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Economia

Acqua, gli investimenti salgono ma è forte il divario Nord-Sud

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ROMA (ITALPRESS) – Gli investimenti realizzati in Italia nel settore idrico raggiungono i 56 euro annui per abitante, in crescita del 17% dal 2019 e del 70% dal 2012, un trend che si riflette sul miglioramento della qualità del servizio seppur con marcate differenze tra Nord e Sud. Tra queste, permane un profondo divario in termini di capacità di investimento tra le gestioni industriali e quelle comunali “in economia”, diffuse soprattutto al Meridione. Un gap che va necessariamente colmato anche alla luce delle recenti fasi siccitose, fenomeno che potrebbe essere più frequente in un futuro dominato dagli effetti climatici del riscaldamento globale. È questo il quadro che emerge dal nuovo Blue Book – la monografia completa dei dati del Servizio idrico integrato – promosso da Utilitalia e realizzato dalla Fondazione Utilitatis con la partnership di The European House – Ambrosetti e in collaborazione con Istat, Ispra, Cassa Depositi e Prestiti, il Dipartimento della Protezione Civile e le Autorità di Bacino.
Con l’avvio della regolazione ARERA nel 2012, dopo anni di instabilità gli investimenti realizzati hanno registrato un incremento costante: per il 2021 si stima un valore pro capite di 56 euro, un dato in aumento del 17% rispetto al 2019 (49 euro per abitante) e di circa il 70% rispetto al 2012 (33 euro per abitante).
Numeri in crescita ma ancora lontani dalla media europea relativa ai dati degli ultimi cinque anni disponibili, che è pari a 82 euro per abitante. L’analisi della destinazione degli investimenti realizzati dai gestori evidenzia come obiettivo prioritario il contenimento dei livelli di perdite idriche (22%); seguono, tra i principali interventi, il miglioramento della qualità dell’acqua depurata (18% del totale) e gli investimenti nelle condotte fognarie (14%).
Restano comunque ancora grandi differenze tra le diverse aree del Paese. La stima degli investimenti realizzati dai gestori industriali nel 2021 per il Centro Italia è pari a 75 euro l’anno per abitante, seguito dal Nord-Est (56 euro) e dal Nord-Ovest (53 euro). Decisamente più bassa la stima per il Sud, pari a 32 euro l’anno per abitante. Ancora bassissimi i dati relativi alle gestioni “in economia”, dove gli enti locali si occupano direttamente del servizio idrico: qui gli investimenti medi annui si attestano a 8 euro. Dei 1.519 Comuni in cui la gestione di almeno uno dei servizi è “in economia”, il 79% si trova al Sud per una popolazione interessata pari a circa 7,7 milioni di persone.
L’efficacia del generale incremento degli investimenti osservato negli ultimi anni sembra essere confermata dagli indicatori della qualità del servizio idrico, come dimostrano i dati sulle perdite di rete (da circa il 44% del 2016 al 41% del 2021) o sulla frequenza degli sversamenti/allagamenti in fognatura (dai 12 eventi l’anno ogni 100 km di rete del 2016 ai 5 del 2021). Tuttavia, si osservano differenti performance tra Nord e Sud, a riprova del divario territoriale: un esempio è il numero di interruzioni del servizio, che nel Meridione è di due ordini di grandezza superiore rispetto al Settentrione, o le perdite di rete, che nelle regioni del Sud si attestano a circa 47% contro il 31% del Nord-Ovest.
“Risolvere le problematiche che affliggono il servizio idrico in diverse aree del Sud – evidenzia Stefano Pareglio, presidente della Fondazione Utilitatis – è una questione non più procrastinabile. Bisogna lavorare per elevare il livello degli investimenti e per ridurre il gap infrastrutturale, agendo rapidamente sulla governance favorendo la partecipazione di operatori industriali. Come dimostrano le positive esperienze del Centro-Nord, e in alcuni casi anche del Meridione, solo in questo modo è possibile ottenere un incremento degli investimenti e della qualità dei servizi offerti ai cittadini. Laddove la gestione è ancora affidata direttamente ai comuni, si registra infatti un livello di investimenti talmente basso da non consentire programmi di sviluppo delle reti, né un’adeguata manutenzione”.
