Economia
Nel 2024 export a 623,5 miliardi, ma i dazi aumentano l’incertezza
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3 settimane fa-
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Redazione
ROMA (ITALPRESS) – Le esportazioni italiane di merci si sono “lievemente ridotte nel 2024 a 623,5 miliardi di euro (-0,4%)”, soprattutto a causa della “netta caduta delle vendite verso la Germania (-5%)”. Le vendite all’estero sono cresciute però del +30% rispetto al 2019 (480 miliardi di euro). È quanto emerge dal Rapporto ICE 2024/25 presentato oggi a Roma dal presidente dell’Agenzia Matteo Zoppas, che ha illustra il quadro economico mondiale e i principali dati sulla presenza e sulla performance delle imprese italiane nei mercati internazionali, insieme al presidente dell’Istat, Francesco Maria Chelli, che ha introdotto l’Annuario Statistico ISTAT-ICE 2025.
Le flessioni registrate nei mezzi di trasporto, nel sistema-moda, nei mobili, nei beni intermedi (soprattutto i derivati del petrolio) “sono state compensate dagli aumenti di prodotti alimentari, chimico-farmaceutici, ICT e dal balzo della gioielleria (+39%), dovuto principalmente alla forte domanda del mercato turco”. Per quanto riguarda le esportazioni di manufatti, la lieve flessione registrata complessivamente nel 2024 “è il risultato di dinamiche molto diversificate nei singoli mercati e settori. Il contributo negativo principale è venuto dalla Germania, la cui crisi economica si è tradotta in un calo del 5% delle vendite di manufatti italiani, soprattutto negli autoveicoli, nella metallurgia e nella meccanica”.
Contributi positivi “rilevanti”, spiega l’ICE, derivano dalle esportazioni verso l’Arabia Saudita, “cresciute di oltre il 29% grazie principalmente all’industria meccanica, e verso gli Emirati Arabi Uniti (+20,4%) per gli incrementi nella meccanica, nell’abbigliamento e nei prodotti in pelle”. La crescita delle vendite in Spagna (+4,6%) “ha beneficiato soprattutto degli aumenti registrati nei prodotti ICT e nella farmaceutica”. In Italia, le grandi imprese hanno realizzato poco più del 50% dell’export del 2024, quelle di medie dimensioni il 29,9% e le piccole e microimprese circa un quinto. Si conferma la rilevanza delle imprese multinazionali: quelle a controllo italiano spiegano il 40,4% dell’export registrato nel 2024, quelle a controllo estero il 33,8%.
La lieve flessione registrata dalle esportazioni italiane è “il risultato di una contrazione nel Mezzogiorno (-5,4%), nel Nord-Ovest (-2%) e nel Nord-Est (-1,5%). Nel Centro si è invece manifestata una ripresa, con una crescita del +4%”, evidenzia l’ICE. Lo scorso anno l’Agenzia ha aperto 5 nuovi uffici e 6 nuovi punti di corrispondenza e realizzato 914 iniziative promozionali in 109 mercati diversi e, dal 2018 al 2024, “il numero di utenti che hanno richiesto servizi all’ICE è aumentato più del 50%, passando da 16mila a più di 25mila”.
Inoltre, nel periodo 2019-2024 l’Agenzia ICE ha seguito circa 2.370 operazioni di IDE (Investimenti Diretti Esteri), prestando i suoi servizi di assistenza in 473 casi, “con una percentuale di successo del 36%”. La valutazione sull’impatto dei servizi ICE, condotta in collaborazione con l’Istat, ha evidenziato anche per il periodo 2023-24 un risultato “largamente positivo per i beneficiari di servizi ICE”: le imprese che hanno fruito del dei servizi promozionali e di assistenza personalizzata di ICE hanno incrementato le loro vendite estere del +8,4%, registrando una crescita superiore di 10 punti percentuali rispetto a quella del campione di imprese non-clienti, mentre quelle che hanno usufruito dei servizi di assistenza gratuiti hanno visto un incremento del 4,1% (+7,8 punti percentuali rispetto ad imprese simili ma non-clienti dell’Agenzia ICE). T
utto questo, spiega l’ICE, “in uno scenario globale che è cambiato rapidamente quando la nuova amministrazione statunitense ha introdotto dazi e ne ha annunciati altri, generando incertezze sui mercati e tensioni internazionali con possibili ripercussioni sulle filiere produttive ed effetti negativi sulle prospettive dell’economia globale”. La rapida escalation delle restrizioni commerciali, le guerre in corso e il grande aumento dell’incertezza “hanno determinato una revisione al ribasso di tutte le previsioni economiche”.
