Economia
Crac Silicon Valley Bank, Biden “Il sistema bancario americano è sicuro”
Pubblicato
2 anni fa-
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Redazione
WASHINGTON (ITALPRESS) – Le conseguenze del fallimento di Silicon Valley Bank non sono state arginate nonostante l’intervento d’emergenza della Fed e del Tesoro americano che hanno garantito i depositanti. Vuol dire che tutti i clienti saranno rimborsati. Non altrettanto azionisti e obbligazionisti. Da qui la valanga vendite cui ha contribuito il contemporaneo crollo di di Silvergate, affondata dalla crisi dei bitcoin e Signature Bank. Le banche regionali americane sono sotto pressione. First Republic perde il 76% mentre Western Alliance il 81%. Pesanti anche Pacwest Bancorp (-50%) e Charles Schwab (-18%). In molti casi le contrattazione sono state sospese. Il titolo Svb Financial Group sarà rimosso dallo S&P 500 dopo la chiusura di domani e sarà sostituito da Insulet Corp. produttore di dispositivi medici. Il titolo di Insulet guadagna oltre il 5%.
Non temete, «il sistema bancario americano è sicuro». Dalla Casa Bianca il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, tenta di tranquillizzare gli investitori «Tutti i clienti che avevano depositi possono stare tranquilli. Nessuna perdita per i contribuenti».
Il presidente ha fatto sapere che chiedera’ al Congresso di legiferare per “rafforzare” la regolamentazione bancaria, inasprita nel 2008 dopo la debacle di Lehman Brothers e poi nuovamente alleggerita durante il mandato di Donald Trump. Dobbiamo fare in modo, ha sottolineato, “di rendere meno probabile che questo tipo di fallimento si ripeta, e proteggere i posti di lavoro”. Soprattutto “gli americani possono avere fiducia che il sistema bancario e’ sicuro. I vostri depositi saranno li’ quando ne avrete bisogno”, ha aggiunto. Ha aggiunto che i dirigenti delle banche in difficolta’ dovrebbero essere licenziati: “Hanno consapevolmente assunto un rischio, quando non ha dato frutti hanno perso i loro soldi”. Le parole della guida della Casa Bianca non sembrano rassicurare al momento i mercati, con le Borse europee che collezionano pesanti perdite e Wall Street negativa in avvio di contrattazione.
Oltre a Biden, anche la governatrice di New York, Kathy Hochul, ha preso la parola per calmare le acque. L’acquisizione della Signature Bank da parte dei regolatori federali, avvenuta domenica «non è un salvataggio» che mette a rischio i contribuenti statali, ha dichiarato Hochul in una riunione con Adrienne Harris, sovrintendente del dipartimento dei Servizi Finanziari dello Stato. «Si tratta di una circostanza insolita, ma il messaggio principale che voglio trasmettere ai newyorkesi è che i loro soldi sono al sicuro».
In attesa di capire il crollo odierno quanto costerà agli azionisti, chi ha investito nelle banche americane ha già rimesso una buona fetta del proprio capitale. Secondo i calcoli effettuati da Murthy Grandhi, analista di GlobalData, complessivamente le banche statunitensi hanno perso oltre 267 miliardi di dollari settimana scorsa.
Il caso Svb ha creato, spiega l’analista di GlobalData, le condizioni per la vendita incontrollata di azioni anche per altre banche esposte sul mercato del venture capital.
Per quanto riguarda l’Europa invece, nonostante la giornata difficile a Piazza Affari, appare improbabile che le svalutazioni registrate dai bond nei portafogli delle principali banche europee si traducano in impatti concreti sui bilanci. Questo perché, sostiene Moody’s, gli istituti non si troveranno in condizione di dover vendere i titoli in perdita. Tanto da definire la riduzione del valore “per la maggior parte delle grandi banche europee temporanee e moderate”.
Anche gli istituti piu’ piccoli, che si basano sui depositi, “possono contare sulla stabilità della loro fedele clientela, che consente loro di attendere un recupero del valore dei bond senza dover subire un incremento dei costi di raccolta”. Gli esperti dell’agenzia stimano che “circa un terzo dei titoli di Stato sia detenuto al costo ammortizzato piuttosto che al fair value”.
-foto agenziafotogramma.it-
(ITALPRESS).
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Economia
Accordo tra Stellantis e i sindacati sul Ccsl, Manca “Trovate le soluzioni insieme”
Pubblicato
1 giorno fa-
6 Giugno 2025di
Redazione
TORINO (ITALPRESS) – Stellantis Italia ha firmato con Fim-Cisl, Uilm-Uil, Fismic, Uglm e Aqcfr l’accordo sulla parte economica del secondo bienno del contratto collettivo specifico di lavoro (Ccsl) siglato l’8 marzo di due anni fa e valevole per il quadriennio 2023-2026. L’intesa ha alla base un forte impegno tra l’azienda e i sindacati maturato negli anni che, con la firma di oggi, vede riconfermato il sistema partecipativo previsto dal contratto.