Per superare il divario territoriale e migliorare il grado di resilienza delle infrastrutture alla luce degli effetti dei cambiamenti climatici in corso sono necessari ulteriori investimenti. Il 2022 è stato l’anno più caldo e meno piovoso della storia italiana, con temperature che hanno raggiunto i +2,7 °C rispetto alla media 1981-2010 e anomalie pluviometriche significative soprattutto nelle regioni centro-settentrionali. Queste variazioni si inseriscono nel contesto degli effetti dei cambiamenti climatici in corso: negli ultimi 70 anni, in Italia, si è osservato un aumento statisticamente significativo delle zone colpite da siccità estrema e, negli ultimi 9 anni, la temperatura nelle principali città italiane è aumentata di 1,3°C. Variazioni meteo-climatiche che hanno un’influenza significativa sul ciclo idrologico: la stima di disponibilità idrica media per l’ultimo trentennio mostra una riduzione del 20% rispetto al periodo 1921-1950.
In ogni caso le cause delle crisi idriche non sono legate esclusivamente al clima che cambia, ma sono da addurre anche a fattori di vulnerabilità che connotano il settore idrico italiano. Durante la crisi 2022-2023, le azioni messe in campo dalla Protezione Civile, dalle Autorità di Bacino, dai loro Osservatori, dai gestori del servizio e dagli altri attori interessati hanno permesso di limitare i disagi per la popolazione.
“Per il futuro – sottolinea Utilitalia -, al fine di fronteggiare al meglio eventi simili, occorre adottare una strategia operativa che combini misure di breve termine (ad esempio utilizzo autobotti, serbatoi e nuove fonti di approvvigionamento) orientate prevalentemente alla minimizzazione degli impatti, con interventi di medio-lungo termine (es. interventi infrastrutturali), finalizzati a migliorare la resilienza dei sistemi di approvvigionamento idrico”. Da quest’ultimo punto di vista, Utilitalia ha stimato che per fronteggiare gli effetti della crisi climatica, i gestori nei prossimi anni investiranno almeno 10 miliardi di euro aggiuntivi rispetto agli interventi finanziati dal PNRR – la metà dei quali entro il 2024 – per un volume complessivo di acqua recuperata stimato in circa 620 milioni di metri cubi.
Come emerge dal Libro Bianco 2023 “Valore Acqua per l’Italia” contenuto in parte nel Blue Book 2023, per mitigare i problemi di sicurezza dell’approvvigionamento, “l’esperienza della crisi idrica ha ribadito la necessità di adottare un approccio preventivo nella gestione dell’acqua, dove le cosiddette “5 R” – Raccolta, Ripristino, Riuso, Recupero e Riduzione – costituiscono le azioni necessarie per garantire la circolarità della risorsa e la sicurezza dell’approvvigionamento – spiega Utilitalia -. Inoltre le azioni da mettere in campo per fronteggiare questi episodi devono prevedere necessariamente una combinazione di fattori che riguardano non solo un utilizzo efficiente, ma anche la realizzazione di infrastrutture moderne che consentano la diversificazione della strategia di approvvigionamento e, non ultimo, il superamento delle criticità gestionali e di governance che oggi frenano lo sviluppo del settore e riducono la qualità del servizio in alcune zone del Paese. Da questo punto di vista è importante promuovere interventi in innovazione e digitalizzazione anche facendo ricorso a strumenti di veloce sviluppo come il venture capital”.
Utilitalia ha lanciato “otto proposte concrete per favorire l’adattamento infrastrutturale delle reti idriche al cambiamento climatico”. Tra quelle di breve periodo (entro 3 mesi) figurano: favorire il riuso efficiente, contrastare il cuneo salino, diversificare la strategia di approvvigionamento e sostenere la presenza di gestioni industriali; tra quelle di medio periodo (entro 6 mesi) il rafforzamento della governance dei distretti idrografici e la semplificazione per la realizzazione degli investimenti, mentre tra quelle di lungo periodo (oltre 6 mesi) la promozione dell’uso efficiente dell’acqua e la realizzazione di opere infrastrutturali strategiche. “Gli effetti dei cambiamenti climatici sulla disponibilità della risorsa idrica – conclude il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini – sono sempre più evidenti e danno luogo ad eventi che non si possono più considerare eccezionali. Bisogna affrontarli con interventi che favoriscano la resilienza delle reti e dei sistemi acquedottistici all’interno di un approccio globale che consideri tutti i diversi utilizzi dell’acqua nel nostro Paese, garantendo la priorità all’uso civile. Al contempo, dai dati del Blue Book emerge chiaramente la necessità di interventi urgenti sul fronte della governance, in mancanza dei quali sarà impossibile portare il livello degli investimenti vicino alla media europea e colmare il water service divide tra le diverse aree italiane”.

