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Cronaca

Sanità, in Senato un progetto sull’equità di genere nelle professioni

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ROMA (ITALPRESS) – Affrontare il tema dell’equità di genere all’interno delle professioni sanitarie. E’ l’obiettivo del progetto SeGeA, presentato in Senato, nella Sala Zuccari del Palazzo Giustiniani. L’iniziativa è stata promossa dalla Federazione nazionale degli Ordini TSRM e PSTRP. L’evento, che ha visto la partecipazione di esperti, professionisti del settore e rappresentanti istituzionali, ha avuto l’obiettivo di illustrare e diffondere l’applicazione della medicina di genere nel Servizio sanitario nazionale, come stabilito dall’articolo 3 della legge 3 del 2018. La legge, promossa e firmata dal già Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, ha sancito l’importanza di considerare le differenze di genere nella pratica medica e di promuovere l’uguaglianza di accesso alle cure.
‘Il progetto SeGeA ha messo in luce diversi ambiti di disparità di sesso e genere, su cui è fondamentale intervenire, in modo strutturato e non rimandando alla sensibilità di ognuno – è quanto ha sottolineato in apertura dei lavori Teresa Calandra, Presidente della FNO TSRM e PSTRP, che ha aggiunto che tutto quel che oggi sappiamo o che sapremo studiando questi fenomeni non può solo servire a capirli meglio, ma deve necessariamente essere utilizzato per prevenirli, usando questo sapere per progettare e realizzare interventi che ne prevengano o controllino le causè.
Beatrice Lorenzin in apertura del convegno ha ribadito: ‘Siamo ancora molto indietro e la ricerca testimonia quello che noi già sappiamo: ci sono ancora degli scogli culturali molto grandi, c’è la consapevolezza, la percezione delle discriminazioni che le donne, che sono la maggioranza con circa l’80% del mondo sanitario, subiscono, sia in termini di carriera sia in termini di qualità professionale. I numeri ci dicono anche come questa percezione viene tradotta dal decisore politico, pensiamo alle commissioni, ai comitati, ai luoghi del potere del sistema sanitario ancora, purtroppo, prettamente maschilì.
Anche il Ministro della salute, Orazio Schillaci, ha fatto pervenire il proprio saluto all’evento: ‘Promuovere tra le professioniste e i professionisti della sanità un approccio attento e sensibile all’impatto delle differenze di genere sullo stato di salute e di malattia di ogni persona è un obiettivo sempre più impellente. Per centrarlo servono competenze e formazione specifiche che il vostro progetto intende favorirè.
Ha fatto pervenire i saluti anche Mariella Mainolfi, Direttore generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane del SSN del Ministero della salute che ha voluto testimoniare la sua vicinanza e il suo sostegno all’iniziativa per l’importanza e la sensibilità della tematica trattata, ribadendo che la Direzione generale delle professioni sanitarie che presiede sta lavorando sulla tematica della medicina di genere, oggetto dell’evento. ‘Non possiamo permetterci di rinunciare al prezioso insieme di idee, pensieri e contributi intellettuale delle donne, soprattutto quando rappresentano il 68% dei nostri professionisti. Questo evento rappresenta un’importante occasione per ribadire l’importanza di aver investito in questo progetto e per sottolineare il nostro impegno costante verso la promozione dell’uguaglianza di generè è il commento di Giovanni De Biasi, membro del Comitato centrale della FNO TSRM e PSTRP con delega all’equità tra i generi che, insieme a Fulvia Signani, Presidente di Engendering Health (EngHea), ha presentato il progetto SeGeA. Il progetto SeGeA, realizzato dalla FNO TSRM e PSTRP, in collaborazione con EngHea, si propone di promuovere un approccio di sesso e genere nelle professioni sanitarie attraverso l’implementazione di strategie basate su un solido razionale e un’articolata metodologia.