Tra le possibili modalità di gestione dell’attuale fase di crescente instabilità, l’ICE evidenzia “l’opportunità che l’Unione Europea e gli altri attori rilevanti del sistema economico internazionale perseguano soluzioni cooperative, evitando dinamiche di escalation commerciale”. Un esempio, secondo l’Agenzia, è l’accordo di partenariato tra l’UE e i quattro paesi fondatori del Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay), concluso nel mese di dicembre 2024, che prevede “la riduzione delle barriere commerciali reciproche – ancora relativamente elevate, soprattutto per i manufatti (da parte del Mercosur) e per i prodotti agricoli (da entrambe le parti) e l’adozione di standard condivisi per la sostenibilità ambientale e sociale delle attività produttive”.
Il processo politico che dovrebbe portare all’entrata in vigore dell’accordo “si presenta però ancora irto di ostacoli”. Nel 2024 e nell’anno in corso sono inoltre proseguiti negoziati ambiziosi con altri partner dell’Africa, dell’America latina, dell’Asia centrale, del Golfo Persico e dell’Indo-Pacifico.
Considerando l’attuale annuncio di Trump di dazi al 30%, la stima per l’Italia “è di un costo aggiuntivo di 19 miliardi per le esportazioni verso gli Usa” .Lo ha detto il presidente dell’Agenzia ICE Matteo Zoppas, alla presentazione del Rapporto ICE 2024-2025 e dell’Annuario Istat- ICE a Roma. “Le regioni più colpite, per macchinari e farmaceutico sarebbero la Toscana e l’Abruzzo”, ha aggiunto.
“Per l’export si conferma il -0,4% del 2024 su 2023. Vediamo che ad oggi gli Stati Uniti non hanno ancora un numero negativo in modo importante, per cui siamo tutti in attesa dell’effetto di queste trattative che ci sono in corso. Speriamo” che si concludano “presto perché uno dei elementi più impattanti non è tanto, ad oggi, il dazio di per sé, che non sappiamo quando e quanto sarà, ma l’incertezza sul dazio che tiene ferme alcune situazioni anche dell’export – ha proseguito Zoppas – Vediamo che c’è una Cina che è calata del 20% e ancora stenta a ripartire: la Cina è un problema strutturale perché tra le varie problematiche c’è il fatto che sta cominciando a sostituire i prodotti che prima comprava dall’Italia con prodotti costruiti all’interno“.
Questo non riguarda solo le commodity, “ma sta diventando sempre di più una capacità di produrre” altri prodotti “per cui dobbiamo continuare a rinnovarci e a correre più veloci di loro se non vogliamo che ci raggiunga”, spiega. “C’è la Germania che cala in modo strutturale per la questione dell’automotive, c’è la moda che ha espresso anche nel 2024 già le prime problematiche. Ci sono luci e ombre che vanno tenute d’occhio”, ha concluso.
-Foto ufficio stampa Ice-
(ITALPRESS).
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Economia
Spese obbligate in aumento, superano il 42,2% dei consumi
Pubblicato
11 ore fa-
6 Agosto 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – Nel 2025 le spese obbligate – ovvero quelle legate a beni e servizi di cui le famiglie non possono fare a meno, come casa, energia, bollette, sanità, trasporti e assicurazioni – continuano a erodere quote crescenti dei bilanci familiari, arrivando a rappresentare il 42,2% della spesa totale, con un aumento di 5,2 punti rispetto al 1995.
E’ quanto emerge dai dati dell’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio, secondo cui si tratta di una dinamica, ormai strutturale, che riduce sempre di più l’area delle scelte libere di consumo, limitando il potenziale di crescita dell’economia legata alla domanda interna.
In trent’anni la quota di consumo destinata ai beni e ai servizi commercializzabili è passata dal 37% al 42,2%. La parallela compressione della quota destinata al consumo di beni e servizi commercializzabili (nel 2025 si stima un’incidenza complessiva del 57,8%), vale a dire quelli il cui acquisto è legato a scelte e preferenze personali e familiari, sottende a sua volta dinamiche articolate.
La spesa per i servizi commercializzabili, che aveva registrato un deciso arretramento nel 2020, è tornata, nei periodi più recenti, ad aumentare in misura più significativa rispetto agli altri consumi ed è stimata attestarsi nel 2025 al 20,8%. Quota che risulta ancora inferiore al 21,3% raggiunto nel 2019. Per contro i beni commercializzabili dovrebbero vedere nell’anno in corso un’ulteriore riduzione dell’incidenza attestandosi al 36,9%.