– foto Agenziafotogramma.it –

(ITALPRESS).

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Economia

Sharing Mobility, cresce la domanda ma cala la disponibilità di servizi

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ROMA (ITALPRESS) – La sharing mobility si è radicata nelle abitudini di mobilità degli italiani, questo il presupposto della 9ª Conferenza Nazionale della Sharing Mobility, organizzata in Campidoglio all’interno della Sala della Protomoteca. Un appuntamento che da 10 anni tiene sotto osservazione tutto ciò ruota intorno alla mobilità condivisa che oggi è a disposizione di 13 milioni di italiani, in calo però del 7% rispetto al 2022. L’evento, introdotto e moderato dal Coordinatore Osservatorio Nazionale sulla sharing mobility, Raimondo Corsini e dalla Presidente e AD Roma Servizi per la Mobilità, Anna Donati, è iniziato con un video messaggio del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, seguito a livello istituzionale dagli interventi dell’Assessore alla Mobilità di Roma Capitale, Eugenio Patanè, e del Sindaco di Roma Capitale, Roberto Gualtieri. “La Sharing Mobility, è certamente una delle leve per la costruzione di un nuovo modello di mobilità, per ridisegnare una città più sostenibile, una modalità di movimento ormai divenuta componente stabile della vita quotidiana, un fenomeno che riguarda in profondità il tessuto socio economico del Paese, da dove parte la domanda di nuova mobilità”, queste le parole del ministro Pichetto Fratin.

“Un ruolo importante”, ha continuato il ministro, “in tale contesto è affidato all’Osservatorio Nazionale sulla Sharing Mobility che coinvolge Ministeri, Enti Locali, associazioni, operatori economici con l’obiettivo comune di raccogliere idee per nuovi progetti concreti, servendoci di un ricco ventaglio di opzioni che abbiamo a disposizione, una mobilità condivisa da connettere sempre di più all’intermodalità e all’integrazione con il trasporto pubblico”.

“L’Osservatorio raccoglie i dati dei servizi di sharing in tutte le città italiane da dieci anni”, ha spiegato il coordinatore Orsini. “Questi dati ci dicono che la sharing ormai è un’abitudine consolidata ed è qui per restare, ma è giunto il momento di cambiare passo. Bisogna pensare a misure di sostegno accompagnate da una semplificazione normativa per una maggiore integrazione tra tutte le forme di mobilità condivisa e il Tpl”.

“Per noi la sharing mobility è una componente strategica di una trasformazione della città che vede nel cambiamento della mobilità uno dei pilastri”, ha detto Gualtieri. “Anche le politiche delle mobilità non possono essere affrontate in modo profondo e radicale se non sono dentro ad un cambiamento delle altre politiche: ambientali, urbanistiche, dell’articolazione della città, della distribuzione dei servizi, dell’organizzazione dei tempi, persino nel modo in cui materialmente si fanno e si cambiano strade e piazze. C’è una organicità tra queste dimensioni dentro la nostra ambizione di trasformare Roma”.