L’iniziativa ha previsto due momenti. ‘Una prima fase di indagine sui professionisti sanitari per comprendere quanto essi ritenessero importante conoscere i risvolti concettuali e pratici del tema, anche se gli stessi professionisti non erano ancora completamente alfabetizzati sulla questione. I risultati hanno consentito di porre le basi della seconda fase: un percorso formativo mirato a garantire la condivisione di un comune corpus teorico/pratico utile all’avvio della costruzione di una ‘comunità competentè sull’approcciò è il commento della Presidente Signani. Di fatto sono state messe a disposizione degli iscritti agli Ordini TSRM e PSTRP due eventi formativi con temi che informano delle differenze di sesso e genere sia nelle caratteristiche anatomo-patologiche che nella relazione con la persona assistita. I risultati ottenuti e le attività di formazione sono stati presentati da Chiara Annovazzi, Assegnista di Ricerca presso l’Università della Valle D’Aosta, e da Amelia Ceci, Referente della medicina di genere presso l’AUSL-IRCCS di Reggio Emilia, nonchè membro del Consiglio direttivo di EngHea.
Il questionario, composto appositamente assemblando scale validate e ricavate da letteratura nazionale e internazionale, ha visto l’accesso di più di 11.000 professionisti sanitari. Di questi, 6430 contributi sono stati completati e ritenuti statisticamente validi per le successive analisi. L’1% dei rispondenti ha preferito non dichiarare il genere, mentre, dei restanti, il 77% si è riconosciuto sotto la definizione ‘donnà, con proporzioni numeriche che rispecchiano il rapporto maschi/femmine degli iscritti alla Federazione nazionale. Dall’incrocio di risposte diverse emerge l’elemento significativo che le donne/professioniste risultano ancora molto condizionate dal ruolo tradizionale di persona dedita alla ‘cura domesticà. Nel quasi 80% dei casi le donne/professioniste, oltre al lavoro, si prendono cura di qualche famigliare, tanto da riportare un alto livello di ‘conflitto multi-ruolò, la situazione cioè di coloro che devono conciliare, non senza difficoltà, la vita privata e quella professionale. Dato che si manifesta concretamente anche nel fatto che il 23% delle donne, rispetto al 7% degli uomini, decide di svolgere la propria professione part-time, con le evidenti ed ovvie penalizzazioni di carriera.
Una tavola rotonda con la partecipazione di esperti e rappresentanti di diverse Istituzioni ha chiuso l’evento, tra i partecipanti del dibattito finale Luca Busani, rappresentante del Centro di riferimento di medicina di genere dell’Istituto superiore di sanità (ISS), Flavia Franconi, Coordinatrice del laboratorio di medicina e farmacologia di genere del Consorzio interuniversitario INBB, Alessandra Gallone, Consigliere del Ministro dell’università e ricerca, Silvia Maffei, Medico ginecologa presso il CNR-Regione Toscana ‘G. Monasteriò di Pisa e membro del Consiglio direttivo di EngHea, Annamaria Moretti, Presidente nazionale del Gruppo italiano salute e genere (GISeG), Fulvia Signani, Presidente di EngHea e Teresa Calandra e Giovanni De Biasi, entrambi rappresentanti della FNO TSRM e PSTRP. Luca Busani, rappresentante del Centro di riferimento di medicina di genere dell’Istituto superiore di sanità (ISS): ‘Il nostro Centro è interessato a raccogliere esperienze di questo tipo, che indaghino gli aspetti di sesso e genere, al fine di promuovere buone pratiche e una formazione specifica, colmando le lacune conoscitive e migliorando le competenze professionali a favore della salute della personà.
