Cronaca
L’arte di Omar Hassan approda a Palermo con la mostra “Punctum”
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2 anni fa-
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Redazione
PALERMO (ITALPRESS) – Da Miami a New York, passando per Londra, Berlino e Milano. L’artista italo-egiziano, figlio della tolleranza, per la prima volta a Palermo nel Palazzo che costudisce la Cappella Palatina, simbolo dell’integrazione per eccellenza. E’ la prima delle opere che accoglie in mostra: una coraggiosa reinterpretazione della Nike di Samotracia, “in dolce attesa”. Inneggia alla Pace.
“Da anni riflettevo su quest’opera, ma serviva un luogo come Palazzo Reale di Palermo. La Nike Praegnans è simbolo della Vittoria, ma anche della Libertà in un mondo caratterizzato da contraddizioni e guerre. La Nike rinnova la sua rappresentazione e simboleggia la Pace”, ha detto stamattina Omar Hassan, durante la conferenza stampa di presentazione di “Punctum”.
L’inedita mostra è frutto di un dialogo autentico sull’asse Milano-Palermo tra l’artista italo-egiziano e la stessa Fondazione Federico II. Aprirà domani, 24 marzo al pubblico e sarà fruibile fino al primo ottobre.
L’arte di Omar Hassan è in sperimentazione costante ed esplora lo spazio interstiziale tra classicità e contemporaneità, connettendo passato, presente e futuro. Non c’è distinzione tra pittura e scultura.
Il concetto e l’azione restano alla base di ogni suo gesto artistico. Omar Hassan usa il colore per catturare l’attenzione del fruitore, ma è dietro il colore che si nasconde il vero senso dell’opera. L’uso della tela è in perfetta in sintonia col fenomeno della crisi della pittura da cavalletto. La stratificazione lessicale e il superamento delle gerarchie tra pittura e scultura rappresentano, inoltre, la cifra stilistica della sua produzione, ben radicata nell’arte antica e nella tradizione storico-artistica ma protesa al futuro e alla ricerca del nuovo.
Ma PUNCTUM è anche la simbiosi tra Omar Hassan e Palazzo Reale nel segno del puro site-specific: non poteva essere diversamente se l’incontro avviene tra un artista di madre cristiano-cattolica e padre musulmano, che lo hanno predisposto alla tolleranza e al nuovo e il palazzo “fabbrica di idee” sin dai tempi di Federico II, che custodisce la meravigliosa Cappella Palatina, simbolo per antonomasia dell’integrazione tra culture.
Sono ben 7 su 15 le opere site-specific: le suggestioni di Palazzo Reale hanno stimolato in Omar Hassan un impulso artistico che si concretizza nella realizzazione di 8 Lights, Autoritratto, Pax, Triloquio, No Filter, la Nona IX e la Mappa di Palermo.
“Abbiamo voluto Omar Hassan – afferma Gaetano Galvagno, Presidente della Fondazione Federico II – perchè è testimone dell’arte del nostro tempo. Noi come Fondazione Federico II abbiamo la responsabilità quotidiana di mantenere contemporaneo un Palazzo che è Patrimonio dell’Unesco e che già in passato fu contraddistinto da un impulso creativo sempre rivolto in avanti.
Credo che, dal suo punto di vista, Omar Hassan abbia accettato la sfida per la stessa ragione. Palazzo Reale è, infatti, il luogo ideale per mettere in dialogo passato, presente e futuro ed esprimere la sua arte piena di azione ed energia, capace di essere contemporanea, pur accogliendo e rielaborando la tradizione dell’arte classica”.
“Punctum – ha detto Patrizia Monterosso, Direttore Generale della Fondazione Federico II – è l’insofferenza ad accettare pigramente un’idea dell’arte che rinuncia ad esprimersi con energia per addentrarsi in uno sperimentalismo creativo che diviene leva critica per aprire gli occhi sulla realtà. Il titolo della mostra nasce da una prospettiva condivisa dalla Fondazione Federico II con l’artista per concepire le mostre come reazione ad una tendenza allarmante di resa dell’arte a quella densità che non tocca più in profondità”.
Energia che esplode imperiosa, per esempio, negli ormai celebri Breaking Through, che lo hanno reso famoso nel mondo come artista-boxeur. “I’m not punching to destroy, I’m creating!”, sottolinea incessantemente Omar, che a Palermo porta due opere di questa “serie”. Com’è noto, agli interessi artistici Omar ha affiancato per anni la disciplina della boxe, sport che tuttavia è stato costretto ad abbandonare per motivi di salute.
Omar Hassan ha esposto a Miami e New York, Londra, Berlino, Tokyo, Parigi e Milano: oggi approda a Palermo un artista in piena evoluzione. La creazione delle sue Mappe si traduce in opere in cui vuole mettere il mondo al mondo attraverso l’arte.