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Il Sindaco ha continuato sulla Sharing Mobility: “Tra ferro, gomma e sharing nella concezione da primo e ultimo miglio è impossibile avere la capillarità che renda credibile la sostituzione del trasporto pubblico con quello privato. A Roma questa integrazione è indispensabile e penso che debba essere accompagnata da scelte a livello nazionale. Crediamo molto nella sharing e siamo contenti che gli incentivi che abbiamo introdotto stiano funzionando. I numeri si vedono“, dunque ha concluso, “pensiamo che questi debbano crescere”.

Cresce la domanda con oltre 50 milioni di noleggi nel 2024 e 60 milioni stimati per il 2025, uno per ogni italiano e la flotta è per il 95% a zero emissioni. Prosegue invece il calo dell’offerta con meno veicoli, servizi e operatori. Nel 2024, rispetto al 2022, i veicoli in sharing sono 96.000 (-15%), il numero complessivo dei servizi è di 170 (-26%); gli operatori sono scesi tra il 2022-25 a 35 (-24%). L’offerta si concentra sempre di più nelle grandi città, mercati più redditizi e favorevoli: Roma e Milano, con 13,2 e 12,6 milioni noleggi, generano insieme oltre il 50% del totale nazionale. Ben 16 capoluoghi di provincia, soprattutto medio piccoli, come Catanzaro, Reggio Calabria, Pesaro e Prato, hanno perso invece servizi di sharing. Tendenze queste che indicano la necessità di una nuova rotta: integrazione col trasporto pubblico, incentivi economici alla domanda e supporto all’offerta. Senza nuovi modelli di regolazione e sostegno della mobilità condivisa aumenterà infatti inesorabilmente l’uso dell’auto privata che nel 2024 ha superato 40 milioni di veicoli, 701 ogni mille abitanti. Numeri e tendenze della sharing mobility nazionale sono contenuti nel 9° Rapporto nazionale sulla sharing mobility, presentato da Luca Refrigeri, dell’Osservatorio Nazionale sharing mobility, in occasione della Conferenza stessa e promosso dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile.

L’Osservatorio ha elaborato, per la prima volta, lo Sharing Mobility Index che, per valutare le performance di sharing mobility nelle città italiane, tiene conto di quattro indicatori: varietà dei servizi disponibili (car, bike, scooter, monopattini); numero di veicoli per abitante; numero di noleggi per abitante; tasso di rotazione giornaliero dei veicoli. Dai dati elaborati emerge che le uniche città che offrono contemporaneamente tutti e quattro i servizi di sharing sono: Milano, Roma, Firenze, Bergamo e Torino. Roma è la prima città per numero di noleggi totali (13,2 milioni nel 2024); Bologna e Firenze sono le città cresciute maggiormente nel 2024 rispetto al 2023; Bologna è la città con più noleggi per abitante, dato significativo, trattandosi di una città in cui non sono presenti i monopattini; Milano è la città con più veicoli a disposizione per abitante; Brescia presenta il migliore tasso di rotazione dei veicoli. Il carsharing è stato il primo servizio di sharing mobility presente in Italia. Oggi il comparto è quello più in difficoltà: in calo città servite e noleggi, complice anche la micromobilità in aumento per gli spostamenti brevi in città ed eccessivi oneri per gli operatori.

Nel 2025 è in corso una corposa riduzione del numero dei veicoli in servizio di Enjoy, un operatore storico di car sharing. I servizi nel 2024 sono 42, -1 rispetto al 2023. Nel 2024 le flotte di auto sono aumentate del 9%, ma i primi mesi del 2025 vedono un drastico calo del 17%. Sempre più ecologica la flotta con 3.000 i veicoli elettrici nel 2024, più 18% rispetto al 2023. Sul totale della flotta le auto ibride arrivano nel 2024 al 38%, superando l’elettrico (34,8%). Milano (3.293) e Roma (2.158) dispongono del maggior numero di auto free floating; Torino (250), Roma (200), Palermo (109) per la flotta station based. In termini di chilometri percorsi, il carsharing conferma nel 2024 una quota pari al 45%, quasi equivalente a quella complessiva della micromobilità.

