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Lombardia

LA COMUNICAZIONE POLITICA, L’ASTENSIONE, IL MERITO E IL “PORTA A PORTA”

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L’esito delle elezioni regionali 2023 in Lombardia porta a farsi molte domande sulla percezione della politica da parte dei cittadini e sulle dinamiche della comunicazione che la caratterizzano, da rivedere con metodo e consapevolezze. C’è una sintonia da ritrovare con i singoli territori (paesi, città, capoluoghi di provincia, città metropolitane). Il fatto che 6 lombardi su 10 abbiano disertato l’appuntamento con le urne, qualcuno per apatia e altri per dare in qualche modo un segnale, mette già a fuoco il primo cortocircuito: larga parte della società ritiene ormai da tempo la politica un circo autoreferenziale, un gioco di listini e raccomandati scollato dalla quotidianità delle persone. Diversamente dal solito, alle ultime elezioni l’astensione non ha colpito in maniera rilevante solo gli schieramenti di centrodestra ma anche le forze della sinistra, incapaci d’indurre una “chiamata all’azione” di fronte a quello che appariva già dai primi sondaggi un esito scontato e, in particolare per Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle, un rischio-plebiscito da evitare. Missione fallita, un “cappotto”. Il primo vincitore è stato il partito del non voto che da solo in Lombardia ormai vale quasi 5 milioni di elettori. Colpisce se si pensa che la Lombardia locomotiva d’Italia, in passato, era stata persino capace di anticipare i trend politici nazionali, di testare nuove alleanze, di dettare una linea.  Si parla della regione che vale un quinto del Pil e che da sola fa tanti abitanti quanto svariate nazioni europee.

«I candidati in campo non erano particolarmente attraenti e non c’erano temi particolarmente incisivi. Per questo gli elettori non sono andati a votare. A questo bisogna aggiungere che non ci sono più i partiti di una volta», ha detto il politologo Roberto D’Alimonte, professore del Dipartimento di Scienze politiche della Luiss. Sul fatto che i partiti non siano più portatori d’ideologie, programmi, progetti, visioni e agire concreto come si fa a dissentire? Sul tema che non ci fossero candidati attraenti sono d’accordo soltanto in parte: le rivoluzioni le fanno le squadre, gli uomini e le donne giuste, con esperienze e curriculum capaci di parlare per loro. C’erano assolutamente nelle liste i candidati da portare in consiglio regionale affinché fossero da pungolo al loro presidente e ai loro leader sulle priorità territoriali delle province. L’esito del voto, però, non in tutta la Lombardia è stato meritocratico. In molti casi hanno vinto candidati di apparato, in altri quelli più capaci di entrare in sintonia con il poco elettorato che è stato mobilitato. Chi è rimasto a casa, chi non ha approfondito, chi si è girato dall’altra parte lasciando fare e chi pensa che l’ostentata amicizia a scopo pre elettorale abbia un peso ha fatto il gioco del “tutto cambierà perché nulla cambi”. Quanti lombardi hanno votato in base ai programmi, ai risultati e alle storie personali dei candidati? Pochissimi dei 4 su 10 che sono andati a votare. Chi pensa abbia contato la comunicazione politica si sbaglia. Web e social in parte gestiti malamente o autogestiti e ridotti a bacheche di santini, ridondanti di slogan e abbracci da Truman Show i voti, semmai, in qualche caso li hanno fatti perdere. Manifesti, camion vela e santini di carta sono serviti più per accendere le stufe che per spingere a farsi votare. Coloro che hanno visto più lungo sono quelli che si sono messi in ballo il giorno prima dell’inizio della campagna elettorale optando per scarpe da ginnastica, agenda fitta, un massiccio porta a porta e tanti incontri “uno a uno”. Hanno vinto i candidati che hanno macinato chilometri e che hanno messo su qualche chilo tra aperitivi, caffè e cene. Ha trionfato chi ha parlato guardando negli occhi gli elettori, gli imprenditori, gli industriali, gli artigiani e i commercianti. Il voto bisogna sentirselo motivatamente chiedere, non passa da un like su Facebook e nemmeno da una pubblicità suadente. Non è stata una campagna elettorale che ha premiato nemmeno i gazebo, specie in province di pendolari in cui i centri storici si sono desertificati a tal punto da suggerire anziché di mettere il banchetto al mercato di posizionarlo fuori dal supermercato o dalla stazione ferroviaria sul fare della sera. Pensa, analizza, studia dati e osserva arrivi a un’amara conclusione: la politica era e resta lo specchio della società, di quella che sceglie e di quella ignorante (e logora tra carovita e caro bollette) che ritiene siano tutti uguali perché certi temi attendono risposte e soluzioni che non arrivano da trent’anni. Non aiuteranno i commenti al veleno sulle bacheche social e nemmeno il ridacchiare su TikTok, tra balletti e amenità, per svagarsi ed esorcizzare il lato duro della vita. Le cose cambiano e le risposte arrivano solo attraverso la partecipazione, la proposta, il mettersi in gioco. La crisi della politica è la crisi di una società che non si mette più in gioco nauseata dagli slogan, dai metodi delle segreterie di partito, dall’assenza di dialogo e di dialettica anche all’interno dello stesso mondo politico, dai veleni di corrente ma anche dai maestrini che sciorinano termini dotti e discorsoni slegati dalla realtà e dal “sentire” delle persone, senza rendersi conto che non li capisce nessuno nemmeno nel loro condominio. La politica dovrebbe essere mettersi al servizio della comunità e tanti dovrebbero spiegare come si fa quando parlano un linguaggio che non si comprende più. Quando si fa politica e si deve arrivare alla gente, non si può dare la colpa agli elettori: la colpa è di chi non è convincente e non viaggia con i piedi per terra. La premier Giorgia Meloni – prima donna alla guida di un governo in Italia – ha insegnato al Paese una cosa: i concetti complessi stanno anche in parole semplici; i grandi traguardi passano da passaggi intermedi; i sogni appassionano di più del blaterare torvo, del pessimismo dei bacchettoni dell’inconcludenza, dei “no” e dei predicozzi. Dopo le ultime elezioni regionali tutta la politica, compresa quella che ha vinto e può guardare al dato da una prospettiva migliore, deve capire che serve un nuovo modulo di gioco fatto di dialogo, di relazione e di rigenerazione di uno spirito di comunità in ogni città. Alla Lombardia e all’Italia serve una politica inclusiva, non esclusiva. Chi ha trasformato i partiti in circoli e le istituzioni in torri d’avorio o in club del potere ci pensi su, ammesso che il traguardo finale non sia solo poter contare su scimmiette ammaestrate.

