Economia
Ruggiero (Edenred) “Welfare aziendale cresce anche tra le Pmi”
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1 anno fa-
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Redazione
MILANO (ITALPRESS) – “Con la nuova legge di bilancio, il Governo ha fatto una mossa interessante: ha continuato a fare una distinzione tra chi ha figli o chi non ne ha, ma la distinzione è tra 1.000 e 2.000 euro. C’è lo spazio per dare un boost all’economia nel corso del 2024 e ci sarà una una ripartenza su questo tipo di soluzioni”. Così Fabrizio Ruggiero, direttore generale e amministratore delegato di Edenred Italia, intervistato da Claudio Brachino per il magazine televisivo Italpress Economy. Oggi la normativa italiana nell’ambito dei benefit legati al welfare aziendale “è probabilmente tra le migliori in Europa: lo Stato però obbliga” le aziende e i dipendenti al rispetto di “tutta una serie di passaggi formali”. Edenred Italia “da una parte, si assicura che l’azienda e il dipendente rispettino questi passaggi e, dall’altra parte, mette in relazione oltre 100 mila aziende in Italia, con 2,5 milioni di dipendenti, e i partner dove utilizzare il servizio”.
Per farlo, “utilizziamo tre normative di legge che lo Stato mette a disposizione di ogni azienda che esiste in Italia per avere la possibilità di dare ai propri dipendenti buoni pasto, soluzioni di welfare, fringe benefit”, con l’obiettivo di “migliorare il rapporto tra vita professionale e vita personale: ognuno di noi passa sul posto di lavoro un certo numero di ore, oggi la normativa consente all’azienda di dare ai dipendenti dei contenuti per il miglioramento della vita personale”.
Su questo strumento, spiega Ruggiero, “l’atteggiamento delle Pmi è cambiato molto negli ultimi anni, in particolar modo nella fase post covid: le soluzioni che fino a qualche anno fa erano scelte esclusivamente dalle grandi aziende, oggi sono arrivate anche alla piccola e media impresa. C’è un livello culturale che è cresciuto, grazie anche ad alcune categorie professionali come i consulenti del lavoro e i dottori commercialisti, che sono i soggetti di fiducia delle aziende”. Per le aziende, il ‘clic’ culturale è scattato con la detassazione che ha dato “l’opportunità di dare un recupero di salario ai propri dipendenti, a un costo sostenibile per l’azienda. Per il dipendente sicuramente” è apprezzata “la possibilità di avere un’integrazione al reddito che consenta di difendere il proprio potere d’acquisto”.
Tra l’altro, “il welfare aziendale sta diventando un welfare territoriale, perchè gli strumenti di questo tipo hanno il vantaggio di avere una ricaduta immediata sul territorio di riferimento”.
– Foto Italpress –
(ITALPRESS).
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Economia
Istat, in Italia consumi in aumento ma incertezza per i dazi. Tasso di occupazione più basso dell’UE
Pubblicato
6 ore fa-
21 Maggio 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – Le stime preliminari per il primo trimestre 2025 indicano per l’Italia una crescita congiunturale dello 0,3%, corrispondente a una crescita annua acquisita dello 0,4%. È quanto evidenzia il Rapporto Annuale 2025 dell’Istat, presentato oggi alla Camera. L’andamento dei mercati esteri è fonte di forte incertezza sulle prospettive di crescita, per gli effetti delle misure protezionistiche decise e non ancora pienamente attuate dall’amministrazione statunitense. Per l’Italia, la previsione dei principali organismi nazionali e internazionali è di una diminuzione del ritmo di crescita nel 2025, ma l’esito dipenderà anche dall’evoluzione della domanda interna di consumi e del potere di acquisto delle famiglie, nei primi mesi di quest’anno penalizzati dalla ripresa dell’inflazione, nonché dall’evoluzione degli investimenti pubblici e privati, con particolare riguardo a quelli finanziati dal PNRR.
