rossi, Madonna… sempre più cult, sempre più rock, sempre più vip, personalmente non abbiamo dubbi: la BDP è un’icona della nostra cultura pop che non possiamo non amare.
Alessandro Paola Schiavi

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Cronaca
Violenza sessuale su una tredicenne, arrestato un cittadino cubano a Monza
Pubblicato
1 ora fa-
14 Luglio 2025di
Redazione
MONZA (ITALPRESS) – Nella tarda mattinata di venerdì 11 Luglio gli agenti della Polizia di Stato della Squadra Mobile della Questura di Monza e della Brianza hanno proceduto, di iniziativa, al fermo di un cittadino cubano di 25 anni domiciliato a Monza, per il reato di violenza sessuale aggravata dalla giovane età della vittima, infraquattordicenne.
Nella tarda mattinata di giovedì 10 luglio gli agenti della Squadra Mobile sono intervenuti a Monza, presso l’abitazione della giovane che, telefonando al numero d’emergenza NUE112, segnalava di aver subito una violenza sessuale il giorno prima. I poliziotti dopo aver raccolto il primo racconto della giovane ed attivato la procedura del “Codice Rosso”, hanno immediatamente assicurato le prime fonti di prova sul luogo del fatto, indicato dalla vittima come l’area boschiva limitrofa alla pista ciclabile che corre lungo il canale Villoresi zona est della città.
Qui, grazie alla lucida collaborazione della vittima, seppur oltremodo scossa, nel corso di un primo sopralluogo di Polizia Scientifica sono stati repertati una bottiglia in vetro di coca-cola dalla quale aveva bevuto il reo prima della violenza e l’involucro del preservativo da lui utilizzato dopo aver cercato un rapporto non protetto. Gli agenti hanno poi accompagnato la giovane e la madre presso la clinica Mangiagalli di Milano, dove gli accertamenti sanitari hanno confermato l’avvenuta violenza sessuale e dove sono stati sequestrati anche gli indumenti da lei indossati al momento dei fatti.
Il giorno successivo, in Questura, con il supporto di uno psicologo e con l’attivazione delle procedure del cd ” Codice Rosso” di concerto con il P.M. della Procura della Repubblica di Monza, la giovane ha poi raccontato di aver conosciuto quel ragazzo, per il tramite di amici comuni, circa una settimana prima sul social media Instagram. Rassicurata dal fatto che l’uomo le diceva di avere 17 anni, la ragazza accettava di incontrarlo presso la stazione FS di Monza, ma solo a condizione di non restare da sola con lui.
Una volta incontratisi, l’uomo riusciva a rimanere da solo con la minore ed a convincerla, rassicurandola che si stessero dirigendo verso un’area frequentata, nel luogo dove poi sarebbe avvenuta la violenza. Drammatico il racconto fornito dalla vittima, che seppur scioccata è riuscita tuttavia a fornire agli investigatori elementi fondamentali sia per la ricostruzione di quanto accaduto, sia per l’identificazione dell’autore.
Dopo i primi approcci, l’uomo ha steso un asciugamano sul prato invitando la ragazza a sedersi e a togliersi scarpe e calze e solo in questo momento le ha rivelato la sua vera età. A questo punto, vincendo la sua resistenza, ha abusato di lei utilizzando anche un gel, che aveva già con sé, prova evidente di premeditazione. Dopo la violenza, la giovane ha provato a scappare, a piedi nudi, ma è stata raggiunta dal suo aggressore che l’ha minacciata con un coltello di non dire nulla e, come nulla fosse, l’ha riportata alla stazione di Monza.
Solo il giorno dopo, confidandosi con un’amica, la vittima ha avuto il coraggio di denunciare l’accaduto. Grazie alle precise indicazioni fornite dalla vittima, gli agenti della Squadra Mobile, acquisite granitiche fonti di prova ed identificato l’autore, lo hanno rintracciato nella tarda mattinata dell’11 luglio. La successiva perquisizione personale e domiciliare, nel corso di un secondo sopralluogo di Polizia Scientifica, ha restituito altre fondamentali fonti di prova a suo carico: l’asciugamano, ancora sporco, sul quale è avvenuta la violenza, rinvenuto nella lavatrice pronto per essere lavato; gli indumenti indossati al momento dei fatti, nascosti tra la biancheria sporca; il coltello utilizzato per minacciare la vittima.
L’uomo, che aveva già un biglietto aereo per la Spagna e la valigia pronta, è stato quindi associato presso la Casa Circondariale di Monza a disposizione della Procura della Repubblica di Monza, che ha richiesto la convalida del fermo e l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere.
