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Cronaca

Fisco, Piccolotti “Grandissima iniquità su tasse sul patrimonio”

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ROMA (ITALPRESS) – “Sul terreno delle politiche, è innegabile che il governo abbia voluto rendere più difficili i salvataggi”. Lo ha detto Elisabetta Piccolotti, deputata dell’Alleanza Verdi Sinistra, intervistata da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’agenzia Italpress. “Credo che sia necessario, politicamente, prendere atto del fatto che l’immigrazione è un fenomeno strutturale. Se devo dire qual è il problema della Meloni oggi, direi che ha fatto i conti con la realtà: prima ha promesso agli italiani che avrebbe fermato l’immigrazione, oggi si trova invece di fronte al fatto innegabile che non è possibile affondare le barche”, spiega. “Le persone passano perchè sono disperate, allora dobbiamo cambiare approccio. Il Mediterraneo è strutturalmente lo spazio in cui si muovono flussi migratori molto importanti, quindi ciclicamente ci troviamo di fronte a tragedie come quella di Cutro: non è la prima volta che accade. Speriamo che sia possibile fermare le tragedie ma dobbiamo anche sapere che è possibile che non sia l’ultima”, spiega.
“Abbiamo un problema nei paesi di partenza, dove gli scafisti e i trafficanti di uomini e donne sono innervati dentro le istituzioni, come la cosiddetta Guardia Costiera Libica che noi addirittura finanziamo per tenere in piedi quelli che assomigliano a dei campi di concentramento, per fare un vero massacro delle persone che vogliono partire”. Le vittime del naufragio di Cutro “sono quasi tutte afghane: è un paese che l’Occidente ha invaso e bombardato, hanno diritto di scappare dalla guerra e dai talebani e quindi non si capisce per quale motivo debbano salire su questi barconi. Ci dovrebbe essere un canale che li accoglie” e “va ripristinata un’operazione della Marina Militare italiana di salvataggio in mare, una cosa molto simile a quella che fu Mare Nostrum”, oltre a “garantire uno sviluppo economico ai Paesi da cui arrivano e partono i migranti. Per questo servirebbe tanta cooperazione internazionale e non un piano Mattei, che assomiglia più a un’operazione di controllo delle frontiere: rimuovere le cause delle partenze significa provare a dare a tutti un minimo di stabilità e noi su questo terreno internazionale purtroppo non stiamo lavorando”.
Tra i temi caldi c’è anche la riforma del fisco che oggi il Governo presenterà oggi in Consiglio dei ministri. “La boccio, soprattutto ancora non si è capito nulla: alcuni sostengono che sia una riforma a costo zero ma, se così fosse, il governo ci deve spiegare chi ci perde e chi ci guadagna”. Il rischio è che “si trasformi in un gigantesco favore alle persone che stanno già bene e non sarebbe una novità, perchè questa è stata l’impostazione del governo anche sulla finanziaria. Da questa legge delega è scomparsa la riforma del catasto, che invece è un grande tema in Italia perchè ci sono persone che hanno delle case con un altissimo valore e pagano sulle rendite catastali come quello di una casa di periferia. Siccome c’è tanta ricchezza immobilizzata negli immobili, penso dobbiamo fare una tassa sui patrimoni milionari e anche riordinare l’IMU”, spiega. “C’è una grandissima iniquità sulle tasse sul patrimonio e chi dice ‘no alla patrimonialè vuole mantenere quell’iniquità”. La crisi energetica è strettamente legata al conflitto in Ucraina. “Dobbiamo provare a dialogare con la Cina per aprire un terreno di trattativa e chiedere che questa trattativa si faccia subito: sono gli ucraini ad averne bisogno, perchè hanno decine di migliaia di morti e ci metteranno anni per riprendersi dal punto di vista economico. L’Europa ha bisogno del cessate il fuoco, ha bisogno della pace e ha bisogno di ripartire anche economicamente e quindi deve farsi mediatore tra le due parti e, per questo, non può essere cobelligerante. E’ questa la ragione per cui diciamo ‘attenzione, non continuiamo a mandare armì, mentre l’impostazione dell’Europa è ‘dobbiamo mandare armi fino alla vittorià”. Invece, “se vogliamo il bene degli ucraini dobbiamo chiedere il cessate il fuoco: questa è la priorità e lo dico anche a Elly Schlein, che so essere sensibile e che spero possa far evolvere la situazione”.
Sul tema dei diritti, Piccolotti si dice “vicina a tutti i partiti che fanno battaglie sul terreno della libertà, della garanzia, dei diritti civili e di cittadinanza di ogni soggetto. Il PD del pre-Elly Schlein era molto arretrato sui diritti sociali delle persone e anche sui diritti ambientali: molto spesso li abbiamo sentiti dire che venivano prima i bisogni delle imprese rispetto ai bisogni dei lavoratori. La vera sfida del PD è capire se hanno intenzione di premere l’acceleratore anche sui bisogni sociali delle persone”, spiega. Tra i temi da affrontare, il salario minimo “è una delle misure che dobbiamo approvare per far crescere i salari in Italia: ci sono tre proposte di legge”, sul tema, “dobbiamo fare di queste tre proposte la base di una mobilitazione, anche fuori dalle aule parlamentari. Poi serve anche altro, perchè il problema dei salari in Italia non è solo il problema di coloro che lavorano con contratti che prevedono punto cifre troppo basse: dobbiamo anche far salire in salari del ceto medio, dobbiamo intervenire per ridurre le forme di lavoro precario, dobbiamo cancellare tutti i contratti pirata con una legge sulla rappresentanza e secondo me ci vogliono anche delle forme di indicizzazione all’inflazione perchè altrimenti ci troviamo come ci stiamo trovando ora”.
Sulla possibilità di un’alleanza tra i partiti, oltre che sul salario minimo, anche su altri temi, “chiediamo che PD e 5stelle dialoghino e vadano uniti alle elezioni, volendo anche noi far parte di questa alleanza, perchè perchè la super-destra della Meloni non è maggioranza nel Paese. Abbiamo visto i dati elettorali: non hanno più del 50%, quindi organizzando un campo, con un progetto politico di riscatto, possiamo vincere le elezioni”.
– foto Italpress-
(ITALPRESS).