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Cronaca

PRONTO METEO – PREVISIONI DAL 24 NOVEMBRE

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Pronto Meteo è il servizio di meteorologia di Pavia Uno Tv e Lombardia Live 24 in onda ogni giorno alle 19,30. Fornisce interessanti bollettini meteo per il fine settimana su Pavia e provincia e le province confinanti, visionabili anche sui nostri siti paviaunotv.it, lombardialive24 e sui nostri canali social. Ogni giorno, poi, ci sono aggiornamenti nelle Breaking News della sera e un sito dedicato alle previsioni, prontometeo.it, edito sempre da Agenzia CreativaMente.

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Cronaca

MAX PEZZALI, TRA FESTA AD APPIANO E POLEMICHE PER UNA BENEMERENZA A PAVIA. ARRIVA LA RISPOSTA DI MAX E SPIAZZA TUTTI!

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eri ad Appiano Gentile ha fatto capolino Max Pezzali, grande tifoso nerazzurro. Ed è stata festa con tutti i giocatori e lo staff. Oggi invece a Pavia, la sua città, dopo il successo riscontrato dalla serie andata in onda su Sky, a far notizia sono le polemiche legate alle benemerenze di San Siro. Gli avvocati di Max Pezzali hanno inviato una lettera al sindaco di Pavia, Michele Lissia, e alla giunta chiedendo di non assegnare la benemerenza a Mauro Repetto, ex degli 883, che ha fatto tappa per la sua “prima” del nuovo tour nelle settimane passate proprio al Teatro Fraschini di Pavia. Sullo sfondo c’è una causa civile tra Max Pezzali e Claudio Cecchetto. I legali di Max Pezzali sostengono che i diritti sul nome della band spettano soltanto a chi della band ha il merito della notorietà, cioè a Pezzali. Se il Consiglio comunale, nonostante la richiesta di soprassedere all’assegnazione della benemerenza, procederà comunque in tale senso, gli avvocati si riservano di far valere le ragioni di Max Pezzali nei confronti del Comune di Pavia. Come andrà a finire la vicenda? Chiude la polemica proprio Max sul suo profilo Fb e precisa: “Fosse per me, oltre al premio San Siro di Pavia, a Mauro darei anche un Grammy per l’importanza che ha avuto nella mia vita. Quello che sta venendo fuori in queste ore c’entra con delle questioni legali abbastanza di dominio pubblico che non coinvolgono Mauro, ma sono legate all’utilizzo del nome degli 883, una storia che appartiene a Mauro quanto a me. Nonostante quello che sta cominciando a girare in rete, il legame tra me e Mauro è indistruttibile, sancito da quelle canzoni che ormai sono più vostre che nostre. A noi piacciono le birre scure e le moto da James Dean, non quelle stronzate che si dicono nei film”. Chapeaux.