I libri di medicina riflettono i giovani uomini caucasici di 70 kg di peso. Curiosamente la stessa dose di farmaco è somministrata alle donne che pesano 10 kg di meno. Tutto ciò ha portato a diagnosi tardive nell’infarto del miocardio e in alcuni tumori (polmone) e a una minore appropriatezza terapeutica nell’infarto cardiaco, insufficienza renale nelle donne rispetto agli uomini. Come risolvere queste criticità? Flavia Franconi, Coordinatrice del laboratorio di medicina e farmacologia di genere del Consorzio inter-universitario INBB sostiene che la soluzione è la formazione: ‘Solo la conoscenza fa superare tutto ciò. Gli operatori sanitari devono essere consapevoli delle differenze anche per evitare rischi personali. La formazione deve essere presente in tutte le discipline dei corsi di laurea sanitarie, ma deve estendersi anche a professionisti non sanitari che disegnano e progettano i dispositivi medici (es. Fisici e Ingegneri), agli informatici che raccolgono ed analizzano i big-data perchè se non utilizzano un approccio di sesso-genere anche l’intelligenza artificiale perpetuerà il gender gap. Per non dimenticare le professionalità amministrative. Accanto alla formazione pre-laurea è necessario provvedere a quella continua adottando in ambedue casi a metodologie multidisciplinari e intersettorialì.
Alessandra Gallone, Consigliere del Ministro dell’università e ricerca, partecipando all’evento odierno ha ribadito che per migliorare il nostro sistema di cure occorre ‘personalizzare le terapiè rispettando le differenze di sesso e genere e ciò è possibile solo con la formazione. ‘L’Italia è stata il primo Paese in Europa a formalizzare l’inserimento del concetto di ‘generè in medicina, indispensabile a garantire ad ogni persona la cura migliore, rispettando le differenze e arrivando a una effettiva ‘personalizzazione delle terapiè. Per formare i professionisti della salute di domani è necessario offrirgli i migliori strumenti tecnologi, ampliare le loro possibilità di usare la robotica ma dobbiamo anche riportare al centro quella cura che non è un elenco di sintomi e terapie, ma la somma di osservazioni, di contatti e di dialogò.
La promozione di un approccio attento alle differenze di sesso/genere beneficerà non solo agli assistiti, ma anche ai professionisti sanitari stessi. Un’attenzione mirata alla specificità di genere consentirà di migliorare la qualità delle cure, aumentare l’efficacia dei trattamenti e prevenire potenziali danni legati a disuguaglianze di genere nel campo della salute, è la tesi sostenuta da Silvia Maffei, Medico ginecologa presso il CNR-Regione Toscana ‘G. Monasteriò di Pisa e membro del Consiglio direttivo di EngHea che dichiara: ‘E’ cruciale proporre l’approccio attento alle differenze sesso/genere a tutte le professioni sanitarie, con un coinvolgimento trasversale, includendo tutti i comparti organizzativi e clinici e mirando all’ottimizzazione delle performance cliniche e di ricercà.
La valutazione delle differenze di sesso e genere costituisce oggi un elemento fondamentale per lo sviluppo di una ‘medicina equa, appropriata ed inclusivà e l’utilizzo di indicatori specifici deve costituire parte integrante anche dei programmi di ricerca, formazione, comunicazione.
Secondo Annamaria Moretti, Presidente nazionale del GISeG, è necessario impostare politiche orientate a aumentare strategie efficaci per affrontare le disuguaglianze di genere nei servizi sanitari e garantire alle persone la cura migliore: ‘La possibilità che i Governi possano continuare a erogare percorsi di cura caratterizzati da elevata qualità a tutti i cittadini, indipendentemente dalle loro caratteristiche biologiche, sociali e culturali, è non solo improbabile, ma anche strettamente correlata alla sostenibilità dei sistemi sanitari. E’ necessario quindi sollecitare le Istituzioni a sviluppare programmi per la conoscenza, la formazione e la promozione della salute e prevenzione delle malattie, investire nei sistemi di prevenzione ed assistenza primaria, trasferire l’assistenza sanitaria su territorio potenziando le cure ambulatoriali e domiciliari più accessibili e meno costose, con una particolare attenzione al rapporto tra indicatori di genere e sostenibilità sociale. La dimensione di genere nella salute è pertanto una necessità di metodo e analisi che diventerà presto, speriamo, strumento di governo e di programmazione sanitarià.
-foto ufficio stampa FNO TSRM e PSTRP –
(ITALPRESS).