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Milano, inchiesta urbanistica: misure cautelari per 6 indagati, uno in carcere

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MILANO (ITALPRESS) – Nell’ambito delle complesse indagini riguardanti il settore dell’urbanistica a Milano, il G.I.P. presso il Tribunale di Milano, all’esito degli interrogatori preventivi eseguiti lo scorso 23 luglio, ha emesso un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali nei confronti di sei indagati, sottoposti uno alla misura della custodia cautelare in carcere e cinque a quella degli arresti domiciliari per i reati di corruzione, falso e induzione indebita a dare o promettere utilità. È in corso l’esecuzione del provvedimento da parte dei Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Milano.

-Foto gsl/Italpress-
(ITALPRESS).

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Cronaca

E’ morta Adriana Asti, interprete di cinema e teatro

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ROMA (ITALPRESS) – E’ morta a Roma, all’età di 94 anni, Adriana Asti, grande attrice di teatro e cinema.

Apparsa giovanissima nel cortometraggio di Dino Risi Buio in sala (1948), esordisce a teatro nel 1951. Lavora con i più grandi, da Strehler a Visconti, da Bertolucci a Ronconi.
Al cinema interpreta inoltre il ruolo della prostituta Amore in Accattone (1961) di Pier Paolo Pasolini e quello dell’affascinante zia del protagonista in Prima della rivoluzione (1964) di Bernardo Bertolucci. Successivamente recita ne Il fantasma della libertà (1974), di Luis Bunuel; Un cuore semplice (1977) e Tosca e altre due (2003), entrambi di Giorgio Ferrara, fratello di Giuliano e suo secondo marito; La meglio gioventù (2003, con cui vinse il suo terzo Nastro d’argento e il Ciak d’oro) e Quando sei nato non puoi più nasconderti (2005), entrambi di Marco Tullio Giordana; L’ultimo Pulcinella (2008) di Maurizio Scaparro.
A teatro recita in Trovarsi di Luigi Pirandello (1981), Santa Giovanna di George Bernard Shaw (1984), Giorni felici di Samuel Beckett (1985), La locandiera di Carlo Goldoni (1986) e Tre uomini per Amalia del suo psicanalista Cesare Musatti (1988).