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Cronaca

Milano, al via “Atm manifesto”, mostra con oggetti dall’archivio storico

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MILANO (ITALPRESS) – E’ stata presentata oggi “Atm manifesto – Storie, Viaggi e Design”, la mostra di Atm che espone, da domani 23 novembre fino al 12 gennaio, una selezione del proprio Archivio Storico. Un viaggio nella sua comunicazione visiva attraverso il tempo, dalle origini dell’Azienda alla contemporaneità, a testimonianza del suo ruolo fondamentale nella definizione dell’identità del territorio e della vita dei cittadini. “Atm manifesto” racconta infatti il legame, forte e reciproco, tra Atm e Milano. Ospitata nelle sale dell’ADI Design Museum di piazza Compasso d’Oro e affidata alla curatela di Matteo Pirola, “Atm manifesto” è un viaggio nel tempo lungo i binari delle campagne di comunicazione dell’Azienda che attraversano e intrepretano l’evoluzione del costume e della società, milanese e non solo. Narra il cambiamento dei linguaggi artistici e pubblicitari, oltre a presentare esclusivi documenti che raccontano simboli e momenti che hanno segnato la storia della mobilità cittadina, dall’iconico tram Carrelli all’inaugurazione della prima linea metropolitana M1 della città, la Rossa, 60 anni fa. La storia di Atm è particolarmente legata al luogo in cui si svolge la mostra, perchè si trova al centro di un vero e proprio distretto tranviario. Infatti, l’ADI Design Museum sorge in un’area che a fine Ottocento era utilizzata come deposito di tram a cavallo e successivamente fu destinata agli impianti che fornivano ai tram l’energia elettrica. La piazza di accesso al museo è intitolata al Premio Compasso d’Oro, prestigioso riconoscimento del mondo del design che si aggiudicò nel 1964 il progetto della linea M1 della metropolitana, firmato da Franco Albini, Franca Helg e Bob Noorda. La mostra regala la possibilità di ripercorrere la storia delle campagne informative, comportamentali e di sensibilizzazione, che rivelano un’Azienda in costante dialogo con la città e al centro dei grandi temi sociali e di attualità. “Atm manifesto racconta il rapporto della nostra comunità con i nostri mezzi pubblici – spiega il vicesindaco di Milano Anna Scavuzzo, durante l’evento d’inaugurazione -. Nelle immagini che potremo ammirare si racconta il segreto che Atm non sa celare, cioè l’innamoramento per le persone, perchè le persone sono sempre al centro. Le persone che vengono trasportate, accompagnate. Dobbiamo guardare al passato consapevoli di quello di cui siamo stati capaci, e dobbiamo essere consapevoli che abbiamo la responsabilità di disegnare qualcosa che tra sessant’anni qualcuno vedrà e di cui potrà essere orgoglioso”. “Questa mostra – ha detto la presidente di Atm Gioia Ghezzi – raccoglie una piccola selezione tra più di 100mila articoli fra fotografie e oggetti dell’archivio storico di Atm, nominato bene storico e culturale dalla sovrintendenza. Un riconoscimento ricevuto perchè racconta la storia di Milano e di noi cittadini che nel corso di quasi un secolo abbiamo usato i mezzi Atm”. “Atm – continua Ghezzi – è una azienda innovativa, per esempio, a partire dalle campagne pubblicitarie sull’emancipazione femminile, realizzate dal secondo dopoguerra. Queste campagne spiegavano che anche le donne potevano guidare i mezzi pubblici”. “Tram, o mezzo pubblico, come un posto di relazione, di incontro, dove si mescolano tutte le classi sociali della città, dove sì vedono i cittadini cambiare modi di vestire, modi di essere” ha concluso.(ITALPRESS).

Foto: xp9

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