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Italia spegne ChatGPT: ecco cosa succede, all’orizzonte una perdita di competitività liberticida
Pubblicato
2 anni fa-
di Emanuele Bottiroli
OpenAi ha sospeso tra venerdì 31 marzo e sabato 1 aprile l’accesso al servizio ChatGpt in Italia, dopo lo stop del Garante della Privacy al software d’intelligenza artificiale sviluppato dall’organizzazione di ricerca con sede negli Stati Uniti. Il rischio – se sarà solo la burocrazia italiana a mettere il tappo – è una perdita di competitività e di modernità del nostro Paese rispetto agli altri in cui milioni di professionisti di ogni settore stanno scoprendo le mille potenzialità dell’intelligenza artificiale a scopi professionali e culturali. Vi è poi da chiedersi se davvero tutti gli operatori italiani e i loro partner internazionali presenti in Italia rispettino davvero alla lettera i dettami del Garante della Privacy, che non riesce nemmeno a dare efficacia al Registro delle Opposizioni, ovvero il servizio che prometteva di bloccare il telemarketing molesto che continua a non dare pace agli italiani sia su utenze fisse che sulle linee cellulari. Si possono fermare sviluppo tecnologico e progesso nell’ambito delle professioni attraverso divieti? Non è un po’ come fermare l’orologio per risparmiare tempo? L’adesione a ChatGPT non è forse libera e su base volontaria? Non è implicito che chi interroga un’intelligenza artificiale in grado di “auto apprendere” contribuisca con i dati immessi alla sua evoluzione? Perché uno Stato deve ritenere i suoi cittadini e centinaia di migliaia di professionisti delle scimmiette incapaci d’intedere, di proteggersi e di regolarsi da soli? Qui non si parla di un sistema per svagarsi, giocare o bighellonare. ChatGPT è uno strumento per lavorare meglio, per accrescere la competitività e per mettere meglio a frutto i propri studi e la propria competenza.
Come mai l’Italia ha “spento” ChatGPT?
L’Autorità ha aperto un’istruttoria contestando la raccolta illecita dei dati degli utenti italiani e ha disposto, con effetto immediato, la limitazione provvisoria del loro trattamento da parte di OpenAI, la società statunitense che ha sviluppato e gestisce la piattaforma, fino a quando la normativa sulla privacy non verrà rispettata. Si tratta del primo intervento a livello mondiale di questo tenore, che potrebbe avere sviluppi nel resto dell’Europa anche grazie al coordinamento tra le autorità per la privacy dei diversi paesi. Diverse le contestazioni mosse all’organizzazione nata a San Francisco proprio per sviluppare la cosiddetta “intelligenza artificiale amichevole”. Il Garante rileva la mancanza di una informativa agli utenti, ma soprattutto l’assenza di una base giuridica che giustifichi la raccolta e la conservazione massiccia di dati personali, allo scopo di “addestrare” gli algoritmi sottesi al funzionamento della piattaforma. Tanto più che le informazioni fornite da ChatGpt non sempre corrispondono al dato reale, determinando quindi un trattamento di dati personali inesatto. Inoltre, nonostante il servizio sia rivolto ai maggiori di 13 anni, l’Autorità evidenzia come l’assenza di qualsivoglia filtro per la verifica dell’età degli utenti esponga i minori a risposte assolutamente inidonee rispetto al loro grado di sviluppo e autoconsapevolezza. OpenAI, che non ha una sede nell’Unione ma ha designato un rappresentante nello Spazio economico europeo, deve comunicare entro 20 giorni le misure intraprese in attuazione di quanto richiesto dal Garante, pena una sanzione fino a 20 milioni di euro o fino al 4% del fatturato globale annuo. La vulnerabilità di ChatGpt è emersa lo scorso 20 marzo quando, a causa di un problema tecnico, è stata mostrata non solo la cronologia delle domande degli utenti, con i loro dati, ma anche parte dei dettagli sui metodi di pagamento usati per l’abbonamento a ChatGpt Plus, che offre funzionalità extra. La società, su cui Microsoft ha investito molto nei mesi scorsi, ha bloccato l’accesso alla piattaforma per evitare che l’errore di privacy si estendesse ulteriormente. Il software continua comunque ad essere sviluppato e a diffondersi, tanto che per i prossimi mesi è stato annunciato l’aggiornamento numero 5, che potrebbe portare l’intelligenza artificiale a livelli altissimi e molto evoluti.
Oggi accedendo dall’Italia al sito di ChatGPT si legge:
“Caro cliente ChatGPT, siamo spiacenti di informarti che abbiamo disabilitato ChatGPT per gli utenti in Italia su richiesta del Garante italiano. Stiamo emettendo rimborsi a tutti gli utenti in Italia che hanno acquistato un abbonamento ChatGPT Plus a marzo. Stiamo anche sospendendo temporaneamente i rinnovi degli abbonamenti in Italia in modo che gli utenti non vengano addebitati mentre ChatGPT è sospeso.
Ci impegniamo a proteggere la privacy delle persone e crediamo di offrire ChatGPT in conformità con GDPR e altre leggi sulla privacy. Ci metteremo in contatto con il Garante con l’obiettivo di ripristinare il tuo accesso il prima possibile. Molti di voi ci hanno detto che trovate ChatGPT utile per le attività quotidiane e non vediamo l’ora di renderlo nuovamente disponibile al più presto. In caso di domande o dubbi riguardanti ChatGPT o il processo di rimborso, abbiamo preparato un elenco di FAQ per risolverli”.
La Rete si ribella e aggira il problema
In attesa che la situazione evolva (non bisogna dimenticare che Microsoft sta implementando ChatGPT un po’ ovunque nei suoi servizi), molti stanno aggirando il blocco può farlo con una VPN (rete virtuale privata che emula una connessione al sito d’accesso da altri Paesi del mondo) oppure tramite altri servizi, anche gratuiti, ad esempio dal browser Opera.
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