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Economia

Confcommercio, crescita +0,9% nel 2023 e +1,2% nel 2024

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ROMA (ITALPRESS) – Il 2023 si apre con un primo trimestre piatto e non in crescita a causa di una produzione industriale non brillante e di consumi fragili, nonostante l’ottimo andamento del turismo. E’ quanto emerge dal rapporto dell’Ufficio Studi Confcommercio con le previsioni economiche e le dinamiche occupazionali nel terziario di mercato presentato in occasione della prima giornata della ventiduesima edizione de “I protagonisti del mercato e gli scenari per gli anni 2000”,
Per Confcommercio il Pil del 2023 segna un +0,9% contro l’1% previsto dal governo e +1,2% nel 2024 contro il +1,5% previsto nel Def.
“A nostro avviso il primo trimestre di quest’anno è piatto e non in crescita a causa di una produzione industriale non brillante e di consumi fragili, nonostante l’ottimo andamento del turismo” il commento di Mariano Bella, direttore studi Confcommercio “per quanto riguarda l’inflazione anche noi la vediamo in riduzione, si capisce in assenza di shock aversi e oggi non prevedibili, ma sempre più elevata della dinamica del reddito disponibile monetario. Ciò dovrebbe comportare comunque un ritorno a tassi di crescita dei consumi piuttosto moderati, dopo la battuta d’arresto significativa dell’ultimo quarto dello scorso anno. E proprio consumi più deboli determinano uno scarto rispetto alle previsioni del Def per il 2024, a nostro avviso lievemente ottimistiche”. A prezzi costanti neppure alla fine del 2024 avremo recuperato i livelli aggregati del Pil e consumi del 2007.Sulle stime dei valori reali pro capite “aiuta” la crisi demografica, nonostante questo aspetto disastroso, mancherebbero ancora 145 euro di Pil a testa e 480 euro di consumi. Per Confcommercio questo chiarisce la dimensione del pericolo di un ritorno al passato rischio che non possiamo considerare scongiurato. Nel rapporto si legge che l’occupazione si crea nei servizi di mercato, i servizi hanno patito di più la pandemia, c’è stato un grande recupero soprattutto del turismo, sottovalutato anche dagli ‘esperti’, operazione non ancora completata come si vede anche dai consumi del 2022 ancora sotto di 20 miliardi rispetto al 2019, di cui 13 persi da alberghi, bar e ristoranti, missione compiuta nell’anno in corso ” se non succedono altri disastri”.
Escludendo collaboratori domestici, agricoltura e Pa, il terziario di mercato conta il 64,5% del totale occupazione e il 79,5% di quella indipendente, vale anche il 61,7% dell’occupazione alle dipendenza, dato dimenticato più che trascurato. Degli 1,77 milioni di nuovi occupati nella fase di recupero post-pandemico, 1,36 milioni appartengono ai servizi, cioè il 76,6%. Il lavoro indipendente non ha ancora completamente recuperato e il deficit si concentra sulle professioni e sui trasporti, questo a dimostrazione che la crisi non è stata uguale per tutti. “In 27 anni cioè dal 1995 a oggi, gli occupati sono aumentati di 1,2 milioni di unità: tutti i grandi aggregati produttivi hanno perso salvo il terziario di mercato che ha generato oltre 2,7 milioni di posti di lavoro” ha aggiunto Mariano Bella ” si chiama terziarizzazione, è fenomeno planetario e non è ancora concluso. Quindi: l’occupazione si crea nei servizi di mercato”.
Le imprese con dipendenti sono 1,5 milioni circa, di cui oltre un milione nel terziario di mercato, aggregato molto eterogeneo, per dimensioni medie di impresa: per esempio si assomigliano bar, piccolo commercio alimentari e professioni, molto diversi, e più grandi, gli alberghi. Rispetto al 2020 cresce ovunque la dimensione media delle imprese del terziario di mercato, da 8,2 a 8,8, dipendenti, con un più 7,5%. Da questi dati emerge che sotto il profilo dimensionale, bar, piccolo commercio alimentare e professioni si assomigliano, mentre gli alberghi sono ben più grandi. La grande distribuzione mediamente impiega 19,8 dipendenti. Il divario nella struttura delle tipologie di contratto per grandi aggregati è 70,2% contro 86,3% tra terziario non stagionale (che comunque comprende una quota di attività stagionali, come gli stabilimenti balneari) e industria e attività finanziarie e creditizie. Il 55,2% di tutti i contratti a tempo indeterminato sono siglati nel terziario di mercato. Tra giugno 2020 e giugno 2022 l’incremento totale del tempo indeterminato è stato pari a 685mila unità, pari al 39% dell’incremento occupazionale con qualsiasi contratto; di questi 685mila, 468mila appartengono al terziario di mercato (cioè il 69%): nei servizi la reazione alla pandemia è stata di puntare sul tempo indeterminato. I contratti stagionali si riferiscono naturalmente ad alloggio e ristorazione (il 30,6% delle forme contrattuali del macro-settore).
Mancano lavoratori soprattutto nei servizi legati al turismo e per Confcommercio le possibili spiegazioni sono: una riduzione dell’offerta dopo la pandemia ( emigrazione di figure qualificate), spostamenti su altri settori, come le costruzioni, insufficienti competenze per mancanza di formazione.
Sul ruolo del reddito di cittadinanza la suggestione è che se un soggetto non è occupabile, la misura non ne cambia l’occupabilità. Per Confcommercio l’idea che gli imprenditori vogliano pagare “poco” e perciò non trovano lavoratori non regge sotto il profilo logico, caso mai potrebbe esserci l’influsso negativo di contratti in dumping. Ma quanti lavoratori mancherebbero? Confcommercio calcola che se nel 2023 si osservasse una crescita delle presenze turistiche del 15,3% rispetto al 2009 ( oltre 500 milioni) avremmo bisogno di 280 mila nuovi lavoratori rispetto allo scorso anno solo in alloggi e ristorazione, circa il doppio se consideriamo l’indotto. Le ” denunce” degli imprenditori sulle difficoltà di reperimento di lavoratori appaiono coerenti con le stipe Unioncamere-Anpal: 40% di 580 mila, pari a 220-230 mila posti di lavoro che non si riuscirebbero a coprire nel 2023. Bella ha ricordato che “negli ultimi dodici anni sono spariti in Italia, contando anche la presenza degli stranieri, più di 600mila lavoratori potenziali della fascia 18-30 anni, diciamo i più occupabili, per esempio nelle attività stagionali; nell’ultimo quadriennio, rispetto quindi all’inizio del 2019 si osserva una perdita di 260mila potenziali lavoratori- le restrizioni all’offerta di lavoro sono strutturali e quindi facciamocene una ragione evitando, se possibile, sciocche polemiche e lavorando alle soluzioni”.
A prezzi costanti neppure alla fine del 2024 avremo recuperato i livelli aggregati del Pil e consumi del 2007. Sulle stime dei valori reali pro capite “aiuta” la crisi demografica, nonostante questo aspetto disastroso, mancherebbero ancora 145 euro di Pil a testa e 480 euro di consumi. Per Confcommercio questo chiarisce la dimensione del pericolo di un ritorno al passato rischio che non possiamo considerare scongiurato.
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(ITALPRESS).