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Tivusat, la televisione satellitare gratuita ha superato i 400 canali

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ROMA (ITALPRESS) – La televisione satellitare gratuita ha superato i 400 canali. Questa è l’offerta disponibile oggi per tutti i telespettatori che hanno in casa il decoder o la cam della piattaforma Tivusat. Si parte con i canali d’informazione, per passare al cinema, alle serie tv, ai canali per bambini, alla musica classica e all’intrattenimento.
Quella della televisione satellitare è una storia che nasce in Italia il 29 gennaio del 1990 con il primo satellite gestito da RaiSat, si svilupperà con la nascita di Telepiu e di Stream, per arrivare a Sky e Tivusat. In questi anni la parabola e il decoder satellitare sono diventati lo strumento fondamentale per ricevere la televisione in molte zone del Paese dove non arrivano, nè la televisione terrestre, nè la banda larga.
La sua diffusione è stata favorita dal grande numero di canali disponibili, gratuitamente e con un’altissima qualità video e audio. Oggi è stato superato il traguardo dei 400 canali ricevibili per i possessori di un decoder o una cam di Tivusat, ai quali vanno aggiunti  centinaia di canali radio. Un’offerta che sarebbe stata impensabile se la televisione fosse rimasta solo terrestre. La scelta di vedere la tv via satellite, che fino a qualche anno fa sembrava limitata solo a chi decideva di abbonarsi a una pay tv, sta progressivamente coinvolgendo il grande pubblico, tanto da essere arrivati ad una platea di oltre 15 milioni di telespettatori. 
Negli ultimi anni, al pubblico televisivo italiano si è aggiunta una platea importante di stranieri residenti nel nostro Paese, che attraverso Tivusat possono accedere ai canali trasmessi nelle loro lingue. La possibilità di trasmettere un numero cosi grande di canali è una prerogativa della tv satellitare e ne spiega in parte la sua grande crescita, senza dimenticare la facilità di istallazione e la certezza di poterla ricevere in qualunque luogo. Ma lo sviluppo della piattaforma satellitare italiana non si ferma qui e nel corso dei prossimi mesi sarà disponibile sul mercato un nuovo decoder, che permetterà di ricevere contemporaneamente la tv satellitare  e di connettersi alla rete, offrendo un servizio che sarebbe stato inimmaginabile solo pochi anni fa. Con questo decoder si potranno utilizzare gli apparecchi televisivi presenti nelle nostre case, senza doverli sostituire con i televisori di ultimissima generazione.

– foto ufficio stampa Tivusat –
(ITALPRESS).

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Difesa, firmato accordo tra Italia e Giappone

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ROMA (ITALPRESS) – Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha firmato a Roma l’Accordo ACSA (Acquisition and Cross-Service Agreement) con il ministro degli Esteri giapponese, Takeshi Iwaya, per il rafforzamento della cooperazione bilaterale dei rispettivi Paesi nel settore della difesa.
“Oggi celebriamo un momento di grande importanza per le relazioni tra Italia e Giappone, un legame fondato su valori comuni come la democrazia, la pace e la cooperazione internazionale. La firma dell’ACSA, strumento volto a facilitare acquisizioni, forniture, scambi in campo militare e a mobilitare prontamente aiuti in caso di emergenze e di disastri naturali segna non solo un rafforzamento delle nostre capacità operative, ma anche un contributo significativo alla stabilità regionale e globale”, ha detto il ministro Crosetto che ha poi aggiunto: “La logistica è il cuore di ogni operazione moderna, e la nostra collaborazione permetterà di sviluppare soluzioni innovative, sostenibili ed efficienti. Questo ci consentirà di ottimizzare le risorse delle nostre Forze Armate e rispondere prontamente alle sfide globali, quali la gestione delle crisi umanitarie, i disastri naturali e la tutela della sicurezza nelle rotte commerciali internazionali”.
“L’accordo che firmiamo oggi ha un valore che va oltre l’ambito strettamente tecnico: rappresenta un impegno reciproco per costruire un futuro più sicuro e prospero per le generazioni che verranno. In tale quadro si inserisce anche il programma G-CAP, esempio concreto di come nazioni fondate sullo stesso sistema di valori, possano unire le forze per affrontare le complessità del mondo contemporaneo, promuovendo innovazione e stabilità su scala globale”, ha spiegato Crosetto.
“Sono convinto che questa collaborazione contribuirà non solo alla crescita delle nostre rispettive capacità difensive, ma anche alla creazione di un modello di cooperazione internazionale positivo e duraturo – ha affermato il ministro -. Italia e Giappone, insieme, dimostrano che la forza della diplomazia e del dialogo può produrre risultati concreti e benefici per tutti”.