-foto Ipa Agency –
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Cronaca

Studio Banca del Fucino su export, necessario esplorare nuovi mercati

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ROMA (ITALPRESS) – Il sistema del commercio internazionale, per come lo abbiamo conosciuto negli ultimi trent’anni, sta attraversando profondi cambiamenti. L’Italia, da sempre Paese di manifattura e di commercio, è stata capace di trarre beneficio dall’espansione dei traffici internazionali cominciata negli anni ’90. Oggi però la crescente indisponibilità statunitense a ricoprire il ruolo di “compratore di ultima istanza”, unita all’emergere di nuovi competitor sulla scena internazionale, configurano un importante cambiamento di scenario.
In questo contesto si colloca la nuova ricerca dell’Ufficio studi della Banca del Fucino, intitolata Oltre il giardino. 25 anni di export italiano extra-europeo. Lo studio, predisposto da Vladimiro Giacchè e Michele Tonoletti, fornisce una panoramica dei cambiamenti dell’export italiano tra l’inizio del nuovo millennio e oggi, tanto sul piano della geografia delle destinazioni quanto su quello della struttura merceologica.
Dalla ricerca emerge come negli ultimi 25 anni la quota di export italiano diretta verso l’Area Euro si sia ridotta di ben 6 punti percentuali – dal 45 al 39% circa del totale – sebbene il mercato europeo rimanga tutt’oggi la principale destinazione dei prodotti italiani (67,2% nel 2020-24, a fronte del 70,1% nel 2000-04).
Lo spazio perso dall’Europa è stato occupato da tre Paesi in particolare: Cina (+1,5%), Stati Uniti (+1,1%) e, in misura minore, India (+0,4%). Il peso della Cina e dell’India sul totale dell’export italiano è rimasto tuttavia molto modesto, rispettivamente al 2,9% e allo 0,8% nella media del quinquennio 2019-24.
Gli Stati Uniti, al contrario, hanno conservato e rafforzato la propria posizione di primo mercato extraeuropeo di destinazione delle esportazioni italiane, fino a pesare per più dell11% del totale esportato nel triennio 2022-24.
La ricerca di Banca del Fucino identifica in questa accresciuta dipendenza dal mercato Usa uno dei principali fattori di rischio per la tenuta futura dell’export italiano, un rischio che sembra ora concretizzarsi con l’imposizione di dazi al 15% da parte dell’attuale amministrazione degli Stati Uniti su gran parte dell’export europeo. La rischiosità è legata anche ai cambiamenti che la composizione merceologica dell’export italiano ha visto negli ultimi 25 anni. L’emergere del settore farmaceutico – una novità per il sistema produttivo italiano – è sicuramente il principale mutamento che si è registrato. La quota del farmaceutico è infatti passata dal 3,5 all’8,0% del totale esportato tra l’inizio e la fine del periodo di osservazione; un vero e proprio balzo, alle cui proporzioni si avvicina solamente la crescita registrato dal settore alimentare, passato dal 5,6 al 9,3%.
In questa evoluzione gli Stati Uniti hanno giocato un ruolo di massimo rilievo, assorbendo quote rilevanti dell’export italiano proprio in questi comparti. Se sui prodotti farmaceutici non vi è chiarezza circa l’applicazione dei dazi al 15% stabiliti negli accordi tra Usa e Ue di fine luglio, i prodotti alimentari, invece, rientrano certamente nel perimetro delle merci colpite dai dazi, ed è lecito attendersi un danno significativo per questo settore.
La ricerca evidenzia poi come, al netto di un arretramento del settore tessile – dal 15,3 al 10,9% – i comparti tradizionali del Made in Italy – moda, arredamento, alimentari e meccanica – abbiano dimostrato notevole resilienza, riscontrando spesso grande successo nei mercati extraeuropei. Ciò testimonia la perdurante forza del brand Made in Italy nel mondo, oltre alla capacità delle imprese della meccanica di mantenersi competitive nel mercato mondiale dei macchinari e dei beni strumentali per l’industria. Ad oggi quello della meccanica – con più del 16% del totale – costituisce in effetti il nostro più importante comparto di esportazione. Farmaceutico, beni di consumo e meccanica – conclude la ricerca – sono tre settori nei quali l’Italia ha dimostrato di detenere un’ottima capacità di competizione sui mercati internazionali.
In prospettiva, nuovi mercati a cui guardare per l’export italiano non mancano. La Cina e l’India, anche solo per la loro dimensione, costituiscono i due mercati di destinazione dal più alto potenziale: nel caso dell’India, il nostro export si concentra primariamente sui macchinari – già oggi più del 40% del totale esportato verso questo Paese – e su altri prodotti destinati all’industria; anche nel caso della Cina la componente dei macchinari riveste un ruolo molto rilevante – circa il 30% dell’export totale – ma anche i prodotti di consumo del Made in Italy hanno registrato performance più che positive.
Conferme dell’apprezzamento internazionale per il brand Made in Italy arrivano anche dalle economie avanzate dell’Asia, come il Giappone e le Tigri Asiatiche; nei Paesi dell’Associazione delle Nazioni del Sud Est Asiatico (Asean), invece, negli ultimi cinque anni sono stati i prodotti di elettronica a registrare tassi di crescita particolarmente elevati, in media dell’11,8% annuo per la categoria “Computer, apparecchi elettrici e ottici”, un caso piuttosto unico nella vasta e variegata geografia dell’export italiano.
La ricerca dedica alcune sezioni anche al cosiddetto “estero vicino” – il Medio Oriente e l’Africa. Le monarchie del Golfo da anni dimostrano particolare apprezzamento per i prodotti del Made in Italy, anche se i macchinari rimangono la categoria principale di export verso quest’area, con circa un quarto del totale esportato verso l’area mediorientale. L’Africa rimane invece ancora in gran parte un’incognita, specialmente per quanto riguarda la parte sub-sahariana del continente: il piano Mattei è sicuramente un ottimo passo nella direzione di un buon posizionamento presso una delle regioni più importanti per il futuro.
-foto ufficio stampa Banca del Fucino –
(ITALPRESS).

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