Continua anche nel 2024 la crescita dei noleggi del bikesharing free-floating toccando il picco di 12,2 milioni, valore di oltre il 162% superiore a quanto registrato nel 2021 e del 26% più alto del 2022. Complessivamente il bikesharing rappresenta il 32% del totale dei noleggi. I km percorsi sono stati circa 25 milioni. Più a prova di ambiente la flotta: Il numero di bici elettriche è aumentata del 18% rispetto al 2023 con oltre 4500 veicoli in più. La prima città per biciclette elettriche è Milano (più di 10mila veicoli), seguita da Roma (circa 7mila) e Bologna (2,7mila).

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Se nel biennio 2020-2022 i monopattini in sharing hanno rappresentato il motore del vehicle sharing, dal 2023 in poi i noleggisi sono stabilizzati appena sotto i 25 milioni. Le stime per il 2025, tuttavia, indicano una possibile ripresa (+27%). I servizi di monopattini hanno registrato un calo rilevante: dai 99 attivi nel 2022 si è passati a 68 nel 2024 e a 62 nei primi mesi del 2025, un fenomeno da attribuirsi ad un riposizionamento degli operatori in più città o all’uscita dal mercato di alcuni player. Diminuisce anche il numero di città capoluogo di provincia in cui è presente un servizio di monopattino in sharing: tra il 2022 e il 2024 ci sono 15 città in meno. La flotta (circa 42.000 veicoli) , cresciuta nel 2024 di 2 mila unità, si prevede in calo del 6% nel 2025. Le città con più monopattini in sharing sono Roma (13.500), Milano (6000) Torino (4.000) Palermo (2.280).

Nel 2024 l’offerta di servizi di scooter sharing, dopo essersi dimezzata tra 2022 e 2024, cresce di tre unità rispetto al 2023 e resta stabile anche a inizio 2025. La domanda mostra segnali di contrazione: dopo il picco del 2023, i noleggi si riducono del 23% nel 2024. La flessione è imputabile in larga parte a Milano, dove la chiusura di un operatore ha fatto perdere circa 1 milione di noleggi. Le città servite sono 9, nel 2024 le flotte più fornite a Milano con 1836 scooter, ma oltre 1000 in meno rispetto al 2023, Roma (1556), Torino (349), Bari (150). Pochi incidenti ed anche in diminuzione: in media un incidente ogni 300.000 km percorsi. In diminuzione nel 2024, del 7% per i monopattini, del 54% per gli scooter e del 67% per le biciclette. Il monopattino conferma un dato in linea con lo scooter, con valori rispettivamente pari a 0,6 e 0,4 incidenti ogni 100.000 km.

Nel complesso, il calo generalizzato evidenzia un miglioramento significativo della sicurezza. Nel 2024 i viaggi in carpooling aziendale hanno raggiunto 388 mila unità, con la previsione, basata sui dati del primo semestre, di un ulteriore aumento del 40% nel 2025. Siamo però ancora lontani dai numeri della Francia, dove il carpooling aziendale ha raggiunto una scala nettamente superiore, grazie a un quadro normativo chiaro e a politiche di incentivo strutturate: 12,8 milioni di viaggi. Il fatturato complessivo del comparto vehicle sharing si attesta su una cifra di poco superiore ai 200 milioni di Euro nel 2024, con un incremento del 2% rispetto all’anno precedente, ma inferiore alla crescita dell’11% registrata tra il 2022 e il 2023. I principali driver di questo sviluppo restano i monopattini in sharing e il carsharing free-floating, che incidono rispettivamente per il 36% e il 31% sul totale. In Italia il numero massimo di veicoli condivisi è stato raggiunto nel 2022, mentre in Europa il picco si è avuto nel 2023. Sul fronte dei noleggi, invece, il trend europeo resta in crescita e nel 2024 tocca il record di 617 milioni: a sostenerlo sono le bici, sia free-floating (+27%) sia station-based (+9%), mentre monopattini e scooter registrano valori negativi. Per quanto riguarda le tipologie, in Germania emerge il carsharing, mentre nelle città spagnole e francesi la mobilità condivisa ruota soprattutto intorno alla bici station-based, frutto di politiche amministrative precise ed orientate alla ciclabilità. Il solo servizio di bikesharing station-based di Parigi totalizza quasi quanto l’intero numero di noleggi della sharing mobility italiana. Anche sul fronte carsharing, le città tedesche come Berlino e Amburgo presentano volumi comparabili con l’intero mercato italiano.