– Foto Polizia di Stato Monza –
(ITALPRESS)
In questa edizione: Garlasco, esami su tampone Chiara confermano presenza di ignoto 3 – In Stazione a Voghera sequestrati birra e superalcolici – Rissa in Piazza Ducale a Vigevano, esplode polemica sicurezza – Adesca su internet una tredicenne e la violenta, preso – Il figlio di Adilma Pereira accusa in aula madre e amante – Sala: “Su San Siro chiusura trattativa a breve” – Pronto Meteo Lombardia per 15 Luglio.
Cronaca
A Milano lavoratori in nero in un’azienda di alta moda, ammende da 181mila euro
Pubblicato
3 ore fa-
14 Luglio 2025di
Redazione
MILANO (ITALPRESS) – I Carabinieri del Gruppo per la Tutela del Lavoro di Milano hanno dato esecuzione ad un decreto di “amministrazione giudiziaria” emesso dal Tribunale di Milano a carico di una azienda operante nel settore dell’alta moda in quanto sarebbe ritenuta incapace di prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo nell’ambito del ciclo produttivo non avendo messo in atto misure idonee alla verifica delle reali condizioni lavorative ovvero delle capacità tecniche delle aziende appaltatrici tanto da agevolare (colposamente) soggetti raggiunti da corposi elementi probatori in ordine al delitto di caporalato.
In tale contesto, si è potuto accertare che la casa di moda affidi la realizzazione di capi di abbigliamento (tra cui giacche in cashmere) ad una società, senza alcuna capacità produttiva, la quale esternalizza il processo produttivo ad un’altra azienda che, a sua volta, al fine di abbattere i costi, ne affida la produzione ad opifici cinesi.
Nel caso di specie, che si pone in continuità rispetto ad analoghi provvedimenti notificati ad altre aziende di alta moda nei mesi precedenti, i Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Milano e quelli del Nucleo Operativo del Gruppo per la Tutela del Lavoro di Milano, a partire da maggio 2025 a seguito di una denuncia presentata da un lavoratore di etnia cinese per sfruttamento e lesioni (era stato aggredito da parte del proprio datore di lavoro connazionale poiché aveva chiesto il pagamento degli stipendi arretrati, riportando lesioni con prognosi di 45 giorni), hanno effettuato accertamenti sulle modalità di produzione, confezionamento e commercializzazione dei capi di abbigliamento procedendo al controllo dei soggetti affidatari delle forniture, dei sub affidatari non autorizzati, costituiti esclusivamente da opifici gestiti da cittadini cinesi nella provincia di Milano, e di una ulteriore società “cartiera” (priva di lavoratori) costituita ad hoc per effettuare una produzione occulta (nel senso che effettuerebbe una produzione solo cartolare emettendo anche le relative fatture a favore della committenza con lo scopo di schermare la produzione effettuata in regime di sfruttamento da parte della società appaltatrice).
Pertanto è stata individuata anche una fatturazione per operazioni inesistenti a carico della ditta sub-appaltatrice. In particolare, nelle verifiche presso alcuni opifici nel milanese, sono stati identificati 21 lavoratori, di cui 10 occupati in “nero” tutti di etnia cinese (7 erano anche clandestini sul territorio nazionale). Negli stabilimenti di produzione effettiva è stato riscontrato che la lavorazione avveniva in condizione di sfruttamento (pagamento sotto soglia, orario di lavoro non conforme, ambienti di lavoro insalubri ecc.), in presenza di gravi violazioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro (omessa sorveglianza sanitaria, omessa formazione e informazione ecc.) nonché ospitando la manodopera in dormitori realizzati abusivamente ed in condizioni igienico sanitarie sotto minimo etico.
Sono stati deferiti all’A.G. a vario titolo per caporalato e altri due cittadini cinesi titolari, di diritto o di fatto, di altrettante aziende (uno di essi, quello querelato dal lavoratore dipendente sfruttato, era stato tratto in arresto in flagranza di reato), sette lavoratori non in regola con la permanenza e il soggiorno sul territorio nazionale, nonchè due titolari dell’azienda sub-affidataria (cittadini italiani) per violazioni della normativa sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Infine sono state comminate ammende pari a 181.482,79 euro e sanzioni amministrative pari a 59.750,00 euro e per i 2 opifici cinesi è stata disposta la sospensione dell’attività per gravi violazioni in materia di sicurezza e per utilizzo di lavoro “nero”.
– Foto screenshot video Carabinieri Tutela Lavoro –
(ITALPRESS)


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