“Come due anni fa – ha sottolineato Giuseppe Manca, Responsabile HR per Stellantis Italia – le parti hanno dimostrato un forte impegno per raggiungere l’intesa nello spirito delle relazioni sindacali basate sulla partecipazione che hanno già contraddistinto i precedenti rinnovi del Ccsl. Con il contesto nazionale e internazionale che stiamo vivendo, in cui permangono perplessità da parte dei consumatori sui tempi della transizione energetica e incertezze sui passi da compiere a livello europeo per il rilancio del settore automotive, abbiamo trovato insieme le soluzioni per proteggere in modo adeguato gli interessi dei lavoratori garantendo al contempo la competitività dell’azienda nel Paese”.
I punti centrali dell’accordo riguardano aumenti salariali per i lavoratori, miglioramento degli indicatori del premio di risultato e ripresa dell’attività del gruppo di lavoro sull’inquadramento. In particolare, sul fronte salariale, l’aumento medio previsto è di circa 135 euro nel biennio e ci sarà inoltre l’erogazione di due somme una tantum dell’importo di 240 euro lorde ciascuna, a giugno 2025 e ad aprile 2026.
Si tratta di cifre che si sommano a quelle già erogate nei due anni precedenti nell’ambito dell’accordo di rinnovo siglato l’8 marzo 2023. Stellantis ha inoltre rimodulato la definizione degli indicatori del nuovo premio di risultato introdotto nel 2023, eliminando la soglia per il pagamento del free cash flow mondo, cioè il flusso di cassa generato dall’azienda dalle sue attività operative.
Sul fronte dell’inquadramento, il gruppo di lavoro già costituito formulerà una proposta per definire e premiare specifiche professionalità e competenze sulle tre aree professionali, a partire da coloro che lavorano sulle linee produttive, al fine di istituire, in occasione del prossimo rinnovo contrattuale, un elemento economico sperimentale sulla base di criteri oggettivi e misurabili. Per Stellantis l’accordo è “un ulteriore tassello per rafforzare, anche attraverso la partecipazione di tutti i propri dipendenti italiani, l’impegno a diventare un’azienda tecnologica di mobilità sostenibile”
– foto ufficio stampa Stellantis –
. (ITALPRESS).
Economia
Pil in crescita dello 0,6% nel 2025, trend positivo atteso anche nel 2026
Pubblicato
1 giorno fa-
6 Giugno 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – Il Pil italiano è atteso in crescita dello 0,6% nel 2025 e dello 0,8% nel 2026, dopo essere aumentato dello 0,7% nei due anni precedenti. L’aumento del Pil, nel biennio di previsione, verrebbe sostenuto interamente dalla domanda interna al netto delle scorte (+0,8 e +0,9 punti percentuali rispettivamente), mentre la domanda estera netta fornirebbe un contributo negativo in entrambi gli anni (-0,2 e -0,1 p.p.).
Lo rileva l’Istat spiegando che “lo scenario previsivo per la domanda estera netta sconta l’ipotesi di un’attenuazione nella seconda parte del 2025 del clima di incertezza relativo all’indirizzo della politica commerciale statunitense. Si ipotizza comunque un impatto negativo dei dazi sul commercio mondiale e sulle prospettive di crescita internazionali”.
Si prevede che i consumi privati continuino a crescere a ritmi moderati ma stabili (+0,7% in entrambi gli anni) da un lato favoriti dalla prosecuzione della crescita delle retribuzioni e dell’occupazione, dall’altro frenati da un incremento della propensione al risparmio.
La crescita degli investimenti, nel 2025 (+1,2%), in accelerazione dal +0,5% del 2024, sarebbe favorita dal buon andamento registrato nel primo trimestre per poi segnare nel 2026 una ulteriore leggera accelerazione (+1,7%) in concomitanza con la fase conclusiva del PNRR.
L’occupazione, misurata in termini di unità di lavoro (ULA), segnerebbe un aumento superiore a quello del Pil (+1,1% nel 2025 e +1,2% nel 2026), ma in decelerazione rispetto agli anni precedenti a cui si accompagnerebbe un ulteriore calo del tasso di disoccupazione (6,0% quest’anno e 5,8% nel 2026).
Dopo la risalita dei prezzi tra la fine del 2024 e i primi mesi del 2025, nel corso dell’anno ci si attende una dinamica più moderata dell’inflazione, favorita dalla discesa dei listini dei beni energetici e dall’indebolirsi delle prospettive di domanda. L’aumento del deflatore della spesa delle famiglie residenti nel 2025 sarebbe in linea con tali andamenti (+1,8%), con una nuova leggera riduzione nel 2026 (+1,6%).