Economia

Marketing relazionale: le aziende puntano sempre più sulla personalizzazione dell’esperienza

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Negli ultimi anni le aziende stanno puntando sempre di più sul marketing relazionale, spostando l’attenzione dalle semplici transazioni alle esperienze su misura per ogni cliente. Il cliente stesso non viene più visto come un numero, ma come un individuo con gusti e bisogni unici da soddisfare.

Questa tendenza, accelerata dalla tecnologia e dai dati, ha trasformato il modo in cui i brand comunicano e fidelizzano, con un boom di personalizzazione che nel 2025 è considerata essenziale per competere sul mercato. Secondo le previsioni per il digital marketing, l’iper-personalizzazione guidata dall’AI è tra le principali leve per distinguersi in un mercato saturo, dove i consumatori premiano chi li conosce davvero.​

In questo articolo analizziamo le origini del marketing relazionale e i successi ottenuti sinora, con una previsione di cosa potrebbe accadere in futuro.

Le origini dell’evoluzione digitale

Le origini di questa evoluzione molto rapida si possono far risalire agli ultimi cinque anni, quando big data, AI e CRM hanno permesso di analizzare comportamenti e preferenze in tempo reale, rendendo possibile offrire contenuti iper-personalizzati.

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Secondo studi recenti, il 71% dei consumatori si aspetta interazioni tailor-made, e il 76% si frustra quando non le riceve, spingendo le imprese a investire in strategie che creano legami emotivi duraturi.

Nel gaming online, altro settore in crescita e sempre allineato con i trend, questo si traduce in piattaforme che adattano giochi, notifiche e ricompense ai profili utente, aumentando il coinvolgimento: ad esempio, algoritmi che propongono slot tematici preferiti o bonus calibrati sulle abitudini di gioco, trasformando sessioni casuali in esperienze coinvolgenti e fedeli.​

Differenze con il marketing transazionale

La differenza tra marketing relazionale e marketing transazionale è netta: quest’ultimo punta a vendite rapide e one-shot, ignorando il post-acquisto, mentre il marketing relazionale coltiva relazioni a lungo termine basate su fiducia e valore reciproco.

