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Economia

Nonostante aiuti regioni italiane più lontane dalle medie Ue

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ROMA (ITALPRESS) – Nei tre cicli di programmazione della politica di coesione europea (2000-2006, 2007-2013 e 2014-2020), Bruxelles ha investito complessivamente 970 miliardi di euro. Di questi, l’Italia ne ha ricevuti 125 miliardi; risorse che in questi 20 anni sono state destinate a ridurre il divario territoriale tra le regioni degli Stati membri. Risultato? Tra i principali Paesi europei, avverte l’Istat, l’Italia è l’unica che in questo arco temporale ha visto aumentare, seppur di poco, la disparità territoriale con le medie UE, indice misurato attraverso il coefficiente di variazione del Pil pro capite in parità di potere di acquisto. Per contro, Francia, Germania e Spagna hanno conseguito una leggera riduzione del divario con le regioni più sviluppate d’Europa. A segnalarlo è l’Ufficio studi della CGIA. Come possiamo spiegare quanto successo in Italia?
Bassa qualità dei progetti. Rispetto alla gran parte dei principali Paesi UE, l’Italia presenta delle criticità storiche che, purtroppo, non riusciamo a rimuovere. Ci riferiamo alla lentezza burocratica e all’inefficienza cronica, in particolare delle Amministrazioni regionali del Mezzogiorno, che, destinatarie di una buona parte di questi fondi di coesione, spesso non hanno le risorse umane e le competenze necessarie per realizzare i programmi operativi. Ma il vero handicap va ricercato nella bassa qualità dei progetti che presentiamo. Questi ultimi, una volta realizzati, producono un effetto moltiplicatore molto contenuto; insomma, non sono in grado di generare delle ricadute significativamente importanti per l’economia e la qualità della vita dei territori in cui insistono.
Le opere pubbliche durano un’eternità- Progetti di bassa qualità, ma anche tempi di realizzazione “biblici” sono due specificità che caratterizzano negativamente i nostri investimenti pubblici. Secondo la Banca d’Italia, infatti, a fronte di una spesa mediana di 300 mila euro, nel nostro Paese il tempo medio per la realizzazione di un’opera è di 4 anni e 10 mesi. La fase di progettazione dura poco più di 2 anni (pari al 40 per cento della durata complessiva), l’affidamento dei lavori dura 6 mesi e sono necessari oltre 2 anni per l’esecuzione e il collaudo. Per un investimento di cinque milioni di euro, invece, il tempo di realizzazione è di ben 11 anni. Auspicando che il nuovo codice degli appalti e le riforme che stanno interessando la nostra Pubblica Amministrazione riducano in misura significativa queste tempistiche, appare comunque evidente che non solo i fondi di coesione UE, ma anche la messa a terra del PNRR, rischiano, nel prossimo futuro, di riservarci delle brutte sorprese.
Disparità aumentate anche tra Nord e Sud. Sempre tra il 2000 e il 2021 anche le disparità tra il Nord e il Sud Italia sono aumentate. Analizzando il Pil pro-capite e fissando il dato al 2000 pari a 100, nel 2021 nel Centro l’indice è sceso a 93,8, nel Mezzogiorno si è attestato a 94,9, nel Nordest a 98,7 e nel Nordovest a 101,4. Comparando i risultati delle aree più ricche del Paese con quella più in difficoltà, registriamo che rispetto al Nordest, il Sud ha perso 3,7 punti e nei confronti del Nordovest addirittura 6,4 punti.
Dove PA più efficiente, territori più produttivi. Secondo uno studio dell’OCSE, l’inefficienza della nostra Pubblica Amministrazione ha delle ricadute negative sul livello di produttività delle imprese private. In buona sostanza, dai calcoli dell’Organizzazione ottenuti attraverso l’incrocio della banca dati Orbis del Bureau van Dijk e dei dati di Open Civitas emerge che la produttività media del lavoro delle imprese è più elevata nelle zone (Nord Italia) dove l’Amministrazione pubblica è più efficiente (sempre Nord Italia). Diversamente, dove la giustizia funziona peggio, la sanità è malconcia e le infrastrutture sono insufficienti (prevalentemente nel Sud Italia), anche le imprese private di quelle regioni perdono competitività.

– Foto Agenzia Fotogramma –

(ITALPRESS).

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Economia

Istat, a maggio l’indice di fiducia di imprese e consumatori torna ad aumentare

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ROMA (ITALPRESS) – A maggio 2025 sia il clima di fiducia dei consumatori sia l’indicatore composito del clima di fiducia delle imprese sono stimati in aumento (da 92,7 a 96,5 e da 91,6 a 93,1 rispettivamente). Lo rende noto l’Istat. Tra i consumatori, si evidenzia un complessivo miglioramento di tutte le opinioni, soprattutto quelle sulla situazione economica generale: il clima economico sale da 89,6 a 97,5, il clima personale aumenta da 93,9 a 96,1, quello corrente cresce da 95,4 a 98,6 e quello futuro passa da 89,1 a 93,7.

Con riferimento alle imprese, segnali positivi provengono da tutti i settori ad eccezione delle costruzioni. Più in dettaglio, il clima di fiducia delle imprese dei servizi di mercato sale da 91,4 a 94,5 e quello del commercio al dettaglio aumenta da 101,8 a 102,8. Nel manifatturiero l’indice aumenta passando da 85,8 a 86,5 mentre nelle costruzioni si registra un calo da 103,6 a 102,2.