Per realizzare la Mappa di Palermo ha utilizzato 8928 tappini di bombolette spray dipinti ad uno ad uno. L’opera non è solo il riferimento geografico di uno dei suoi approdi artistici, ma è anche un omaggio al valore del singolo come parte di un insieme sereno e armonico, ognuno di uguale importanza, ciascuno nella sua essenzialità. “Nelle grandi città – osserva inoltre Omar Hassan – c’è una netta distinzione tra centro e periferie. A Palermo, il centro e alcuni quartieri non facili sono quasi confinanti. Credo sia un primo sintomo di integrazione”.
La IX Nona è una delle opere in mostra, che indica “un’illuminazione infinita, la luce della luce, che illumina il buio e accende la speranza”.
L’opera IX Nona sta a fianco della grande opera 8Lights, che domina in fondo allo spazio espositivo. Realizzata dall’artista in occasione della mostra a Palermo per porsi in dialogo con la grande spiritualità della Cappella Palatina attraverso la rinascita e la rigenerazione.
La versione di Omar del Torso del Belvedere, in mostra, è concepita in forte tensione con l’opera 8Lights. E’ come se quella tensione muscolare del Torso volesse ulteriormente rinnovarsi nel dinamismo di un cammino ulteriore che occorre seguire.
Un dialogo esclusivo con Omar Hassan, ribattezzato “INSIDE OMAR”, è contenuto nel catalogo ufficiale della mostra, edito dalla Fondazione Federico II. Un estratto del dialogo, in versione video-intervista, è proiettato all’ingresso della mostra e accompagna il fruitore nella conoscenza dell’artista e della sua arte.
Hassan, nato e cresciuto nella periferia di Milano, racconta come è riuscito ad alzarsi da una di quelle panchine di periferia dove altri potenziali talenti restavano inespressi, generando solo “sogni seduti”. Ma “a casa mia – rivela – non portare risultati equivaleva ad essere fallito. Quando cadi, nella boxe come nella vita, devi subito rialzarti”.
Questo fluire di arte e vita transita con esiti originali e a più livelli nella sua produzione che accoglie una spiccata componente autobiografica, dalle scelte contenutistiche delle opere alla tecnica via via elaborata.
“Punctum” è visitabile dal lunedì al sabato dalle 8.30 alle 16.30 (ultimo ingresso). Domenica e giorni festivi dalle 8.30 alle 12.30 (ultimo ingresso).
-foto ufficio stampa Fondazione Federico II-
(ITALPRESS).
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-Foto gsl/Italpress-
(ITALPRESS).
Cronaca
E’ morta Adriana Asti, interprete di cinema e teatro
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1 ora fa-
31 Luglio 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – E’ morta a Roma, all’età di 94 anni, Adriana Asti, grande attrice di teatro e cinema.
Apparsa giovanissima nel cortometraggio di Dino Risi Buio in sala (1948), esordisce a teatro nel 1951. Lavora con i più grandi, da Strehler a Visconti, da Bertolucci a Ronconi.
Al cinema interpreta inoltre il ruolo della prostituta Amore in Accattone (1961) di Pier Paolo Pasolini e quello dell’affascinante zia del protagonista in Prima della rivoluzione (1964) di Bernardo Bertolucci. Successivamente recita ne Il fantasma della libertà (1974), di Luis Bunuel; Un cuore semplice (1977) e Tosca e altre due (2003), entrambi di Giorgio Ferrara, fratello di Giuliano e suo secondo marito; La meglio gioventù (2003, con cui vinse il suo terzo Nastro d’argento e il Ciak d’oro) e Quando sei nato non puoi più nasconderti (2005), entrambi di Marco Tullio Giordana; L’ultimo Pulcinella (2008) di Maurizio Scaparro.
A teatro recita in Trovarsi di Luigi Pirandello (1981), Santa Giovanna di George Bernard Shaw (1984), Giorni felici di Samuel Beckett (1985), La locandiera di Carlo Goldoni (1986) e Tre uomini per Amalia del suo psicanalista Cesare Musatti (1988).
-foto Ipa Agency –
(ITALPRESS).
Cronaca
Studio Banca del Fucino su export, necessario esplorare nuovi mercati
Pubblicato
1 ora fa-
31 Luglio 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – Il sistema del commercio internazionale, per come lo abbiamo conosciuto negli ultimi trent’anni, sta attraversando profondi cambiamenti. L’Italia, da sempre Paese di manifattura e di commercio, è stata capace di trarre beneficio dall’espansione dei traffici internazionali cominciata negli anni ’90. Oggi però la crescente indisponibilità statunitense a ricoprire il ruolo di “compratore di ultima istanza”, unita all’emergere di nuovi competitor sulla scena internazionale, configurano un importante cambiamento di scenario.
In questo contesto si colloca la nuova ricerca dell’Ufficio studi della Banca del Fucino, intitolata Oltre il giardino. 25 anni di export italiano extra-europeo. Lo studio, predisposto da Vladimiro Giacchè e Michele Tonoletti, fornisce una panoramica dei cambiamenti dell’export italiano tra l’inizio del nuovo millennio e oggi, tanto sul piano della geografia delle destinazioni quanto su quello della struttura merceologica.