– Foto xl5/Italpress –

(ITALPRESS)

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Economia

Pier Silvio Berlusconi saldo in vetta alla Top Manager Reputation davanti a Descalzi, Orcel sale in terza posizione

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MILANO (ITALPRESS) – A settembre, mese di ripartenza, Pier Silvio Berlusconi (86,13) si conferma in vetta alla Top Manager Reputation, stilata da Reputation Manager. Il passo avanti nel progetto per un polo tv paneuropeo con ProSieben e gli ottimi ascolti tv ne consolidano la leadership. Alle sue spalle si conferma al secondo posto l’ad di Eni, Claudio Descalzi (84,00), che incontra il Presidente dell’Angola e una delegazione Usa di alto livello per fare il punto sugli investimenti e a Gastech rivendica la scelta di scorporare asset e attrarre partner globali. Sale di uno al terzo Andrea Orcel (83,23), con UniCredit che si spinge al 26% in Commerzbank e si consolida in Alpha Bank. Dal 2020, la vetta della classifica è stata occupata prevalentemente da manager dei settori finanza, energia e moda: la conferma di Berlusconi al primo posto rappresenta dunque un risultato di rilievo per il mondo dei media. Un primato che si inserisce in un percorso ormai consolidato: da due anni consecutivi guida il comparto media e da 26 mesi figura stabilmente nella top ten generale. Un riconoscimento che riflette la continuità della sua leadership e il posizionamento di MFE-MediaForEurope, impegnata in un ambizioso progetto industriale di crescita internazionale e di rafforzamento nel mercato italiano ed europeo. Quarto Renato Mazzoncini (81,98) che a Cernobbio presenta lo studio di A2A-Teha sui datacenter delineando un futuro energetico fatto di nuove possibilità di recupero sostenibile.

L’ad di Intesa Carlo Messina (81,81) scivola al quinto posto, seguito da Luca de Meo (81,79), ora al timone di Kering: la governance rinnovata e il piano di riduzione del debito lo fanno salire di uno. Settimo Alessandro Benetton (78,78), che sale di due con il docufilm ‘Benetton Formula’. Stabile Urbano Cairo (78,38), che celebra vent’anni al Torino. Più uno al nono per l’ad di Ferrovie Stefano Donnarumma (76,30), con investimenti a quota 15 miliardi. Decimo Matteo Del Fante (76,12) di Poste Italiane. Stabili l’ad di Illycaffè Cristina Scocchia (72,74) e Giuseppina Di Foggia di Terna (70,35). Più uno per Luca Dal Fabbro di Iren (69,14), che a Cernobbio invoca ‘un piano Marshall dell’acqua’ per rendere più competitiva l’industria, e per l’ad di Enel Flavio Cattaneo (68,92), che all’ONU parla della sua vision di transizione energetica. L’ad di Fincantieri Pierroberto Folgiero è quindicesimo con 68,81, davanti a Giuseppe Castagna di Banco BPM (68,69). Seguono Gian Maria Mossa di Banca Generali (+1 con 67,69) – forte di una raccolta netta ad agosto pari a 471 milioni -, l’ad di Tim Pietro Labriola (67,45) e Francesco Milleri (66,88, +1), con Essilux che corre sugli smart glasses. Entra in Top 20 Luigi Lovaglio (64,13), che sale di quattro con Mps sotto i riflettori per l’Opas su Mediobanca. In crescita: Pietro Salini (21°,+7), Fabrizio Palermo (27°,+6), Claudio Andrea Gemme (42°,+8), Stefano Azzi (72°,+10), Elena Goitini (83°,+10), Andrea Duilio (85°,+23) e Giorgio Busnelli (103°,+22).