Vanno anche considerati gli importanti mutamenti demografici intervenuti nell’arco temporale oggetto d’osservazione. Oltre all’invecchiamento della popolazione, che ne ha mutato le esigenze e le preferenze in materia di consumi, a partire dal 2015 il numero di residenti in Italia ha mostrato una progressiva riduzione (nella media del 2025 il calo rispetto al picco del 2014 dovrebbe approssimarsi a 1,4 milioni) fornendo un inevitabile contributo negativo allo sviluppo della domanda. I risultati segnalano come gran parte dei cambiamenti, in termini di spostamento dei volumi tra obbligati e commercializzabili si sia rilevato tra il 1995 ed il 2007.
Elemento che fa emergere il ruolo dei prezzi nel determinare gli andamenti a valore. Altro fattore che spicca è il sostanziale immobilismo dei volumi acquistati per abitante, con una spesa, ai prezzi del 2025, che nell’anno in corso sarà ancora inferiore di circa 200 euro a quella del 2007 nonostante gli apprezzabili miglioramenti degli ultimi anni.
Analizzando più nel dettaglio le voci, si conferma il ruolo preponderante delle spese per l’abitazione, i cui volumi per abitante sono in continua crescita ed ammontano, ai prezzi attuali, a poco meno di 5mila e duecento euro l’anno (in aumento nel solo 2025 di 109 euro). Dinamiche più recenti evidenziano come per i beni commmercializzabili il miglioramento degli ultimi anni, guidato in buona parte dalle apparecchiature informatiche e per le comunicazioni, si vada esaurendo, con una stima per il 2025 di riduzione dei volumi acquistati di 57 euro per abitante. In questo contesto le maggiori difficoltà si confermano quelle relative ai beni più tradizionali come l’alimentare.
Per l’anno in corso i miglioramenti più significativi, in termini di volumi, sono attesi per i servizi commercializzabili per i quali si stima una crescita delle quantità acquistate di 134 euro per residente. Dato che permetterebbe di tornare, e superare di poco, i livelli del 2019. Le dinamiche di lungo periodo, e non solo, fanno emergere ancora una volta come i prezzi dei consumi a cui le famiglie non possono rinunciare, si siano mossi ad una velocità nettamente superiore rispetto ai beni e servizi commercializzabili. Tra il 1995 e il 2025 l’incremento complessivo è stato del 132,1 a fronte di una crescita del 55,2% dei beni commercializzabili e dell’81,4% dei servizi il cui acquisto è da considerarsi una libera scelta delle famiglie. Tra le spese obbligate continua a spiccare il ruolo degli energetici che, nonostante l’attesa di una riduzione dei prezzi nel 2025, hanno visto il deflatore aumentare del 178,3% nel periodo.
– Foto IPA Agency –
(ITALPRESS)
Economia
Il decreto Economia è legge dopo il via libera dalla Camera
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13 ore fa-
6 Agosto 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – Con 160 voti a favore, 99 contrari e 3 astenuti, l’Aula della Camera ha approvato il ddl di conversione del decreto Economia. Il provvedimento reca disposizioni urgenti per il finanziamento di attività economiche e imprese, nonché interventi di carattere sociale e in materia di infrastrutture, trasporti ed enti territoriali. Il ddl è stato approvato da Montecitorio senza modifiche rispetto al testo dal Senato e diventa quindi legge.
– Foto IPA Agency –
(ITALPRESS)
Economia
Produzione industriale in aumento dello 0,2% a giugno, calo dello 0,9% sull’anno
Pubblicato
15 ore fa-
6 Agosto 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – A giugno l’Istat stima che l’indice destagionalizzato della produzione industriale aumenti dello 0,2% rispetto a maggio. Nella media del secondo trimestre si registra un aumento del livello della produzione dello 0,1% rispetto ai tre mesi precedenti. L’indice destagionalizzato mostra un calo congiunturale solo per i beni di consumo (-0,9%); viceversa si osservano aumenti, sebbene assai contenuti, per i beni intermedi (+0,2%) e per l’energia e i beni strumentali (+0,1% per entrambi i settori).
Al netto degli effetti di calendario, a giugno l’indice generale diminuisce in termini tendenziali dello 0,9% (i giorni lavorativi di calendario sono stati 20 come a giugno 2024). Si registrano incrementi tendenziali solo per l’energia (+7,3%); calano, invece, i beni strumentali (-1,4%), i beni intermedi (-2,1%) e i beni di consumo (-3,0%).
I settori di attività economica che registrano gli incrementi tendenziali maggiori sono la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+15,7%), l’attività estrattiva (+6,2%) e la fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (+4,7%). Le flessioni più rilevanti si riscontrano, invece, nelle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-8,0%), nella produzione di prodotti chimici (-3,2%) e nella fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche e nella metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (-3,0% per entrambi i settori).
– Foto IPA Agency –
(ITALPRESS)


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