Il settore del gioco online ad esempio ha fatto la sua fortuna nei primi tempi grazie alle strategie del marketing transazionale: basta consultare una guida di approfondimento sui free spin o su una delle tante altre offerte che vengono promosse ogni mese dalle piattaforme di gioco per rendersene conto.

Ma oggi le cose sembrano essere cambiate e ad essere al centro non sono più bonus e offerte, ma il cliente e la personalizzazione della sua esperienza di gioco online, con algoritmi che suggeriscono slot preferiti o tornei su misura, integrando gamification per un engagement continuo.​ A ciò si aggiunge anche la crescita delle community e dei siti di comparazione, che contribuiscono a creare un ambiente, anche a distanza, in cui ci si confronta e ci si consiglia.

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I risultati positivi del marketing relazionale

Il successo del marketing relazionale sta nei suoi risultati concreti: un piccolo aumento del 5% nella fidelizzazione può boostare i profitti dal 25% al 95%, come evidenziato da Bain & Company, grazie a costi inferiori rispetto all’acquisizione di nuovi clienti, che sono da 6 a 7 volte più alti. McKinsey conferma che la personalizzazione può incrementare i ricavi del 10-15%, migliorando engagement, conversioni e lifetime value del cliente, mentre riduce il churn, fornendo esperienze proattive e rilevanti.

Aziende come Amazon e Starbucks eccellono in questo comparto specifico, usando l’AI per raccomandazioni precise che fanno sentire l’utente al centro, trasformando acquisti sporadici in abitudini consolidate. Questo approccio ha anche consentito ad Amazon di essere tra i retail media più scelti dai brand. Secondo i dati, nel 2025 Amazon guadagnerà 60,6 miliardi di dollari di pubblicità, diventando una delle piattaforme che dominano il mercato degli investimenti in marketing digitale.

Sfide e benefici futuri

Il marketing relazionale, come tutte le trasformazioni, non è priva di sfide, come la scalabilità della personalizzazione e le preoccupazioni privacy, ma i benefici superano gli ostacoli: l’82% dei consumatori sceglie brand per esperienze personalizzate, e le aziende che puntano su questo crescono due volte più velocemente nei ricavi.

Con AI predittiva e contenuti dinamici, il marketing relazionale diventerà invisibile ma onnipresente, definendo il futuro delle aziende che vogliono fidelizzare davvero. Il passaggio all’utilizzo dell’AI è essenziale anche per altri settori: si sta sperimentando per esempio l’AI nella Sanità e le tecnologie predittive per limitare guasti e malfunzionamenti ai macchinari del settore industriale.

L’impiego di tali tecnologie risulterà dunque cruciale sia per la fidelizzazione dei clienti, ma anche per migliorare la qualità dei servizi e gli aspetti produttivi di molti comparti industriali.

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Economia

Il sistema integrato delle comunicazioni in Italia vale 20,4 miliardi e lo 0,95 del Pil

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ROMA (ITALPRESS) – L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha accertato il valore economico complessivo del Sistema Integrato delle Comunicazioni (Sic) per l’anno 2023, come previsto dal TUSMA (decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 208).

Il Sic è stimato in 20,4 miliardi di euro, pari allo 0,95% del PIL. Si conferma la rilevanza della pubblicità online che, con 7 miliardi di euro (34,7% del Sic) e una crescita del 12,2%, amplia ulteriormente il divario rispetto alla raccolta pubblicitaria sui mezzi tradizionali, stabile a circa 5 miliardi (24,6% del Sic). Quanto alla distribuzione delle risorse tra i diversi operatori, nel provvedimento l’Autorità ha dato evidenza di coloro che hanno conseguito ricavi almeno pari all’1% del totale.

È emerso che nessuno degli operatori nel 2023 realizza ricavi superiori alla soglia del 20%; i primi due si attestano su valori superiori al 10%; gli operatori che superano la soglia dell’8%, pur rimanendo al di sotto del 10%, sono tre, uno in più rispetto all’anno precedente. I soggetti con quote almeno pari all’1% restano dodici, gli stessi del 2022, pur con alcuni avvicendamenti nelle posizioni, e rappresentano congiuntamente il 69,3% delle risorse complessive. Rai mantiene la prima posizione, con una quota del 12,3% ( -0,7 punti percentuali rispetto al 2022) e Alphabet/Google conferma il secondo posto con l’11,8% delle risorse complessive (+0,4 punti percentuali).