Dalla ricerca emerge come negli ultimi 25 anni la quota di export italiano diretta verso l’Area Euro si sia ridotta di ben 6 punti percentuali – dal 45 al 39% circa del totale – sebbene il mercato europeo rimanga tutt’oggi la principale destinazione dei prodotti italiani (67,2% nel 2020-24, a fronte del 70,1% nel 2000-04).
Lo spazio perso dall’Europa è stato occupato da tre Paesi in particolare: Cina (+1,5%), Stati Uniti (+1,1%) e, in misura minore, India (+0,4%). Il peso della Cina e dell’India sul totale dell’export italiano è rimasto tuttavia molto modesto, rispettivamente al 2,9% e allo 0,8% nella media del quinquennio 2019-24.
Gli Stati Uniti, al contrario, hanno conservato e rafforzato la propria posizione di primo mercato extraeuropeo di destinazione delle esportazioni italiane, fino a pesare per più dell11% del totale esportato nel triennio 2022-24.
La ricerca di Banca del Fucino identifica in questa accresciuta dipendenza dal mercato Usa uno dei principali fattori di rischio per la tenuta futura dell’export italiano, un rischio che sembra ora concretizzarsi con l’imposizione di dazi al 15% da parte dell’attuale amministrazione degli Stati Uniti su gran parte dell’export europeo. La rischiosità è legata anche ai cambiamenti che la composizione merceologica dell’export italiano ha visto negli ultimi 25 anni. L’emergere del settore farmaceutico – una novità per il sistema produttivo italiano – è sicuramente il principale mutamento che si è registrato. La quota del farmaceutico è infatti passata dal 3,5 all’8,0% del totale esportato tra l’inizio e la fine del periodo di osservazione; un vero e proprio balzo, alle cui proporzioni si avvicina solamente la crescita registrato dal settore alimentare, passato dal 5,6 al 9,3%.
In questa evoluzione gli Stati Uniti hanno giocato un ruolo di massimo rilievo, assorbendo quote rilevanti dell’export italiano proprio in questi comparti. Se sui prodotti farmaceutici non vi è chiarezza circa l’applicazione dei dazi al 15% stabiliti negli accordi tra Usa e Ue di fine luglio, i prodotti alimentari, invece, rientrano certamente nel perimetro delle merci colpite dai dazi, ed è lecito attendersi un danno significativo per questo settore.
La ricerca evidenzia poi come, al netto di un arretramento del settore tessile – dal 15,3 al 10,9% – i comparti tradizionali del Made in Italy – moda, arredamento, alimentari e meccanica – abbiano dimostrato notevole resilienza, riscontrando spesso grande successo nei mercati extraeuropei. Ciò testimonia la perdurante forza del brand Made in Italy nel mondo, oltre alla capacità delle imprese della meccanica di mantenersi competitive nel mercato mondiale dei macchinari e dei beni strumentali per l’industria. Ad oggi quello della meccanica – con più del 16% del totale – costituisce in effetti il nostro più importante comparto di esportazione. Farmaceutico, beni di consumo e meccanica – conclude la ricerca – sono tre settori nei quali l’Italia ha dimostrato di detenere un’ottima capacità di competizione sui mercati internazionali.
In prospettiva, nuovi mercati a cui guardare per l’export italiano non mancano. La Cina e l’India, anche solo per la loro dimensione, costituiscono i due mercati di destinazione dal più alto potenziale: nel caso dell’India, il nostro export si concentra primariamente sui macchinari – già oggi più del 40% del totale esportato verso questo Paese – e su altri prodotti destinati all’industria; anche nel caso della Cina la componente dei macchinari riveste un ruolo molto rilevante – circa il 30% dell’export totale – ma anche i prodotti di consumo del Made in Italy hanno registrato performance più che positive.
Conferme dell’apprezzamento internazionale per il brand Made in Italy arrivano anche dalle economie avanzate dell’Asia, come il Giappone e le Tigri Asiatiche; nei Paesi dell’Associazione delle Nazioni del Sud Est Asiatico (Asean), invece, negli ultimi cinque anni sono stati i prodotti di elettronica a registrare tassi di crescita particolarmente elevati, in media dell’11,8% annuo per la categoria “Computer, apparecchi elettrici e ottici”, un caso piuttosto unico nella vasta e variegata geografia dell’export italiano.
La ricerca dedica alcune sezioni anche al cosiddetto “estero vicino” – il Medio Oriente e l’Africa. Le monarchie del Golfo da anni dimostrano particolare apprezzamento per i prodotti del Made in Italy, anche se i macchinari rimangono la categoria principale di export verso quest’area, con circa un quarto del totale esportato verso l’area mediorientale. L’Africa rimane invece ancora in gran parte un’incognita, specialmente per quanto riguarda la parte sub-sahariana del continente: il piano Mattei è sicuramente un ottimo passo nella direzione di un buon posizionamento presso una delle regioni più importanti per il futuro.
-foto ufficio stampa Banca del Fucino –
(ITALPRESS).


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