– Foto screenshot da video ministero della Difesa –

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Tumore al seno, un impegno congiunto per le terapie innovative

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ROMA (ITALPRESS) – In ambito oncologico la ricerca ha realizzato importanti conquiste, ma restano ancora lacune come le tempistiche per l’accesso ai farmaci innovativi, il sostegno alla ricerca e le diagnosi precoci. Molte pazienti metastatiche, infatti, si trovano di fronte una sopravvivenza limitata e a tempi di attesa per l’accesso ai trattamenti molto più lunghi rispetto al resto d’Europa, oltre alla disomogeneità regionale. Comunità scientifica, istituzioni, associazioni dei pazienti, ma anche personaggi dello spettacolo si sono uniti in uno sforzo congiunto, presentato con l’incontro “Breast Cancer. Unmet need e nuove frontiere dell’oncologia”, promosso dall’Intergruppo Parlamentare “nuove frontiere terapeutiche nei tumori della mammella”, organizzato da Improve srl, con la sponsorizzazione non condizionante di Gilead Sciences, che si è tenuto alla Festa del Cinema di Roma.
“Il nostro impegno si sviluppa lungo più direttrici – sottolinea Simona Loizzo, Presidente Intergruppo Parlamentare “nuove frontiere terapeutiche nei tumori della mammella” e membro XII Commissione Affari Sociali, Camera -. Uno dei nostri obiettivi è favorire l’accesso ai farmaci innovativi, che possono rappresentare una svolta nel trattamento di alcune pazienti. Il nostro impegno è finalizzato a sostenere la massima rapidità nell’approvazione delle terapie, al fine di favorire l’implementazione della ricerca a livello clinico. La nostra attenzione è da tempo rivolta al tumore al seno triplo negativo, la forma di carcinoma mammario più aggressiva con un elevato tasso di mortalità e sopravvivenza a 5 anni appena dell’11%. E’ fondamentale che a tutte le pazienti e, con attenzione ulteriore, alle pazienti in fase avanzata di malattia, pazienti con patologie dal rapido decorso e dal minor tempo di vita a disposizione, l’accesso alle terapie innovative – già a disposizione in tutti gli altri paesi europei – sia assicurato nel minor tempo possibile. L’altro punto fondamentale è la sensibilizzazione in favore della prevenzione, con campagne che possano arrivare anche nelle comunità più periferiche”.
“I dati sull’incidenza dei tumori della mammella indicano un lieve aumento, verosimilmente dovuto a una maggiore estensione delle indagini diagnostiche e di screening di popolazione nonchè un aumento della sopravvivenza delle donne a 5 anni dalla diagnosi (88% di sopravvivenza) – evidenzia il professor Francesco Saverio Mennini, Capo del Dipartimento della programmazione, dei dispositivi medici, del farmaco e delle politiche in favore del Servizio sanitario nazionale, Ministero della Salute – Ciò significa che misure di prevenzione e di riabilitazione messe in campo stanno funzionando. Certamente dobbiamo fare ancora di più soprattutto per superare disparità ancora esistenti sul territorio in termini di prevenzione e cura. Come Ministero stiamo attuando gli interventi programmati in termine di potenziamento della prevenzione e dell’assistenza sanitaria al paziente oncologico, tra cui l’implementazione dei programmi di screening, il potenziamento dei servizi territoriali, l’incremento del numero delle Breast Unit e la definizione di indicatori che misurino gli esiti del trattamento offerto al paziente. E’ inoltre necessario studiare anche la performance dei device utilizzati, per comprendere se stiamo garantendo il meglio alle nostre pazienti in termini di ricostruzione. Per fare questo oggi in Italia abbiamo il registro nazionale degli impianti protesici mammari, nel quale, in soli 5 mesi dalla piena operatività sul territorio nazionale, più di 28.000 pazienti sono stati già registrati. Il Registro è un ulteriore straordinario strumento, con cui il Ministero della Salute è in grado oggi di monitorare e sorvegliare il paziente oncologico, intervenendo tempestivamente in caso di necessità, anche rintracciando i pazienti per sottoporli a specifici follow-up. Il registro ci restituirà inoltre importanti dati per la ricerca scientifica in campo clinico e biomedico e per la programmazione sanitaria”.