Quanto alle componenti degli indici di fiducia, nella manifattura tutte le componenti migliorano mentre nelle costruzioni i giudizi sugli ordini rimangono stabili e le aspettative sull’occupazione presso l’azienda diminuiscono. Passando al comparto dei servizi di mercato, si evidenzia un miglioramento di tutte le componenti; tra i settori coperti dall’indagine si segnala una marcata crescita della fiducia tra gli imprenditori dei servizi turistici, recuperando il forte calo del mese precedente.

Nel commercio al dettaglio peggiorano solo le aspettative sulle vendite; a livello di circuito distributivo, l’indice scende nella distribuzione tradizionale mentre aumenta nella grande distribuzione.

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“A maggio 2025 l’indice di fiducia delle imprese torna ad aumentare dopo tre mesi consecutivi di calo riportandosi appena sotto il livello dello scorso marzo. Il complessivo miglioramento è dovuto principalmente al comparto dei servizi di mercato e, in misura più contenuta, a quello del commercio al dettaglio e della manifattura – commenta l’Istat -. La fiducia dei consumatori cresce nuovamente dopo il calo registrato lo scorso mese: tutte le opinioni sono improntate al miglioramento, soprattutto i giudizi e le aspettative sulla situazione economica del Paese”. 

-Foto IPA Agency-
(ITALPRESS).

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Economia

Il Sud in crescita per l’Istat “Nel 2023 Pil doppio rispetto alla media nazionale”

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ROMA (ITALPRESS) – “Nel 2023, il Pil in volume è cresciuto in Italia dello 0,7% rispetto all’anno precedente; la crescita è stata in linea con la media nazionale nel Nord-ovest (+0,7%), maggiore nel Mezzogiorno (+1,5%) e minore al Centro (+0,3%) e al Nord-est (+0,4%). Tra le regioni, la crescita più consistente si è osservata in Sicilia e in Abruzzo (+2,1% in entrambe), seguite da Liguria (+1,7%) e Valle d’Aosta (+1,4%). Il Pil è risultato sostanzialmente stabile in Emilia-Romagna, nella provincia autonoma di Trento, in Toscana e in Umbria”.

Lo ha detto Stefano Menghinello, direttore del Dipartimento per le statistiche economiche, ambientali e conti nazionali dell’Istat, nel corso di un’audizione parlamentare.

“La contrazione più ampia si è registrata in Friuli-Venezia Giulia -0,5%) el 2023, il Pil medio pro-capite nelle regioni del Nord-ovest risulta pari a 44,7 mila euro, poco meno del doppio rispetto al Mezzogiorno (23,9 mila euro) e 8,6 mila euro al di sopra della media nazionale (36,1 mila); nel Nord-est ammonta a 42,5 mila euro e nel Centro a 38,6 mila. A livello regionale, la provincia autonoma di Bolzano registra il Pil pro-capite più elevato (59,8 mila), quasi il triplo di quello minimo registrato in Calabria (21mila)”, ha aggiunto.

“Nell’ambito delle stime regionali è possibile calcolare in termini di valore pro-capite il reddito disponibile delle famiglie e la componente che sintetizza le operazioni di redistribuzione, ovvero l’effetto netto di imposte correnti e contributi sociali (a carico delle famiglie), prestazioni sociali ricevute e altri trasferimenti netti – ha detto ancora Menghinello -. Nel 2023, a livello nazionale, il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è stato pari a 22,4 mila euro per abitante. Nelle regioni del Nord-ovest ha raggiunto i 26,3 mila euro, nel Mezzogiorno i 17,1 mila. Le regioni con i maggiori differenziali positivi rispetto alla media nazionale sono la provincia autonoma di Bolzano (+9mila euro) e la Lombardia (+4,9 mila euro). Le regioni del Mezzogiorno presentano livelli di reddito disponibile più contenuti: il differenziale rispetto alla media nazionale è ridotto in Abruzzo (-2,6 mila euro) e più marcato in Campania (-5,9 mila euro) e in Calabria (-6,2 mila euro)”.

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– Foto IPA Agency –

(ITALPRESS)

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Economia

Dazi all’Europa, i “tira e molla” di Trump confondono gli italiani

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ROMA (ITALPRESS) – Nei giorni scorsi, il Presidente americano Donald Trump ha annunciato l’applicazione di dazi del 50% sui prodotti europei a partire dal 1° giugno. Dopo un colloquio telefonico con la Presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, Trump ha deciso di congelare l’applicazione di queste tariffe e di posticipare la loro introduzione al 9 luglio.

Questo tira e molla e i continui proclami con conseguenti ritrattazioni da parte del Presidente USA confondono la popolazione e, ad oggi, i cittadini italiani non riescono ad avere un’idea chiara sull’effettiva applicazione di dazi per l’UE. Infatti, il campione si divide tra chi pensa che al 9 luglio Trump manterrà la promessa (33,7%) e chi, invece, crede ci sarà un nuovo rinvio (37,2%). Il piano economico del Presidente USA, quindi, risulta confuso per i cittadini italiani: se da un lato il 44,9% ritiene che Trump abbia una strategia economica chiara e precisa, dall’altro c’è un 41,9% che giudica le sue scelte improvvisate e senza un disegno specifico.

Quello che è sicuro, però, secondo l’opinione della maggioranza assoluta degli italiani, è che l’economia e le istituzioni europee, al momento, non sarebbero in grado di contrastare gli eventuali dazi applicati dal Presidente Trump.

Dati Only Numbers per Porta a Porta – Realizzato il 26/05/2025 con metodologia CATI/CAWI su un campione di 1.000 casi rappresentativi della popolazione italiana maggiorenne

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– foto screenshot Euroweek –

(ITALPRESS).

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