I dati sull’occupazione
Nel 2024 il numero di occupati è continuato ad aumentare sensibilmente, ma a un ritmo inferiore a quello dell’anno precedente (+1,5%, dal +2,1). La crescita dell’occupazione è prevalentemente riconducibile alla componente a tempo indeterminato, mentre quella a termine si è ridotta del 6,8%. A fine 2024 gli occupati sono aumentati di 352 mila unità e hanno raggiunto i 23,9 milioni (+3,6% in media di anno rispetto al 2019). I disoccupati si sono ridotti di 283 mila unità e in media d’anno il tasso di disoccupazione è diminuito di 1,1 punti percentuali, al 6,5%.
L’Italia resta il Paese con il tasso di occupazione tra i 15 e i 64 anni più basso d’Europa, soprattutto a causa dei livelli inferiori di partecipazione e occupazione delle componenti giovanile e femminile. È quanto evidenzia il Rapporto Annuale 2025 dell’Istat, presentato oggi alla Camera. Il tasso di inattività in Italia è il più elevato dell’UE27 (33,4% contro una media del 24,6%). La bassa partecipazione al lavoro riguarda soprattutto la componente femminile: nel 2024, il tasso di inattività delle donne raggiunge il 42,4%, oltre 13 punti superiore alla media europea. Una quota importante di giovani tra i 15 e 29 anni risulta non più inserita in percorsi scolastici o formativi né tantomeno impegnati in un’attività lavorativa (NEET): nell’UE27, l’Italia, nonostante il calo di 7 punti percentuali dal 2019, con il 15,2%, è seconda solo alla Romania.
L’economia italiana si espande, ma a ritmo contenuto
Nel 2024 l’economia italiana ha continuato a espandersi a un ritmo contenuto, in un quadro europeo comune di basso dinamismo dell’attività. La crescita del Pil è stata pari allo 0,7% come nel 2023, inferiore rispetto a Francia e Spagna (rispettivamente l’1,2 e il 3,2%), mentre la Germania ha sperimentato una contrazione per il secondo anno consecutivo (-0,2%, -0,3 nel 2023). In Italia l’andamento dell’attività ha risentito della debolezza della domanda interna e del ridotto apporto della domanda estera, anche per via della crescita moderata dell’UE. La domanda per consumi finali è aumentata dello 0,6% (+0,4 i consumi delle famiglie, a fronte di un incremento del potere di acquisto dell’1,3%), e la crescita degli investimenti fissi lordi è rallentata sensibilmente (dal 9% dell’anno precedente allo 0,5%). A frenare la spesa per investimenti hanno contribuito la flessione della spesa per abitazioni (-3,1%), dovuta al ridimensionamento degli incentivi pubblici, e quella poco inferiore delle componenti di impianti e macchinari (-2,6%); hanno continuato invece a progredire gli investimenti nell’edilizia non residenziale (+9,6%), che beneficia dei fondi del PNRR, e gli investimenti immateriali (+2,6%).
Un quinto degli italiani a rischio povertà
Nel 2024, oltre un quinto della popolazione residente in Italia è a rischio di povertà o esclusione sociale. Il Mezzogiorno resta l’area più esposta al rischio di esclusione sociale: l’incidenza raggiunge il 39,8% nel Sud e il 38,1% nelle Isole. L’incidenza è più bassa per chi vive in coppia senza figli, soprattutto se la persona di riferimento della famiglia ha almeno 65 anni (15,6%), ed è invece quasi doppia per gli individui che vivono in famiglie in cui il principale percettore di reddito ha meno di 35 anni (30,5%).
Al 1° gennaio 2025, la popolazione residente in Italia è scesa sotto i 59 milioni, un calo determinato dal saldo tra nascite e decessi fortemente negativo. È quanto evidenzia il Rapporto Annuale 2025 dell’Istat, presentato oggi alla Camera. L’unico segmento di popolazione residente in crescita è rappresentato dagli stranieri e dai nuovi cittadini italiani. Si contano 5,4 milioni di residenti stranieri (il 9,2% della popolazione); la comunità più numerosa è quella romena, seguita da quelle albanese e marocchina. Inoltre, al 1° gennaio i cittadini che hanno acquisito la cittadinanza italiana sono 1,9 milioni, in prevalenza originari di paesi extra-UE.