Il carcinoma mammario è una neoplasia molto diffusa in Italia: nelle donne, un tumore maligno su tre (30%) è un tumore mammario. Nel 2022, nelle donne italiane sono state stimate circa 55.700 nuove diagnosi di tumore, con un aumento dello 0,5% rispetto al 2020. Tra le forme più aggressive, vi è il tumore della mammella “Triplo Negativo”: rappresenta il 15% dei carcinomi mammari, circa 8 mila casi all’anno in Italia e spesso colpisce le donne più giovani. E’ un tumore aggressivo, con elevata capacità di dare metastasi ad altri organi. La sopravvivenza mediana delle pazienti con tumore triplo negativo metastatico è di circa 14 mesi e a cinque anni sono vive circa l’11%, delle pazienti, una percentuale molto più bassa rispetto alle donne con altre forme di cancro mammario.
“Negli ultimi anni, ci sono stati importanti cambiamenti nel trattamento del carcinoma mammario triplo negativo – sottolinea Nicla La Verde, Direttore Oncologia dell’Ospedale Sacco – Azienda Ospedaliera Fatebenefratelli Sacco di Milano – Questo tumore non risponde ai trattamenti ormonali tradizionali e in passato aveva una prognosi peggiore, perchè le opzioni terapeutiche erano limitate principalmente alla chemioterapia. Tuttavia, grazie ai progressi scientifici, oggi abbiamo nuovi farmaci che possiamo utilizzare sia nelle fasi iniziali che in quelle avanzate della malattia. A seconda delle caratteristiche specifiche del tumore, le pazienti possono essere trattate con immunoterapia, che aiuta il sistema immunitario a combattere il tumore, o con altri trattamenti mirati come gli inibitori di PARP, farmaci che agiscono nelle pazienti che hanno mutazioni di BRCA1/2, e farmaci anticorpo coniugati (ADC), costituiti da un anticorpo in grado di trasportare la chemioterapia a cui è legato direttamente all’interno delle cellule tumorali. Questi nuovi approcci stanno migliorando le prospettive di guarigione per molte pazientì. Un altro sottotipo di tumore al seno, assai diffuso, è invece il tumore avanzato della mammella HR+, che rappresenta circa il 70-80% dei casi: una parte delle donne con questo tumore sviluppa resistenza alla terapia endocrina, con il 15-20% dei tumori intrinsecamente resistenti e il 30-40% che sviluppa resistenza negli anni. Proprio perchè questa neoplasia è molto diffusa, è fondamentale avere terapie di ultima generazione, sia attraverso un accesso velocizzato ai nuovi farmaci sia eliminando ogni disparità nell’accesso alle cure.
“Recentemente, la chirurgia per il tumore al seno ha fatto grandi progressi – sottolinea il professor Oreste Gentilini, Direttore Chirurgia Senologica, Università Vita-Salute San Raffaele, Milano – Ad esempio, oggi riusciamo a ridurre la necessità di interventi invasivi, soprattutto sui linfonodi. Tecniche moderne come la biopsia del linfonodo sentinella permettono di evitare operazioni più ampie, senza compromettere la guarigione delle pazienti. In alcuni casi, secondo recenti studi, è possibile non operare affatto sui linfonodi, migliorando così la qualità della vita delle pazienti. Un altro aspetto importante è l’uso dell’intelligenza artificiale: grazie a uno studio finanziato dall’Unione Europea chiamato ‘Cinderellà, un algoritmo potrà mostrare al paziente una simulazione dei risultati post-operatori, aumentando la soddisfazione. Tuttavia, c’è ancora molto da fare. Ad esempio, l’adesione alle campagne di screening è ancora limitata, anche se la diagnosi precoce può ridurre la mortalità del tumore al seno di oltre il 20%. Inoltre, abbiamo bisogno di più studi indipendenti per valutare le tecniche chirurgiche e migliorare la prognosi e la qualità di vita delle pazienti”.