Si registra così una riduzione del divario tra primo e secondo operatore. Seguono, il gruppo Fininvest e Comcast/Sky, con quote rispettivamente del 9,4% (-0,4 punti percentuali) e del 9,2% (-0,7 punti percentuali).

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Tra gli altri, si riscontra la rilevanza delle piattaforme online che vedono crescere il proprio peso sul totale delle risorse, con Meta/Facebook che occupa la quinta posizione e detiene una quota superiore all’8%, Amazon, Netflix e DAZN che si collocano al sesto, settimo e nono posto, con un’incidenza dei propri ricavi rispettivamente del 4,5%, 3,3% e 2,4%. Sotto il profilo della composizione del Sic, considerando le aree di attività economica, si evidenzia il ruolo prevalente dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, che con quasi 8,9 miliardi di euro assorbono il 44% delle risorse economiche complessive (-1,2 punti percentuali rispetto al 2022).

All’interno dell’area, i servizi in chiaro (4,8 miliardi), registrano una lieve flessione (-1,3%), per la contrazione delle risorse provenienti da fondi pubblici, mentre i servizi a pagamento (3,5 miliardi), mostrano una dinamica positiva. La crescita della componente online (+20,9%), compensa ampiamente il calo del segmento tradizionale (-5%). La radio con il 7% dei ricavi dell’area cresce del 4,5%. Seguono l’editoria elettronica e la pubblicità online, la cui incidenza sul Sic si avvicina al 36% (+2,2 punti percentuali) dovuto in particolare alla pubblicità online, che rappresenta il 97% del comparto.

L’editoria tradizionale (quotidiani, periodici e agenzie di stampa) scende al 14%: la contrazione delle entrate del 6,1% riflette la crisi strutturale del settore, che interessa tanto la vendita di copie quanto la raccolta pubblicitaria. Completano il quadro la pubblicità esterna (come, ad esempio, la cartellonistica) con 715 milioni di euro (+8,8%) e un’incidenza del 4% sul Sic, e il cinema, che raggiunge 523 milioni di euro (+37,3%), grazie soprattutto alla crescita del box office.

-Foto IPA Agency-
(ITALPRESS).

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Economia

Ad ottobre 2025 stabile il mercato dell’auto usata

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ROMA (ITALPRESS) – Dopo 4 mesi di crescita, il mercato dell’auto usata a ottobre segna una sostanziale stabilità: con 542.722 trasferimenti di proprietà (dati in attesa di consolidamento che porteranno ad una leggera variazione positiva), il mese segna un risultato in linea rispetto ai 545.450 di ottobre 2024 (-4,6% sul 2019).

I trasferimenti netti cedono l’1,5%, mentre le minivolture segnano un +0,8%. Nei primi 10 mesi la crescita è del 3,2% con 4.643.667 trasferimenti (in linea con il 2019). Fra le motorizzazioni il motore a benzina, con una quota del 39,3% (-0,1 punti percentuali) mantiene il 1° posto anche in ottobre (38,6% nei 10 mesi).

Il diesel, persa la sua storica leadership, resta in 2^ posizione e continua a ridurre il suo peso al 39,2% (-3,9 punti percentuali e al 41,6% nel cumulato). Le ibride confermano una crescita sostenuta, toccando l’11,2% in ottobre e il 10,1% in gennaio-ottobre; seguono Gpl e metano rispettivamente al 5,5% e 2,1% nel mese (5,3% e 2,1% nel cumulato); BEV e plug-in salgono all’1,3% e 1,5% in ottobre (1,1% e 1,3% nei 10 mesi).

A ottobre i trasferimenti per contraente confermano l’andamento dei mesi precedenti: gli scambi tra privati/aziende, che rimangono largamente predominanti, guadagnano 0,2 punti e rappresentano il 56,2% di tutti i passaggi di proprietà (56,4% nei 10 mesi). Parallelamente, 0,8 punti vengono persi da quelli da operatore a cliente finale, al 38,5% nel mese e 39,0% nel cumulato. Guadagnano 0,6 punti gli scambi provenienti da auto-immatricolazioni (4,4% a ottobre e 3,8% nel cumulato), mentre guadagnano 0,2 punti e risultano ancora marginali, quelli provenienti dal noleggio (1,0% complessivo nel mese e 0,9% nei 10 mesi).

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-Foto grafica Unrae-
(ITALPRESS).

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