– foto IPA Agency –
(ITALPRESS).
Economia
Automotive, De Meo “Basta antagonismi tra le tecnologie, bisogna reagire alla Cina”
Pubblicato
1 giorno fa-
20 Maggio 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – “Per troppo tempo l’approccio europeo si è limitato ad accumulare regole, scadenze e sanzioni, spesso anche in modo poco coerente, ma di fronte a un cambiamento sistemico questo non può più funzionare: abbiamo bisogno che le istituzioni facciano da direttore d’orchestra per coordinare tutti gli attori delle nuove catene del valore, dalle miniere ai costruttori fino agli operatori delle infrastrutture e dell’energia elettrica”. Lo afferma l’amministratore delegato di Renault Group Luca De Meo, nel corso di un’audizione dinanzi alla commissione Attività produttive alla Camera.
“Questa strategia deve essere olistica e tagliare orizzontalmente i vari settori – continua De Meo -. Inoltre i nuovi regolamenti non si devono contraddire a vicenda, questo lo viviamo spesso in Europa. Nel 2024 la quota di auto elettriche nel mercato si è limitata al 13,6% in Europa e il 5% in Italia: siamo lontani dalle previsioni che individuavano una quota del 25% per quest’anno, già nel 2024 scorso avevo posto l’attenzione sulla mancanza di sviluppo del mercato elettrico. Le regolamentazioni devono diventare strumenti strategici per renderci più competitivi ed efficienti: possiamo anche pensare di armonizzare le regole della mobilità, così da non avere specificità locali”.
“Il mercato è debole e l’età media di chi acquista un’auto nuova in Europa è di 56 anni, mentre nel 2005 era di 47 anni: in Cina oggi sono i 30enni ad acquistare un’auto, a monte c’è il problema del potere di acquisto delle classi medie e un pessimismo dominante tra i consumatori del futuro. Per noi non è facile quando si propongono auto elettriche a prezzi che vanno fino al 50% in più delle vetture a combustione, con tassi di interesse aumentati e infrastrutture di ricarica solo al 20% dell’obiettivo – sottolinea De Meo -: bisogna mantenere un sistema stabile di contributi per l’acquisto delle vetture o attuare una defiscalizzazione delle auto elettriche. Il consumatore va accompagnato in questa transizione con toni rassicuranti ed evitando di esporlo a messaggi discordanti: in Europa l’elettricità costa il doppio rispetto alla Cina e il triplo rispetto agli Stati Uniti, mentre i costi di produzione dei veicoli sono superiori del 30% rispetto alla Cina. Ci troviamo in un momento critico per l’industria europea, ma abbiamo gli strumenti per riprendere il controllo se facciamo le cose giuste”.
“Chiediamo di evitare una forma di antagonismo tra una tecnologia e l’altra, com’è avvenuto negli ultimi dieci anni tra elettrico e motore a combustione: abbiamo una finestra dai tre ai cinque anni per reagire alla potenza del sistema cinese, che ha sviluppato una strategia industriale in cui prevede che l’automobile sia uno dei cinque ambiti su cui puntare sul piano economico – ha aggiunto De Meo – In Europa bisogna capire se l’automotive può ancora essere una delle locomotive del progresso. Ai livelli di crescita attuali se perdiamo l’industria automobilistica ci metteremo dieci anni per compensare tale lacuna. Per riportare i giovani sul mercato dell’automotive dobbiamo fare prodotti più accessibili, quindi con vetture più piccole e tecnologicamente sofisticate, ma bisogna anche offrirgli un potere d’acquisto diverso da quello che hanno ora”.