L’incontro “Breast Cancer. Unmet need e nuove frontiere dell’oncologia” si è aperto con i saluti istituzionali di Ugo Cappellacci, Presidente XII Commissione, Affari Sociali, Camera dei Deputati, e del professor Rocco Bellantone, Presidente dell’Istituto Superiore Sanità. A seguire l’intervento di Simona Baldassarre, Assessore alla Cultura, Pari Opportunità, Politiche giovanili e della Famiglia, Servizio civile – Regione Lazio; Lorenza Lei, Responsabile cinema e audiovisivo ufficio di Gabinetto Presidenza, Regione Lazio. Nella successiva tavola rotonda gli interventi di Simona Loizzo, Presidente Intergruppo Parlamentare “nuove frontiere terapeutiche nei tumori della mammella”; del professor Francesco Saverio Mennini, Capo del Dipartimento della programmazione, dei dispositivi medici, del farmaco e delle politiche in favore del Servizio sanitario nazionale, Ministero della Salute; di Nicla La Verde, Direttore Oncologia, Ospedale Sacco – Azienda Ospedaliera Fatebenefratelli Sacco di Milano; di Annamaria Bianchi, Dottore di ricerca in “Innovazioni tecnologiche nelle terapie integrate dei tumori del seno” UCSC; del professor Oreste Gentilini, Direttore Chirurgia Senologica, Università Vita-Salute San Raffaele, Milano; di Maria Alessandra Mirri, Direttore Dipartimento oncologico e UOC radioterapia, ASL Roma 1.
Il punto di vista delle associazioni pazienti è stato portato da Adriana Bonifacino, Presidente della Fondazione IncontraDonna, e da Anna Maria Mancuso Presidente e fondatrice dell’Associazione Salute Donna Onlus.
Sui farmaci innovativi è intervenuto Paolo Foggi, Dirigente settore Innovazione e strategia del farmaco – AIFA. A moderare Cecilia Primerano, Giornalista TG1, RAI. In conclusione, la testimonianza dell’attrice Monica Guerritore.
“Siamo contenti di essere oggi al fianco dell’Intergruppo Parlamentare sulle Nuove Frontiere Terapeutiche nei Tumori della Mammella nel promuovere una discussione così importante dedicata al tumore al seno nella prestigiosa cornice della Festa del Cinema di Roma – commenta Frederico da Silva, Amministratore Delegato di Gilead Sciences Italia -. Da oltre 35 anni, ci dedichiamo allo sviluppo di farmaci innovativi per trattare patologie gravi e migliorare la vita di milioni di persone in tutto il mondo. Il nostro impegno in oncologia, in particolare nel tumore della mammella e altre forme di tumore, è in continua crescita e collaborare con istituzioni, clinici e associazioni pazienti è fondamentale per garantire che le terapie più innovative siano rese disponibili ai pazienti con tumore al seno nel minor tempo possibile. Il tempo è, infatti, fondamentale quando si parla di salute e, ancor più, nei casi in cui la malattia avanza diventando metastatica e agire uniti nell’accelerare il percorso di accesso e cura deve essere una priorità per tutti, e in particolare per coloro che hanno preso parte a questo evento così importante”.
E conclude: “Unire all’innovazione terapeutica un dialogo costante con i nostri interlocutori fa parte del nostro DNA e della nostra visione, ed è per questo che ci siamo fatti promotori di questo appuntamento importante per puntare i riflettori sul futuro prossimo”.

– foto ufficio stampa Diessecom –

(ITALPRESS).

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