– Foto IPA Agency –

(ITALPRESS)

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Economia

Occupazione in crescita e prezzi in rallentamento, ma la spesa delle famiglie non prende slancio

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ROMA (ITALPRESS) – Occupazione in crescita e prezzi in rallentamento, ma la spesa delle famiglie non prende slancio, e nel 2025 si fermerà a +5,6 miliardi di euro (+0,5%) in termini reali. È questo il quadro che emerge dall’analisi e dalle proiezioni Confesercenti-CER sulla congiuntura economica italiana nel terzo trimestre 2025.

Il mercato del lavoro mostra un segnale incoraggiante, con gli occupati nel trimestre in aumento dello 0,9% su base annua, il dato migliore dall’inizio dell’anno, anche se il dato di agosto registra una perdita di quasi 60mila posti. Sul fronte dei prezzi, l’inflazione scende all’1,6%, un decimo in meno rispetto al trimestre precedente e al di sotto dell’obiettivo BCE. Il Pil recupera la flessione primaverile ed è atteso in crescita dello 0,1% sul trimestre precedente e dello 0,5% su base annua, anche se è al di sotto dei ritmi registrati nei primi tre mesi del 2025 (+0,3% congiunturale e +0,7% tendenziale).

Tuttavia, le famiglie non sembrano beneficiare pienamente di queste condizioni: le proiezioni dei consumi indicano una crescita nel terzo trimestre di +0,2% sui tre mesi precedenti e +0,6% sull’anno. Dopo un 2024 più vivace, la domanda per consumi sembra essersi fermata: nei primi nove mesi del 2025 l’aumento acquisito della spesa è dello 0,3%, contro l’1,3% dello stesso periodo dell’anno precedente. Secondo le stime di Confesercenti-CER, a fine 2025 la crescita complessiva si fermerà a +0,5%, pari a circa 5,6 miliardi di euro in più a prezzi costanti.

Il rallentamento dei consumi si riflette sul commercio al dettaglio, che continua a mostrare segnali di sofferenza: nel terzo trimestre il volume delle vendite si riduce dello 0,4%, dopo i cali già registrati nei mesi precedenti. Sul fronte del clima di fiducia, ci sono timidi segnali di risalita: tra le famiglie l’indice passa da 95,9 a 96,5 punti, mentre per le imprese del commercio sale da 103,1 a 103,7, restando comunque sotto i livelli del primo trimestre.

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“L’economia italiana resta in crescita, ma rallenta. Ci sono segnali positivi di stabilità sul fronte del lavoro e dei prezzi, ma consumi e vendite continuano a perdere slancio”, commenta Nico Gronchi, Presidente di Confesercenti. “Il 2026 porterà sfide cruciali su molti fronti: con il dispiegarsi degli effetti dei dazi e la conclusione del PNRR, che finora ha sostenuto gli investimenti, la spesa delle famiglie sarà determinante per la domanda interna e per la crescita. Lo stesso Governo nel DPFP confida per il prossimo anno in un incremento dei consumi del +1,2%, un obiettivo difficile da raggiungere senza un impulso più deciso. Il previsto intervento sul fisco potrebbe non avere la scala necessaria per svolgere questo ruolo, tanto che, secondo i prospetti riportati nel DPFP, il Governo non associa ad esso alcun effetto espansivo sui consumi. Occorre fare di più per sostenere il potere d’acquisto delle famiglie e riattivare la crescita”.

-Foto IPA Agency-
(ITALPRESS).

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