“Per l’Europa c’è ancora possibilità di recuperare il ritardo accumulato in ambito automotive rispetto ai principali competitor asiatici: serve però agire subito, cambiando il paradigma con una strategia industriale robusta che punti all’obiettivo della neutralità tecnologica attraverso tutte le innovazioni e tecnologie a disposizione dall’industria. La velocità è fondamentale, per cui risulta urgente snellire e semplificare la mole di burocrazia europea, che ha l’effetto di un ulteriore e pesante aggravio di costo. Gli investimenti sia in ricerca e sviluppo sia in nuovi mezzi di produzione devono rinsaldare un assetto produttivo che da sempre guarda a qualità e affidabilità come al principale caposaldo. Leve a cui aggiungere anche quella fiscale, attraverso per esempio una maggiore deducibilità promossa a livello europeo sui costi legati al rinnovamento delle flotte aziendali, che da sole incidono su circa la metà del parco macchine circolante, peraltro con un’età media superiore al decennio. Le sfide del futuro non si affrontano domani ma oggi”. Così Alberto Luigi Gusmeroli, Presidente della commissione Attività produttive, Commercio e Turismo di Montecitorio, commentando l’audizione del Presidente e AD di Renault Luca de Meo sul piano d’azione industriale europeo per l’automotive.
-Foto ufficio stampa Camera dei Deputati-
(ITALPRESS).
Economia
Confindustria, incertezza e dazi frenano export e investimenti
Pubblicato
2 giorni fa-
19 Maggio 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – Il Pil italiano è cresciuto più del previsto nel primo trimestre 2025 (+0,3%), con l’industria che ha interrotto il suo lungo calo. Nel secondo, però, i dazi e le alterne decisioni dell’amministrazione Trump tengono alta l’incertezza e bassa la fiducia, frenando principalmente export e investimenti.
E’ quanto sottolinea il Centro studi di Confindustria nella congiuntura flash, secondo cui le minori attese di crescita, tuttavia, riducono il prezzo dell’energia, agevolando il taglio dei tassi in Europa. A marzo la produzione industriale è aumentata (+0,1%), chiudendo il primo trimestre in recupero (+0,4%), dopo cinque trimestri in calo, anche se l’indice RTT indica minor fatturato.
I dazi colpiscono principalmente l’industria e i primi dati di aprile, post-dazi, sono misti: il PMI segnala che la flessione si è quasi esaurita (49,3 da 46,6), ma la fiducia scende per il secondo mese di fila, su valori bassi. Il proseguire della crescita dell’occupazione fornisce slancio al reddito reale delle famiglie in avvio di 2025, ma il calo della fiducia a marzo-aprile potrebbe preludere a un nuovo aumento della propensione al risparmio.
Le vendite al dettaglio si sono ridotte nel 1° (-0,5%), mentre le immatricolazioni di automobili in Italia sono in lieve recupero (+2,7% annuo in aprile). Gli indicatori mensili per gli investimenti sono tutti orientati in negativo nei primi 4 mesi del 2025: continua a diminuire la fiducia delle imprese, per il terzo mese di fila (91,5 in aprile, da 93,2); si segnala un forte aumento dell’incertezza; i giudizi sugli ordini di beni strumentali sono pressoché stabili su bassi livelli e calano le attese sui nuovi ordinativi, indizio di domanda debole. L’inflazione è alta negli Usa (+2,3% in aprile), dove è attesa crescere per l’effetto dei dazi sui prezzi dell’import, cui si aggiunge la svalutazione del dollaro.
È poco più bassa nell’Eurozona (+2,2%), ma qui calerà per il ribasso energetico e il rafforzamento dell’euro. Ciò significa che la Bce proseguirà con i tagli dei tassi nel 2025 (già a 2,25%), mentre la Fed potrebbe restare in attesa, con tassi fermi a 4,50%. Questo stimolerà il credito per le imprese italiane (-1,1% annuo a marzo).
– Foto IPA Agency –
(ITALPRESS)


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