– Foto IPA Agency –
(ITALPRESS)
Economia
La Bce taglia i tassi d’interesse di 25 punti base
Pubblicato
2 giorni fa-
5 Giugno 2025di
Redazione
FRANCOFORTE (GERMANIA) (ITALPRESS) – La Banca centrale europea ha deciso di tagliare di 25 punti base i tassi d’interesse. Quelli sui depositi presso la banca centrale, sulle operazioni di rifinanziamento principali e sulle operazioni di rifinanziamento marginale saranno ridotti rispettivamente al 2%, al 2,15% e al 2,40%, con effetto dall’11 giugno 2025.
“L’inflazione si attesta attualmente intorno all’obiettivo del 2% a medio termine perseguito dal Consiglio direttivo. Nello scenario di base delle nuove proiezioni degli esperti dell’Eurosistema, l’inflazione complessiva si collocherebbe in media al 2,0% nel 2025, all’1,6% nel 2026 e al 2,0% nel 2027 – spiega la Bce -. Le revisioni al ribasso rispetto alle proiezioni di marzo, di 0,3 punti percentuali per il 2025 e il 2026, riflettono principalmente le ipotesi di prezzi dell’energia inferiori e di un rafforzamento dell’euro. Gli esperti si attendono che l’inflazione al netto della componente energetica e alimentare si porti in media al 2,4% nel 2025 e all’1,9% nel 2026 e nel 2027, sostanzialmente invariata da marzo”.
Per quanto riguarda la crescita del PIL in termini reali, secondo gli esperti si collocherebbe in media allo 0,9% nel 2025, all’1,1% nel 2026 e all’1,3% nel 2027. La proiezione di crescita invariata per il 2025 riflette un andamento nel primo trimestre più vigoroso rispetto alle attese associato a prospettive più deboli per il resto dell’anno. Benchè ci si attenda che l’incertezza relativa alle politiche commerciali gravi sugli investimenti delle imprese e sulle esportazioni, soprattutto nel breve termine, l’incremento degli investimenti pubblici in difesa e infrastrutture sosterrà sempre più la crescita nel medio periodo. L’aumento dei redditi reali e un mercato del lavoro robusto consentiranno alle famiglie di spendere di più. Insieme a condizioni di finanziamento più favorevoli, ciò dovrebbe aumentare la capacità di tenuta dell’economia agli shock mondiali.
“In un contesto di elevata incertezza – sottolinea la Bce -, i nostri esperti hanno anche valutato alcuni meccanismi attraverso i quali politiche commerciali differenti potrebbero influire su crescita e inflazione in alcuni scenari alternativi formulati a scopo illustrativo. Tali scenari saranno pubblicati unitamente alle proiezioni degli esperti sul sito Internet della BCE. In questa analisi di scenario, un ulteriore acuirsi delle tensioni commerciali nei prossimi mesi determinerebbe livelli di crescita e di inflazione inferiori a quelli dello scenario di base delle proiezioni. Al contrario, se le tensioni commerciali dovessero risolversi con esito favorevole, la crescita e, in misura minore, l’inflazione sarebbero superiori rispetto allo scenario di base. Le misure dell’inflazione di fondo suggeriscono perlopiù che l’inflazione si attesterà stabilmente intorno all’obiettivo del 2% a medio termine perseguito dal Consiglio direttivo. La dinamica salariale, seppur ancora elevata, continua a mostrare un’evidente moderazione e i profitti ne stanno parzialmente assorbendo l’impatto sull’inflazione. Si sono attenuati i timori che la maggiore incertezza e la risposta volatile dei mercati alle tensioni commerciali ad aprile avrebbero avuto un effetto restrittivo sulle condizioni di finanziamento”.
Il Consiglio direttivo “è determinato ad assicurare che l’inflazione si stabilizzi durevolmente sul suo obiettivo del 2% a medio termine. Soprattutto nelle attuali condizioni caratterizzate da eccezionale incertezza, l’orientamento di politica monetaria adeguato sarà definito seguendo un approccio guidato dai dati, in base al quale le decisioni vengono adottate di volta in volta a ogni riunione. Le decisioni del Consiglio direttivo sui tassi di interesse saranno basate sulla sua valutazione delle prospettive di inflazione, considerati i nuovi dati economici e finanziari, della dinamica dell’inflazione di fondo e dell’intensità della trasmissione della politica monetaria, senza vincolarsi a un particolare percorso dei tassi”.
– Foto IPA Agency –
(ITALPRESS).


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